Americhe

Viaggio in Colombia natalizia

di Nicola A. Samà – 
L’atterraggio a Medellin, nonostante qualche sobbalzo dell’aereo durante la discesa, avviene con l’applauso ormai consueto dei passeggeri. Noto che per entrare in Colombia da turisti non è richiesto il visto consolare. Veniamo da New York, dove abbiamo lasciato il clima freddo e quasi nevoso stagionale. Qui siamo appena sopra l’Equatore e, anche se soggiorniamo in una zona montuosa delle Ande a circa 2000 m. di altitudine, troviamo un clima primaverile stabile. Lasciando l’autostrada proveniente da Medellin, che si trova già quasi a 1500 metri s.l.m., saliamo più in alto per una stradina un po’ tortuosa, che poi diventa sterrata in prossimità della nostra abitazione, in località Vereda Las Mercedes. Avendo soggiornato a lungo in Kenya in varie stagioni, il confronto mi viene spontaneo. I due Paesi, infatti, sono attraversati dall’Equatore e presentano un clima e un territorio simile. Ma lo sviluppo sociale nell’ America Latina è più avanzato e lo notiamo la sera stessa scendendo a Marinilla, cittadina di circa cinquantamila abitanti.

La visuale dal balconcino di casa ci mostra abitazioni sparse con annessi appezzamenti di terra ad andamento scosceso variamente coltivati: riconosco piante di avocado, banani, canne di bambù, orti di chissà quali prodotti. In casa l’impatto con la frutta per noi esotica è immediato quanto piacevole: pitaya, granadilla, mango, papaya, higo (fico d’india), maracuja, piña (ananas), cocco, banane, avocado. L’agricoltura qui è tornata ad essere molto sviluppata e florida dopo la scomparsa nel 1993 del famoso e controverso narcotrafficante Pablo Escobar. Le terre, infatti, erano state abbandonate dai contadini per sfuggire alle azioni criminose dei narcotrafficanti (Cartello di Medellin) e alla guerriglia conseguente.

Decidiamo di trascorrere la serata in città, accompagnati da taxi che qui costano pochissimo. Ci fermiamo nella piazzetta principale piena di luminarie natalizie, a cominciare dalla facciata della chiesa. C’è un pullulare di gente, ma anche di moto e macchine. Le ragazze e i ragazzi sembrano spigliati e alla moda, nel vestire e negli atteggiamenti, debitamente forniti di smartphone. In attesa di tornare per una visita particolareggiata della cittadina, saliamo per cena in un locale che ha i tavoli sul balcone prospiciente la piazza. Iniziamo ad apprezzare gustosi piatti locali. In Colombia costano poco solo i beni essenziali, il cibo e i trasporti.

Andiamo a dormire in una situazione di estremo relax, al frinire dei grilli. Da notare l’assenza di vetri alle finestre, che non sono necessari per via del clima costantemente mite. Al mattino seguente passeggiata nei dintorni lungo strade sterrate, dove troviamo anche abitazioni di notevole pregio, non certo di proprietà di contadini. Trovandosi Medellin relativamente in basso con un clima più caldo, è probabile che chi ha la disponibilità economica si procuri un’abitazione secondaria in zona climatica più favorevole.

Pomeriggio e serata trascorsi a Marinilla, in giro per le vie intorno alla piazza, affollata come in giorno di festa, ma ogni giorno è così, dicono. Odori e musica ci accompagnano, mentre osserviamo le mercanzie dei negozi chiaramente non per turisti. Le donne hanno quasi tutte i capelli lunghi o raccolti, ma fianchi e “davanzali” abbondanti, segno che il cibo non manca ed è bello dimostrarlo. In chiesa, che ha le porte spalancate anche durante le funzioni, un coro di bambini, come non si vedono più da noi, canta melodie natalizie tradizionali. Mangiamo prodotti tipici dalle bancarelle (empanadas, arepas, buñuelos) e ci avviamo verso il fiume ad ammirare le fantasmagoriche luminarie, poste perfino sull’acqua. Rientriamo a casa in taxi, contagiati dall’aria di festa cittadina. Ho letto recentemente che la Colombia risulta essere il Paese più felice del mondo, vedremo.

Partiamo in minibus in nove persone per una gita annunciata fantastica. In meno di un’ora ci troviamo a El Peñon de Guatapé, sotto la meraviglia di un enorme monolite scuro, liscio, di granito e quarzo, alto 200 m. Alla popolazione locale piace credere alla caduta di un meteorite, più verosimilmente si tratta dell’esito di un’eruzione vulcanica.

Per 740 scalini saliamo fino in cima, dove siamo a 2137 m. s.l.m. Da lì si gode la vista spettacolare a 360 gradi di una natura ancor abbastanza incontaminata: un vasto lago frastagliato e con molte isolette rigogliose, alcune con abitazioni. Non ci sono stato, ma sembrerebbe un paesaggio simile ai fiordi norvegesi.

Il pranzo immancabile in un locale con vista sul lago consente di trasferirci nel pomeriggio nella cittadina vicina, Guatapé.


Dopo una passeggiata per le viuzze caratteristiche per la presenza di “zócalos”, coloratissime pitture in rilievo, in basso sulle pareti delle abitazioni, prendiamo uno scafo per una frizzante gita sul lago.

Veniamo a sapere che il lago, almeno in parte, è in realtà un bacino artificiale ed è stato creato sommergendo anche un intero paese, El Peñol, per ricostruirlo più in alto lì vicino. Vediamo, tra l’altro, la villa “La Manuela” di Pablo Escobar, incendiata e devastata dopo il suo assassinio. Aver dato alla casa il nome della figlia non l’ha preservata dall’infausto destino.

Rientriamo non avendo dimenticato di acquistare qualche oggetto artigianale.

El Carmen de Viboral è la cittadina delle ceramiche, che raggiungiamo per un discreto tratto per una strada sterrata. Anche qui le abitazioni sono tappezzate di mosaici e mattonelle variopinte. Per la verità, si nota che molte case qui in Colombia sono dipinte solo nella facciata principale, mentre ai lati la parete rimane rustica: sembra che così si paghino meno tasse o, comunque, si risparmi un po’.


Le chiese sono sempre da visitare, a Natale si vedono presepi e addobbi caratteristici; si nota un’affluenza e una devozione maschile da noi non usuale.

Il pranzo è in un locale tipico per i fagioli ma, ahimè, cotti sempre con carne: mi tocca ordinare un uovo, guarnito di deliziosi contorni esotici e accompagnato da una squisita spremuta di guanàbana.

A San Antonio, piccolo centro praticamente attaccato alla città di Rionegro, dove si intravvedono grattacieli, tentiamo solo l’assaggio di innumerevoli specialità dolciarie, in un locale strapieno di cimeli (c’è la bici da corsa “Girardengo” di un campione colombiano) e foto prevalentemente religiose, con coloratissimi tavoli e sedie.

Nel museo annesso alla biblioteca comunale di Marinilla ammiriamo 3600 Crocifissi provenienti da tutto il mondo e donati alla comunità da un personaggio del luogo che fu anche senatore, Roberto Hoyos. Non abbiamo una guida, ma alcuni sembrano di pregevole fattura; non manca la croce di Hitler (svastica). In un’altra sala c’è un grande e interessante Presepe e alcuni reperti archeologici.

Tante persone incontrate per strada salutano spontaneamente. In piazza bancarelle stanziali offrono di continuo spremute di frutta, dolci e prodotti tipici. Frequentati i bar con i tavoli all’aperto. La chiesa anche qui con le porte tutto il giorno spalancate. La maggior parte degli uomini adulti porta caratteristici cappelloni, per ripararsi dal sole. C’è un’atmosfera rilassata nonché vivace in giro.

In piedi all’alba per andare in città, in prossimità del fiume, a vedere il grande mercato degli animali. Ricordo vagamente che un tempo c’era anche da noi, un giorno al mese, mi pare. Centinaia di uomini con il cappello da cowboy dentro i recinti tentano di tenere a bada bovini di varia stazza, ma anche maiali e cavalli, mentre intessono tra loro trattative di compravendita. Fanno tenerezza i numerosi vitellini da latte con la museruola. Ne compriamo uno di una settimana, qualcuno penserà ad allevarlo.

In minibus partiamo alla volta di Santa Fe de Antioquia, centro che ha ben conservato una struttura antica coloniale. Scendiamo a valle passando dalla periferia di Medellin. Il paesaggio muta aspetto, non essendo qui il terreno coltivabile come in alta montagna: sembra una foresta tropicale, dicono che ci sono prevalentemente alberi da frutta.

Lo spettacolo di vasti insediamenti abitativi ai lati della valle, dove è situato il nucleo centrale e moderno della città, è stupefacente, difficile da descrivere. Dicono che sia l’effetto di una migrazione incontrollata nel periodo del narcotraffico e che questa zona non ha rapporti con il resto della città. Apparentemente non ci sono strade di accesso o sono poche: si vedono due o tre cabinovie per favorire la comunicazione. Attraversiamo la capitale del dipartimento scorgendo ai lati una zona di degrado con ammasso di case, meno che modeste: è la zona dei poveri. In lontananza, ma anche a ridosso di queste case decrepite, si vedono i grattacieli; ma a visitare la città torneremo un altro giorno.

In prossimità di Santa Fe facciamo un sopralluogo presso un particolare ponte sul fiume Cauca, ideato dallo stesso architetto che attendeva alla costruzione del ponte di Brooklyn.

Il centro storico della cittadina si presenta con case basse, quasi tutte di un solo piano, posizionate lungo viuzze perpendicolari intorno a due piazze, con annesse chiese. Si notano abitazioni visibilmente di lusso, appartenute a personaggi storici. Le case sono ormai trasformate in negozietti, hotel e ristoranti a scopo turistico. Anche qui come a Marinilla la gente pullula vivace tra bancarelle e locali-bar, specie la sera quando la temperatura è più fresca e ventilata. Siamo a 550 m. s.l.m. e restiamo perplessi al pensiero che qui si vive costantemente tutto l’anno con il caldo torrido, anche nel periodo delle piogge che, comunque, sono sempre più rare.

Siamo alla visita di Medellin. Scendendo dalla montagna verso valle la città appare sotto di noi nella sua vastità. Gli spagnoli sono arrivati dall’oceano fin qui passando tra le gole dei monti della Cordillera de los Andes. La città si sviluppò dapprima nella vallata, ma successivamente si estese nelle parti declivi della montagna per l’arrivo o, meglio, l’invasione di altre popolazioni. In totale, oggi, circa tre milioni di abitanti, una megalopoli. La descrizione non rende bene quanto si può vedere e ammirare di persona, soprattutto considerando l’incredibile mescolanza della zona ricca dei grattacieli con quella povera della periferia ma, anche, di una parte del centro.

Il traffico cittadino non ha niente da invidiare a qualsiasi metropoli occidentale o anche africana e orientale: è notorio lo smog cui è sottoposta questa città, soprattutto la zona in valle. Comunque, le strade sono larghe e il traffico più che caotico appare intenso. Al confronto, quello di Roma è intenso e caotico. Si notano a centinaia le moto, queste sì disordinate, e ciò si spiega con il clima favorevole, che permette di risparmiare sul mezzo di trasporto personale. Innumerevoli e sempre disponibili i taxi.

Una breve sosta nella piazza di Botero con le sue enormi sculture ci rappresenta quanto il turismo di massa faccia perdere a volte il gusto di visitare zone di arte. Dal movimento frenetico della gente e dalla varietà di personaggi in giro per strada, nel frastuono proveniente dalle più disparate attività commerciali, ci rendiamo conto che è meglio dare uno sguardo dai vetri ben chiusi del minibus, piuttosto che camminare nella bolgia cittadina.

Al pomeriggio passeggiata nel Giardino Botanico, apprezzabile e ricco di piante, non di fiori in questo periodo. La sera non può mancare la cena in un locale tipico e la visita alla piazza e alle strade limitrofe, nell’esagerata esposizione sempre più diffusa delle luminarie natalizie, con una folla di persone alla ricerca spasmodica di una posa per una foto “storica”. Non c’è alcuna misura, ormai, nelle manifestazioni esteriori di una felicità che forse non c’è, affidando a delle luci psichedeliche l’illusione di far sparire la miseria umana. Lo scrivo ben consapevole che la festa del Natale è nata con un altro significato ed è stata insipientemente stravolta inseguendo uno sregolato consumismo. È una considerazione personale generale, che potrei omettere in questo diario, ma tant’è. D’altra parte, essendo venuto a visitare con interesse questo Paese non posso esimermi dal documentare con la fotocamera dello smartphone ogni tipo di manifestazione che riscontro durante il viaggio. Lo faccio, però, con un senso di disagio invisibile.

Un giro in taxi e a piedi a Sabaneta ed Envigado, due comuni contigui a Medellin, che a noi sembrano due suoi sobborghi. Menziono nel primo la chiesa di Santa Maria Auxiliadora, famosa nel periodo di Escobar per la presunta protezione della Madonna nella gestione del narcotraffico. C’era una smisurata devozione diffusa tra il popolo: si raccontano particolari surreali e agghiaccianti di persone grate per la riuscita di una consegna di cocaina o richiedenti sostegno prima di compiere una “esecuzione” contro un nemico.

Passeggiando per le vie di questi borghi si nota la vita soprattutto commerciale e distensiva per la presenza di numerosi negozi e bar-ristoranti abbastanza frequentati. Non sfuggono al mio sguardo attento alcuni barboni girovaghi, che portano i segni del vagabondaggio perenne e del riposo notturno, si fa per dire, all’addiaccio.

A Envigado dove, peraltro, siamo ospiti di una gentile e disponibile signora, tra un bar e l’altro in giro per le strade, ci troviamo a visitare l’abitazione di Fernando Gonzalez, scrittore e personaggio storico locale.

La serata si conclude con un’immersione in tour con il minibus nel traffico di Medellin, al fine di avere un’idea sulla commistione di quartieri ricchi con altri ordinari o meno. La vista panoramica dal “Pueblito Paisa” di tutta l’immensa vallata illuminata ci conferma la convinzione di aver visitato una città controversa, per l’inusuale sviluppo che ha avuto in anni recenti. Sicuramente il controllo del narcotraffico dal 1993 in poi ha dato a questa metropoli la possibilità di uno sviluppo notevole e regolare in ogni campo, sociale, economico, culturale.

Si parte all’alba in minibus, con sei persone in più, alla volta di Jardin, cittadina in mezzo alle Ande, a circa 1700 m. s.l.m., nella zona dove si coltiva, dicono, il miglior caffè. Mettiamo appena i bagagli in hotel e saliamo su uno dei coloratissimi truck turistici, che ci porta per una strada sterrata in una zona lussureggiante di piante di caffè e “platani” (banani da cucina).

In una azienda già contattata ci attendono per una visita, dimostrazione dettagliata e degustazione del caffè da loro coltivato. Un simpatico signore in perfetta tenuta da lavoro ci illustra dalla A alla Z tutte le fasi della produzione del caffè “Arabica”; esso viene quasi totalmente esportato, in sacchi di cabuya de fique (biodegradabile), prima della tostatura, che avviene invece nel Paese di destinazione. L’acquazzone ci sorprende mentre siamo al coperto, nel luogo dove avviene la lavorazione con lavaggio finale delle drupe di caffè, ma qui la pioggia è una benedizione: non è mai necessario irrigare le estese piantagioni. Una particolarità che rende il caffè colombiano più pregiato è che i terreni sono scoscesi e la raccolta avviene solo con mezzi umani, con l’eventuale aiuto di una mula. In Brasile e altrove, invece, le coltivazioni sono in terreno pianeggiante, che permette l’uso di mezzi meccanici. È possibile che questo sia il motivo per cui la Colombia non è il primo Paese al mondo, ma il terzo, per la produzione del caffè. Il discorso oggigiorno si complica per l’intervento di fenomeni come la genetica, il biologico, la supremazia della pubblicità, il business, l’abbandono dell’attività agricola, i cambiamenti climatici, etc.

Per oggi ci accontentiamo di ammirare una montagna viva e vitale, verde più che mai, che gratifica l’uomo laborioso e rispettoso della Natura.

La cena in locale tipico mi consente ancora una volta di ovviare al consumo di carne, cibo fondamentale e ricco in Colombia (“chicharrón” il più prelibato), con un’ottima zuppa di fagioli del luogo (“frijoles”). Non mancherò di acquistarne da portare in Italia. Per i succhi (jugos) di frutta esotica ci si può sbizzarrire e l’abbiamo fatto con mucho gusto: mango, maracuja, lulo, piña, guanàbana.

Mattinata successiva in giro per il paese, che vanta non pochi hotel e negozietti di artigianato, curiosando nella piazza e per le vie limitrofe sulle abitudini della gente di qua, che evidentemente per il clima mite non ha bisogno di restarsene in casa più del dovuto. Notevoli e variopinte le facciate delle case con finestre e balconi in legno lavorato, che danno alla cittadina un aspetto di gioiosità. Una visita all’imponente basilica neogotica, a porte spalancate, regolarmente frequentata da fedeli in ogni momento della giornata, conclude il nostro viaggio del caffè.

In realtà, di lì a qualche ora si conclude il viaggio in Colombia, la mia prima volta in America latina. Questo viaggio non poteva realizzarsi meglio poiché, grazie alla più che cordiale e premurosa ospitalità di persone del luogo, ci siamo potuti addentrare nel vivo della realtà del Paese, seppure limitata ai dintorni di Medellin. Mi risulta che altre zone più a sud non sono così sviluppate come quelle da noi visitate, ma l’impressione di tutti è che si tratta di un popolo che sta uscendo bene da un periodo oscuro e delittuoso come quello di Pablo Escobar, il narcotrafficante per eccellenza. Almeno così si spera.

 

 

Leggi Commenti

  • Veramente entusiasmante e a tratti spettacolare la descrizione di un viaggio che probabilmente non farò mai, ma che Nicola mi ha fatto rivivere in maniera palpitante. Mi incantano ogni volta la sua capacità di vivere con profondità ed emozioni la magia dei posti che visita e allo stesso tempo la meticolosità quasi salgariana con cui annota e riporta a noi particolari anche piccoli per molti forse superflui ma necessari per poter immaginare pienamente i luoghi che vede, i cibi che assaggia, le sensazioni di pelle che riesce a memorizzare e a regalarci. Grazie ancora Nicola. Alessandro

  • Ti leggo sempre ...avidamente affascinata da quel che riesci a cogliere intorno a te
    Buon Anno amico mio spero che la sorte ci faccia incontrare presto

Share
Pubblicato da
Marco

Recent Posts

Monte Generoso Canton Ticino, tre cose da fare

di Monica Palazzi - Monte Generoso, Canton Ticino in Svizzera, tra laghi, boschi e una…

19 Novembre 2024

Cappadocia, la terra che ti conquista al primo sguardo

di Monica Palazzi - La Cappadocia la terra antica che ti conquista al primo sguardo!…

5 Novembre 2024

Quattro chiese italiane a cielo aperto

di Monica Palazzi - Quattro chiese italiane a cielo aperto che hanno un prato per…

21 Ottobre 2024

Viaggio nelle Grecia che non ti aspetti (via nave)

di Marco - La Grecia è una meta superba da visitare tutto l’anno ed ha…

17 Ottobre 2024

Cinque labirinti italiani suggestivi

di Monica Palazzi - 5 labirinti italiani suggestivi seppur il mito e la storia del…

8 Ottobre 2024

Val di Mello tra piste ciclabili e trekking

di Monica Palazzi - Val di Mello vero e proprio gioiello della Val Masino è…

23 Settembre 2024