di Francesca Pierantoni –
CAMBOGIA
Giorno 1:
Un gattino che gioca con un gomitolo
Eh si.
Si torna a viaggiare.
Ne sono cambiate di cose in questi due anni.
di Francesca Pierantoni –
CAMBOGIA
Giorno 1:
Un gattino che gioca con un gomitolo
Eh si.
Si torna a viaggiare.
Ne sono cambiate di cose in questi due anni.
di Maria Francesca Pierantoni –
GIORNO 1: Scali e difficoltà
Comincia il mio viaggio lento in Birmania.
Infatti ci metto due scali per raggiungere Yangon: prima Helsinki, poi Bangkok.
Helsinki perché l’elegante compagnia Finnair fa scalo da pochissimo a Bologna e i prezzi sono stracciati. Spazi ampi, rilucenti, tutti griffati Marimekko. Un lusso che mi voglio godere, visto che mi aspetta il paese più primitivo del Sudest Asiatico.
di Francesca Pierantoni –
Bangkok giorno 1.
Appena aperte le sliding doors dell’aeroporto sono stata inglobata da un blob di smog e caos primordiale. Ho dormito 2 ore negli ultimi due giorni, e questo non aiuta a sopportare il clima. Caldo come a Bologna quando si sta malissimo moltiplicato per 4, però umido…. ma umido davvero.
Budda è bellissimo. Ma forse io sono induista. Sto cercando di capire.
Bangkok ha dimensioni che un cervello europeo non può comprendere. Tipo che per portarti “a un albergo vicino” ci vuole un’ora. In più, i taxisti sono rinunciatari. Se non sanno dove ti devono portare ti scaricano in mezzo alle puzze della strada.
di Francesca Pierantoni –
Giorno 1
Arcobaleni
Il mio zaino è azzurro. Quello di Cristina è verde. Io sorrido alla hostess di Iberia che porta un rossetto con lo stesso punto di rosso della bandiera spagnola. Fuori dal finestrino tondo brilla il giallo del sole di Madrid. Il mignolo del mio piede sinistro continua ad essere viola, dopo che me lo sono sfranto contro il frigo a due giorni dalla partenza (infatti ho addosso le Ipanema nere, le Reebok bianche non riesco ancora a metterle. Troppo male). I nostri blues, le piccole o grandi malinconie ci pesano come zavorre. Per questo siamo partite. Per svuotare gli zaini da tutto ciò che non seve più. Per cercare una trasparenza.
di Francesca Pierantoni –
Giorno 1: Milano – Düsseldorf – New York Gli Stati Uniti, si sa, hanno una politica di controllo immigrazione ferrea. Per entrare negli USA non si transige. Devi mettere le crocette. Ti danno un modulo dove sottoscrivi che sei sano di mente. Che non ti droghi. Che non sei mai stato comunista. Che non nutri sentimenti antiamericani. E che non stai pianificando attacchi terroristici. Ora. Come io ho mentito sulla cosa dei comunisti, chi mi dice che il tipo seduto nel sedile dietro non pianifichi attacchi terroristici? Gli americani non se lo pongono. Se metti la crocetta si fidano. Che teneroni.
di Francesca Pierantoni –
Giorno 1: la città con mille nomi
Atterri ad Edimburgo e scopri che nessuno dice Edinburgh. No. La gente si divide tra chi dice Edingboro e chi dice Edingbor. E guai a contraddirli. È come sputare sul loro kilt. Come disseppellire il nonno e ballare con le spoglie. Quindi quando senti dire che stai a…
Edingbro non ti fai più domande.
Lasci le valigie in albergo e scendi nel gelo artico e la città improvvisamente cambia nome in Edinbrrrr.
Sali al castello e ti entra il demonio sotto forma di vento malefico tra il collo e il cappuccio e la città diventa Edingbrufen.
di Francesca Pierantoni –
Giorno 1: Bologna – Istanbul
C’è un attimo preciso in cui la libertà diventa una sensazione fisica. Quando sulla pista di decollo la velocità dell’aereo si fa insostenibile e l’unica possibilità che rimane è lo spiccare il volo.
È in quell’istante che il tuo corpo si tende e salta.
Non importa se sei legato al sedile. Salti anche tu. …
Salti dentro. E sei libero.
Bene, biondino riccetto con chitarra come bagaglio a mano che mi hai guardato tutto il volo.
Ora scendiamo insieme e iniziamo una storia travol…. guardavi il tuo amico seduto dietro di me.
Ok. 1 – 0 per il destino beffardo.
di Francesca Pierantoni –
Giorno 1: Bologna – Munich – New Delhi
Questa notte non ho dormito granché. Il caldo, questioni di pipí di cani e di gatti, l’agitazione hanno frammentato il sonno e scompigliato i pensieri. Pezzi di questi pensieri erano rivolti alla leggera e sana paurina che ti prende prima di affrontare un viaggio come questo. Sola. Randagia. Senza bagaglio. Poi, sul tapis roulant dell’aeroporto di Monaco di Baviera mi ritrovo a sorridere sentendo di nuovo sotto le unghie quella scossa di libertà assoluta che ormai conosco bene.
E se prima di partire non dormo, se ora mi ciondola la testa tra la scritta Luft e la scritta hansa del poggiatesta va bene così.
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