di Eno Santecchia –
Uno Jesino e il Mediterraneo
Oltre a chi viaggia per conoscere e apprendere, ho sempre apprezzato e ammirato anche coloro che hanno girato il mondo per far conoscere i prodotti, la tecnologia e le manifatture italiane: il “Made in Italy”, in tutte le sue accezioni.
Ho incontrato Vittorio Capannari diverse volte ai mercatini di filatelia e numismatica, nel Maceratese e nel Fermano; una volta mi accennò di aver lavorato tanti anni in Marocco; dovevo farmi raccontare: ora che conosco, apprezzo quanto ha fatto nella sua vita. Ritengo che, nel suo piccolo, abbia contribuito a far conoscere Jesi e le Marche in una vasta area geografica attorno al mar Mediterraneo. Sono Paesi che amo più di altri al mondo e nei quali non mi stanco mai di viaggiare.
Vittorio mi riceve nel suo studiolo, facendomi appoggiare sopra un ampio scrittoio alleato, così lui lo definisce; alle mie spalle Ringo, il verde pappagallo amazzone di dieci anni, gracchia “Roberto”, “babbo”, “Peppe” e qualche altra parola incomprensibile.
La sua esistenza è legata strettamente a un’importante azienda marchigiana di Jesi (AN), leader mondiale nel settore oleario: la MAIP S.p.A. (Macchine Agricole Industriali Pieralisi). Fondatore della quale fu il sig. Adeodato Pieralisi (1869- 1957), fabbro che iniziò la sua attività a Monsano nel 1888 come costruttore e riparatore di pompe e di caldaie a vapore per le trebbiatrici. Uomo ricco d’inventiva, munì la sua officina anche di una fonderia per leghe leggere.
Iniziò a lavorare con la Pieralisi a diciotto anni, precisamente il 2 giugno 1947: una delle prime feste della Repubblica, nei primi capannoni di viale Cavallotti, un ex laboratorio di ceramica.
Mentre era apprendista, “ragazzo di bottega”, fu chiamato militare di leva a Milano, nei bersaglieri. Al termine rientrò al lavoro; all’epoca l’azienda contava circa 20-25 dipendenti, Vittorio aveva il cartellino numero 14. Con l’andare del tempo si è sviluppata e oggi conta circa 300 operai e impiegati.
Negli anni del boom economico Jesi veniva anche definita la “Milano delle Marche” per l’importanza delle sue industrie siderurgiche e metalmeccaniche.
La Pieralisi produceva macchine olearie e frantoi e vendeva in Italia; in seguito si è orientata anche ai mercati esteri, soprattutto nei paesi del bacino mediterraneo. D’altronde l’olivo è una pianta tipicamente mediterranea, infatti, secondo una stima, in questi paesi si concentra il 96 % del patrimonio olivicolo mondiale, circa 750 milioni di alberi, e il 98 % della produzione mondiale di olio.
Ho appreso direttamente che, quando si viaggia (per diletto o lavoro), l’albergo dove si soggiorna bene lascia un ottimo ricordo. Trascorsi dei decenni, ogni hotel racchiude una storia che merita di essere ricordata; ecco perché, quando posso, li cito. Ad esempio: l’hotel Adlon Kempinski (1907) di Berlino, sito di fronte alla porta del Brandeburgo, e, agli estremi, nel mar Mediterraneo, l’hotel Pera Palas (1892) di Istanbul, sul Corno d’Oro, il più vecchio hotel europeo della Turchia e l’hotel El Minzah (1930) in rue de la Liberté a Tangeri, da me visitato nel maggio 2014. Essi racchiudono un’immagine di lungo periodo di quelle città.
I primi viaggi aziendali di Vittorio furono in Francia e Portogallo, ma operò molto spesso anche presso la sede della Pieralisi spagnola (Compagnia Mercantil Pieralisi) a Saragozza.
La prima trasferta nei paesi arabi fu nel 1955, dove fu venduto il primo grande impianto oleario completo ad un’importante società italo-libica, poi negli altri paesi del Nord Africa e Vicino Oriente: Marocco, Tunisia, Algeria, Egitto, Siria e Libano, dove Vittorio rimaneva anche mesi; la famiglia era a casa.
Dopo la grossa commessa libica, Vittorio iniziò a fare il tecnico montatore e l’assistenza, con l’esperienza acquisita nel tempo: divenne così uno dei primi tecnici specializzati nel montaggio della Pieralisi.
Grazie anche ad un accurato lavoro, la Pieralisi era in grado di consegnare a ogni acquirente tutte le macchine: un oleificio completo, pronto all’uso.
Del suo lavoro, comprendente, come abbiamo visto, in periodi diversi, vendita, montaggio e assistenza tecnica, Vittorio amava tutto: la gente, la clientela che gli portava grande rispetto e lo ospitava casa o al ristorante, e i viaggi che gli consentivano di vedere villaggi e piccole e grandi città. Tuttavia la maggior parte degli oleifici si trovava in campagna.
Mi mostra orgoglioso il libricino “L’arabo parlato”, acquistato cinquanta anni or sono in Libano, tra i primi dizionari italiano – arabo per viaggiatori. D’interesse archeologico ha visitato: Cartagine, Homs di Libia (vicino a Misurata), Sabratha, Jarash (l’antica città romana di Gerasa, in Giordania), e il museo Egizio del Cairo.
Libia
Dopo la vendita del primo impianto, nella prima metà degli anni Cinquanta, in quella nazione ci fu un boom delle vendite. Partecipando alla fiera internazionale di Tripoli si riportavano in azienda buone commesse.
In quel paese, per motivi di sicurezza, rimase in albergo due volte: durante la rivoluzione di Gheddafi (1969) e in occasione dell’espulsione dei quarantamila ebrei (1970). Il rappresentante locale ebreo della Pieralisi fu espulso: loro si recarono, con un po’ di timore, a recuperare i documenti commerciali nell’ufficio dell’agente.
Tunisia
Nella vicina Tunisia Vittorio giunse negli anni Sessanta. Dapprima era proibita l’importazione, per mancanza di valuta estera, poi anche quella nazione si aprì. L’azienda aveva un rappresentante francese che vendeva trattori, trebbiatrici, frantoi e altri mezzi agricoli. Vittorio parlava francese e un po’ d’arabo e girò per città quali: Tunisi, Sfax (hotel Olivier), Kairouan, Zarzis, Enfidaville, Sousse, Monastir. Nella capitale soggiornò nell’hotel Majestic e Afrique. Ancora ricorda la bontà del pesce cucinato nei ristoranti della Goulette, il porto di Tunisi. Ho avuto il piacere di visitarlo, ricordo che dista poco più una decina di chilometri dal centro storico, raggiungibile con una strada che scorre al centro del lago di Tunisi.
Marocco
Vi giunse negli anni 1965-70, un paese che Vittorio ha apprezzato moltissimo, gli piaceva tutto. Si trovò benissimo con i francesi, spagnoli, italiani e con la gente del posto, molto ospitale. È stato a Fes, Meknes, Ourzazate, Agadir, Beni Mellal, Marrakech. Nei villaggi gustava la tajine (una pietanza di carne in umido), e, quando i ristoranti erano lontani, si arrangiava con i panini. Molto spesso lavorava nei villaggi più vicini alle piantagioni di olivi, terminato il montaggio, tornava nelle città più grandi: Casablanca, ove spesso soggiornava all’hotel Mediterranée, Fes, Marrakech (omonimo hotel), ove si riposava con passeggiate, cinema e spettacoli di danza orientale. Ricorda che negli anni Sessanta a Casablanca c’erano quattro ristoranti italiani: ne ricorda tre il Don Camillo, il Chianti e il Cappuccino.
Ad Algeri, Orano, e in altre località si fermava spesso, quando si recava in trasferta in Marocco. L’Algeria inizialmente era un mercato molto difficile, i frantoiani erano abituati con i vecchi frantoi a pietra e presse francesi a colonna, mentre la Pieralisi produceva presse “a mobile”. Dopo aver vinto un’asta governativa, riuscirono a entrare in quel mercato, anche per la buona qualità dei macchinari.
Dopo le ottime esperienze e conoscenze acquisite in tanti anni con il montaggio e l’assistenza, Vittorio passò al servizio commerciale.
Dalla zona iniziale (Grecia e Spagna), il mercato estero si allargò a Siria, Libano, Giordania, Iran, Egitto, Cipro, Turchia e Palestina. In Turchia il rappresentante locale aveva una sua officina ed eseguiva i montaggi dei nuovi macchinari.
Siria
In Siria era difficile importare macchine, sempre per questioni di valuta estera e restrizioni governative. Aleppo, Homs, Tartus, Lattakia, Idlib e piccoli villaggi, dove Vittorio rimaneva anche tre mesi per la vendita e l’assistenza. Il rappresentante dell’epoca, Mahamud Shaaban, aveva personale in grado di eseguire una parte del montaggio.
Quando si trovava in Siria e aveva un paio di giorni liberi, insieme ai colleghi italiani si recava in Libano, la Svizzera del Medio Oriente. Di Beirut ricorda Achrafieh, il quartiere (cristiano) di lusso posto in alto; la gente vestita all’europea, negozi fantastici e fornitissimi. In Place du Canon le bancherelle dei cambiavalute vendevano anche monete d’argento di tutto il mondo, e monete di età romana.
Purtroppo nel paese dei cedri la pacifica convivenza fu messa a dura prova, per usare un eufemismo. Dopo alcuni scontri (1973), nell’aprile del 1975 esplose la guerra civile tra le milizie musulmane appoggiate dalla Siria e i gruppi cristiano- maroniti appoggiati da Israele. Nel 1990 Beirut, principale teatro di quel conflitto, era distrutta.
A Damasco, capitale della Siria, Vittorio alloggiò all’hotel Semiramis e al Carlton; nella bella città di Aleppo, all’Omayyade Jedid (nuovo). La cittadella di Aleppo è patrimonio dell’UNESCO dal 1986.
Era al lavoro in quella nazione durante due importanti eventi storici: quando fu rotta la Repubblica Araba Unita (1961) e l’amicizia con l’Egitto, e nel novembre 1970, durante il colpo di stato capeggiato da Hafiz Al Assad. In una piazza vide l’impiccagione di alcuni collaboratori degli ebrei, lasciati appesi per un paio di giorni all’interno di sacchi.
Da quando è scoppiata l’attuale guerra civile, guardando la televisione, a Vittorio si stringe il cuore, sapendo che qualche suo amico potrebbe trovarsi in gravissime difficoltà.
Vittorio si è spinto, per lavoro, anche in Rhodesia e in Kuwait, per i rulli compressori stradali vibranti e i dumper piccoli. In Croazia si è svolto uno dei meeting annuali delle forze di vendita della Pieralisi. Durante un viaggio di lavoro in nave da Ancona a Fiume, ha incontrato l’attrice Silvana Pampanini.
Le foto pubblicate nei due volumi in bibliografia documentano alcuni degli oleifici realizzati all’estero:
– Spagna, Puente Genil, all’epoca il più grande oleificio al mondo, con 6.000 quintali di lavorazione al giorno.
– Spagna, Granada Cooperativa San Isidoro de Loja.
– Croazia, Sibenik oleificio Laca.
– Tunisia, Sidi Bou Said.
– Tunisia, Kerkyra.
– Libia, Tarhuna oleificio Safil.
– Marocco, Fes oleificio della Société Amine Trapod.
– Palestina, frantoio Ein-Sinia di Ramallah (primi anni Sessanta).
– Siria, Tartus oleificio governativo.
Tra le più belle fiere del Mediterraneo c’erano quelle di Tripoli, Casablanca, Damasco (ma anche Madrid, Valencia, Beirut, Nicosia, Salonicco), dove la Pieralisi aveva ampi stand riservati dall’Istituto del Commercio Estero Italiano. In genere le fiere duravano 10 – 12 giorni, quella di Tripoli di Libia un mese. Vittorio, insieme al rappresentante locale, stilava contratti. Qualche volta, per una commessa difficile o importante, giungeva il direttore commerciale Ado Clementi e, a volte, anche i Pieralisi, soprattutto Luigi.
Il protagonista di questa micro-biografia conserva ottimi ricordi dei fratelli Pieralisi: Igino (amministratore), Luigi (pubbliche relazioni) ed Egisto (progettista). Con essi ha collaborato complessivamente 52 anni: 35 anni come dipendente, il resto come agente esterno. Negli ultimi dieci anni è stato a Roma, rappresentante per il Lazio e, per 6-7 anni, al servizio commerciale, nel nuovo complesso di via Don Battistoni. A settanta anni Vittorio lasciò l’azienda.
Come abbiamo visto in parte, dopo la fine del secondo conflitto mondiale numerose sono state le guerre civili, i colpi di stato, le invasioni e le crisi politiche ed economiche di ogni genere nei paesi rivieraschi, dove si coltiva l’olivo. La profonda crisi economica (e di valori) ancora in atto ha duramente colpito paesi come la Spagna, il Portogallo, l’Italia, la Grecia (zona sud dell’euro), ma anche Cipro, maggiori produttori mondiali di olio di oliva. In paesi come la Libia e la Siria non si vede una soluzione a breve; probabilmente sono in via di risoluzione le problematiche in Tunisia ed Egitto. È fuori di dubbio che ciò abbia inciso sulle esportazioni della Pieralisi, che tuttavia è riuscita a mantenere nel settore una consolidata leadership.
In passato la Pieralisi produceva singole macchine per oleifici. Oggi realizza impianti automatici a ciclo continuo per forza centrifuga, oltre a carrelli elevatori e macchine per la lavorazione dei fanghi industriali e la depurazione delle acque, con stabilimenti in Italia e all’estero.
L’olivo è una pianta originaria del Mediterraneo orientale, diffusasi in tutto il suo bacino; di recente si sta cercando di coltivarla anche in altre parti del mondo a clima simile: America centro-sud, Argentina e Australia. L’olio extra vergine di oliva è una millenaria, straordinaria spremuta di olive (per i chimici una miscela di trigliceridi), così importante per la nostra salute. È uno degli elementi base della “Dieta Mediterranea” che ci invidia tutto il mondo. La sua storia … prosegue.
Nella sua intensa vita da ottuagenario Vittorio si è dedicato anche a interessanti ricerche culturali e collezionistiche. È autore di ben 14 pubblicazioni sulla città di Jesi nel Novecento. Ha una collezione di 1.400 cartoline della sua città, dal primo Novecento fino ad oggi. Insieme alla moglie Clara, anche lei appassionata di storia locale, ha curato una raccolta di circa cento volumi storici di Jesi e dei personaggi che l’hanno resa famosa nel mondo. Ricordo di aver letto con piacere il volume “Le notti storiche” dello scrittore jesino Rafael Sabatini.
Possiede anche delle medaglie commemorative e circa 6.000 foto d’epoca di Jesi, tra cui 2.000 dell’esercito polacco, durante la liberazione lungo la costa adriatica, da Ascoli Piceno a Bologna. Dopo la liberazione, a Jesi i polacchi rimasero accampati nel vecchio campo di aviazione fino al 1946.
Fino al 1944 l’aeroporto jesino ospitava la fabbrica di aeroplani Savoia Marchetti. Prima della ritirata i guastatori tedeschi lo minarono: rimasero solo i capannoni vuoti.
Insieme al Circolo Filatelico Numismatico “Federico II” di Jesi, Vittorio ha organizzato otto mostre: sull’Unita d’Italia, sulla Liberazione del 25 aprile, sull’agricoltura, sulle cartoline, sulla filanda, sui cordai, Jesi nel XX secolo, sui personaggi jesini, sul Granmercato.
Ora sta preparando, per il mese di novembre 2014, una mostra fotografica e documentaria sulla storia dell’aeroporto di Jesi. Ci dà cenni sui dirigibili.
Dal 1914 al 1920 un hangar ospitava vari dirigibili, tra cui il “Città di Ferrara”, mentre il “Città di Jesi” si trovava a Ferrara. Ambedue furono utilizzati per i bombardamenti in difesa dell’Adriatico. Il “Città di Ferrara” fu abbattuto dagli austriaci il 9 giugno 1915, a Fiume, dove si trovava per bombardare un silurificio; il dirigibile Citta di Jesi a Pola, il 5 agosto del 1915.
La storia della città, che si onora di aver dato i natali a Federico II di Svevia (1194- 1250), imperatore del Sacro Romano Impero, detto anche “Stupor mundi”, e della Nuova MAIP Pieralisi, continua.
Tutti i diritti riservati.
Bibliografia: . Capannari Vittorio, I protagonisti di una realtà jesina, Falconara Marittima, Sagraf (Sabatini Grafiche), 2007.
Salvucci Betto, Dall’olivo all’olio. Storia, tradizioni, miti e curiosità. Pollenza, Tipografia San Giuseppe, 2002.
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