La montagna del silenzio
di Antonio Castronuovo e Mauro Casadio Farolfi
A tre ore da Pondicherry, dove sorge l’ashram di Sri Aurobindo, c’è la cittadina di Tiruvannamallai con un altro ashram, quello di Ramana Maharshi, ma non solo: là vicino si eleva la montagna (piuttosto un’altura) Arunachala, che è un luogo sacro per gli uomini, pervaso di sostanza divina. Uno di quei luoghi in cui si va per sentire e toccare il divino: questa è l’esperienza che ha attirato gli autori di queste generose fotografie che, rapiti da letture e racconti, hanno deciso di compiere alcuni viaggi alla ricerca, appunto, della sensazione divina. Ma in quei viaggi è successo qualcosa. Nelle grotte e sui sentieri di Arunachala hanno incontrato uomini contemplativi e silenziosi: i sadhu, i gimnosofi che Alessandro Magno incrociò spingendosi nella profonda Asia, coloro che hanno rinunciato a tutto, alla famiglia e al possesso delle cose, protetti da lunghe barbe e capigliature, rivestiti soltanto di una tunica gialla o zafferano, creature che vivono di nulla, nutrendosi con le offerte dei devoti, e alle quali – nei tempi remoti – si era unito il Buddha che cercava l’illuminazione.
Chi va alla montagna Arunachala trova questi uomini, prima ancora del divino. E sorge allora il sospetto – sia a chi viaggia in quei luoghi, sia a noi che ammiriamo queste foto – che il divino non sia qualcosa di ineffabile sparso nell’aria.
Nient’affatto: il divino è contenuto in questi erranti, nella serena quiete dei sadhu.
Nel cristianesimo c’è stata un’incarnazione: Dio è sceso nell’uomo e ha preso dimora nella sua carne. Eppure, che fatica trovare nel cristiano il divino incarnato, che se ne fugge da un uomo che parla troppo. Nei silenziosi sadhu sprigiona invece dagli occhi, dai gesti trattenuti, dalle pose che ricordano l’antica amicizia del Buddha, dai segni primitivi tracciati sulla fronte con cenere e terre colorate.
Un viaggio verso il divino si realizza infine come viaggio verso l’uomo. Non c’è bisogno d’altro: si percepisce assai bene che si è trovato ciò che si cercava.
Forse da questo nasce il fascino della montagna Arunachala, e dell’India intera: sorge dagli antichi sadhu che hanno strappato il velo della maya illusoria e si sono fusi con la coscienza cosmica, esseri che, con la loro semplice esistenza, ratificano che una divinità esiste.
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