di Niziano –
Organizzare (anche se a scopo umanitario) un viaggio in Bielorussia in auto per un gruppo di nove persone non è molto facile, il primo problema è stato trovare un mezzo di trasporto adeguato, gli autonoleggi convenzionali non autorizzano viaggi fuori della comunità europea e l’unica soluzione sembrava quella di andare con i propri mezzi, ma occorrevano almeno due o tre auto , non si possono fare quasi 6000 km in 5 persone dentro una macchina, senza considerare i bagagli e il materiale che volevamo portare alle famiglie dei bambini che vengono ospitati qui da noi. Il problema sembrava insormontabile fino a che non mi sono ricordato che l’ARCA (circolo ricreativo dell‘Enel ) possiede dei furgoni ch,e oltre ad essere utilizzati per le attività delle varie sezioni sportive e culturali, vengono usati anche per noleggio ai soci.
Non solo L’ARCA mi ha autorizzato all’uso del furgone al di fuori della comunità europea (i fogli da fare non sono pochi), ma sapendo quale era lo scopo del viaggio ha voluto contribuire alla mia iniziativa mettendomi a disposizione il mezzo da me richiesto ad uso gratuito.
Preparati i documenti personali: passaporti con relativo visto (per aver il visto occorre l’invito di una famiglia o di una associazione umanitaria) in alcuni casi anche la prenotazione dell’albergo, circa due mesi di preparazione, eravamo pronti.
Il giorno 8 aprile siamo partiti alle 4.30 del mattino, per la sera dovevamo essere al confine tra Germania e Polonia 1380 km, siamo arrivati la sera alle 21.00 circa, abbiamo trovato un po’ di tutto: pioggia, grandine e neve per non parlare delle code interminabili, nonostante tutto siamo arrivati dove avevamo previsto.
La mattina dopo partenza alle 8.00, l’autostrada che attraversa il confine era chiusa a causa dei camion che avevano bloccato tutto. Abbiamo attraversato la città di Gorlitz dove esiste un posto di frontiera per le sole auto ed è andato tutto bene, ma nel frattempo erano già le 10.00 le strade, se così si possono chiamare, sono bruttissime e piene di cantieri probabilmente nel giro di poco tempo sarà tutto un altro viaggiare. Il programma prevedeva di arrivare in serata a Biala Podlaska, un paese a 30 km dal confine bielorusso, dove una ragazza polacca che è stata per un po’ in Italia, ci aveva prenotato un albergo. Per fare 680 km abbiamo impiegato circa 11 ore.
10 aprile, foto con i nostri amici polacchi prima di
Dopo poche centinaia di metri nuovo posto di blocco, occorre fare una integrazione gratuita alla carta verde (assicurazione auto) e naturalmente anche una assicurazione sanitaria personale per cui abbiamo pagato circa 2 € a persona. Dopo circa 4.30 ore siamo usciti dalla frontiera e ci siamo diretti a Gomel, dovevamo fare ancora 590 km e non sapevamo che tipo di strada ci saremmo trovati di fronte. Siamo arrivati in città verso le 6.00 del pomeriggio la strada tutto sommato non era male, alcuni tratti erano stati danneggiati dal ghiaccio dell’inverno, ma tutto sommato è andata meglio del giorno prima in Polonia.
Arrivati in albergo abbiamo trovato Roman il ragazzo che ospito a casa mia nel periodo estivo ad aspettarci insieme a suo padre, valeva la pena fare tre giorni di viaggio solo per vedere la sua felicità nel vederci arrivare. Dopo poco è arrivata anche la madre. Abbiamo cenato insieme nel ristorante dell’albergo e loro ci hanno detto che avevano già preparato tutto il programma per il giorno successivo.
Il mattino seguente, Pasqua (quest’anno la pasqua cattolica e quella ortodossa coincidevano) tutti a pranzo a casa di Roman, che abita in un villaggio a circa 15 km dalla città di Gomel, siamo arrivati a casa sua e tutti a pranzo, erano solo le 10.30. Nonostante le possibilità della famiglia non siano molte (il padre guadagna circa 100 $ al mese ) non potete immaginare quante cose avessero preparato.
Il pomeriggio giro per il villaggio e visita ad alcune famiglie che hanno i bambini che vengono in Italia per la consegna di alcune buste e pacchi che avevo avuto l’incarico di recapitare.
Le condizioni del villaggio
Specialmente quest’anno che è piovuto molto è quasi impossibile muoversi per le strade completamente invase dal fango. Il giorno dopo ci siamo recati nel secondo villaggio che si trova dal lato opposto della città a circa una cinquantina di km. Naturalmente nuovo invito a pranzo da una famiglia la cui bambina, ormai è una ragazza, viene ospitata in Italia da una signora che era con me (Fulvia). Essendo questo un villaggio piu lontano dalla città non ci sono case a più piani, come nel primo, ma solo edifici ad un piano quasi completamente in muratura a differenza dell’altro villaggio dove la case erano per la maggior parte costruite in legno.
Nella visita del villaggio
Ospitare un ragazzo/a o bambino/a è una cosa bellissima, indubbiamente è un impegno grosso specialmente la prima volta, la paura che il bambino pianga perché ha nostalgia dei genitori il fatto che magari non riusciamo a capirlo quando ha bisogno di qualcosa sono dubbi che vengono a tutti, ma sono tutti problemi che spariscono dopo pochi giorni basta solo volerlo, capirsi non è poi così difficile, basta guardare la foto di Lara e Katia,
Nel pomeriggio dopo il rientro in città siamo andati alla fondazione, per riempire un po’ di documenti relativi al viaggio e pratiche varie, poi tutti al magazzino, dove vengono depositati i pacchi inviati dalle famiglie italiane e da associazioni di volontariato. Siamo arrivati proprio nel momento che uno dei tir partiti pochi giorni prima di noi dall’Italia stava scaricando il materiale, inutile dire che abbiamo collaborato. Il magazzino nonostante sia abbastanza grande era quasi completamente pieno, ma per poco, infatti le famiglie e le strutture sanitarie o scolastiche vengono avvertite immediatamente che hanno del materiale da ritirare e nel giro di pochi giorni il tutto viene distribuito o consegnato a seconda dei casi.
Il terzo giorno abbiamo fatto praticamente i “turisti”:
La vita in città sembra apparentemente migliore rispetto a quella della periferia e della campagna e anche rispetto a sei anni fa i palazzi sono stati un po’ restaurati ed hanno un aspetto abbastanza simile a quello delle nostre città.
È stato impossibile scrivere delle cartoline illustrate, non siamo riusciti a trovarle neppure nell’ufficio postale centrale. Impensabile trovare grandi magazzini a Gomel ne esiste solo uno e non ha niente a che vedere con uno dei nostri negozi di città; difficile trovare anche i vari negozi che siamo abituati a vedere per le vie del centro, le vetrine sono piccolissime e spesso è necessario leggere sulla porta per capire di che cosa si tratta, invece molto fornito è il mercato generale molte simile ad un nostro mercato coperto. Vi si trova di tutto ma i prezzi per alcuni articoli sono quasi proibitivi per noi, figuriamoci per delle persone il cui stipendio si aggira intorno ai 100$ nel migliore dei casi, dato che alcune categorie percepiscono soltanto 50/60 $ al mese.
La mattina dopo “partenza“ alle 8.00 il nostro visto era valido solo per 5 giorni e dovevamo arrivare al confine prima possibile considerato che all’andata eravamo stati fermi più di 4 ore. Inutile dire che non è stato possibile partire in orario, erano tutti fuori dell’albergo ad aspettarci per salutarci ed augurarci buon viaggio, non è stato facile partire abbiamo promesso che faremo il possibile per tornare a trovarli, ma sia noi che loro sappiamo che, anche se possibile, non sarà sicuramente molto presto.
Siamo arrivati alla frontiera alle 16.30, ma questa volta è andata meglio: dopo “solo” due ore a mezzo eravamo pronti.
Per il rientro in Italia abbiamo fatto delle tappe più brevi la stanchezza del viaggio dell’andata si faceva ancora sentire e inoltre non avevamo nulla di prenotato e di conseguenza nessun programma preciso da rispettare.
Siamo arrivati a casa la sera del 18 aprile dopo aver fatto circa 5800 km.
Esperienza indimenticabile per i miei familiari e amici, che sapevano tutto dai racconti dei ragazzi e dai miei, ma viverli è stato tutta un’altra storia, ci sono cose che anche il più dettagliato dei racconti non può far capire o immaginare come ha detto Marcello: “l’avrai raccontato centomila volte, mi aspettavo qualcosa di simile, ma non così”.
Indubbiamente valeva la pena fare un viaggio del genere, sicuramente sarà stato il primo di una lunga serie, visto che molte famiglie si stanno già organizzando per andare prima possibile, non è un viaggio facile ma con una compagnia giusta ed un mezzo idoneo un po’ di spirito di adattamento si può fare benissimo.
Ho fatto riferimento alla compagnia giusta, infatti la mia lo era: oltre a me (Niziano) c’erano mia moglie Laura, mio figlio Alessio, (l’unico in grado di darmi una mano nel parlare russo visto che nel periodo estivo collabora con il Comitato di accoglienza dei bambini di Chernobyl ), mio padre Nilio, Marcello e Antonella con i figli Lara e Luca, detto Luchino, e Fulvia .
Non ci sono foto o racconti che possono far capire a pieno situazioni ed emozioni l’unica soluzione è partire e andare a vedere con i propri occhi.
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