di Marco Ciccone –
Eccoci dopo due anni dalla nascita di nostro figlio, con ormai lo zaino impolverato in cantina, a riprovare un viaggio itinerante, parente sì alla lontana ad uno di quelli con solo biglietto aereo a/r, ma pur sempre fatto con lo stesso spirito di sempre. Visto che ci troviamo a re-inventarci viaggiatori, cercando di coinvolgere il più possibile il bambino, la scelta della destinazione, già mesi fa, non poteva che finire in Basilicata, una regione che scopriremo essere poco conosciuta e poco valorizzata. Dedichiamo fin dalle settimane invernali tempo alle letture e alla pianificazione, per arrivare a decidere di suddividere il viaggio in 3 parti, ben sapendo che comunque dovremo rinunciare a visitare qualcosa: il vulture con i suoi paesi ricchi di storia e, perché no, di buon vino, il Pollino con le sue meraviglie naturali, e la costa jonica che avrà la doppia funzione di relax sulle spiaggie e base per le “incursioni” per i borghi della provincia materana.
Arriviamo così a metà agosto a Venosa, una cittadina piacevole che merita di essere visitata per le sue mete turistiche reclamizzate, il parco archeologico con la mastodontica struttura dell’Incompiuta e la annessa chiesa della SS.Trinità, ma dobbiamo ammettere che anche le vie anguste del borgo offrono scorci gradevoli.
La sera poi, il paese sembra risvegliarsi dopo la siesta pomeridiana, tanto da riversarsi in strada approfittando delle innumerevoli attività estive; almeno questo è ciò che osserviamo seduti ai tavolini dei caffè nella brulicante piazza antistante il castello.
I castelli, quelli studiati anche nei libri di scuola, in effetti sono stati il leit motiv di questa prima parte del viaggio nel Vulture; così non poteva mancare quella alla fortezza federiciana di Melfi, un luogo imponente e ricco di storia.
Avremmo desiderato che ci fossero più stanze accessibili e soprattutto un tour guidato completo all’interno della roccaforte, l’unico modo per apprezzarne appieno la maestosità; comunque sia il museo archeologico annesso, e soprattutto il sarcofago di Rapolla arricchiscono quei locali già ricchi di fascino.
Purtroppo il gran caldo non ci ha permesso di visitare il resto della città, tanto che, dopo una veloce capatina alla Cattedrale, decidiamo di trascorrere il resto della giornata ai laghi di Monticchio. Certo, il weekend di ferragosto non è il periodo più indicato, però dobbiamo ammettere che siamo riusciti ugualmente a ritagliarci degli angoli freschi dove goderci un po’ di pace, prima di salire al tramonto alla Badia per goderci anche il meraviglioso panorama offerto dai due laghi sorgivi.
Le giornate scorrono così piacevolmente allietate anche dal buon aglianico, sebbene sia ora di spostarsi alla seconda parte del viaggio che ci porterà attraverso strade secondarie, dove i panorami si susseguono tutti diversi, fino nel parco nazionale del Pollino, a Cozzo Cricchio in una frazione di Viggianello dove siamo ospiti di un accogliente agriturismo a conduzione familiare.
Scopriremo con piacere di essere arrivati in una struttura letteralmente a chilometro zero, visto che quasi tutti gli alimenti (verdure, vino, olio, carne di maiale) sono di loro produzione. Questo particolare ci permette di provare la calda accoglienza del popolo lucano, tanto che le serate trascorrono piacevolmente accompagnate da ottime e genuine cene, intervallate da gran camminate diurne, e soprattutto per me un’escursione preparata e studiata da diverse settimane.
Di prima mattina, quindi, lascio la famiglia a valle (visiteranno tra l’altro il piccolo ma interessante museo della fauna minore di Mezzana) per incontrare una persona speciale, conosciuto ed apprezzato naturalista che ha fatto la storia di questo parco: Giorgio, guida ufficiale del Pollino, mi accompagna, in una lunga ed entusiasmante giornata.
Dopo una prima parte in un fitto bosco di faggi, usciamo all’aperto per avvicinarci alla zona probabilmente più affascinante del parco. Ci arrampichiamo così a Serra di Crispo e poi Serra delle Ciavole, per ammirare prima, e toccare con mano poi, i patriarchi: siamo nel “Giardino degli dei”, una sorta di giardino zen con tanti “giganteschi e millenari bonsai”, i Pini loricati.
Le loro cortecce che ricordano le loriche romane, e i loro scheletri argentati, squarciate dai segni dei fulmini, ma mai domi dalle furie dei venti, rendono questo luogo quasi magico, e comunque unico al mondo.
Avrei voluto avvistare la grande fauna del parco: i lupi soprattutto, ma anche i capovaccai, le aquile, i camosci, ma a ragion veduta devo ammettere che la giornata passata con Giorgio mi ha lasciato tantissimi ricordi, un giro tra le vette con una persona speciale che mi ha insegnato tanto di queste zone.
Le giornate successive le organizziamo per fare gite più tranquille. A Bosco Magnano, lungo il torrente Peschiera, dove lasciando l’affollamento delle prime pozze vicino al parcheggio, partiamo per raggiungere il recinto di acclimatazione e ripopolamento dei cervi.
Sapevamo che il recinto era molto esteso, per cui le nostre speranze iniziali erano poche (sommiamo il fatto che il parco ha sicuramente delle lacune dal punto di vista della sentieristica) , quindi quando un po’ demotivati ci appare davanti il cartello che indica l’inizio del recinto, e poi subito dopo un branco di cervi che fugge alle nostre esclamazioni di sorpresa, rimaniamo entusiasti.
Basta comunque poco tempo in silenzio per far sì che gli animali ritornino tranquilli vicino alla rete, così si può ammirare lo spettacolo naturale i questi esemplari, tra cui spicca sicuramente il bellissimo palco di Pollinello, il progenitore di tutti i cervi reintrodotti nel parco.
Le giornate successive le dedichiamo sia alla visita dei borghi che a due interessanti e facili gite: una alle “pietre tonanti”, dove trascorriamo una mattinata piacevole rinfrescati dal torrente Frida, e l’altra ai piani di Ruggio, dove salendo di quota, i panorami cambiano e diventano alpini. Dal rifugio De Gasperi parte una bella passeggiata che in poco tempo, e accompagnati dal volo planato dei falchi e delle poiane, arriva a Belvedere Malvento, una terrazza panoramica sul versante calabro del parco (si vedono Morano e Castrovillari), peccato rovinato dal cantiere sottostante dell’autostrada.
Dedichiamo infine l’ultimo pomeriggio a Viggianello, perché so che alla proloco hanno allestito una mostra fotografica con opere del mio ormai amico Giorgio, cosa che mi fa apprezzare ancora di più l’aver passato con lui una giornata speciale, visto che anche quelle immagini raccontano la stessa energia positiva del suo autore.
Lasciamo il Pollino per dirigerci verso la nostra ultima parte del viaggio; prima di arrivare sullo Jonio, abbiamo l’obiettivo di fermarci a visitare il convento di S.Maria Orsoleo o la Chiesa di Maria d’Anglona, ma la mancanza di chiare segnaletiche stradali (era andato ko anche il nostra navigatore satellitare), ce li fa purtroppo mancare entrambi.
Arriviamo così nella masseria dove abbiamo deciso di fermarci soprattutto per goderci il mare. La struttura è bella, accogliente e curata, un luogo dove l’ospite può trovare momenti di relax, e poi come nel nostro caso, scopriamo essere ideale per famiglie con bambini (la concessione di spiaggia privata è lontana dai chiassosi lidi della zona e il mare è con fondale basso, e soprattutto pulito). Visto che la nostra formula di soggiorno prevede il recidence, cosa che ci permette completa autonomia, decideremo giorno per giorno come organizzare le escursioni nelle zone del metapontino e materano.
In effetti ne approfittiamo subito, visto che il 23/08 ricorre S.Bernardino patrono a Bernalda (la cittadina che ha dato i natali agli avi di F.F.Coppola). Qui si riversano migliaia di persone in strada per assistere alla sentita processione in costumi d’epoca che si conclude con l’asta per il carro e gli addobbi del santo (misto tra estrema fede e paganesimo) e della guerra simulata tra gli archibugieri. Peccato solo che lo spettacolo pirotecnico dei fuochi artificiali abbia orari poco adatti a famiglie con bambini (iniziati oltre l’una e mezza!). La vivacità della cittadina la scopriremo anche qualche giorno dopo in occasione della locale notte bianca.
Visitiamo anche Craco, stupenda nella sia desolazione e fonte di ispirazione (si capisce al volo il perché) di numerosi set cinematografici. Certo a ben vedere sarebbe potuto essere uno dei tanti bei borghi della zona, se per assurdo non fosse diventata famosa per la tragedia che l’ha colpita, e che l’ha resa famosa. L’unico appunto è per le guide della proloco, che dovrebbero trasmettere oltre che informazioni anche entusiasmo al visitatore. Ad ogni modo rimane un posto incantevole e al tardo pomeriggio offre la sua luce e colori migliori.
Poco più in là anche Pisticci stessa ci mostra il suo incantevole centro storico, che si affaccia sulle rinomate e incolonnate casedde del rione dirupo, illuminate dolcemente dalle luci quasi soffuse dei lampioni.
Ovviamente stazionando nel metapontino non si può non dedicare del tempo all’archeologia, approfittando della presenza in zona delle famose tavole palatine. A dire il vero avrei voluto visitare anche la masseria fortificata di San Basilio, ma la presenza di alcuni cani sciolti all’ingresso mi ha fatto desistere (al secondo tentativo) dall’entrare peccato.
Di diverso argomento è un’altra visita studiata a tavolino da casa : la zona di Bosco Pantano a sud di Policoro. Ecco che come prima cosa arriviamo al centro velico, dove ci aspetta Raffaele, un naturalista, che oltre a gestire il campeggio, si occupa dei suoi involontari ospiti: le tartarughe marine in attesa di liberazione perché ferite da ami, eliche ecc.
Passiamo così una buona oretta a discorrere delle funzionalità della struttura, di come gli animali vengono curati, monitorati e finalmente liberati, osservando nel frattempo Sonia un esemplare di 70kg degente da un anno perché il suo carapace è stato letteralmente divelto da un elica di una barca (ci hanno assicurato che sta meglio e ritroverà la libertà non prima però di qualche mese).
Arriviamo al momento dei saluti, quando Raffaele ci fa un regalo inaspettato estraendo da una vasca un esemplare di 35kg permettendoci così delle foto indimenticabili, come lo è l’espressione di mio figlio al contatto con il rettile.
Ci spostiamo solo di poche centinaia di metri per arrivare al museo naturalistico di Bosco Pantano, gestito ottimamente da una cooperativa, i cui addetti si prodigano molto per la valorizzazione dell’oasi regionale annessa. Scopriamo così che vengono organizzati dei tour in bicicletta, tanto che programmiamo un giro nei giorni a venire.
Eccoci di ritorno quindi all’interno di una delle poche foreste di pianura rimaste in Italia; dal bosco a basso fusto che delimita l’imponente foresta vera e propria, fino ad arrivare al mare, dove cresce ancora rigogliosa la flora tipica delle spiagge mediterranee incontaminate dall’intervento edilizio dell’uomo). Sulla via del ritorno incrociamo una donnola che attraversandoci il sentiero, ci regala un ultimo e gradito ricordo.
Ovviamente se si viene in Basilicata per natura, borghi, archeologia, costume, non si può dimenticare la città insignita dall’Unesco come bene dell’umanità, così eccoci a Matera. Eravamo indecisi di come visitarla, se da soli o con guida, fintanto che altri viaggiatori ci hanno consigliato una persona che poi si rivelerà veramente speciale.
Contattiamo così Liborio Nicoletti (si trova tra le guide ufficiali della proloco).
A ragion veduta crediamo sia stata un’ottima scelta, visto che abbiamo incontrato una persona squisita, preparata, e molto molto entusiasta del suo lavoro.
Ascoltiamo stralci di vita vissuta (Liborio qui ci è cresciuto), mentre siamo accompagnati nei segni del tempo e soprattutto a carpire il segreto dei Sassi: l’acqua, come viene raccolta e convogliata; la luce come penetra nelle grotte e dona vita; da ultimo come le case seguono le linee e le conformazioni della roccia.
Secondo lui per capire i Sassi, bisogna leggere questi 3 elementi; beh, dopo diverse ore passate con lui, crediamo di dargli ragione.
Ripensando a questa visita, sorseggiando un buon primitivo ai tavoli dell’ottimo ristorante “le botteghe”, conveniamo che la nostra guida ci ha trasmesso l’essenza dei rioni Caveoso e Barisano, e quando ritorneremo in futuro a Matera, potremo meglio apprezzare, e vedere con occhi più preparati il resto della città. Crediamo inoltre che, gli incontri con Liborio e Giorgio (nel Pollino) siano stati una delle essenze dell’intero viaggio.
Non siamo ancora alla fine della nostra avventura; ci rimangono ancora delle giornate rilassanti al mare oltre che ad un immaginario tuffo nel passato recente del nostro Paese. Eccoci quindi nelle zone del confino nel periodo della guerra, ad ammirare quelli che ora sono indubbiamente dei bei panorami, ma che allora erano considerati luoghi di estrema punizione. Siamo quindi a camminare per Aliano, il paese dove si respira l’opera di Carlo Levi, sulla lontananza della regione (in tutti i sensi) da Eboli.
Sulla lunga via del ritorno verso casa, ripensiamo al fatto che dopo tanti anni di zaino sulle spalle, ora, con un bimbo piccolo, abbiamo riscoperto le bellezze dell’Italia, e qui in Lucania abbiamo riassaporato il vecchio gusto del viaggio on the road; Basilicata is always on my mind, recita in effetti il ritornello di un bel film di un paio di anni fa, che tanto si adatta alla nostra avventura.
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