Viaggio in Nepal nella valle di Kathmandu

di Nicola Samà –
Giovedì 01 – Kathmandu
La partenza da Roma il 31 Dicembre implica trascorrere in volo il passaggio al nuovo anno. Con il problema del fuso orario il fatidico attimo dello oo:oo dovrebbe scoccare sul cielo tra Iran e Pakistan. Intanto, ci siamo risparmiati un cenone infinito e il consueto frastuono dei botti. Non brindiamo, immagino, perché in aereo non si può stappare uno spumante.
Ma il tempo, per noi avanti con l’età, è relativo e, più che festeggiare il nuovo anno (futuro), pensiamo al nostro passato vissuto e ci aggrappiamo al presente, che tuttavia ci sfugge. Aggiungiamo, dunque, questo viaggio ai ricordi che ricolmano la nostra mente.
Non veniamo in Nepal per fare tracking sull’Himalaya, che richiede preparazione e attrezzature adeguate, ma siamo interessati alla conoscenza dell’ambiente di vita che si svolge nella valle intorno alla capitale.

Arriviamo verso l’alba in prossimità dell’atterraggio a Kathmandu e sulla nostra sinistra restiamo ammirati dall’imponenza delle montagne innevate dell’Himalaya.

Se pensiamo al paesaggio delle Alpi, queste vette sono il doppio in altitudine. Speriamo che la nebbia non ci impedirà la visione ravvicinata fra qualche giorno. Intanto registriamo un volo e atterraggio perfetti.
Quasi, visto che uno di noi dimentica irrimediabilmente sull’aereo il telefonino.

Dopo un breve riposo all’Holy Himalaya Hotel ci immergiamo da soli nella città; la nostra guida Jam ci raggiungerà domani. Costatiamo in men che non si dica quanto riportato nelle descrizioni più recenti di questa città capitale. Ci troviamo nel quartiere di Thamel, quello turistico a uso degli occidentali. Camminiamo con difficoltà per vie strette tra il frastuono assordante dei clacson di motociclette e taxi. Il traffico caotico, oltre all’aria polverosa, costringe le persone a ripararsi con delle mascherine e a ciò si adeguano alcuni di noi. Innumerevoli negozietti si susseguono ai lati, con evidente somiglianza dei prodotti offerti. A essi si aggiungono, specialmente nelle piazze principali, i venditori ambulanti, piuttosto insistenti, per quanto mai scorretti.

Ci chiediamo se questo tipo di commercio così intensivo, forse solo apparentemente artigianale, ha senso per il sostentamento e lo sviluppo di questo popolo.
Strade sterrate, strette, centinaia di fili elettrici che ci sovrastano, aggrovigliati e approssimativamente agganciati ai pali o ai muri delle case. Facchini che trasportano pesi inverosimili sulle spalle, venditori di ortaggi sulle bici, colorati risciò che offrono un passaggio. E la caratteristica moltitudine di gente indaffarata che va a piedi.

La Durbar Square, ricca di templi induisti, è la meta principale del nostro girovagare: c’è l’immancabile mercatino di oggettistica artigianale; assistiamo a una manifestazione folkloristica, con suonatori e ballerine.

Il pranzo sul terrazzo di un ristorante ci consente una visione privilegiata dei monumentali templi e della vasta piazza pullulante di persone in festa.

Le donne adulte vestono colorati abiti tradizionali, le giovani e le ragazze in genere tendono all’assuefazione occidentale. Il mio occhio particolarmente attento non rileva, finora, bellezze locali eclatanti. Telefonini a iosa. L’impressione generale è di un Paese povero, che si sta sviluppando partendo dalle sovrastrutture tecnologiche prima di risolvere quelle quotidiane di base. E’ lo sviluppo contraddittorio che avevo già raccontato nei viaggi in Africa.

Venerdì 02
Il secondo giorno, che dovremmo trascorrere con la guida, ci vede assenti in due per l’imprevisto malanno di un forte raffreddore unito alla conseguente insonnia. Pazienza.
Ci perdiamo la visita al Palazzo Reale, ora museo, e al palazzo della Kumari, Dea-bambina vivente Indu.

Siamo pronti, però, per la cena in un locale vicino, poi due passi per strade buie, solitarie, con ai lati i rifiuti in attesa della rimozione (si spera).
Sarà pure la capitale ma, per quello che vediamo, qui ha un aspetto dimesso, trasandato, con costruzioni architettonicamente irregolari.
Il quartiere, quando è buio, non ispira pensieri tranquilli.
Le zone nuove della città mostrano naturalmente un aspetto diverso, con tendenza all’imitazione occidentale, a cominciare dal traffico, dagli alti palazzi e dalla qualità dei negozi e degli immancabili centri commerciali.

Sabato 03
Il raffreddore galoppa, accompagnato ora da una tosse insistente, ma non abbiamo nessuna intenzione di restare a letto.
Si parte per Dakshinkali, dove c’è il tempio della dea Kali, cui vengono sacrificati animali. Per una strada stretta e dissestata in salita incrociamo con difficoltà bus con pellegrini. Nei pressi del tempio le attese bancarelle di fiori, galli, capre e altro, da acquistare per portare in dono alla Dea. I pellegrini sono in fila con in mano questi doni; entreranno scalzi nel tempio. Personalmente mi esimo dall’accedere alla zona del tempio, non mi va di vedere il sacrificio degli animali. Mi limito a osservare da lontano la scenografia di questo andirivieni di gente visibilmente presa dalla propria spiritualità, per noi inconsueta. Mi chiedo se queste pratiche hanno un corrispondente significato nel modo di affrontare e vivere la vita. Ma si potrebbe dire lo stesso di noi occidentali cristiani.

Proseguiamo con la visita, su per scalini, alla “Grotta dell’Illuminato”. Riusciamo per poco ad anticipare l’ingresso di numerosi monaci buddisti, sicuramente più motivati di noi.

Di nuovo in strada e ci ritroviamo a Pharping, in un coloratissimo monastero buddista, che ospita bimbi e ragazze in formazione, vestiti con i loro abiti color zafferano. I maschietti li troviamo nell’ampio cortile a giocare.
L’ingresso al tempio ci viene concesso dopo insistenza della nostra guida e solo per pochi minuti.

Concludiamo il giro con una visita, a pagamento, al paesino Bungamati, borgo rustico, però attrezzato ormai per i turisti con numerosi negozietti di artigianato e altro. L’ambiente è contadino, si vedono donne e uomini dediti al lavoro, oche e galline girovaganti. Vediamo anche un tempio.
Rientriamo in hotel ognuno con le proprie sensazioni sulla giornata.
Prima di cena mi affido per un’ora alle energiche mani della graziosa Karuna per un rigenerante massaggio ayurvedico.

Mi astengo dal riportare particolari sugli acquisti ed estenuanti trattative, che segnano inesorabilmente i nostri percorsi… culturali in questo Paese.

Domenica 04
Costatiamo che il programma previsto presenta delle variazioni, che la nostra guida ritiene più opportune per noi.
Sveglia prestissimo, prima delle sette dovremmo essere al Tempio di Boudanilkanta, per assistere, da una postazione più favorevole, alla “Vestizione di Vishnu”, a cura di monaci ragazzini. La Divinità giace sdraiata attorniata da otto figure di serpenti.

I due monachini provvedono con un cerimoniale lento e accurato a lavare, ungere e ricoprire la statua con drappi e fiori. Seguono pratiche difficili da descrivere, ma si sentono a lungo campane e campanelli da ogni parte. In una sala vicina altri “fedeli” eseguono altre cerimonie.
Ribadisco il concetto che tali pratiche risultano a noi incomprensibili, ma le nostre processioni e manifestazioni folkloristico-religiose, specialmente nel Sud Italia, non potrebbero suscitare differenti perplessità.

Segue un’altra visita che attendiamo con particolare curiosità.
Ci inerpichiamo, per una ripida scalinata di 365 gradini, verso lo Stupa di Swayambhunath, il “Tempio delle scimmie”. Queste pullulano da ogni dove in cerca di cibo.
Su in alto entriamo nel tempio, dove monaci buddisti “pregano” con suoni e canti. A un certo punto viene loro servito tè con biscotti.
Fuori non ci sottraiamo agli inevitabili acquisti di bigiotteria e simili.
Ma, discesi dal cocuzzolo, dopo una visita al tempio induista Pashupatinath, in cui però non possiamo entrare, ci aspetta un pubblico spettacolo che, almeno per alcuni di noi, appare un po’ “macabro”: la cremazione.



A ridosso del tempio e lungo il fiume Bagmati, affluente del Gange, su alcune postazioni vediamo erette delle pire su cui bruciano cadaveri, previamente preparati. C’è un movimento di gente che provvede a queste pratiche e il tutto appare a noi come una piccola funerea catena di… smontaggio.

Personalmente, immaginavo una cerimonia più intima, raccolta, magari solo al cospetto dei familiari. Siamo, invece, in molti, tra turisti e gente comune, ad assistere a distanza dal lato opposto del fiume alla rappresentazione delle operazioni di preparazione delle pire e dei cadaveri.
I resti dell’incenerimento finiscono, ovviamente, nel fiume sacro.
Il fumo delle pire infuocate, piuttosto che ispirare nell’animo il pensiero dell’aldilà, pervade i nostri indumenti e i polmoni, mentre lasciamo il fiume sacro e anche Kathmandu.

Ci dirigiamo, infatti, verso Bhaktapur, dove siamo attesi all’hotel Planet.
Da qui nei prossimi giorni continueremo la visita della valle.
I dintorni della cittadina ci appaiono “industrializzati”: si vedono tante ciminiere di fornaci (mi sembra una dozzina), alcune fumanti, che sono segno di una produttività notevole e redditizia di mattoni. Tutte le abitazioni, infatti, anche quelle più antiche, sono costruite con questo materiale. Evidentemente il terreno si presta a questo utilizzo intensivo e ciò, secondo me, spiega l’assenza di abitazioni precarie come le capanne o baracche, che ho visto in Africa.

Lunedì 05 – Nagarkot
Notte poco usufruita per il riposo a causa dell’insistente tosse.
Al mattino il programma prevede il trasferimento per un giorno a Nagarkot, località in alto verso i 2000 m, da dove potremo ammirare lo splendore delle vette innevate dell’Himalaya al tramonto e all’alba.
Dopo un’ora circa di strada stretta in salita, che talvolta fa venire i brividi nell’incrocio con altri veicoli, giungiamo al “The Fort Resort”, un hotel su un cocuzzolo con una vista spettacolare di un vasto paesaggio montano, con la cornice dell’imponente catena dell’Himalaya. Peccato che la foschia e qualche nuvola non ci danno una visione nitida del panorama, ma la nostra immaginazione è illimitata.

Sistemazione rapida nelle stanze e via verso il piccolo centro abitato.
Dopo l’inevitabile acquisto di prodotti artigianali ci inoltriamo per un percorso naturalistico nella foresta. Sarà una bella passeggiata per noi, ma quando incontriamo uomini e donne di varia età che trasportano sul groppone ricurvo fasci di legna ci sentiamo un po’… turisti (privilegiati). Il viottolo s’inoltra in un folto bosco e va progressivamente in discesa. Consultiamo la mappa e decidiamo di proseguire fino in fondo, risalendo, poi, per altra via.

Questo è il nostro primo piccolo piacevole tracking.
All’ora del tramonto ci portiamo sul terrazzo per contemplare le montagne innevate dell’Himalaya mentre assumono gradualmente una tonalità rosa.
Il sole cala lentamente alle nostre spalle; c’è qualche nuvola a tratti, ma lo spettacolo è decisamente indimenticabile e il freddo pungente non ci impedisce di goderlo a lungo.
Domattina da qui ci toccherà ammirare un’altrettanto spettacolare alba.
Il paesino di Nagarkot sicuramente è frequentato da turisti, perché si vedono in giro molti hotel, però conserva ancora una certa semplicità, non avendo che pochi negozietti d’artigianato a loro dedicati, in mezzo a quelli a uso della popolazione stanziale.

Al proposito, noi non ci sottraiamo al ruolo di visitatori di passaggio: maschere, borsette, collane e orecchini, babbucce di lana… vanno a ruba, come altrove.
Dopo un’eccellente cena, servita da servizievole personale, la luna piena ci accompagna su per le scale verso le nostre camere ben riscaldate (perfino con le borse d’acqua calda!) e ci sorveglia dal cielo nel nostro agognato riposo.

Martedì 06
Ci svegliamo per tempo, dalle finestre si intravvede il soffuso chiarore dell’alba, è freddo, mi affaccio sul balcone in pigiama rinforzato e rientro un po’ deluso. Nulla all’orizzonte, davanti a me vedo solo bianco; tocca aspettare, nel frattempo facciamo abbondante colazione nepalese, mentre qualcuno preferisce continuare a dormire.
Sono le nove passate ma del sole ancora nessuna traccia: un’intensa nebbia ci avvolge come candida bambagia e non tende a dissolversi.
Le foto sono in bianco e nero o solo in bianco…

Siamo abbastanza in alto, ci aspettiamo almeno di rivedere le montagne innevate prima della partenza.
Andiamo, intanto, al villaggio a ultimare le nostre “spese pazze”: gli occhi luccicano davanti agli oggetti, le tasche si svuotano, le borse si riempiono, le valigie reggeranno in aereo?
Rientriamo in hotel che la nebbia sulle montagne persiste dispettosa e noi di contro ci infiliamo rassegnati nel nostro pulmino e ripartiamo in discesa verso Bhaktapur.
Come previsto, dopo pochi km lasciamo la macchina e continuiamo in leggero tracking per strade secondarie fino all’hotel Planet. L’iniziativa è volontaria, s’intende, ma viene accolta volentieri da tutti, anche da qualcuna che forse ha la febbre.
Ci inoltriamo nel bosco dapprima per un po’ in salita. Non ho conoscenza del tipo di alberi, a parte alcuni giganteschi ficus benjamin, che si vedono anche altrove, ma il bosco è per definizione sempre un luogo affascinante, talvolta misterioso.
Passeggiare in mezzo agli alberi è come ritornare a far parte della Natura…
Si cammina con i propri pensieri, entrando nel profondo di sé, oppure si scambiano opinioni ed esperienze con altri.
Meditazione, condivisione. In fondo siamo in una terra che ha visto sorgere e svilupparsi religioni-filosofie come l’Induismo e il Buddismo, che contengono come punti fondanti questi due concetti o pratiche.
Più banalmente, però, chiacchieriamo tra noi, quando non ascoltiamo il meticoloso Jam nelle sue spiegazioni su Shiva & C.

Più avanti procediamo per una strada rurale che attraversa campi coltivati e che vede ai lati abitazioni contadine. Incrociamo soprattutto donne al lavoro e bambini giocosi, che si lasciano fotografare.
Le case sono sempre più numerose e diventano man mano un villaggio, Changu Narayan.
C’è da visitare un tempio indu, ma la strada è costellata ai lati di negozi per turisti che ci impegnano un po’. Il tempio è forse il più antico del Paese.
Proseguiamo fino a giungere in una lunga periferia di Bhaktapur: si distinguono abitazioni dall’aspetto di villette a fianco ad altre più modeste, di aspetto rurale. Jam dice che tutte hanno la luce elettrica e l’acqua mediante pozzi. Le foto alle persone, specie bambini, si sprecano. Chissà perché, la mia macchinetta esaurisce la batteria nel momento inopportuno.

La stanchezza sta per essere appagata dalla vista del cartello “Planet Hotel”, un bel tè bollente è pronto in tavola per noi.
Siamo pienamente soddisfatti della passeggiata, che ci ha consentito di entrare da vicino nella vita di questo Paese.
Dopo un po’ di riposo e una doverosa doccia ci aspetta a cena una doppia pietanza italiana: lasagna e parmigiana di melanzane.
La birra è immancabilmente di produzione locale. Prosit!

Mercoledì 07 – Bhaktapur
Notte terribile per me con la tosse più che ostinata, ma tralasciamo i malanni personali. La sveglia per fortuna è più tranquilla, visto che non partiamo con il pulmino. Ci aspetta, finalmente, la visita a Bhaktapur antica. L’ingresso è attraverso una porta ad arco e comporta il pagamento di una somma di 1500 rupie, corrispondente a circa €13, valida per una settimana.

La città, che in passato è stata anche capitale della Kathmandu Valley, conserva l’aspetto medievale ed è abitata e vissuta dalla popolazione, pur se ormai invasa dai negozi per turisti. Le caratteristiche viuzze che s’intersecano tra loro sfociano in alcune piazze, dove ci sono templi e palazzi importanti. La più bella è Durbar Square, forse anche rispetto a quella di Kathmandu e di Patan, che visiteremo domani. Qui c’è il tempio indu più alto del Nepal, 36,6 m. Sostiamo volentieri, anche, per gustare un “Masala Tea”.

Se mi chiedete di descrivere nei particolari quello che vediamo camminando per diverse ore non saprei accontentarvi: mi rimane in mente la visione delle abitazioni tipiche con basse porte d’ingresso e degli abitanti che vivono normalmente la loro vita, ignorando o osservando il passaggio dei turisti: piccoli artigiani che svolgono la loro attività, donne sedute alla porta di casa a fare la calza, a lavare panni in bacinelle, ad accudire ai bambini, a gestire il negozietto o, perfino, a fumare (sic!); galline che razzolano dovunque; fastidiose motociclette che rompono l’armonia di un ambiente che, impropriamente, viene definito isola pedonale. Non mancano i mendicanti e i venditori di oggetti sempre appresso.

La visita in un laboratorio di “mandala” conclude al meglio il nostro giro: ci viene dettagliatamente illustrato come i “maestri” eseguono a mano l’incredibile miniatura del tipico disegno su tela di cotone, previamente trattata (non su carta!), il che giustifica il rilevante costo.

La passeggiata nella città antica, sotto la puntuale guida di Jam, è giudicata piacevole da noi tutti, in particolare è interessante vedere come continua a vivere la gente qui, nonostante la trasformazione dell’ambiente a uso turistico. Notevole e apprezzabile l’artigianato locale; attenzione, però, ai prodotti taroccati provenienti dalla Cina!

Giovedì 08 – Patan
Partiamo alla volta di Patan, definita qui capitale dell’arte, ma sulla strada ci fermiamo per una breve visita nel paesino di Thimi, caratteristico per i laboratori di ceramiche. Anche qui, girando per le strette vie osserviamo la gente dedita alle proprie occupazioni; vediamo pure l’immancabile tempio indu.

Immettendoci sulla (super)strada che passa per Kathmandu, in realtà ci troviamo incolonnati in un supertraffico. Lentamente raggiungiamo la nostra meta.
La passeggiata per l’antico centro di Patan ci ripaga in parte di questo disagio, se non fosse per i fastidiosi e insopportabili motocicli che invadono le stradine più che altrove e con i clacson assordanti rendono vana la pace che una città così ben conservata meriterebbe.

Iniziamo con la visita di due templi, passando per le vie ricche di negozi di statuette e oggetti di bronzo o altro metallo dorato, maschere e tipiche finestrelle di legno, stoffe e indumenti.
La Durbar Square, con i suoi caratteristici templi e palazzi, ci appare maestosa. Visitiamo l’interessante Museo.

A lungo ci soffermiamo seduti sui gradini, a condividere l’atmosfera rilassante della gente in piazza; non viene meno, però, il nostro girovagare per acquisti (che schiavitù!).

Venerdì 09
Ci immergiamo nella valle per attraversare paesini antichi e rurali tra i vasti campi ben coltivati, con spettacolari geometrici terrazzamenti. Le coltivazioni sono in atto (grano, riso, patate, verdure varie) e si vedono numerose donne e pochi uomini all’opera: trasportano letame con grossi cesti, zappano, seminano, raccolgono. É evidente che l’attività principale della gente comune di questi posti è l’agricoltura. Altrove sicuramente è anche l’artigianato.

Il primo villaggio che attraversiamo per percorsi sterrati è Nala.
Lasciamo il pulmino e ci avviamo per la strada che porta in alto al Monastero di NamoBuddha. Nella valle notiamo estese piantagioni di mandarini.
Circa due ore di salita al fresco degli alberi, passando anche per contrade contadine, poi finalmente il tempio, con gli edifici annessi, appare nella sua imponenza. Sappiamo che alle ore 15 comincia una cerimonia religiosa, perciò, levate le scarpe, entriamo e assistiamo alle preghiere di una sessantina di giovani monaci, accompagnate con il suono di trombe. A metà cerimonia viene distribuito a tutti del tè.

Riprendiamo il pulmino e scendiamo verso Dhulikhel, cittadina ricca di hotel, da dove riusciamo a vedere di nuovo le montagne innevate dell’Himalaya. Questo spettacolo è particolare e provo a descriverlo così: ora siamo a circa 1800 m. di altitudine e il panorama più immediato ci mostra intorno altre montagne simili. Poi, se uno alza gli occhi come per guardare il cielo si trova, invece, questa imponente catena di picchi innevati che raggiungono e superano anche gli 8000 m. Purtroppo, spesso la nebbia impedisce questa visione e tanti turisti risulta che restino delusi. A noi è andata benino, ma per vederle più da vicino occorrerebbe fare altri percorsi. Forse in un prossimo viaggio.

Altre cittadine attraversate: Panauti e Banepa.

Sabato 10
Ci muoviamo per la valle di Shanku, lungo la strada notiamo campi coltivati, serre, famigliole che fanno il picnic festivo sui prati, donne che si lavano al fiume come davanti casa. Dal villaggio per strade strette e sconnesse saliamo verso il tempio, sia indu che buddista, di Vajra Jogini: abbiamo davanti una scalinata di 450, ma forse molti di più, gradini. Il tempio è affollato di pellegrini, non mancano le scimmiette, che scorrazzano rubando anche oggetti personali, si vedono alcune caprette in attesa di sacrificio.

Discendiamo e ci immergiamo in una festa popolare-religiosa affollatissima di stand e di persone; Jam dice che essa dura un mese, ma oggi c’è più gente perché è anche sabato, che qui è il giorno festivo della settimana.

Ripartiamo per Gokarna Mahadev, dove c’è un tempio indu sul fiume Bagmati, con molte statuine in pietra di mille anni.
Appena sopra Kathmandu c’è da visitare il Monastero di Kopan, dove circa 300 giovani monaci studiano la filosofia del Buddismo.
Qui Bertolucci ha girato parte del suo film “Il piccolo Buddha”.
Sul retro c’è un bel giardino che ispira alla serenità d’animo e alla meditazione.

Scendendo ammiriamo case di aspetto signorile, con balconcini e colonnine.
Proseguiamo per l’ultima tappa, lo Stupa di Bodnath (tempio buddista), grossa costruzione a cupola in mezzo a una grande piazza circolare. Una folla immensa di pellegrini vi gira intorno in senso orario, senza tregua per ore, recitando “preghiere”; si riconoscono dalla faccia e dagli abiti molti tibetani.
Si vedono alcuni che fanno strane pratiche, sdraiandosi ripetutamente per terra o su assi di legno. Numerosi anche i monaci.

Stiamo qui circa due ore in libertà e non ci sottraiamo al giro insieme con i pellegrini, anche perché i lati della piazza sono una successione di accattivanti eccessivi negozietti per turisti.
E’ buio quando usciamo verso la strada, dove scorre il caos, ovvero il traffico.
Torniamo in hotel per una degna conclusione del giro odierno ma, tutto sommato, del tour in questo piccolo Paese asiatico: stasera la “Pizzeria Bella Nepali” di Martin, il premuroso responsabile di cucina, ci offre una gustosa pizza “nepalitana”!.

Domenica 11 – Bhaktapur
Una giornata, l’ultima, a spasso da soli per Bhaktapur per gustare questa cittadina quasi isola pedonale, con la maestosa Durbar Square e le viuzze intorno che sono, in effetti, un centro commerciale d’artigianato. Impossibile sfuggire agli ultimi acquisti di souvenir, ma girovagando si scoprono anche caratteristici angoli di vita locale:

donne che lavano panni, che filano la lana, che chiacchierano sull’uscio, una che tesse a un telaio antico; uomini che stanno al sole o che giocano a scacchi, barbieri e sarti, calzolai e falegnami, un fabbro; bambini che giocano, altri che tornano da scuola, alcuni usano il trucco della proposta dì acquisto di un dizionario (in combutta con il negoziante); infine, il via vai della gente comune. E le galline e papere che razzolano sulla via, con la supervisione di un gallo che canta il suo chicchirichì da una finestra del primo piano.
Non si vedono proprio tanti turisti in questo periodo, almeno così sembra.
I negozianti, un po’ rassegnati, si limitano a un invito formale verso i loro prodotti; più insistenti sono, in genere, i venditori per strada.

Sul terrazzo di un bar-ristorante della piazza assaporiamo lentamente un gradito “Lassi” (frappé alla frutta).

La piazza si anima sempre più ed è piacevole starsene seduti sui muretti a osservare.
Dopo un ultimo giro per vicoli è tempo di rientrare in hotel, non dimenticando di attraversare la monumentale Durbar Square per memorizzarla bene nei nostri occhi.
L’ultima foto è dalla finestra della camera: siamo fortunati a cogliere i riverberanti colori del tramonto, giusto segno della conclusione del nostro viaggio in Nepal.

Namaste! Nicola
nicsam50@libero.it

Foto di NIcola Samà, Massimo Massimi, Rita Dominijanni

Viaggiatori: Vittoria S., Massimo M.
Rita D., Enzo C.
Isabella D., Nicola S.
Guida: Jam
Driver: Take

Organizzatori del viaggio: Francesco (*)
Massimo M.
Jam

(*) Hotel Planet Bhaktapur
nepalplanet@yahoo.it

P.S. Armatevi di santa pazienza quando girate per le vie degli antichi centri storici di Kathmandu, Patan e Bhaktapur, impropriamente definiti o considerati isole pedonali: il frastuono dei clacson delle invadenti motociclette è veramente fastidioso e, per quanto mi riguarda, insopportabile. Ci hanno fatto perdere il gusto di passeggiare per le vie di questi interessanti centri, già disturbati e appesantiti dall’esasperata sequenza di negozi tutti uguali per turisti. Questo è stato un punto senza dubbio increscioso del nostro viaggio. Sulla nebbia, evento naturale, non si può dire nulla.

I Nepalesi non possono immaginare quanto acquisterebbero di qualità questi pregevoli antichi centri senza il traffico caotico attuale. Per fortuna si salvano da questa invadenza le monumentali Durbar Square. N.S.

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