Racconto di un viaggio in Namibia

di Claudia, Paolo e Gianni Marzi –

Sabato 25/08/2001

E’ Sabato pomeriggio di una afosa giornata di Agosto quando finalmente raggiungiamo l’ aeroporto di Linate per imbarcarci sul volo Alitalia che ci porterà a Francoforte con qualche ora di anticipo sul tanto desiderato passaggio verso il continente africano. Dopo un anno non vediamo l’ ora di immergerci nuovamente nei silenzi e nei colori di un continente che ci ha ormai contagiato. Questa volta siamo in tre (fortunatamente visto che alla fine delle tre settimane avremo percorso circa 6.000 Km quasi completamente di piste sterrate): io, Paolo e Gianni (il fratello di Paolo).  A Francoforte troviamo il primo inghippo: ci informano che il nostro aereo partirà con tre ore di ritardo sul previsto e, per renderci meno pesante l’ attesa, ci consegnano tre buoni (da 15 marchi ciascuno) con cui fare una consumazione in qualsiasi locale della aerostazione. Per farla breve dopo aver ordinato, consumato e regolarmente pagato la differenza al nostro cameriere, veniamo fermati da una teutonica priva di materia grigia (la direttrice del locale) che pretende il pagamento dell’ intera cifra in quanto non accetta i buoni rilasciati dalla “Namibia Airlines”. Di fronte alla nostra richiesta di chiedere informazioni al capo scalo della compagnia aerea, la nostra aguzzina reagisce sistemandoci due imbecilli tra il nostro tavolo e la porta impedendoci di uscire (veniamo in pratica sequestrati nel cuore della nostra bella e civile Europa); dopo qualche minuto, con la scusa di andare in bagno, riesco a contattare il capo scalo che si precipita dalla energumena microcefala e la rassicura che i buoni verranno regolarmente onorati dalla compagnia aerea in quanto si tratta di associata della Lufthansa. Dopo lunghe e infruttuose discussioni il tutto si sblocca con l’ emissione di tre buoni perfettamente identici in cui però non veniva inserito il nome della “Namibia Airlines”. A questo punto la nostra aguzzina dà l’ ordine ai carcerieri che si allontanano permettendoci di abbandonare il locale e di salutare la crucca dopo averle ricordato che il suo comportamento ci è parso indegno e offensivo nei nostri confronti (a dire il vero forse le parole che le abbiamo rivolto non erano proprio di questo tono ……). Il volo è ottimo, il servizio a bordo buono per cui non ci accorgiamo neanche di lasciare il nostro continente e di entrare in quello africano ma non possiamo fare a meno di pensare che da domani i nostri ritmi dovranno cambiare per adattarsi a quelli del continente che stiamo raggiungendo.

Domenica 26/08/2001

Il cielo di Windhoek è particolarmente terso, la temperatura è piacevolmente fresca ed il sole che si stà alzando ci riscalda quanto basta ….. quest’ inverno mi piace troppo! All’ uscita troviamo puntuale il titolare della “Pegasus” (Pegasus car & camper hire ; Email: pegasus@mweb.com.na ; tel.: +264 61 251 451 ; fax: +264 61 254 165) che ci ha aspettato nonostante le tre ore di ritardo sull’ orario previsto: è un afrikaner di origine tedesca (la sua famiglia è in Namibia da oltre cento anni) molto simpatico e loquace. Ci colpisce immediatamente la disinvoltura con cui esibisce il suo arto artificiale che parte da metà gamba destra e che non lo limita per niente nella guida (anzi lui asserisce di avere il piede “leggero” a differenza della moglie); questa evidente infermità ci dà immediatamente lo spunto per soprannominarlo “gamba da legn” e per tutto il viaggio, quando parleremo tra noi, lo chiameremo sempre in questo modo. Ci rassicura immediatamente che l’ auto da noi prenotata e cioè una Toyota Venture 1800 cc è un ottimo mezzo con cui affrontare un tour della Namibia (nel momento in cui lo abbiamo contattato via Email ha voluto sapere le tappe del nostro viaggio per poter verificare la presenza di piste proibitive per un’ auto con due ruote motrici) e ci conferma che la maggior parte delle piste in Namibia sono perfettamente percorribili con una 2 ruote motrici (per lo meno nel nostro periodo). La nostra vettura non è nuovissima, le gomme sono al 50% (le posteriori sono in effetti consumate, ma le due ruote di scorta sono in buone condizioni), la meccanica è semplice ed appare in buone condizioni (non si notano segni di perdite ne al motore né agli organi di trasmissione), l’ aria condizionata funziona così come il mangianastri (utilissimo nelle lunghe tappe). In dotazione abbiamo: 2 ruote di scorta (indispensabili visto che le forature sono piuttosto frequenti), 2 tende con materassini, tavolino, seggioline, fornelletto da campeggio, ghiacciaia, due contenitori (che utilizzeremo per le provviste proteggendole dalla polvere che penetrerà implacabile). Abbiamo prenotato l’ auto provvista di tenda perché al momento della partenza dall’ Italia avevamo previsto due notti in campeggio ma mi sento di dire che la tenda è indispensabile perché in caso di guasto all’ auto lungo qualche pista isolata, potrebbe trascorrere anche qualche giorno prima che arrivino gli aiuti. Dopo aver perfezionato le pratiche per il noleggio e sorseggiato l’ immancabile nescaffè offerto dalla Sig.ra Mona (si chiama proprio così !!), siamo finalmente liberi di iniziare il nostro viaggio. Raggiungiamo senza troppi problemi l’ Hotel Villa Verdi verso le 12,00 dove finalmente possiamo farci una doccia e cambiarci. Telefoniamo a Sergei che ci conferma le prenotazioni effettuate tramite la sua agenzia di viaggio e ci dà appuntamento per il giorno dopo al mattino ( per alcune prenotazioni abbiamo fatto riferimento ad una agenzia turistica del luogo con cui ci siamo trovati benissimo e che ci ha dato consigli preziosi ed assistenza in Namibia senza farci spendere una lira in più del prezzo degli alloggi prenotati: Elena Travel Services Namibia ; Windhoek Hochlandpark 13B, Tchara str. ; Email: elena@namibweb.com ; Tel.: +264 61 244443 ; fax: +264 61 244558 ; cell.: +264 811 246286 ; Web site: www.NamibWeb.com ). Purtroppo nella fretta ci siamo scordati all’ arrivo di cambiare e quindi, visto che è Domenica e domani è festa nazionale, torniamo all’ aeroporto (chi non ha testa ha gambe !!) ed iniziamo a macinare i primi chilometri. Sulla strada di ritorno una volpe del capo ci attraversa la strada confermando quanto ci aveva anticipato “gamba da legn” e cioè capita spesso che animali di varia natura attraversino la strada …. per cui occorre maggiore attenzione anche se il traffico è decisamente meno intenso rispetto alle nostre abitudini. Tappa in un supermarket in centro Windhoek dove facciamo buona scorta di acqua, di scatolame e biscotti (riusciamo a trovare anche una preziosissima confezione di italianissima nutella). Per cena decidiamo di provare “Gateman’s” un ristorante consigliato da diverse guide e che si conferma di ottimo livello con costi decisamente abbordabili.

Lunedì 27/08/2001

Sveglia alle 07,30, colazione alle 08,00, carichiamo la macchina e finalmente facciamo conoscenza con Sergei che da solo fa funzionare la “Elena Travel Services”. Dopo aver ricevuto i voucher relativi alle prenotazioni effettuate e saldato il conto gli diamo una bottiglia di vino siciliano che abbiamo portato dall’ Italia espressamente per lui, sembra imbarazzato e ci chiede di aspettarlo per qualche minuto. Dopo una mezz’oretta ritorna con un pensiero per noi …… devo dire che il primo approccio con i namibiani è confortante. Siamo pronti per il primo trasferimento, usciamo dalla capitale senza grossi problemi e ci indirizziamo subito nella giusta direzione. Le strade per ora sono in ottimo stato (dopo l’ esperienza di Cuba penso che sia difficile trovare condizioni stradali peggiori) e asfaltate. Ci rendiamo immediatamente conto che il clima particolarmente secco, l’ alta temperatura esterna e l’ inevitabile uso dell’ aria condizionata creano le condizioni perfette per una rapida disidratazione per cui ricorriamo a frequenti bevute dalle nostre borracce (noi ne avevamo tre e tenevamo sempre almeno 5 litri di acqua di scorta nella ghiacciaia). Nel primo pomeriggio arriviamo al primo parco il Waterberg Plateau dove abbiamo prenotato un luxury bungalow con due camere e 4 posti letto; non appena entrati nel parco ci dirigiamo verso gli uffici amministrativi per prenotare il game drive per l’ indomani mattina (per i parchi statali occorre fare riferimento al Namibia Wildlife Resorts Ltd : central reservation office Windhoek tel.: +264 61 236975 – 6 – 7 – 8 ; fax: +264 61 224900 ; Email: reservations@iwwn.com.na . E’ importantissimo contattare il NWR con molto anticipo perché le grosse agenzie di viaggio tendono a prenotare a tappeto e potreste trovarvi in difficoltà a reperire le sistemazioni migliori, ricordate che avvenuta la prenotazione, vi chiederanno di saldare il conto solo un mese prima della partenza). Il posto è stupendo, adagiato ai piedi di un altipiano  e immerso in una vegetazione lussureggiante. Prendiamo possesso del nostro alloggio (un po’ vecchiotto, ma pulito e confortevole) e dopo pochi minuti siamo già pronti per una passeggiata lungo le pendici dell’ altipiano. Al ritorno siamo accolti da un gruppo di galagoni che rumorosamente saltano sul tetto di lamiera del nostro bungalow utilizzato come punto di unione tra due alberi troppo distanti da raggiungere con un singolo balzo. A questo punto ci concediamo un po’ di relax e ci dedichiamo al controllo delle macchine fotografiche, della cinepresa e dei binocoli (da domani si inizia a fare sul serio e quindi potremo non avere più tempo per controlli e pulizia approfondita dell’ apparecchiatura) per poi finire con una lunga doccia. La cena al ristorante del camp non è paragonabile con quella della sera precedente ma comunque discreta e sempre a base di carne di antilope. Non potendo vedere “Carosello” andiamo a letto prestissimo in modo tale da essere pronti per l’ inevitabile levataccia.

Martedì 28/09/2001

La sveglia suona quando fuori è ancora buio pesto (e quando in Africa dici buio pesto vuol proprio dire pesto !). Ci prepariamo la colazione usando le stoviglie che fanno parte della dotazione della nostra automobile e i prodotti acquistati al supermarket di Windohek. Si parte a bordo di due fuoristrada scoperti sfidando il freddo dell’ alba (per fortuna dopo l’ esperienza dello scorso anno in Sud Africa ci siamo coperti per bene). Arrivati sulla sommità del “Plateau” il paesaggio cambia notevolmente: il terreno è sabbioso e la vegetazione è tipo bush ma piuttosto fitta. L’ escursione viene impreziosita dalla vista di uno stupendo esemplare di antilope roana, da un gruppo  di antilopi nere (in questo parco vengono infatti protette alcune specie in via di estinzione, per cui non troverete il numero impressionante di animali che potrete vedere all’ Etosha, ma sarà l’ unica occasione per poter ammirare queste specie rare) e dall’ incontro ravvicinato con un rinoceronte nero particolarmente nervoso e irascibile. Rientriamo al camp dove abbiamo giusto il tempo di caricare la macchina poiché ci aspetta un discreto tratto di strada fino al Namutoni Camp all’ interno dell’ Etosha Park. Facciamo sosta per il pranzo a Grootfontein in una locanda molto semplice (Die Kraal) in cui ci viene servito un piatto con una bisteccazza di kudu da ½ kg cucinata in modo splendido; veniamo immediatamente avvicinati da un bianco di origine tedesca che ci tiene una lezione sulle birre prodotte in Namibia e sulla superiorità della Tafel rispetto alla Windohek beer (secondo lui un vero intenditore dovrebbe sorseggiare solo Tafel, mentre la Windohek bisognerebbe lasciarla alla marmaglia) e, devo dire il vero, la sua oratoria è così convincente che per tutto il viaggio berremo solo Tafel beer. Iniziano le strade sterrate, ma si tratta di uno sterrato facilmente percorribile per cui riusciamo a tenere una media di circa 100/110 Km/ora; purtroppo un sasso scagliato da un’ altra automobile ci scheggia il parabrezza e siamo solo al secondo giorno. Arriviamo al gate dell’ Etosha dove dobbiamo sbrigare le solite formalità (numero di targa, nazionalità, numero di persone, firma, mancia per la squadra di calcio locale …) che penso abbiano la sola utilità di impiegare diverse persone del luogo, quindi entriamo e dopo pochi km incontriamo il primo gruppo di elefanti che pigramente si stanno inoltrando nella vegetazione. Il camp è accogliente, il bungalow è ben attrezzato e ristrutturato di recente. La cena al ristorante del camp è al buffet e di qualità inferiore rispetto alla sera precedente al Waterberg Plateau. La pozza su cui si affaccia il camp è ben illuminata ma poco frequentata. Nel camp alla sera e all’ alba si aggirano diversi sciacalli per cui evitate di lasciare qualsiasi cosa fuori dalla porta del bungalow o fuori dalla tenda.

Mercoledì 29/08/2001

Vogliamo essere i primi al gate, per cui giù dal letto alle 05,00, rapidi turni al bagno e colazione fumante alla velocità della luce. Ore 05,50 siamo in pole position quando il guardiano arriva trascinando i pesanti piedoni e ci apre il cancello sul bush. Il cielo inizia a rischiararsi e poco dopo essere usciti dal camp incontriamo le prime giraffe e tre iene che si allontanano rapidamente con la loro tipica andatura. La prima pozza che raggiungiamo è Kalkheuwel dove riusciamo a vedere una quarta iena e un numero impressionante di zebre, kudu, gemsbok, eland e giraffe. Notiamo subito che l’ alternarsi delle varie specie alla fonte d’ acqua è regolato da una rigida gerarchia per cui la specie dominante ha sempre il diritto di precedenza sulle altre. Le ore trascorrono rapidamente e sulle piante che circondano la pozza fanno la loro apparizione due splendide aquile. La mattinata trascorre fra avvistamenti di numerosi animali fra cui un branco di avvoltoi attorno ai resti di un’ antilope e verso mezzogiorno torniamo al camp per uno spuntino sotto la veranda del nostro bungalow. Nel pomeriggio altro game drive con avvistamento di un piccolo gruppo di elefanti presso una pozza. Rientriamo al tramonto piuttosto affaticati ma felici. A dire il vero oggi avremmo dovuto trasferirci ad Halali dove avevamo prenotato una notte al campeggio del camp, ma per fortuna abbiamo chiesto alla reception e ci hanno dato la possibilità di rimanere una seconda notte nel nostro bungalow poiché l’ agenzia che lo aveva prenotato, non aveva confermato e pagato l’ impegno …. ci siamo risparmiati il montaggio delle tende e una notte al freddo.

Giovedì 30/08/2001

Oggi abbiamo in programma il trasferimento da Namutoni ad Halali; la sveglia suona alla stessa ora (ma è possibile che anche in vacanza ci si debba svegliare prima del sorgere del sole) e anche oggi riusciamo ad essere i primi al gate. Il guardiano ci sorride riconoscendoci e, preso da compassione, ci apre il cancello qualche minuto prima dell’ orario previsto. Arriviamo a Kalkheuwel rapidamente ma, nonostante i limiti di velocità, veniamo superati sulla pista da un furgoncino sudafricano che sfreccia ad una velocità doppia rispetto alla nostra. Alla pozza rivediamo la iena e la solita processione di kudu, zebre, eland …… ma ad un certo punto il gruppo di animali entra in agitazione e, sollevando un polverone infernale, in pochi istanti abbandonano la loro posizione lasciando campo libero ad un rinoceronte nero che, con il piccolo al fianco, si dirige alla pozza per dissetarsi. Anche in questo caso la gerarchia è stata rispettata e, non appena il bestione si allontana dissetato, gli altri animali, che si erano tenuti a distanza di sicurezza, riprendono coraggio e si riavvicinano alla preziosa acqua. Tutto quanto raccontato in poche righe si è in realtà svolto in un arco di tempo piuttosto lungo, per cui invidiamo il sudafricano del furgoncino che, nella parte posteriore, si è preparato un caffè bollente utilizzando il suo fornello da campo. La successiva fermata alla pozza di Goas ci frutta l’ avvistamento di un gruppo di circa trenta elefanti a non più di venti metri dall’ auto. Arriviamo ad Halali verso mezzogiorno e prendiamo possesso del bungalow (piuttosto sporco e trasandato) dove ci prepariamo uno spuntino utilizzando le nostre megaprovviste. Dopo questo abbondante pranzo decidiamo di sgranchirci le gambe e lo facciamo gironzolando per il camp …… per fortuna non abbiamo campeggiato qui perché il campeggio altro non è che uno spiazzo polveroso in pieno sole. Il sonno ci stà assalendo e quando Paolo ci invita a prepararci per un game drive pomeridiano lo malediciamo ma (fortunatamente) lo seguiamo. Usciamo dal camp sotto un sole cocente e lentamente ci dirigiamo verso Rietfontein, in macchina regna un silenzio incredibile fino a quando la nostra attenzione viene attirata da un gattone che ci osserva a non più di tre metri dal bordo della strada protetto da un gruppo di arbusti. Ci fermiamo immediatamente e con qualche metro di retromarcia ci allineiamo con il nostro primo ghepardone; ci osserva incuriosito e, dopo qualche istante, si inoltra nel bush e si accovaccia a qualche decina di metri da noi sotto una pianta diventando quasi invisibile nonostante i binocoli. Decidiamo di aspettarlo al varco e di provare la sua pazienza. La nostra perseveranza viene premiata quando, dopo circa un’ ora di appostamento, si solleva sulle sue eleganti gambe e cerca di aggirarci. Retrocediamo impedendogli di passarci alle spalle. Altra sosta a pochi metri da noi ma sempre all’ ombra di una acacia africana (noi siamo invece in pieno sole all’ interno della nostra gabbia di lamiera ormai incandescente). Dopo un’ altra mezzora prende la decisione tanto desiderata e ci passa di fronte attraversando la strada con tutta la calma e l’ eleganza possibile. Sarà per il fatto che è apparso all’ improvviso quando meno ce lo aspettavamo, sarà per il fatto che abbiamo potuto osservarlo per circa un’ ora e mezza, sarà per il fatto che è il primo ghepardo che ho mai visto nella mia vita, ma l’ immagine di questa splendida bestia mi è rimasta impressa in modo indelebile e penso sia stata una delle esperienze più emozionanti di tutta la vacanza. Alla sera ceniamo velocemente al ristorante del camp (cibo di discreta qualità) e quindi con Paolo vado alla pozza del camp per cercare di digerire. Notiamo subito che l’ atmosfera è molto tesa, infatti alla pozza c’è una leonessa che quasi immediatamente mostra segni di nervosismo. Non facciamo in tempo ad estrarre la telecamera che il felino si allontana per il sopraggiungere di un rinoceronte nero. Rimaniamo circa trenta minuti e riusciamo a vedere 4 rinoceronti neri, 4 elefanti e 1 iena. Dopo aver visitato i tre camp dell’ Etosha mi sento di dire che la pozza di Halali è probabilmente la più particolare delle tre (soprattutto alla sera) perché si trova a distanza dai bungalow (e quindi più tranquilla rispetto a quella di Okaukejo) ed è ben frequentata.

 

Venerdì 31/08/2001

Questa mattina abbiamo in programma trasferimento a Okaukejo dove abbiamo prenotato un bungalow con due camere. La mattina non offre particolari emozioni e, quando arriviamo al camp, siamo veramente provati, scarichiamo l’ auto e ci guardiamo per prendere una decisione relativamente al pomeriggio, ma uno sguardo alla pozza ci mette subito tutti e tre d’ accordo: un numero incredibile di kudu, altre antilopi e zebre si sta abbeverando tra alcuni elefanti che, per nulla infastiditi, continuano a bere e a irrorarsi la corazza con la preziosa acqua. Decidiamo quindi di fermarci al camp per il pomeriggio e di rilassarci per qualche minuto attorno alla piscina. Nel tardo pomeriggio, mentre mi sono seduta alla pozza armata di un libro con tutta l’ intenzione di continuare nel relax, a un certo punto sento uno strano rumore e, quando alzo gli occhi dal libro, non credo a quello che vedo: l’ orizzonte è un polverone unico e a sollevarlo è un gruppo di circa trenta elefanti che, a passo da bersagliere, si stanno precipitando alla pozza. La sera arriva rapidamente per cui al tramonto raggiungiamo la cima della torre per assistere al calare del sole sull’ Etosha, per poi raggiungere il ristorante e quindi essere pronti per lo spettacolo serale. Purtroppo la pozza di Okaukejo si trova molto vicino ai bungalow e risente delle stravaganze dell’ uomo: non riusciamo a vedere felini, ma penso che l’ enorme fuoco (chissà cosa ci avrà cucinato poi ???) acceso da un sudafricano con il bungalow in prima fila avrebbe tenuto lontano anche animali meno guardinghi. In compenso arriva il solito gruppone di elefanti che ci delizia con i loro giochi d’ acqua.

Sabato 01/09/2001

Abbandoniamo l’ Etosha Park all’ alba un poco malinconici, ma i chilometri che abbiamo di fronte non ci permettono rallentamenti o ripensamenti, per cui dopo aver velocemente visitato le ultime pozze che si trovano sulla strada per il “gate”, ci dirigiamo verso Opuwo (“capitale” del Kaokoveld) dove abbiamo prenotato due camere all’ Ohakane Lodge. Seguiamo i consigli spediti via fax da Sergei per cui ci fermiamo a Outjo per un cambio valuta presso la banca locale (ad Opuwo non ci sono infatti banche né  uffici di cambio) che il Sabato apre alle ore 08,00 e chiude alle ore 11,00. La strada è asfaltata sino a Katmanjab, ci fermiamo al distributore per il pieno e per fare scorta di viveri in un piccolo supermarket ben fornito. Inizia lo sterrato che ci accompagnerà sino al termine della vacanza: la strada è ben tenuta e ci permette di mantenere tranquillamente una velocità media di 90/100 km/ora (sicuramente una vettura con 4 ruote motrici potrebbe rendere più semplice la guida, ma la presenza di continui dossi consiglia comunque una certa prudenza). Per raggiungere la nostra meta dobbiamo attraversare la “red line”: si tratta di una linea o meglio di un confine che separa il sud dal nord della Namibia dove persiste un’ economia di sussistenza, a nord di questa linea di demarcazione non esistono pascoli recintati per cui troverete bovini che pascolano tranquillamente sulle piste; ovviamente in queste condizioni non vengono effettuati controlli veterinari sul bestiame (la recinzione che delimita la linea rossa ha infatti la funzione di evitare che bovini non controllati possano raggiungere il sud del paese dove potrete vedere grossi latifondi in cui  praticato l’ allevamento dai grandi proprietari terrieri). Dopo sette ore raggiungiamo Opuwo che ci appare come un villaggio polveroso attraversato da una strada di terra battuta in cui si aggirano donne Herero con i tipici abiti e donne Himba dalla splendida pelle color ocra. Il lodge è un paradiso con giardino ben tenuto e piscina (ovviamente non utilizzabile in questo periodo), gestito da due ragazze sudafricane un poco fredde ma molto precise. La cena preparata dalla cuoca angolana è ottima e abbondante, il dolce addirittura sublime. La differenza tra il mondo che stà fuori dal recinto del lodge e quello chè stà all’ interno è enorme ma penso che è grazie a strutture come questa che i turisti possono accedere a questa parte di Africa portando denaro, lavoro e benessere per questa gente.

Domenica 02/09/2001

Oggi abbiamo in programma l’ escursione ad un villaggio himba che è prevista per il primo pomeriggio. Dopo aver oziato e controllato la attrezzatura fotografica decidiamo di uscire per raggiungere la chiesa cattolica dove sicuramente si starà svolgendo la Santa Messa. E’ la prima volta che partecipo ad una funzione religiosa cattolica in Africa e devo dire mi ha entusiasmato: il prete era un ragazzo di colore che, al posto di stare dietro l’ altare, era in mezzo alla sua gente e dialogava con loro in modo del tutto informale. Il dialogo veniva interrotto solo dai canti che alcuni gruppi, a rotazione, intonavano dirigendosi verso l’ altare. Al termine di questa cerimonia si sono accorti della nostra presenza inviandoci un saluto prontamente ricambiato. Quando siamo usciti una elegante signora si è avvicinata a noi presentandosi come l’ insegnante della scuola locale e si è interessata alla nostra provenienza e al motivo del nostro viaggio. Con una puntualità svizzera nel primo pomeriggio si materializza la nostra guida locale: è un ragazzo himba che ha avuto la possibilità di frequentare una scuola in cui ha imparato l’ inglese che ora parla molto bene. Il villaggio si trova qualche chilometro fuori Opuwo sulla strada per le Epupa Falls, ma non è visibile dalla strada principale, per cui per raggiungerlo si inoltra nel bush fra acace e letti di fiumi in secca. Giunti all’ ingresso ci lascia in auto e si addentra per chiedere se hanno piacere di ricevere la nostra visita. Dopo qualche minuto ritorna sorridente e con un cenno ci suggerisce di abbandonare l’ auto e di seguirlo all’ interno della staccionata che circonda il gruppo di capanne. Siamo accolti da un gruppo di donne intente a intrecciare fra loro delle fibre di canapa in modo tale da costruire una corda, sono sedute per terra circondate da un numero infinito di splendidi bambini. Dopo un primo momento di imbarazzo sono loro a rompere il ghiaccio e si dimostrano interessate al nostro sistema di vita: restano perplesse quando vengono a sapere che l’ unico animale che possediamo è un cagnolino (la guida ci ricorda che per gli himba la ricchezza è data esclusivamente dal numero di animali posseduti, e che quindi per il loro modo di pensare noi eravamo dei poveracci). Le tre ore che abbiamo trascorso tra queste donne e i loro figli (gli uomini erano al pascolo con i bovini) sono letteralmente volate e la mia iniziale paura di fare la figura della turista allo zoo è durata solo un attimo poiché mi sono subito accorta che erano molto serene e contente per poter scambiare alcune frasi con persone tanto diverse e con usi per loro inspiegabili. Ancora oggi riguardando le fotografie di queste donne non riesco a non stupirmi di fronte alla bellezza dei loro visi e della loro pelle (pelle che spalmano due volte al giorno con un impasto fatto di grasso estratto dal latte bovino e una polvere prodotta da una pietra portata dal nord e che devono frantumare a mano), ancora oggi ho un bellissimo ricordo della gentilezza con cui ci hanno accolto nelle loro umili capanne e della curiosità dimostrata nei nostri confronti. Al termine della visita ci congediamo lasciando come dono alcuni sacchi di farina, del pane e dello zucchero che la guida aveva caricato sul furgone prima della partenza da Opuwo. Alla fine della giornata conveniamo che, data l’ esperienza avuta con queste donne, valeva la pena di fare tanti chilometri per arrivare sino “alla fine” (questo è il significato della parola Opuwo nella lingua locale).



Lunedì 03/09/2001

Anche per oggi abbiamo un lungo trasferimento completamente su strada sterrata e, almeno sino a Sesfontein, piuttosto impegnativo. Il paesaggio è stupendo, incontriamo diversi villaggi himba e herero (dalle case di fango con pareti allegramente colorate e tetto in lamiera) e in alcuni tratti la vegetazione è incredibilmente rigogliosa e varia. Sesfontein è un luogo affascinante, ricorda un’ oasi del nordafrica e il lodge sembra un fortino della legione straniera; lungo la strada principale incontriamo alcune donne herero impegnate a trasportare fasci di legna sopra la testa, sempre sorridenti e felici di essere fotografate, intente nella loro quotidianità. Ripensando alle raccomandazioni fatte da “gamba da legn” al momento della consegna dell’ auto (attenzione sempre al massimo, non abbandonare mai l’ auto ….) ci viene da sorridere perché sino ad oggi la sensazione che abbiamo avuto è stata quella di un paese in cui esiste sicuramente la povertà, ma non esasperata al punto tale da spingere le persone a comportamenti illeciti (nelle città della costa più industrializzate e che, al momento, risentono di un periodo di crisi, forse la situazione è più difficile e quindi è possibile pensare che si verifichino episodi di microdelinquenza ….. ma come italiani siamo abituati a questo anche nelle nostre città). Avvicinandoci alla nostra meta ci rendiamo conto di una notevole differenza rispetto al Sud Africa visitato lo scorso anno: gli animali in Namibia si possono trovare anche al di fuori dei parchi nazionali e, spesso, ti attraversano la strada quando meno te lo aspetti: infatti veniamo spesso costretti a rallentare per la presenza di gazzelle ma anche di giraffe che tranquillamente passeggiano sulla strada. Finalmente arriviamo al Palmwag Lodge che si presenta come un’ oasi nel nulla pochi metri prima del cancello attraverso cui si attraversa in uscita la “red line”. L’ accoglienza è ottima, il bungalow a tre letti che avevamo prenotato è ampio e molto pulito. Il lodge ha anche uno spazio dedicato ai campeggiatori ben attrezzato con comode barriere antivento dietro cui ripararsi in caso di maltempo. Prenotiamo il game drive per la mattina successiva e ci rilassiamo gustando un thè caldo e una fetta di ottima torta al cioccolato. La cena è superlativa e la lista dei vini completa.

Martedì 04/09/2001

Quando suona la sveglia è ancora buio, ma ormai siamo abituati a queste levatacce, per cui senza tante storie ci alterniamo in bagno e ci prepariamo alla colazione e al successivo game drive. La temperatura è decisamente bassa per cui ci copriamo a strati senza risparmiare nel numero di indumenti, tenendo conto che il fuoristrada su cui verremo caricati sarà sicuramente scoperto. Durante l’ escursione vediamo animali già noti (giraffe, kudu, struzzi ….) ma risultano molto più nervosi rispetto a quelli visti all’ Etosha (dove probabilmente sono più abituati al rumore delle auto) e il paesaggio in cui si muovono è completamente diverso da quelli visti sino ad ora, inoltre vediamo un gruppo di zebre di montagna. Al rientro decidiamo di partire per l’ escursione verso Twefelfontein (quattro ore tra andata e ritorno) dove ci aspetta un noto sito archeologico. Quando arriviamo il sole è a picco, per cui la visita ai graffiti risulta piuttosto faticosa. Rientriamo verso le 17,30 in tempo per la merenda e per un po’ di relax. Purtroppo per Paolo e Gianni il relax dura solo pochi istanti poiché si accorgono che il battistrada di una delle ruote posteriori è stato lacerato (probabilmente da una pietra) e si intravede la tela del copertone. Decidono quindi di sostituire entrambe le ruote posteriori e di tenere quella danneggiata e l’ altra (che non è in condizioni tanto migliori) come ruote di scorta. Fortunatamente riescono a portare a termine la pratica poco prima dell’ imbrunire giusto in tempo per una doccia ristoratrice. La sera solita ottima cena e sorpresa per Paolo: per il suo compleanno le cuoche e le cameriere intonano un coretto augurale nella loro lingua (Damara) con i caratteristici click.

Mercoledì 05/09/2001

Lasciamo questo stupendo lodge immerso in una natura tanto affascinante quanto inquietante (il solo pensiero di trovarsi in luoghi così isolati a volte crea un senso di disagio per persone abituate ad orizzonti brianzoli) per raggiungere la Skeleton coast. Anche oggi percorriamo centinaia di chilometri incontrando sempre meno auto, la pista è più sabbiosa ma in ottime condizioni e solo dopo il cancello di ingresso alla costa degli scheletri presenta alcune insidie dovute al fatto che le dune di sabbia, spinte dal vento, tendono ad invadere la pista. L’ arrivo a Terrace Baii avviene in un pomeriggio di una giornata incredibilmente ventosa. Sarà stato per il clima, sarà stato per l’ incredibile grado di umidità presente nell’ aria, sarà stato per il fastidioso vento che non ci ha dato tregua, sarà stato per la non particolare simpatia del personale trovato sul posto, sarà stato per altri mille fattori il fatto è che questa località non ci ha particolarmente colpito, anzi mi sento di consigliare una deviazione e di evitare questa tappa. Siamo gli unici turisti, gli altri ospiti sono pescatori che arrivano in gran parte dal Sud Africa: in effetti per un appassionato di pesca si tratta di una località incredibile a giudicare dalle fotografie appese alla reception. L’ alloggio è in linea con il posto (freddo, umido e non particolarmente pulito, dormirò immersa nel mio caldo sacco a pelo) e il cibo decisamente il peggiore assaggiato nel nostro viaggio.

Giovedì 06/09/2001

Nessun rimpianto ci accompagna questa mattina nell’ abbandonare Terrace Baii e affrontiamo il lungo tratto di strada verso l’ uscita dalla costa degli scheletri con rinnovato vigore. Lungo il tragitto ci capita di avvistare diverse gazzelle che si sono adattate a vivere in questo ambiente tanto ostile. Siamo diretti a Swakopmund ma contiamo di fare tappa a Cape Cross per visitare una famosa colonia di otarie. Arrivando alla colonia delle foche la prima cosa che colpisce è il puzzo incredibile che inizialmente appare insopportabile; dopo qualche minuto e grazie all’ aiuto di una bandana che mitiga la fragranza, mi abituo e inizio a scattare le prime immagini a questo incredibile raggruppamento di otarie. Nel pomeriggio arriviamo a Swakopmund e raggiungiamo facilmente la nostra destinazione: Hotel Pension Rapmund. Questo albergo ci è stato consigliato da Sergei e devo dire che il rapporto qualità prezzo anche in questo caso è ottimo: è un piccolo albergo gestito da bianchi di sicura origine tedesca, la camere non sono nuovissime ma molto pulite e ampie, inoltre è strategico poiché è situato nel centro di questa amabile cittadina balneare e adiacente al mitico “Cafè Anton” un must da non perdere. La sera decidiamo di provare per cena il Light House un locale molto carino e decisamente alla moda in cui si può cenare a base di pesce di ottima qualità con cifre abbordabili.

Venerdì 07/09/2001

Dopo aver macinato centinaia di chilometri e aver trascorso ore e ore in auto non ci sembra vero di poter dedicare l’ intera giornata allo shopping in una città che offre molto al turista in cerca di gifts. Per pranzo raggiungiamo Walvis Bay e nella famosa baia di questa località marina, fra centinaia di fenicotteri rosa, ci sediamo ad un tavolo del ristorante “The Raff” in modo tale da poter pranzare e nello stesso tempo osservare l’ incredibile spettacolo offerto dall’ esuberante natura di questo angolo di mondo. Il pomeriggio lo trascorriamo passeggiando tra le vie di Swakopmund che ci appare sempre di più come una splendida località turistica e che, come accade anche da noi, presenta il fascino tipico del mare in inverno. La sera cambiamo il ristorante e ci rechiamo lungo il molo alla ricerca di “The Tug” un locale ricavato da un vecchio rimorchiatore messo ormai a riposo da tempo e quasi irriconoscibile: anche in questo caso cena a base di pesce di ottima qualità accompagnato da un ottimo vino bianco Sud Africano.

Sabato 08/09/2001

Tanto per non rilassarci troppo decidiamo di fare un’ escursione di qualche ora lungo la Weltwitschia Drive. A dire il vero non ci sono cose particolari da vedere ma le piante di weltwitschia mirabilis che potrete osservare al termine dell’ escursione sono veramente notevoli; purtroppo scordatevi pure di vedere i licheni perché prima di voi sono transitati dei barbari che a quanto pare hanno asportato questo delicato esempio di simbiosi tra varie forme di vita per poterlo poi esibire a casa propria. Oltre a questo tipo di strana pianta potrete ammirare un paesaggio molto particolare (moon landscape) e gruppi di struzzi selvaggi (nel nostro caso abbiamo visto anche una femmina con la prole al seguito) che non guastano mai (a proposito sino ad oggi non siamo riusciti a trovare un locale in cui servissero carne di struzzo !!). Nel tardo pomeriggio, dopo aver pranzato a Walvis Bay allo stesso posto del giorno precedente, raggiungiamo Swakopmund per una visita al museo: devo dire che nonostante la mia riluttanza iniziale, il museo è molto interessante per cui vale decisamente la pena di dedicare almeno un paio d’ ore alla visita (purtroppo noi siamo arrivati piuttosto tardi per cui non abbiamo potuto visitarlo con la necessaria tranquillità). Concludiamo la giornata con cena indimenticabile al “The Tug” dove avevamo prenotato un tavolo dalla sera prima.

Domenica 09/09/2001

A volte mi chiedo se al rientro potrò mai spiegare le emozioni provate durante i lunghi trasferimenti che caratterizzano questa vacanza: i colori solari, la luce accecante, la vegetazione, le strade che si ripetono perfettamente identiche per centinaia di chilometri, il silenzio rotto solo dal gracchiare del mangianastri su cui ascoltiamo ormai da giorni le nostre cassette preparate per l’ occasione, gli spuntini in auto, la lotta continua contro la polvere che inesorabilmente penetra tra le guarnizioni, la ricerca sul libro degli uccelli dell’ Africa del Sud del volatile intravisto per qualche secondo dai finestrini dell’ auto, la necessaria individuazione sulla cartina della nostra posizione (spesso presunta più che reale) e il tentativo di calcolare il tempo necessario per raggiungere l’ obiettivo successivo ….. Penso che sarà veramente difficile rendere a parole le sensazioni che abbiamo vissuto in questo splendido viaggio e anche spiegare la piacevole sensazione che abbiamo provato quando, dopo diverse ore in auto, arriviamo a “Solitaire” ….. località costituita solo da un distributore e da uno store dove, tra le varie cose, troviamo un the caldo e un’ ottima torta di mele famosa in tutto il Sud Africa (Solitaire Guest House).  Giungiamo nel tardo pomeriggio alla nostra destinazione : Ababis Guest Farm. Si tratta di una fattoria gestita da una coppia di tedeschi trasferitisi in Namibia da poco tempo e aiutati da una ragazza di Francoforte venuta per un mese per una sorta di vacanza studio. Le camere sono molto confortevoli e ricercate nei particolari, la colazione e la cena vengono servite in un ampio porticato dove ci si ritrova assieme ad altri ospiti e ai padroni di casa. Nella tenuta della fattoria è possibile praticare anche un “walking trail” lungo circa cinque chilometri, perfettamente segnalato e assolutamente privo di qualsiasi rischio. La cena è ottima e la scelta dei vini molto curata …. alla fine della serata Paolo propone di fumare un sigaro e, vista l’ atmosfera, acconsento.

Lunedì 10/09/2001

La mattina facciamo colazione presto e, dopo aver salutato i nostri cordialissimi ospiti, ci dirigiamo verso una delle mete più attese dell’ intera vacanza: Sossusvlei. A dire il vero avevamo prenotato due posti tenda al campeggio posto all’ ingresso del parco, ma tenuto conto del freddo che cala durante la notte e della continua svalutazione del dollaro namibiano, ci siamo lasciati andare e abbiamo prenotato due camere al Sossusvlei Lodge che sitrova a pochi metri dal campeggio, ma che offre un servizio decisamente diverso (Sossusvlei Lodge tel.: + 261 63 693 223 ; fax: + 264 63 693 231 ; Email: sossusvl@iafrica.com.na . Central reservation tel : + 264 61 248338 ; fax: + 264 61 248338 ; Email: reservations@sosvlei.com ). L’ accoglienza è all’ altezza del posto, il bungalow che ci assegnano è il più isolato e tranquillo e gode di una splendida vista. Notiamo subito che il lodge ha una piccola piscina per cui ci lasciamo andare ad un momento di relax. Nel pomeriggio ci muoviamo con l’ intenzione di fare visita al Sesriem Canyon a alla mitica duna 45 (il numero 45 indica solo la distanza, in chilometri,  che separa il cancello dalla duna). Il Canyon è raggiungibile direttamente dalla strada senza oltrepassare il cancello del parco (per cui non occorre acquistare il biglietto di ingresso) e si trova a sinistra del distributore di benzina. All’ arrivo troviamo diversi automezzi di turisti, ma spesso non si spingono sul fondo della vallata, per cui in effetti una volta giunti nel greto del fiume, non troviamo molta gente. La parte più caratteristica è quella che si trova sulla sinistra non appena terminata la discesa, è piuttosto stretta con pareti a picco che, procedendo, si avvicinano sempre più sino a congiungersi. Quando torniamo sulla sommità del Canyon troviamo Sergei che, in veste di guida turistica, è al seguito di una coppia di anziani probabilmente di origine tedesca. Cogliamo l’ occasione per salutarlo e per ringraziarlo ancora una volta per la pazienza con cui ci ha aiutato a costruire questo viaggio. Come previsto arriviamo alla duna 45 verso sera in modo da poterla ritrarre nella luce particolare del sole calante. Devo dire che i colori sono veramente particolari e la presenza di vegetazione in una zona così arida penso sia unica al mondo. Cena al buffet di buona qualità e veramente abbondante.

Martedì 11/09/2001

E’ sorto il sole da poco quando arriviamo sulla cima delle dune di Sossusvlei: lo spettacolo che possiamo osservare è unico con le dune che si susseguono fino al confine delle possibilità visive. Un consiglio per chi, come noi, non possiede un veicolo con quattro ruote motrici: lasciate l’ auto al parcheggio posto al termine della pista e aspettate lo “shuttle”, non cercate di raggiungere le dune a piedi e conservate le forze per le camminate che farete sulle dune e nel tratto tra le dune e il lago salato. Lasciamo questo splendido angolo di Africa con obiettivo la “Sinclair Guest Farm”, decidiamo però di fare sosta tattica presso il Kiosk costruito dietro al castello di Duwisib (una costruzione che un eccentrico ufficiale tedesco si è fatto costruire in questa landa isolata) dove troviamo la classica torta di mele sempre deliziosa. Nel tardo pomeriggio arriviamo alla nostra destinazione dove troviamo ad accoglierci Gunther splendido padrone di casa che ci mette immediatamente a nostro agio. Il posto è molto curato, le camere sono enormi e pulite, il giardino è circondato da una piantagione di agrumi, tutto è tenuto in ordine da alcuni uomini di colore che vivono in alcune costruzioni poste dietro il caseggiato principale. La sera ci incontriamo con altri ospiti di varia nazionalità attorno al tavolo dove Gunther ci serve l’ aperitivo e ci informa del tragico attentato contro gli USA. Dopo un primo momento in cui ci siamo chiesti se fosse uno scherzo, ci rendiamo conto che non è così, ma si tratta di tragica e pazzesca realtà. La cena è ottima.

Mercoledì 12/09/2001

Oggi la strada non scorre velocemente come nei giorni precedenti, sarà per il peso dei chilometri accumulati, sarà per il peso della tragica notizia avuta ieri sera. Raggiungiamo Aus dove facciamo tappa per rifornire di carburante l’ auto e da cui ripartiamo immediatamente per raggiungere, a circa 20 chilometri dal distributore, il punto di osservazione da cui è possibile ammirare il “cavalli del deserto”: si tratta di un gruppo di cavalli, probabilmente abbandonati dai militari tedeschi in fuga, e che si sono adattati a vivere in un ambiente così ostile (grazie anche all’ aiuto dell’ uomo che ha scavato un pozzo artificiale indispensabile per la loro sopravvivenza). Luderitz ci appare come un miraggio tra la sabbia e l’ oceano, ha il fascino di una città di frontiera decisamente decadente con vie delimitate da costruzioni in perfetto stile bavarese (se non l’ avessi vista con i miei occhi non ci crederei !!). Prendiamo alloggio presso lo “Zum Sperrgebiet” (sea view hotel Zum Sperrgebiet Woermann St. Tel.: 063 203411 ; Fax: 063 203414 ; Email: michaels@ldz.namib.com ) consigliato da Sergei: è un albergo accogliente, moderno, dotato di sauna e piccola piscina in cui potersi rilassare per qualche minuto. Non appena entriamo in città e accendiamo il gms veniamo raggiunti da numerosi sms inviati dai nostri genitori, per cui telefoniamo per tranquillizarli sulla situazione. La sera ceniamo in albergo con ottime aragostine servite in quantità industriale.

Giovedì 13/09/2001

Keetmanshoop si trova alla periferia di Luderitz ed è al confine con l’ area proibita (zona delimitata in cui è severamente vietato l’ ingresso e in cui ci sono le concessioni diamantifere). Un tempo era sicuramente un villaggio importante e vitale in cui era stato costruito anche un teatro, ma oggi è solo un gruppo di case abbandonate, invase dalla sabbia del deserto. La guida cerca disperatamente di mantenere viva l’ attenzione dei visitatori con battute di cui spesso ci sfugge il senso; con il senno di poi devo dire che la visita a questa città fantasma vale la pena di farla, ma potete anche evitare di porre troppa attenzione alla guida e sfruttare meglio il tempo cercando di scattare le vostre fotografie prima che il resto del gruppo si sparpagli in tutta l’ area. La giornata è stupenda ma il vento che soffia tra le dune di sabbia è veramente fastidioso per cui decidiamo di lasciare questo vecchio villaggio di cercatori di diamanti per raggiungere Diaz Point: purtroppo una volta raggiunta la punta dobbiamo arrenderci al vento gelido, per cui dopo una breve sosta sulla sommità del posto d’ osservazione, ci rimettiamo in viaggio per raggiungere il “Fish River Canyon”. Per oggi abbiamo una prenotazione al Fish River Lodge, non sappiamo come sia il posto, ma lo abbiamo preferito ad altri per il buon prezzo e per la relativa vicinanza al Canyon. Dopo diverse ore di trasferimento finalmente raggiungiamo una indicazione per il nostro lodge ma, con grossa sorpresa, notiamo che, una volta entrati nella proprietà, dovremo percorrere ancora venticinque chilometri di pista sterrata e sabbiosa prima di giungere alla destinazione (in realtà una volta lasciata la strada principale si entra in una proprietà che è confinante con quella del lodge, per cui dovrete oltrepassare altri due cancelli prima di arrivare alla meta). La prima sensazione che ho avuto quando sono scesa dalla macchina è stata del tipo: ma dove cavolo sono finita ? In realtà non si tratta di un lodge nel vero senso del termine: è una abitazione piuttosto rustica dove vivono come due eremiti Luis e sua madre aiutati da un gruppo di persone di colore che svolgono tutte le attività necessarie per la sopravvivenza in una landa così isolata. Luis e la mamma sono sud africani e si sono trasferiti qui affascinati dall’ atmosfera particolare di questo posto, gestiscono il lodge in cui vi sono alcune camere (non riscaldate e con impianto elettrico a 12 volts quando e se funziona !!!) con bagno in comune (l’ acqua calda non manca) e una camerata comune con uso di cucina per i campeggiatori. Luis si è costruito un piccolo green (che fa regolarmente annaffiare) sul davanti della casa da cui si esercita nel suo sport preferito: il golf (peccato che poi debba cercare le palline nel deserto di sassi che circonda l’ abitazione). La sera si cena tutti assieme alla luce di alcune candele (in genere si tratta di piatti piuttosto rustici ma di ottima qualità) e si cerca di intavolare una discussione con gli altri ospiti (la prima sera abbiamo incontrato due ragazzi tedeschi, la seconda sera due anziani signori olandesi rigidamente vegetariani) dando consigli e ricevendone altrettanti su quello che si è o non si è fatto e quello che si è o non si è visto. Il buio e il freddo calano in fretta per cui ci congediamo piuttosto presto e raggiungiamo le nostre gelide lenzuola.

Venerdì 14/09/2001

Il buio ci circonda ancora quando la sveglia suona e ci avvisa che è l’ ora di alzarsi per l’ escursione con il 4 x 4 nella parte di canyon raggiungibile dal lodge. L’ auto che Luis ci mette a disposizione non è altro che un pick up completamente aperto nella parte posteriore; fortunatamente io e la ragazza ci accomodiamo in cabina accanto all’ autista, mentre Paolo, Gianni e il ragazzo tedesco devono stare in piedi sul cassone all’ aria aperta. Il tragitto non è lungo, ma è reso particolarmente impegnativo dalle pendenze e dalle asperità del fondo per cui arriviamo a destinazione dopo circa mezz’ ora di sballottamenti. Sul greto del fiume troviamo accampati alcuni turisti superattrezzati con le loro tende e quanto serve per campeggiare liberamente (probabilmente hanno percorso il letto del fiume per un lungo tratto). Torniamo quindi al lodge per la colazione e, grazie alla radio satellitare di Luis, riusciamo ad ascoltare un notiziario di una stazione radio che trasmette in italiano. E’ stata veramente strana la sensazione che abbiamo provato nell’ ascoltare quelle terribili notizie in un luogo distante, non solo geograficamente, migliaia di miglia dalla nostra civiltà e dalle nostre preoccupazioni: eravamo rattristati da quello che venivamo a sapere, eravamo sconvolti per il numero di persone innocenti che avevano perso la vita sotto le torri gemelle e negli altri attentati, ma non eravamo per nulla preoccupati (preoccupazione che si è subito impossessata di noi quando siamo atterrati a Monaco e siamo rientrati nel nostro mondo) per la situazione che si stava creando. Fatta colazione decidiamo di dirigerci a Hobas in modo tale da raggiungere il più famoso view point sul Fish River Canyon: lo spettacolo che troviamo una volta raggiunto il punto di osservazione è fantastico, valeva la pena di arrivare fino a questo punto solo per questo. Ci vengono in mente le parole dette da un francese incontrato alla Sinclair Guest Farm con cui ci dipingeva il canyon come qualche cosa di assolutamente banale e le parole dette da un italiano incontrato il primo giorno al Waterberg Plateau in cui ci indicava l’ Etosha come la cosa più interessante che si possa vedere in Namibia: pur rispettando le sensazioni avute da ciascuna delle persone incontrate devo dire che personalmente ho avuto ogni giorno sensazioni piacevoli e ogni giorno ho visto cose che mi rimarranno impresse per sempre nel fondo dell’ anima. Rientriamo quindi al lodge, dopo aver fatto una sosta al “Canyon Road House” per una merenda meritata (ottima la amarulla cheese cake), molto stanchi ma certamente più ricchi di quanto fossimo questa mattina e felici di aver visitato anche questa parte di Africa. Questa sera ci aspetta il mitico pollo alla Luis, prelibatezza assoluta che necessita di un tempo infinito per raggiungere il giusto punto di cottura: i preliminari vengono affidati agli inservienti di colore, mentre il protagonista inganna il tempo e cerca il giusto relax con qualche magistrale colpo di golf. All’ imbrunire, avvolto dai fumi del barbecue, ecco che Luis abbandona gli indugi e si accinge ad adagiare sul giaciglio di brace alcuni splendidi esemplari di pollo (del vicino), dopo averli cosparsi del suo specialissimo intruglio alla Luis. La cottura, a detta del direttore d’ orchestra, deve essere particolarmente lenta (sloooooooowly) in modo tale che il pennuto sia, al termine, perfettamente cotto sia all’ interno che all’ esterno; Luis riesce eroicamente a mantenere un comportamento adeguato nonostante le cinque birre che si tracanna prima di completare la cottura dei pollastri e, quando ormai stavamo decidendo di tornare in camera per mangiarci qualche rimasuglio delle nostre scorte alimentari, alla fine ci serve una abbondante razione di pollo alla griglia con cui riesce a farsi perdonare la lunga attesa.

 

Sabato 15/09/2001

Salutiamo i simpatici padroni di casa e il loro gatto per iniziare la prima tappa di rientro verso la capitale. Oggi le piste sterrate terminano definitivamente ma ci rendiamo conto che la nostra auto forse era più guidabile sul fondo irregolare, piuttosto che lungo gli interminabili rettilinei asfaltati. Sosta obbligatoria alla foresta di kokerboom per sgranchirci le gambe e, nel primo pomeriggio, arriviamo a destinazione e cioè l’ Anib Lodge a Mariental. Siamo accolti dai proprietari di origine austriaca a dire il vero in modo un po’ formale e freddo, comunque il posto è stupendo e il game drive offerto al tramonto unico (in quest’ occasione riusciamo a vedere una coppia di otocioni). Il padrone di casa ha un tic stranissimo: ogni volta che deve iniziare una frase ci delizia con un grugnito degno di una scrofona (si merita il nomignolo di “grufolone”). A parte questo durante la serata si dimostrerà piuttosto antipatico e decisamente razzista. La cena è letteralmente deliziosa e presentata con cura dalla signora (tra l’ altro ci hanno servito polenta con funghi porcini che nel sud del continente africano sono una vera rarità).

Domenica 16/09/2001

Purtroppo siamo arrivati alla fine di questa stupenda vacanza ma abbiamo ancora un obiettivo da centrare: dobbiamo riuscire ad arrivare a Windhoek per pranzo in modo tale da deliziare per l’ ultima volta le nostre papille gustative da Gatheman’s. Purtroppo l’ auto inizia a perdere i colpi ma decidiamo di non perdere tempo per cercare il fusibile che è andato e, senza più corrente, ci fiondiamo verso il centro della città e riusciamo a raggiungere il ristorante appena in tempo per poter gustare un pranzo indimenticabile con la tanto desiderata carne di struzzo. Fortunatamente la Sig.ra Mona ci avvisa che all’ aeroporto i controlli sono diventati più accurati e quindi ci incamminiamo con adeguato anticipo e imboschiamo i preziosissimi coltellini svizzeri nel bagaglio che verrà stivato.

Fonti consultate e libri letti

Guide edt Namibia (edizione italiana delle guide Lonely Planet).

Pietro Tarallo : Namibia edizioni Ulisse Mozzi.

Massimo Novarin : Namibia edizioni fuorithema.

Ian Sinclair …. : Birds of Southern Africa edizioni Sasol.

Sito internet:  http://www.markos.it/quaderni/

Wilbur Smith : La spiaggia infuocata edizioni TEA DUE.

Considerazioni conclusive

E’ fin troppo facile ricordare con piacere le settimane trascorse in questa porzione di continente africano oggi, immersa come sono nella nebbia della pianura padana, ma penso che il ricordo di questa vacanza mi resterà per sempre tatuato nel profondo dell’ anima. Ricorderò per sempre le lunghe attese presso le pozze d’ acqua dell’ Etosha e le forti sensazioni provate quando all’ improvviso compariva qualche essere animato. I colori intensi, i profumi delicati, gli odori forti, la straordinaria dolcezza delle donne Himba ……… tutte queste emozioni sono difficili da trasmettere con un semplice racconto di viaggio ma spero che la lettura di queste poche pagine abbia stimolato in voi la voglia di provare sulla vostra pelle il brivido che solo un viaggio in questo continente può darvi.

Claudia, Paolo & Gianni Marzi

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