di Eno Santecchia –
Izabella è una giovane insegnante di Sarnano (MC) nata a Buda, la parte occidentale di Budapest. Giunta a Sarnano nel 1987 all’età di sei anni insieme alla madre, è cresciuta ed ha studiato in Italia; torna spesso in Ungheria per viaggiare e trovare i familiari.
Dalla grande città si ritrovò in provincia, cambiando cultura e lingua. Il muro di Berlino non era ancora caduto, lei e la mamma erano le due prime immigrate. Tra le nazioni del blocco comunista, l’Ungheria era quella dov’era un po’ più facile muoversi ed espatriare legalmente, qualcuno definito “dissidente”, non riuscendo a ottenere il visto, emigrava di nascosto.
Làszlò, il nonno materno era un insegnante d’ingegneria meccanica in un istituto di cultura americano che si occupava di estrazione del petrolio e quindi aveva qualche privilegio. Collezionava medagliette concesse dal governo a persone distintesi nel lavoro, nella cultura e in politica. Classe 1918 l’uomo era stato chiamato a svolgere il servizio militare nell’Armata Rossa; per una coincidenza fortuita al momento della partenza in treno da Budapest il capogruppo lo mandò a comprare le sigarette, lui tardò e il treno parti, in seguito non fu più richiamato.
Da piccola Izabella amava passeggiare nei parchi col nonno, l’autunno cominciava già a essere abbastanza freddo, nebbia, pioggia e atmosfera grigia, risaltavano gli alberi con le foglie colorate. Il regime comunista teneva molto alla cultura e all’educazione dei bambini: tanto che all’ultimo anno di asilo s’imparava già a leggere e scrivere (alfabeto latino con molte più lettere). Nei doposcuola si studiava musica, svolgevano attività teatrali, danza, canto e folklore. Il livello scolastico ungherese è ottimo fino al liceo, simile a quello giapponese. Il sistema scolastico è molto rigido, non cambia da quasi un secolo, ci sono parecchi test di valutazione del livello e anche d’ingresso anche per le scuole medie, i licei e le università.
Quando frequentava i primi anni delle elementari, rientrata in Italia dopo aver trascorso le feste in Ungheria, confrontò i libri di testo: belli, colorati e allegri con tante figure quelli italiani, grigi, tristi con pochissime immagini in bianco e nero, su carta scadente quelli ungheresi. Dopo il crollo del muro di Berlino, a cominciare dagli istituti privati, si è posta più attenzione al benessere psicologico dei bambini, prendendo come riferimento le scuole americane, inglesi e occidentali, dove c’è spazio per il gioco e la creatività e quindi aule con animali veri (acquario, criceto, pappagallino) per responsabilizzare i bambini a prendersi cura di loro.
Ricorda con piacere le visite alle chiese cattoliche della città sotto Natale, ognuna allestiva presepi luminosi, i dolci natalizi che si compravano nelle bancarelle in centro. Lungo il Dunapart (Lungo Danubio) si passeggiava ammirando il palazzo del Parlamento (Parlament) sulla riva opposta e i bei ponti della Libertà, delle Catene, Elisabetta, gli storici sono sette. L’isola Margherita al centro del fiume quasi all’altezza del parlamento è un parco.
Il nonno possedeva una casa delle vacanze in una delle poche alture che dominano il grande lago Balaton, ricorda la scorciatoia per scendere al lago che attraversava un bosco, ammiravano bei tramonti, cigni e anatre cui dare da mangiare e osservavano i pescatori. Il vicino laghetto Kis Balaton (Piccolo Balaton) non è mai menzionato, eppure è un parco naturale, una meravigliosa oasi faunistica, dove si possono ammirare numerose specie di uccelli acquatici: gru, aironi, germani, oche, gallinelle, con tante specie di migratori. Sulle colline vulcaniche vi sono vigneti, dove si produce il vino Tocai.
A Héviz, vicino al piccolo Balaton, ci sono una zona ricca di sorgenti termali e un laghetto di origine vulcanica molto profondo, l’acqua mantiene anche d’inverno una temperatura di 27- 29°; anche con la neve qualcuno nuota nell’acqua all’aperto o sotto un grande padiglione di legno. Mentre un tempo, i turisti erano principalmente della Germania dell’Est, dove spesso s’incontravano con i parenti della parte occidentale, oggi sono per lo più russi.
Di fronte alla villetta dei nonni materni dove passava le estati sulla sponda sud del lago Balaton, si vedeva un bel panorama, sul lato opposto c’è il piccolo vulcano inattivo Badacsony. Per la sua fertilità tutti i versanti sono coltivati a vite e si produce un ottimo vino rosso; il luogo richiama tantissimi turisti ungheresi, tedeschi e russi.
Sul lago a forma rettangolare allungata navigano i traghetti che collegano i vari porticcioli delle quattro sponde. Dal lato sud, spesso Izabella coi suoi raggiungeva la riva opposta per trascorrere una divertente giornata e ammirare un mercatino stanziale con oggetti vari, abbigliamento folkloristico e cibo tipico. Sono numerosi i botteghini che preparano il kürtös kalàcs, un dolce caramellato e arrotolato. Si poteva fare un giro sulla carrozza trainata da cavalli con i cocchieri in livrea, oppure affittare una jeep e raggiungere la sommità del vulcano passando attraverso i vigneti: ogni proprietario ha la sua cantina e offre al turista il proprio vino per una somma irrisoria. Sulla sommità ci sono molti ristoranti, alcuni dei quali tipici csàrda (osteria) dove gustare specialità locali come il “bogràcs gulyàs” (gulasch) o la zuppa di pesce di lago cucinata nei calderoni sul fuoco, mentre gli Tzigani dai costumi variopinti suonano il violino.
Per chi vuole fare un giro culturale tanti, sono i castelli di epoca asburgica sparsi sul lato ovest del lago.
Un tipico esempio è il castello Festetics nel paese lacustre Kesthely. Sembra una riproduzione in scala (nella pianta) della reggia di Versailles, con un bellissimo parco ricco di fontane, laghetti e un’antica scuderia (in restauro). L’interno è tipicamente settecentesco decorato in stile rococò e fornito di un’ampia biblioteca interamente rivestita di legno, con circa 80.000 volumi in diverse lingue, e di una cantina con una collezione di vini pregiati.
Il lago è molto pescoso, con trote, anguille, carpe, numerose sono le “palafitte” dei pescatori poste nei pressi dei canneti a qualche metro dalla riva, dove anche i turisti possono prendere il sole.
D’estate Izabella trascorreva qualche settimana anche dalla nonna paterna a Puszta, un minuscolo paese nell’est dell’Ungheria (al confine con l’odierna Ucraina, allora Unione Sovietica). Lo scenario lì era completamente diverso, casette bianche, spesso coi tetti di paglia, un’aia con il cane ungherese Puli, pochi alberi, campi coltivati d’estate arsi dal sole, mandrie di bufali ungheresi (di grossa taglia) al pascolo. Oggi si organizzano spettacoli folkloristici durante i quali i famosi Csikòs (bovari) si destreggiano in spettacoli equestri radunando le mandrie e montando cavalli a pelo, vestiti con gli abiti tradizionali color blu Cina e nero.
Si andava in bici nei campi, si giocava con gli animali da cortile, la sera si aspettavano le mucche ritornare dal pascolo. La mattina il pastore iniziava dalla punta estrema del paese a raccogliere le mucche bianche e rosse per portarle al pascolo, la sera le spingeva verso il paese e ognuna, sapendo dove andare, attraversava diligentemente il giardino recandosi nella propria stalla per riposarsi e trascorrervi la notte. Ogni giardino aveva un pozzetto di pietra, dove si accendeva il fuoco la sera, per cuocere la pancetta di maiale, il grasso e le pannocchie di granoturco.
In Ungheria ci sono molti parchi e riserve naturali con cervi, daini, caprioli che spesso s’incontrano lungo le strade.
Potete leggere altri scritti di Eno Santecchia nel suo sito www.storieeracconti.it