di Elena –
Sono stata in Siria nella tarda primavera del 2010. Un weekend fai da te e hotel prenotato sul web. Dopo aver visitato tutti i paesi dell’area (tranne la Giordania per la quale nutro una istintiva quanto radicale antipatia) nonche’ i Paesi del nord Africa islamizzati, mi rimaneva davvero solo quella come meta Ma ho diversi amici di Damasco… Da essi non me ne era venuto nessun incoraraggiamento e l’epiteto piu’ entusiastico che avevo sentito loro profferire era “interessante”. Da qui la mia decisione a dedicare al Paese un solo weekend e cicoscrivere la visita alla capitale.
Il volo Syrian da Roma il venerdi’ e’ su un aerbus senza infamia ne’ lode ma arriva in orario. E’ una sera di meta’ maggio e la temperatura e’ gradevolissima. Ho un bagaglio a mano ed il visto preso in ambasciata a Roma, cosi’ supero i gruppi di turisti che si radunano attorno alle loro guide italiane. All’uscita prendo un taxi della compagnia Julia Dumna che, essendo monopolista nel paese ha tariffe carissime come in Europa. Ma perlomeno la vettura che mi accompagna e’ di gran comfort e l’autista parlotta inglese. Il Mio hotel e’ il Dedeman: E’ una bella struttura giusto un poco decadente con la lobby dalle colonne faraoniche. L’atmosfera e’ vivace e malgrado in ascensore mandino la classica musichetta mesta delle colonne sonore Giulietta e Romeo, Love Story etc, che piace proprio tanto agli arabi l’impressione e’ buona. La mia camera al settimo piano ha un balcone con la vista sul Jebel Kassium, la collina che domina Damasco e su cui si inerpicano a tipo presepe case e casupole. L’impressione positiva aumenta e sono elettrizzata. IL giorno successivo vado alla scoperta della citta’: t shirt long sleeves e pantaloni larghi ma e’ una misura inutile che peraltro mi fa sentire fuorimoda: le fanciulle che incontro nei quartieri prossimi al Dedeman (Abou Roummaneh, Rouda e Malki) sembrano uscite dall’ultimo numero di Vogue: bellissime, mesciatissime nei loro jeans skimmy, t shirt giuste e sandali alti alla schiava. Che bella sorpresa! Anche i ragazzi, almeno quelli giovanissimi, sono piuttosto trendy. Dopo un pranzo in un ristorante ottimo che porta il nome di Versailles mi faccio portare in taxi alla Citta’ Vecchia. L’ingresso del Souq Hamidie e’ una grande galleria nella quale l’afflusso e’ notevole. Ai numerosi gruppi di turisti europei si aggiungono gli ancor piu’ numerosi turisti iraniani: uomini con turbante e donne bardate di nero. Supero a fatica la galleria principale alla fine della quale il passaggio di uno stormo di piccioni mi svela la vista della Moschea degli Omayyadi: Bellissima. Dalla porta di accesso principale, aperta, posso vedere la grande corte interna dal lucidissimo pavimento in marmo. So dalla mia guida che non posso entrare se non prendendo a fitto un paramento ma fa caldo e decido di rimandare la visita mentre mi dirigo verso il souq delle spezie.
Questo souq e’ una sinfonia di profumi esotici. Ai fondachi che vendono sapone di Aleppo, curcuma, incensi, cannella e spezie meno conosciute si affiancano negozi che esibiscono merce ancora piu’ esotica: uccelli imbalsamati, pelli di tigre, di mucca, testuggini morte..E non mancano gli shops dove si riproducono tutte le essenze piu’ alla page: AJ, Jo di Armani, Dolce e Gabbana, Kalvin Klein etc. E’ tutto molto colorato e divertente. Per cena mi butto in un posto da dove vedo entrare ed uscire numerosi viandanti: a parte gli antipasti orientali il piatto forte e’ rappresentato da bistecchine sottilissime di agnello cotte al forno e nel loro stesso grasso tra due pizzette: divine ma di perigliosa digestione. Mi trattengo ancora sperando che, sciamati i turisti, possa vedere un poco meglio la parte della Citta’ vecchia nella quale mi trovo. Supero il bar Noufara dove – dice la guida – c’e’ un cantastorie che tutte le sere intrattiene i clienti e proseguo attraverso un’adorabile stradina coperta da tralicci di uva americana che pende: il quartire e’ pieno di giovani e hanno tutta l’aria di essere locali…Rispetto ai Nostri mi paiono meno ingessati e piu’ genuini. Gli squardi sono limpidi. Le ragazze che incontro sono diverse da quelle viste la mattina… hanno visi marcati, sopracciglia tatuate, un sacco di capelli abboccolati; molto trucco, boccone piene di rossetti mat ..sempre strette nei jeans e sempre ossequiose delle tendenze ma decisamente piu’ smandrappe….
Ci sono ristoranti, bar, pubs ovunque.. Inaspettatamente scopro una citta’ viva, giovane, divertente. Arrivo a Bab Touma, il quartiere cristiano, che trovo pieno di bandiere inneggianti le varie squadre che parteciperanno ai campionati mondiali e mi pare di capire che la squadra che va per la maggiore e’ il Brasile. Mi siedo in un caffe’ con flat screen che trasmette musica libanese e noto che le cantanti sono molto sul genere di quelle che vedo in giro. Ordino una birra e pure un narghile. Si fanno le 23 ma la vita non accenna a diminuire. Io pero’ sono stremata e torno al Dedeman in taxi Il giorno dopo e’ domenica. Faccio un bagno tonificante nella piscina dell’hotel e prendo il taxi per la citta’ vecchia. Alle 10,00 di mattina Damasco sonnecchia ancora: molte vetrine di negozi sono chiuse. Mi sono fatta lasciare davanti a Bab Sharki, l’accesso alla Via Recta, che poi e’ la strada di San Paolo ma che i Damasceni chiamano Meidha Pascia. Da quelle parti, dice la Guida, ci sono tra le piu’ belle case damascene e le case damascene sono un’attrattiva della Citta’. La prima che incontro e’ un gioiello: si trova proprio nella stradina che porta alla cappella di San Anania: se non avete un particolare motivo per farlo non andate alla cappella ma fermatevi a dare un’occhiata all’adorabile cortile di questa casa della quale del resto non ricordo il nome: la corte, dalle proporzioni perfette, e’ delimitata da un porticato di fini colonne di marmo: l’Iwan ha la copertura in legno decorato e colorato e le porte sono riccamente incise.. Torno sulla Via Recta e procedo verso la Colonna Romana: svolto a sinistra all’altezza del ristorante Narenj e seguo l’indicazione per la Casa di Mustafa Ali. Mustafa ALI e’ il piu’ famoso sculture del mondo arabo. La sua molto bella casa e’ anche il suo atelier. E’ una struttura grande, con grandi piante e addirittura un albero. Il restauro-non restauro e’ apprezzabile ma lo sono di meno i lavori esposti, almeno per il mio gusto. Uscita dalla casa noto una bella porta con delle graziose lampade ai lati. L’insegna mi dice che c’e’ un hotel boutique. Busso e chiedo permesso: il ragazzo alla scrivania di legno intarziato mi dice che posso curiosare ed allora mi affaccio e meraviglia…in un tripudio di buganvillae e piante lussureggianti si mostra un palazzo arabo a cui un architetto ose ha dato un colore rosso pompeiano che contrasta meravigliosamente con la pietra grigia dell’edificio. La corte e’ grandissima come la fontana. Elegante l’iwan, perfettamente arredato, come la lobby ed i giardino del resto. Questo posto incantevole, che acquista di notte un fascino ancora maggiore, si chiama Talisman hotel (Talisman 1).
Affatata dal posto prendo la repentina decisione di tornare al Dedeman, prendere il bagaglio e trasferirmi al Talisman dove per mia fortuna una camera e’ disponibile. Non mi sono piu’ mossa dal Talisman se non per pranzare al Nanerj, posto di classe dalla cucina sublime – Poi rientrata in albergo mi sono goduta la luce che cambiava, i Muezzin che intonavano le loro litanie e campane che richiamavano i Cristiani..i profumi di gelsomino, di gardenia, di frangipane al crepuscolo e le luci tenui irradiate dalle lanterne nella notte . Sono rientrata in Italia definitivamente conquistata da Damasco dove tornero’ nel 2011 per una visita al resto del Paese che non dubito mi riservera’ altre sorprese. Naturalmente ho pesantemente insultato i miei amici damasceni.
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