di Stefy & Fabio –
Lima si presenta come una piatta distesa di case non più alte di 3 piani, sospesa a 200 metri su di una piattaforma a strapiombo sul pacifico. Sotto, il mare langue nella “garua”, una nebbiolina che toglie luce e vitalità alle cose.
I viali si aprono spaziosi costeggiati da case senza cortili, diritti per chilometri e ingombri di traffico.
La città non affascina. Passiamo un paio di notti nel quartire Mira Flores, il quartire ricco lungo il mare. Qui i palazzi sono nuovi e su diversi piani, ci sono anche delle Mall in stile americano con Mac Donalds e cinema multi sala. Il Sud America appena si arrichisce diventa subito molto Nord Americano nelle infrastrutture e nello stile di vita. Da qui per andare in centro saliamo su un “collettivo”. Il neo liberismo e la concorrenza sono esemplari a Lima in fatto di trasporti. Il bus pubblico non esiste ma in compenso ci sono una miriade di piccole imprese di trasporto costitite da un pulmino, un autista e un urlatore.
L’urlatore ad ogni incrocio urla la destinazione della corsa e ammicca un passaggio ai passanti.
Tutto costa poco, 1 euro sono circa 3 Real e mezzo (2003), una corsa costa da mezzo a un Real. (TBC).
Dopo mezzora di viaggio si arriva in centro. Il centro è costituito da un quartiere pedonale il cui perimetro settentrionale e occupato dalla bella piazza de Armas su cui si affacciano il palazzo del governo e alcuni edifici coloniali, sopravvissuti al terremoto della prima metà dell’ottocento che rase al suolo la città.
Percorriamo la via pedonale di domenica. C’è molta gente che passeggia avanti e in dietro. Lungo la via ci sono negozi, locali, piccole botteghe e casinò. Si può comprare di tutto ma la roba occidentale costa più che da noi.
Maggiamo invece una “tucumanas”: una sorta di panzerotto fritto con dentro carne e verdure, buonissimo.
Più ti allontani dal centro a piedi più è rischioso. Sconsigliamo di avventurarsi troppo fuori dal centro o da Mira Flores anche di giorno. Un uomo nei pressi dell’università fa una scenetta con una schimmietta e appena ci vede ci chiama “gringos” e ci coinvolge per un’attimo nel suo spettacolo. Ci sganciamo sorridendo ma l’appellativo “gringos” non è propriamente simpatico.
Tappa 2,3
Lasciata Lima andiamo verso Sud, verso il deserto della costa. La nostra meta è Nazca. Il viaggio in pulman è confortevole fino a Ica, di lì in avanti, per raggiungere Nazca in breve tempo, saliamo su un collettivo insieme a polli, contadini e venditori ambulanti. Sui pulman il Perù vive e commercia. La cosa è piuttosto divertente e certo non ci si annoia.
A Nazca una piccola delusione: non risciamo ad imbarcarci su di un volo per sorvolare le famose linee. Al mattino la garua ha impedito che gli aerei si staccassero da terra provocando sovraffollamento nel pomeriggio quando arriviamo noi. Decidiamo di andare nel deserto con un taxi fino alla torre bel vedere che si stacca 30 metri sulla superficie del terreno. Da lì si vede qualcosa: la mano a 4 dita, l’albero, i grandi trapezi che si perdono all’orizzonte e le linee che si dipartono a raggera dalla vicina collinetta. L’atmosfera è da “Incontri Ravvicinati del terzo Tipo”. Il deserto è bruno chiaro, invaso da frammenti di rocce sminuzzate e queste linee che vi affiorano, alludono a qualcosa che sta nell’aria, nel cielo.
Tappa 4
Ad Arequipa arriviamo dopo un lungo viaggio nella notte. Il deserto costiero s’innalza a metà altezza fra la costa e il lago Titicaca e in quel punto, a circa 2300 m.s.d.m., sorge Arequipa: la città bianca. Le case scendono giù ai piedi dei tre vulcani che sovrastano la città. Il Misti è il più incombente dei tre e quello dalla forma più perfetta: un cono rovesciato di colore bruno, ricoperto da frammenti di roccia lavica.
Dietro le case, i cortili dei capannoni della perifieria appare questa montagna gigantesca che sembra raggiungibile a piedi in un quarto d’ora tanto è incombente. La plaza de Armas è bellissima: su di un lato c’è la chiesa bianca con i campanili che svettano di giorno e di notte, sugli altri tre lati si aprono i portici dei tre bei palazzi terrazzati.
Quando arriviamo noi, pieno Agosto, c’è “fiesta”. In effetti in Perù c’è “fiesta” quasi ovunque in Agosto.
Di giorno si sfila, di sera e di notte si canta e si balla. I cortei passano per la piazza e scompaiono per le belle vie: militari, scolaresche e majorette: tutti insieme appassionatamente. Risalendo la folla arriviamo fino al Monastero di Santa Catilina che vale una visita.
Bello anche il mercato appena fuori dal comprensorio dove vale la pena comprare almeno un maglione di Alpaca.
Tappa 4 bis
Al mattino presto quando partiamo per il Colca Canyon gli irriducibili della fiesta sono ancora in piazza che cantano e ballano. Per raggiungere il Colca ci vuole più di mezza giornata in pulmino. Con una simpatica compagna di giovani europei passiamo 2 bei giorni nel Canyon. Il passo che bisogna attraversare per raggiungerlo è a quesi 5000 metri per cui se non vi siete ancora ambientati vi consigliamo di fare uso di foglie di coca. Noi optiamo per la versione sotto forma di caramelle e mentre il pulmino s’inerpica fra i vulcani ne consumiamo parecchie. Risultato: stiamo benissimo, nessun problema di altitudine.
La discesa nel Colca, dopo il passo si scende infatti a 3600 metri, è spettacolare. L’aria è azzurra e sotto di noi la montagna precipita in tante tonalità di marroni e di gialli. Sul fondo il canyon rimbalza nel profilo dei terrazzamenti per le cotivazioni.
Il clu del tour del Colca è il secondo giorno: si discende il canyon lungo la strada per quasi due ore fino al punto di avvistamento dei Condor. Questo uccello gigantesco (3 metri di apertura alare) è solito svolazzare da queste parti. I visitatori del Colca sono tutti qui, a grappoli nei punti migliori lungo il precipizio che in questo punto è impressionante. Tutti aspettano ma non si vede nulla. Poi all’improvviso appare: uno di quei pazzi uccelli si è buttato giù dalla rupe ed ora vola sotto di noi, brevemente fino allo sperone che subito cela la vista. E’ uno spettacolo! Dopo la prima attesa e gli sforzi iniziali, se si prende il sentiero che costeggia il baratro (50 minuti di giro) si finisce con l’essere letteralmente sorvolati da uno di quegli enormi volatili. La cosa fa anche un po’ paura: “e se quello mi scambia per un agnello?”. Comunque non temete sembra che prediliga la carne morta e le carcasse.
Tappa 5
Da questo punto in poi noi siamo andati in Bolivia per circa 10 giorni (vedi viaggio bolivia) e tornati in Perù verso la fine di Agosto dopo un’ultima tappa sul lago Titicaca dalla parte Boliviana (Isola del Sol).
Nel viaggio verso Cuzco abbiamo sostato a Puno, di li in battello siamo andati a visitare le famose “Isole Galleggianti” degli Uros. Si tratta di una gita simpatica anche se un po’ confeziona, fa questo effetto specie se si arriva dalla Bolivia. Le isole costruite dagli antenati Uros non galleggiano veramente ma sono di paglia posata su dei bassi fondali paludosi. Comunque quando ci sali sopra l’effetto è curioso: sembra di essere su di un grande materasso sul quale ci stà un intero villaggio di casette di paglia.
Tappa 6
Da Puno a Cuzco si può andare in treno: ci vuole circa un giorno e bisogna prenotare in anticipo. L’alternativa più economica e veloce è il pulman, come sempre. Meglio quello notturno. Noi abbiamo optato per questa soluzione ma chi a preso il treno è rimasto soddisfatto e ce ne ha parlato bene. Cuzco è la regina delle città coloniali spagnole ed è la ex capitale dell’impero Inca. Da qui si può proseguire per la Valle Sacra e inifine per Machu Picchu. A Cuzco il turismo è fortemente organizzato, gli alberghi sono ottimo, i negozi costosi e si mangia piuttosto bene. Ciò non toglie fascino alla città anche se del fasto antico, dei templi d’oro degli Inca non c’è rimasta che qualche pietra.
Partecipiamo a un tour organizzato della città e dei dintorni. Lo standard è americano e di americani del nord ce ne parecchi sul pulman. La lingua ufficiale diventa subito l’inglese e la guida racconta i fatti in modo “very impressive”. Veniamo a sapere che Cuzco ha la forma di un puma dove Saqsaywaman, l’antico sito cerimoniale in cima alla collina, rappresenta la testa. Il puma è un animale sacro del panteon degli Inca e rappresenta la forza, il potere e la vitalità; sopra vola il condor: lo spirito, l’aldilà, il veicolatore delle anime; sotto serpeggia il serpente: la terra, la tomba.
Saqsaywaman fu costruita dagli antichi popoli andini e gli Inca ne fecero un templio importante. La guida si dilunga parecchio sul mistero dei massi ciclopici che costituiscono il tempio principale sviluppato sui tre livelli.
Affascinante, anche se il mistero di come avessere fatto a trasportare i massi ci sembra un dettaglio.
Manco Inca invece qui si ribellò all’invasore spagnolo e su questa spianata fu combattuta una cruenta battaglia.
Gli spagnoli lo avevano messo a capo dell’impero come un monarca fantoccio in loro pugno; ma Manco Inca pensò bene di ribellarsi e organizzare l’utima resistenza appena Pizarro si fosse allontanato da Cuzco, e così fu.
Tappa 7
Il giorno dopo, con una gita organizzata, partiamo da Cuzco per visitare la Valle Sacra. La guida peruviana è sempre la stessa del giorno prima. Simpatica se non fosse un po’ fastidiosa la sua debolezza per il pubblico americano.
Si scende giù lungo una valle secondaria fina a Pisac dove s’incontra la Valle Sacra dell’Urubamba. Il fiume è un tributario del Rio delle Amazzoni e sepeggiando giù giù verso l’Amazzonia, forma un profondo canyon in un punto del quale, su di uno sperone, sorge la mitica città-santuario di Machu Picchu. Da Pisac al santuario Inca ci sono altri 80 km di trenino. La nostra meta della giornata è Aguascaliente, il piccolo villaggio sul fondo del canyon che giace alla base della rocca del Machu Picchu. Con il gruppo visitiamo il mercato di Pisac dove troviamo dei prezzi davvero convenienti e facciamo diversi buoni affari. Se sapete di venire qui organizzatevi in modo da avere qualche ora e trattenetevi dal comprare a Cuzco. Qui l’artigianato è molto bello e a metà prezzo. Nel pomeriggio siamo a Ollantaytambo dove ci congediamo dal tour e proseguiamo con il treno per Aguascaliente. Ollantaytambo è un crocevia di tre valli: quella della Valle Sacra arrivando da Cuzco, quella che prosegue verso Machu Picchu ed è costeggiata dal Inka Trail e quella che in 30 km porta in Amazzonia.
Qui Manco Inca si ritirò per l’ultima estrema difesa. La storia racconta dell’unica vittoria degli Inca sugli Spagnoli. Allagarono le pianure davati alla fortezza e fecero impantanare i conqusitadores con le loro armature e i cavalli bardati e poi: giù botte! Ma alla fine Manco dovette ritirarsi e lui e i suoi presero la via breve verso l’Amazzonia e scomparvero.
Tappa 8
Ad Aguascaliente arriviamo di notte con il treno da Ollantaytambo. Fino al mattino del giorno dopo non ci accorgiamo in che posto siamo finiti anche se appena scesi dal treno sembra subito molto pittoresco. La stazione è in mezzo al paese, o meglio: non esiste; una volta giù dal vagone devi scansare le bancarelle e la gente che si affolla attorno ai binari. Alcuni alberghi si affacciano sulle rotaie e ci sono internet caffe e un sacco di gente per le stradine del paese.
Il nostro piccolo albergo è carino e pulito e si trova in cima alla stradina attorniata dai ristoranti. Iniazia ad essere fine stagione: i ristoratori fanno offerte al ribasso incredibili; il primo che incrociamo offre un menù a buon prezzo, il secondo aggiunge il vino, il terzo il dolce etc.
Passiamo una notte tranquilla e il giorno dopo ci svegliamo all’alba per prendere la prima coriera per il santuario di Machu Picchu.
Scopriamo così di essere in fondo alla valle del Urubamba tra ripidissime pareti di roccia ricoperte da una fitta vegetazione. E’ un paesaggio inatteso dopo settimane di altopiano e di Puna (il deserto stepposo dell’altopiano andino). E’ come se il nostro occhio non fosse più abituato a tanto verde e fosse improvvisamente saturato da tale visione. Alle cinque e mezza siamo in marcia su per la ripidissima strada. Il pulman arranca tornate dopo tornate su per la rocca. Alle sei siamo a piedi lungo il sentiero, immersi in una fitta nebbia.
Alle sei e mezza inizia l’attesa. Siamo alla casetta del bel vedere ma davanti a noi non si vede nulla.
C’è una nebbia fittissima. Dopo un po’ arrivano quelli dell’Inka Trail. Nulla, non si vede niente.
Verso le sette e mezza, improvvisamente, un alito di vento fa breccia fra le nubi e davanti alla sbucciatura che si viene a creare inizia a sorgere la città. Sgorga dalle nebbie bianche con i muri di pietra scura e lucida; si vede prima una gradinata, poi il grande panettone di roccia che sovrasta il terrapieno, poi un tempio: è il tempio del Sole.
In breve, pezzo a pezzo la città si svela ai nostri occhi e ci lasci davvero senza fiato.
E’ bellissima: un ricamo d’erba e pietra in cima a una rocca sospesa sopra l’Urubama.
Trascorriamo l’intera giornata fra Machu Picchu e l’Inka Trail. E’ infatti possibile percorrere a ritroso il sentiero fino alla tappa del terzo terzo giorno: Winaywayna, senza pagare l’extra costo del parco e senza necessità di una guida.
L’antico sentiero risale la montagna fino a un piccolo passo. In questo punto sorge una costruzione Inka: Inti Punku: la Porta del Sole da dove si gode un bellissimo panorama sul santuario.
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