Europa

Belgrado da bere

di Marco Marmotti – 

Si dice che Le Corbusier definì Belgrado “la città più brutta del mondo, nel posto più bello del mondo”,  probabilmente per via della confusione urbanistica e architettonica che apparentemente la contraddistingue; in realtà sarebbe più corretto denominare Belgrado come una città capace, ogni volta, di risorgere dalle proprie ceneri in quanto i territori che la ospitano furono da sempre aspramente contesi dai grandi imperi, costituendo un burrascoso crocevia tra Oriente ed Occidente. Stiamo parlando di una della città più antiche d’Europa che nel corso della sua lunga storia è stata distrutta e ricostruita innumerevoli volte e si presenta oggi come la capitale in assoluto più sottovalutata  dai tour operator.

E’ oggi una città viva, in grado di fare tranquillamente concorrenza per architettura, cultura e possibilità di divertimento alle altre grandi capitali del nostro continente. Popolata da oltre un milione di persone, tantissimi i giovani, cuore di uno stato ferito dalle bombe, dopo l’invasione delle aziende europee già arrivate in massa per la manodopera a buon mercato, ha probabilmente bisogno ora solo dell’invasione «pacifica» dei turisti.

Peraltro si può tranquillamente affermare che a Belgrado non manchi proprio nulla: una vita notturna da far invidia a Barcellona, una fortezza ottomana, un lungo fiume da favola, un distretto della moda e dello stile, una via bohémien, un lago artificiale ultramoderno che da solo può valere una vacanza, le vie dello struscio e del passeggio.

Città senza confini ideologici, dove l’incontro tra etnie e culture diverse è sempre stato all’ordine del giorno, Belgrado, capitale della Serbia, si trova nel punto esatto in cui il fiume Sava incontra il Danubio ed  è la terza città più grande del Sud-Est Europa, dopo Istanbul e Atene. Se amate le capitali, non si può non pensare ad un viaggio da queste parti, peraltro con un budget assai ridotto rispetto a quello necessario per visitare mete europee ben più note.

Il New York Times in un articolo del 2016 dedicato alla città si è chiesto “Belgrado è la prossima Berlino”? Una città grigia e pietrosa che a volte sembra la cugina europea della metropoli tedesca. Una scelta infinta di locali e bar con prezzi decisamente bassi, giovani designer di talento, cucina ricca e vita frenetica notturna; il confronto sembra assolutamente convincente. Belgrado da bere, appunto.

Le cicatrici dell’ultima rinascita

Per iniziare a raccontare questa città è necessario partire da una data ben precisa: il 24 marzo del 1999,  quando poco più di diciotto anni fa, iniziarono i bombardamenti della NATO con l’obiettivo ufficiale di mettere fine alla guerra nella provincia del Kosovo, iniziata l’anno precedente, e alla “crisi umanitaria” che stava caratterizzando quel conflitto. La guerra contro Belgrado fu (quasi) tutta aerea. Anche l’Italia prese parte al conflitto. Così nacque il Kosovo indipendente, così si “normalizzò” la Serbia.

I bombardamenti colpirono i ministeri della difesa, dell’interno e delle finanze, la residenza presidenziale, alcune stazioni radio-televisive, l’ospedale Dragiša Mišović, case private nella zona di Zvezdara, la sede del partito socialista, l’hotel Jugoslavija e l’ambasciata cinese, quest’ultima per “sbaglio” a detta degli americani.

Oggi sulle cinque corsie della Ulica kneza Miloša, la “strada del potere” che conduce al centro di Belgrado,  a circa metà della grande arteria stradale, tra il ministero delle Finanze e le ambasciate di Germania e Usa, due edifici diroccati – speculari l’uno all’altro – si ergono a porta di accesso al cuore della città. Sono i palazzi che componevano il Generalštab di Milošević, sede del Ministero della Difesa e dell’esercito federale, costruiti nel 1963 su progetto di Nikola Dobrovič, modernista convinto e combattente partigiano. Quel complesso edilizio fece parte fin da subito dell’architettura iugoslava da manuale, assumendo poi, dopo il crollo del regime, una posizione ancora più prestigiosa nell’ambito del modernismo serbo. Il tema formale dominante era costituito  dalla dialettica tra il pieno e il vuoto, il positivo e il negativo, metafora politica della genesi della Jugoslavia socialista.

Anche se formato da due parti, che sono separate dal viale, questa architettura va comunque letta nel suo complesso. Nella facciata dominano tre elementi: calcare rosso corallo (da una cava presso Kosjerić in Serbia), marmo bianco (Brač, Dalmazia) e finestre in alluminio. Quando l’edificio fu gravemente danneggiato nel bombardamento della NATO, aveva solo 34 anni. L’Istituto Repubblicano per la Protezione dei Monumenti Culturali ha dichiarato questo complesso come patrimonio culturale nel 2005. Tuttavia, il suo destino, che è ancora nelle mani del governo serbo, rimane incerto anche se si parla insistentemente della costruzione di uno spaventoso complesso residenziale e commerciale denominato in maniera accattivante “Skyline Belgrade”.

Che piaccia o meno, in attesa di questo intervento speculativo di dimensioni impressionanti, il Generalštab è attualmente parte integrante del paesaggio urbano della capitale serba con i suoi elementi, completamente squarciati, nella loro agghiacciante e instabile mostruosità.


Come arrivare a Belgrado

Se pensate al treno, purtroppo non esistono più collegamenti diretti Italia-Serbia poiché la tradizionale via della “Meridionale” per Postumia e Logatec non è più praticabile. L’opzione di viaggio migliore è il treno notturno per Vienna delle ferrovie austriache, che passa da molte città del nord Italia. Bisogna  poi scendere a Villach  e da lì aspettare il treno per Belgrado. Occorre dunque parecchia pazienza.

Con l’aereo ci sono diverse compagnie che effettuano la tratta (compresa Alitalia), spesso però prevedendo uno scalo intermedio e costi decisamente più alti. Altra possibilità è utilizzare  il volo  Ryanair da Bergamo che però atterra a Niš  nel sud della Serbia, distante da Belgrado circa 240 km.

Il viaggio con l’automobile è  decisamente consigliabile se si parte dal Nord Italia. Il tragitto è interamente in autostrada e pressoché in pianura, anche se partendo dal confine di Gorizia per raggiungere Belgrado si percorrono circa 700 km e si attraversano due dogane. Il costo del transito autostradale dopo il confine italiano è relativamente basso. L’attraversamento della Slovenia (senza controlli di sorta) è vincolato all’acquisto della vignetta autostradale il cui prezzo varia in funzione della periodo di validità: per una settimana è 15 euro per un mese 30 euro. L’autostrada in Slovenia scorre tra dolci curve e colline basse, in mezzo a grandi boschi.  I caselli ci sono, ma non occorre fermarsi, basta solo rallentare. Passata la Slovenia, la A3/E70, è drittissima e attraversa l’intera Croazia. Per prendere la direzione giusta seguire le indicazioni per Sl. Brod. Vi informo che lungo il tragitto in terra croata gli autogrill sono molto meno attrezzati e puliti di quelli in Slovenia e il cambio kune – euro è  di solito abbastanza fantasioso.

Oltre il confine sloveno, il pedaggio si corrisponde ai caselli autostradali sia nella valuta locale (Kuna in Croazia, dinaro in Serbia), sia in euro. Il costo è di 20 euro per il tratto di autostrada croata (si percorrono circa 300 km) e di 3 euro per il tratto di autostrada serba (circa 100 km di E70) piena di avvallamenti.

Per quanto riguarda il rifornimento, conviene sempre oltre confine (in Slovenia con gli Euro, in Croazia e Serbia sarebbe meglio con la moneta locale). Al confine tra Slovenia e Croazia e tra Croazia e Serbia è obbligatorio esibire il documento in corso di validità, per gli italiani basta la carta di identità.

Ultimo avvertimento: passata la Slovenia le frontiere esistono eccome, e le code soprattutto al confine tra Serbia e Croazia (ovvero al ritorno dal viaggio) possono essere lunghe ed estenuanti. Di solito si deve aspettare almeno un’ora, ma nei periodi di punta (vedi ad esempio i fine settimana di luglio e agosto) si creano ingorghi e l’attesa arriva fino alle quattro ore, facendo diventare il viaggio una sorta di incubo senza possibilità di uscita.

 
Da dove iniziare e cosa vedere

Una passeggiata diurna per Belgrado dovrebbe sicuramente iniziare dalla fortezza Kalemegdan. È possibile raggiungerla a piedi partendo proprio dal centro città. È un posto per gli amanti della storia e per chi desidera riposare nell’aria fresca e ammirare splendide vedute. Circa 115 battaglie sono state combattute sull’imponente, impressionante Kalemegdan; la cittadella fu distrutta più di 40 volte durante i secoli. Gran parte di quello che si vede oggi è il prodotto delle ricostruzioni austro-ungheresi e turche del XVIII secolo. La storia appassionante della fortezza, riconoscibile nonostante la pletora di caffetterie e localini vari, rende Kalemegdan ancora più affascinante.

L’immagine è da cartolina. Luogo emblematico della città, a strapiombo sul Danubio e sul suo affluente Sava, testimonia 2.000 anni di storia, dalle tombe romane al bunker di Tito passando per le mura medievali, il museo dell’Esercito, uno splendido parco seppur non troppo curato, uno zoo tra i più antichi d’Europa, campi da tennis e da basket, due chiese ortodosse.

Siamo nella confluenza tra Sava e Danubio ed è proprio lì a quell’incontro che realizzi il significato dell’essere Europa, dei popoli, delle identità.

Come ha scritto Claudio Magris il Danubio è il fiume lungo il quale s’incontrano, s’incrociano e si mescolano genti diverse È il fiume di Vienna, di Bratislava, di Budapest, di Belgrado, della Dacia, il nastro che attraversa e cinge , come l’Oceano cingeva il mondo greco, l’Austria asburgica, della quale il mito e l’ideologia hanno fatto il simbolo di una Koinè plurima e sovranazionale, l’impero il cui sovrano si rivolgeva “ai miei popoli” e il cui inno veniva cantato in undici lingue diverse.

Il parco contiene un misterioso pozzo romano profondo più di 60 metri su cui circolano orribili leggende, una torre orologio austriaca del XVIII secolo, il mausoleo ottomano, un museo militare circondato da reperti di artiglieria: una retrospettiva quasi completa del passato serbo.

La colonna della vittoria, sul bastione estremo della fortezza, è il punto dove finiscono i Balcani, ed è qui che Belgrado è capace di mozzare il respiro all’istante.

Scendendo verso il centro, tutto quello che è possibile acquistare è in vendita lungo la Knez Mihailova. Piena zeppa di librerie, negozi di souvenir, catene di abbigliamento e chioschi di giornali; una passerella pedonale di prim’ordine e punto d’incontro per gli artisti e i musicisti di strada. Volgendo lo sguardo in alto, le facciate ornate dei molti edifici del XIX e dell’inizio del XX secolo formano un libro di testo di stili architettonici, tra cui neoclassico e romantico.  Questa strada è uno dei luoghi migliori per sentire l’impulso della città.

La zona di maggior interesse per i turisti è quella centrale, in particolare la municipalità di Stari Grad, che è meta di turismo per la presenza di edifici storici e spazi culturali quali musei e sedi di mostre. I luoghi più famosi, oltre a quelli già citati, sono la Piazza della Repubblica (Trga Republike) su cui si affacciano il Museo nazionale e il Teatro Nazionale, la zona di Terazije con la Piazza Nikole Pašića su cui sorge il Parlamento e, oltre il Parco dei Pionieri, il Palazzo Vecchio e il Palazzo Nuovo.

Piazza della Repubblica merita di soffermarsi per un aperitivo e per guardare la gente che passa. Quando nel 1882 nell’allora piazza del teatro venne posto un monumento al principe Mihailu Obrenoviću, nessuno poteva supporre che questo sarebbe diventato l’epicentro di tutti gli eventi capitali e il luogo preferito dei belgradesi. 

Piazza Terazije è invece il centro della vita sociale di Belgrado; qui si trovano gli hotel, bar e negozi più famosi. La vera attrattiva della piazza è l’Hotel Moskva, capolavoro di art nouveau, datato 1906. Si può soggiornare in questo hotel con meno di 150 euro a notte, oppure più semplicemente farci la colazione al bar.

Da qui si può scorgere all’orizzonte il tempio di San Sava, con le cupole verdi e il marmo di travertino. E’ una chiesa gigantesca – la più grande cattedrale ortodossa dei Balcani – ed è stata progettata in tempi recenti. La costruzione è talmente grande che, nonostante il cantiere sia partito svariati decenni fa, non è ancora terminata, per mancanza di fondi. L’esterno è finito, ma l’interno è ancora un grande cantiere.

Le strade del centro, in generale, sono tutte piene di bar, locali e gente giovane. Un paese che riempie le sue strade di persone giovani è un paese che ha una seria e concreta speranza di crescere e migliorare e che ha una possibilità di riscatto. Un riscatto che traspare tutto nei bellissimi volti delle donne serbe coi loro fianchi stretti, il seno generoso e uno sguardo intenso e curioso.

Spostandovi a Dorčol, che inizia già a circa 700 metri a nord di Terazije, troverete innumerevoli bar e localini e la Via Strahinjića Bana,  sarcasticamente soprannominata “Silicon Valley”, non perché è piena di computer, ma per la quantità di belle ragazze (presumibilmente siliconate) che frequentano le decine di bar, ristoranti e caffetterie. Dalla fine degli anni ‘90, è diventato il luogo di intrattenimento preferito delle classi emergenti belgradesi. E’ qui che bar e ristoranti di semilusso prendono il posto delle vecchie kafane,  così come le rive del fiume Sava si riempiono di pub e discoteche. La vita notturna ha cambiato in parte il carattere di zone storiche come Dorčol,  facendo diventare sempre di più Belgrado una normale, losca, divertente città europea.

Continuando il giro, l’unica moschea di Belgrado, la moschea di Bajrakli, demolita e ricostruita più volte, si trova nella parte più meridionale del quartiere, nella via Gospodar Jevremova.

Al n. 10 di Cara Dušana vi è invece l’unica casa residenziale della prima metà del XVIII secolo conservata nella struttura urbana di Belgrado, fuori dal complesso della Fortezza. Insomma, la casa più antica di Belgrado. L’amministrazione comunale sta pensando di destinare l’edificio a museo, ma  ad oggi nulla si è ancora materializzato.   Fu costruita nel 1724 ed era la seconda di una fila di sette case identiche sul lato destro della strada che, a quel tempo, era considerata la “parte tedesca della città”.  E’ stata la sede della prima panetteria dell’ex Jugoslavia aperta 24 ore su 24. Una nuova, moderna panetteria-pizzeria “Pekara Lazarević” è stata inaugurata nel 2008.

Un’altra meta di tutto rispetto è la Skadarlija, la cosiddetta via “bohémien”, paragonata a più riprese ad una sorta di Montmartre balcanica. Si tratta di una strada ciottolata lunga circa 500 metri, che ospita uno dei ristoranti più segnalati nelle guide turistiche della città, il Tri šešira, e numerosi altri locali. La Skadarlija ha fama di essere il luogo di ritrovo di artisti ed intellettuali, ma in realtà ad occhi di viaggiatore esperto appare tanto una mezza trappola per turisti.

Il quartiere storico più bello della città, Zemun, è perfetto per una passeggiata notturna.

Una volta Zemun era una città sul confine austriaco, l’ultima frontiera dell’impero Austro ungarico. Oggi Zemun fa parte di Belgrado, anche se ancora si differenzia in termini di atmosfera e architettura, poiché è meglio preservato rispetto al resto della città. La città esisteva fin dai tempi romani quando fu conosciuta come Taurunum. Alcuni resti della fortezza sono ancora visibili oggi, se sapete dove guardare – intorno alla torre di Gardoš e al cimitero.

Il punto di riferimento più grande di Zemun è Gardoš, la torre millenaria costruita nel diciannovesimo secolo per celebrare i mille anni dell’impero austriaco. Altre importanti attrazioni della città vecchia sono diverse chiese ortodosse e cattoliche, il vecchio ufficio postale, le case dei commercianti del XVIII e XIX secolo e alcune scuole. Adiacente alla città, una delle zone di passeggiate più famose di Belgrado.

Per arrivarci numerosi autobus vanno dalla piazza Zeleni Venac nel centro di Belgrado a Zemun: 15, 17, 84, 701, 704.  È possibile raggiungere Zemun a piedi, lungo la banchina, ma è una passeggiata molto lunga. La bicicletta è un’altra opzione, ma è sconsigliabile se non si è ben allenati per le strade strette e ripide.

Il quartiere più contraddittorio della città resta sicuramente Savamala, che si estende ai piedi del ponte di Branko. Un tempo porto della città e dogana, nell’ultimo decennio è stato lentamente ripopolato da giovani e artisti. Le vecchie fabbriche sono diventate locali, ristoranti, spazi espositivi, e hanno ripreso colore grazie alla street art. Savamala, detta anche la “Città invisibile”, probabilmente perché per attraversarla è necessario zigzagare tra i camion, risulta romantica e moderna allo stesso tempo, meritevole di essere scandagliata.

 
La spiaggia a Belgrado

Anche Belgrado ha la sua spiaggia ed è raggiungibile in dieci minuti di autobus dal centro (i mezzi peraltro sono molto numerosi). Si tratta di un bacino artificiale sul fiume Sava che, d’estate, diventa località balneare a tutti gli effetti, con migliaia di bagnanti, locali, bancarelle e attività di ogni genere (arrampicate, bungee jumping, tour in bicicletta e quant’altro).

Ada Ciganlija è un luogo dove rinfrescarsi, divertirsi, mangiare qualcosa ma soprattutto fare il bagno e abbronzarsi. Ci sono sia le piste ciclabili che i percorsi pedonali lungo l’intero lago (gran parte della pista ciclabile è posizionata nella parte di bosco, mentre la parte pedonale è proprio accanto alle spiagge). Ci sono due rive, sinistra e destra, entrambe organizzate e curate. Ci sono un sacco dei ristoranti/bar posizionati proprio sulla spiaggia (che offrono al solo prezzo della consumazione sedie a sdraio e lettini). Tantissimi ristoranti/bar sono aperti 00-24h tutto l’anno con dei programmi musicali sempre  diversi. Di solito si mangia molto bene spendendo assai poco.

Ci sono infine tantissime soluzioni sportive – campo da basket, da pallavolo, da tennis, da mini golf (è in continua espansione). C’è anche bungee jump, tanti scivoli, free climbing, tantissimi giochi per i bambini e punti noleggio per bici/rollerblade.

Se venite da queste parti dovete assolutamente passare almeno un giorno ad Ada Ciganlija, la spiaggia di Belgrado (preferibilmente da maggio a settembre).

L’altra Belgrado

Novi Beograd (Nuova Belgrado) è una zona da non sottovalutare, per fare la conoscenza di una città diversa e “nuova”, fuori dalle rotte segnalate nelle guide. Un’altra città nella città, con la sua immensa grandezza e distesa (oltre 40 km quadrati e una popolazione di circa 250.000 abitanti), grandi viali e palazzi imponenti allineati in blocchi numerati, con un misto di visione modernista e pianificazione socialista.

All’epoca della sua ideazione era un momento di grande ottimismo per il paese. Novi Beograd rappresentava una tavola da disegno completamente pulita, per disegnare una città radicalmente moderna e pianificata centralmente, degna di rappresentare l’ambizione, il potere e l’imponente capacità della nuova Jugoslavia.

I primi piani urbanistici che prevedevano l’espansione del Belgrado verso la riva sinistra del fiume Sava videro la luce addirittura nel 1923, ma la mancanza di risorse e manodopera per la bonifica delle zone umide ha posticipato l’intero processo. Al fine di soddisfare le esigenze di una popolazione in forte crescita per via della migrazione e dei tassi di natalità elevati, si decise di costruire tanti edifici e nel più breve tempo possibile. Novi Beograd venne concepita come un centro residenziale, ma anche come un centro amministrativo, per diventare metaforicamente l’incarnazione di nuove relazioni sociali. Tre anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, le Brigate di Lavoro Giovanile iniziarono a costruire i blocchi di Novi Beograd. Per anni il più grande “cantiere” della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia e una fonte di grande orgoglio per le autorità comuniste che hanno supervisionato il progetto.

L’approccio architettonico ed urbanistico, con l’assenza della scala umana degli spazi urbani, ha portato al fatto che molti edifici residenziali, e anche interi quartieri residenziali, sembrano monumentali ed ingombranti. La zonizzazione rigida, con ampi boulevard, inevitabilmente ha costretto i suoi abitanti ad orientarsi maggiormente verso le loro “microcomunità”.  Così il “Block” era ed è ancora è l’unità di misura di Novi Beograd.

Belgrado e Novi Beograd, si oppongono totalmente. Classico contro brutale. Una giungla di cemento immensa ed efficiente, che ospita il maggior numero di residenti di qualsiasi comune in Serbia. Ma anche una città che mostra oggi chiari segni di disfunzione. Decadenti grattacieli di cemento grezzo con gravi problemi di manutenzione, accanto a edifici abbandonati. Nonostante l’alta densità di residenti, si respira una netta sensazione di isolamento. Non so se la colpa sia solo dell’architettura. Il problema è che l’organizzazione di una città in distinti “blocchi” è una metodologia di pianificazione urbana che ha dei limiti enormi e favorisce la sterilizzazione di una città. Noi uomini, fortunatamente, tendiamo a vivere lo spazio urbano con attività quotidiane, ma anche con incontri casuali, che inaspettatamente si verificano da un momento all’altro. Facile da sperimentare in una città che è cresciuta nella casualità organica, molto più difficile in una città pre-pianificata dove le zone sono progettate per ottenere il massimo dell’efficienza. Bisognerebbe comunque viverci per un po’ per capire veramente com’è la vita quotidiana nei condomini a Novi Beograd.

Come muoversi

I taxi sono sufficientemente economici, in ogni caso consiglio la fitta rete di mezzi pubblici. A Belgrado l’efficienza dei mezzi pubblici al servizio dei cittadini e dei turisti stupisce davvero. I tempi di attesa e quelli di percorrenza sono sempre accettabili, anche perché a Belgrado non esiste un vero e proprio traffico come quello caotico a cui siamo abituati in Italia.

Il trasporto pubblico belgradese è peraltro assolutamente economico: il costo di un biglietto è di 89 dinari (poco più di 70 centesimi di euro) e vale 90 minuti con la possibilità di usare più di un mezzo.

Bus Plus è il sistema di pagamento per tutte le modalità di trasporto pubblico tranne i minibus. L’opzione migliore per i turisti è quella di acquistare presso i chioschi – edicola una scheda carta per 40 dinari e caricarla con il biglietto per un giorno, per tre giorni o per cinque giorni.

Quando si entra in un autobus, è necessario convalidare il biglietto sulla macchinetta e da quel momento in si può salire su qualsiasi autobus per i successivi 90 minuti. Ogni volta che si entra in un bus è necessario convalidare nuovamente il biglietto. Infatti il periodo di 90 minuti in cui il biglietto è valido non significa che bisogna lasciare l’autobus dopo i 90 minuti, ma  che non è più possibile convalidare il biglietto una volta scaduti i 90 minuti.

Se si prevede di utilizzare spesso il trasporto pubblico, è consigliabile acquistare un biglietto per un  giorno (280 dinari), o un biglietto di 3 giorni (720 dinari) o un biglietto di 5 giorni (1100 dinari) utilizzando la carta Bus Plus. Questa tipologia di biglietti sono diversi dal biglietto di 90 minuti e il termine inizia dal momento in cui si acquista e non dalla convalida. Insieme al biglietto viene consegnato uno scontrino in cui è segnata esattamente l’ora  ed il giorno in cui scade il biglietto. Questi biglietti devono comunque essere convalidati quando si entra nel bus.

Il trasporto giornaliero inizia alle 04:00 e termina alle 23:00. Nelle ore notturne filobus e tram lasciano il posto ad autobus sostitutivi che, a orari prefissati, indicati nelle tabelle esposte ad ogni fermata, “traghettano” gli utenti della notte. Nelle ore piccole la “bus plus” non è utilizzabile, pertanto, per ogni corsa, è richiesto il pagamento in contanti. Un addetto riscuote 150 dinari da ogni passeggero (1,20 euro circa). I bambini sotto i 7 anni viaggiano gratuitamente.

Se è necessario prendere un taxi meglio prenotarlo o farselo prenotare al telefono. Le tariffe sono regolate dal governo e sono le seguenti: 140 dinari per iniziare una corsa, 110 dinari per chilometro (a seconda dell’ora del giorno) e 12.5 dinari al minuto.

Assicuratevi di scegliere un taxi che abbia l’insegna sopra il tetto dell’auto con lo stemma della città e un numero.

Se siete giunti in auto il mio consiglio è quello di lasciarla parcheggiata in albergo. Belgrado non è certo né Roma né Pechino, ma andare in giro può essere ugualmente stressante soprattutto per la difficoltà nel trovare posti auto gratuiti lungo le strade. Il limite di velocità all’interno del centro urbano è di 50 km/h, vicino alle scuole anche meno. La polizia si apposta come da noi con l’autovelox, soprattutto lungo le grandi arterie urbane.

  

Curiosità architettoniche

L’eredità architettonica di Belgrado non è ben conservata, a causa delle frequenti guerre e distruzioni, che non hanno certo creato le condizioni favorevoli per la conservazione degli edifici più antichi. È per questo che la maggior parte di essi risale solo al XIX secolo. Si conosce così ben poco dell’architettura medioevale di Belgrado, ad eccezione della fortezza. Nella seconda metà del XIX secolo, Belgrado ha sperimentato una completa trasformazione urbanistica e architettonica, con la costruzione di nuovi edifici realizzati in stili indistinguibili dagli stili principali di Vienna, Parigi o Berlino. Appaiono sedi di istituzioni – come gli alberghi e le banche – al posto delle case turche, delle moschee e dei giardini. Tale attività edilizia continua fino alla seconda guerra mondiale, principalmente seguendo varie tipologie di classicismo e, più tardi, modernismo, con brevi fioriture di stile serbo nazionale e Art Noveau.

Dopo la seconda guerra mondiale il nuovo governo jugoslavo considera l’alloggio come uno dei diritti umani più importanti. Quindi, si decide di ospitare la più grande quantità di persone possibili, nella maniera più economica  possibile.

Belgrado ha continuato a costruire instancabilmente anche negli ultimi anni del XX secolo. Come conseguenza degli anni sordidi, vanta anche la più grande periferia illegale dei Balcani – la famosa Kaluđerica – le cui facciate in mattoni rossi si diffondono su tutte le colline verdi nelle parti orientali della città.

Naturalmente, il decennio ha lasciato il segno anche nel resto della città, come testimoniano numerosi ampliamenti  a dir poco imbarazzanti, balconi murati,  mansarde quasi ovunque, talvolta legalizzate e talvolta costruite in segreto, sfidando la legge .

“Divlja gradnja”, costruzioni selvagge. E’ questa l’espressione con cui, solitamente, in lingua serba si indica l’abusivismo edilizio.

L’attuale governo serbo si è impegnato ultimamente in alcuni progetti strategici. Attualmente, il più grande, e certamente quello più controverso, è il progetto Waterfront di Belgrado – un quartiere completamente nuovo, che comprende nuovi complessi abitativi, centri commerciali e opportunità di vita. Forti investimenti stranieri dovrebbero rivitalizzare la vecchia area dei cantieri navali, delle fabbriche e delle case sparse. Progetto assai controverso accusato di eludere in modo creativo le  leggi e la Costituzione. Un po’come succede, a volte, nel resto del mondo occidentale.

La cosa certa è che nuove pagine della storia urbanistica di Belgrado vengono scritte ogni giorno  e perciò assicuratevi di fotografare e memorizzare bene gli edifici che vedrete, poiché nel futuro prossimo potrebbero non esserci più.

Arrivando dall’autostrada la prima costruzione che noterete all’ingresso della città sarà la torre Genex, progettata dall’architetto Mihajlo Mitrović,  terminata nel 1980 e simbolicamente denominata Porta Ovest di Belgrado, un capriccio architettonico di notevole impatto.

L’edificio è costruito nello stile del “brutalismo”, uno stile popolare in architettura tra il 1950 e il 1970, il nome deriva dal francese “beton brut” (calcestruzzo grezzo), in quanto il calcestruzzo si mostra apertamente nel suo stato grezzo nelle facciate. L’edificio è stato diviso in modo funzionale e fisico in due torri  a destinazione commerciale e residenziale. Nella sommità del palazzo è stato collocato un ristorante circolare. L’altezza totale dell’edificio è di 124 metri. Attualmente la torre commerciale e il ristorante sono oggi completamente fuori servizio. È incredibile che questo potenziale turistico (una prospettiva unica per la visione della città), sia completamente inutilizzato. La Torre di Genex in definitiva è un gigantesco lanciagranate in calcestruzzo piantato al lato dell’autostrada, ma per coloro che lo conoscono, questo è il sacro graal  dello stile del brutalismo. Per i turisti appassionati di architettura la città presenta notevoli altri esempi di architettura post seconda guerra mondiale, edifici modernisti e molte architetture del brutalismo.

Il Palazzo delle Cooperative di Belgrado, meglio noto come Geozavod, è invece uno degli edifici più belli della città, situato nel distretto di Savamala, vicino al ponte di Brankov. Molto trascurato fino a poco tempo fa, l’edificio è stato “riscoperto” e utilizzato come luogo espositivo. L’edificio è stato dichiarato monumento culturale e protetto dalla legge. Fu eretto tra il 1905 e il 1907 con l’utilizzo del cemento armato, una tecnologia avanzatissima per l’epoca. È ornato da sculture in pietra artistiche ed è il primo edificio di Belgrado con una sala rappresentativa e una sala cerimoniale. L’interno dell’edificio è spettacolare come l’esterno.


Vita notturna

La vita notturna di Belgrado è nota per essere decisamente movimentata. Anche perché gran parte dell’economia della capitale serba ruota proprio attorno ai numerosi club, discoteche, bar e ristoranti che sorgono sul suo territorio. A testimonianza di ciò basti pensare che, durante i fine settimana, Belgrado viene invasa da giovani provenienti dai Paesi limitrofi della ex Jugoslavia, tutti uniti nella ricerca di uno scatenato divertimento.

I locali abbondano ovunque, nel centro e a Novi Beograd, sulle chiatte sul Danubio e nella via esclusiva di Strahinjića Bana.  Le chiatte sul fiume galleggiano letteralmente, tutte allineate, e fanno di Belgrado una delle scene di vita notturna più uniche al mondo.  I locali più famosi si trovano lungo il fiume Sava, dal vecchio ponte sulla ferrovia fino al ponte Gazela e lungo il Danubio, vicino all’Hotel Jugoslavia. Funzionano però solo d’estate. In inverno i locali dove andare sono quelli del centro.

Sappiate che in questa città si può fumare praticamente ovunque e bere ad ogni angolo. Dopo 500 anni di dominio turco e 50 anni di comunismo, si può biasimarli? È questo il momento giusto per visitare Belgrado, ve lo assicuro. È un momento in cui le attrazioni sono abbondanti, e i turisti ancora pochi.

 

Qualche dritta per concludere

Proprio quando pensi di esserti fatto la tua opinione su Belgrado, la città riesce ancora a sorprenderti. Una delle soprese è “Čumicevo sokace” o Belgrado Design District. Il famoso “Čumić Alley”, primo centro commerciale della capitale, costruito all’inizio del secolo scorso per molto tempo è stato l’unico centro commerciale di Belgrado. Dopo il periodo fortunato c’è stata una fase di completo oblio e decadenza. Il complesso è stato rinnovato nel 2010 ed è diventato il distretto di design di Belgrado. Ci sono negozi di moda per abbigliamento, interni, mobili e un paio di studi artistici  che mostrano e vendono il loro lavoro uno accanto all’altro. L’antica città fantasma ha riscoperto vita e creatività. Viene nominato Belgrado Design District (piuttosto comodo per i turisti, che altrimenti dovrebbero chiedere Čumicevo sokace”), è al suo interno ha un’atmosfera davvero unica.

Serve un alloggio? I prezzi a Belgrado sono davvero alla portata di tutti. Se arrivate in automobile mi sento di consigliare l’Hotel Mint, decisamente la struttura alberghiera con il miglio rapporto qualità prezzo della città.  E’ un gradevole Hotel a quattro stelle di piccole dimensioni (una doppia costa meno di 70 euro), in posizione ottimale per chi arriva dall’autostrada. La via in cui è ubicato è decisamente stretta (anche se a doppio senso di circolazione) e dallo svincolo autostradale bisogna svoltare all’improvviso. A parte questo, una volta parcheggiata l’auto nell’ottimo parcheggio custodito con tanto di telecamera, si possono utilizzare i mezzi pubblici e visitare la città in tranquillità. Cambiano anche la valuta, praticamente al tasso ufficiale e senza commissioni. Nelle vicinanze c’è un bar ristorante, il Mydan, che offre un mix di cucina serba, italiana e internazionale  a prezzi davvero onesti.

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Marco

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