di Eno Santecchia –
Dai giardini Hastings e Barracca si godeva uno splendido panorama sul Grand Harbour, il porto della Valletta, e sul forte di S. Elmo (che oggi ospita il National War Museum). La città vecchia si chiamava allora “La Notabile” e la chiesa di Mosta aveva una grande cupola di poco inferiore a quella di San Pietro a Roma.
Nell’ oratorio della co-cattedrale di San Giovanni Battista (dal pavimento con 375 lapidi) sono custoditi: “La Decapitazione di San Giovanni”, un dipinto del Caravaggio che vi soggiornò nel 1608 e una statua lignea di San Paolo. Diretto in Egitto e dopo aver ottenuto Malta senza combattere, nel giugno del 1798, si racconta che Napoleone, visto un prezioso anello al dito della statua, con un colpo di spada tagliò il dito e fece suo l’anello, esclamando: «Effettivamente sta molto meglio a me!».
L’hotel Osborne era il più lussuoso della città, ma anche in altre strutture alberghiere soggiornavano ospiti inglesi, francesi e italiani, tra cui Pietro Mascagni, l’autore della “Cavalleria rusticana”. Nel “Royal Opera House” (distrutto dai bombardamenti tedeschi la sera del 7 aprile 1942) si svolgeva anche una importante stagione lirica operistica.
Nel 1928 fu fondato l’Istituto Italiano Umberto I ove si insegnava la lingua italiana, mentre quella ufficiale era allora l’inglese. Oltre alla storia dell’isola, si studiava la storia d’Italia con particolare attenzione all’impero romano e all’ascesa del duce. A questa prima istituzione si aggiunse una biblioteca italiana, un Istituto Professionale, un centro culturale ed infine la casa del fascio. In tutte queste strutture si insegnava, anche ai cittadini britannici, il saluto romano e a cantare “Giovinezza”. A quei tempi anche i nomi delle strade erano scritti in italiano.
L’opinione pubblica era nettamente spaccata in due, vi erano infatti due partiti politici: il “Laburista” di estrazione anglofila guidato da Lord Gerald Strickland, l’altro di chiara tendenza fascista che aveva come leader Enrico Mizzi, il quale amava farsi salutare con il braccio teso. La bandiera di questo ultimo partito recava uno scudo bianco/rosso, i colori della bandiera maltese, con lo sfondo nero e la scritta P.N.M. (Partit Nazionalista Maltin). Vi era addirittura un inno suonato da “La Vallet”, la principale banda musicale dell’isola, che ricalcava pari pari Giovinezza.
Vi erano anche due fazioni religiose: della “Madonna tal Carminu” e di “San Paul”. San Paolo, nel suo viaggio dalla Palestina a Roma, fece naufragio a Filfla, una delle cinque isole maltesi, ove si racconta che fu morso da una vipera che non gli recò danno; da allora le vipere in quel luogo non furono più velenose. I fautori di un “partito” religioso non partecipavano mai alle celebrazioni organizzate dall’avversario. Le feste religiose a Malta si svolgono tuttora con un folclore tutto particolare: lunghe processioni in costume, chiassose poco meno di una battaglia, che terminano con fuochi artificiali.
Allora Malta era una colonia inglese e l’opera di penetrazione politico-culturale italiana fu tollerata dalle autorità finché la classica goccia non fece traboccare il vaso.
Quando ai primi di ottobre 1935 le truppe italiane diedero inizio all’invasione dell’Etiopia, la Società delle Nazioni votò l’applicazione delle sanzioni economiche contro l’Italia. Numerosi Maltesi partirono volontari per combattere nelle file dell’esercito britannico. A quel punto il governatore inglese fece chiudere tutti gli istituti italiani. I nostri connazionali, che faticosamente si erano fatti una posizione, guadagnandosi la stima e la fiducia dei Maltesi, dovettero rimpatriare: decenni di lavoro andarono in fumo. Ma ciò era solo il preludio della tempesta che ben presto avrebbe investito la nostra penisola.
ll’interno della fortezza ci sono le statue di Afonso Henriques, primo re del Portogallo e del re Manuel I. Una targa ricorda l’udienza concessa nel 1499 da quest’ultimo re al grande navigatore portoghese Vasco de Gama, prima della partenza per il viaggio che lo portò alla scoperta della via per le Indie.
Scendendo a piedi per le viuzze, verso sud, tramite via Da Saudade ci s’imbatte in un sito archeologico, scoperto di recente ed ancora in lavorazione: si tratta del teatro romano di Lisbona, costruito all’epoca dell’imperatore Augusto; la struttura poteva contenere circa 5.000 spettatori.
Dopo alcune traverse, si presenta dinanzi a noi l’inconfondibile portale romanico della chiesa di Santa Maria Maggiore, meglio conosciuta come la cattedrale di Sé. Purtroppo davanti all’ingresso principale passa il tram che si arrampica verso l’alto. Essa fu costruita nella seconda metà del XII secolo dal primo re del Portogallo dopo aver riconquistato la città ai Mori. Scavi archeologici, operati sotto al chiostro della cattedrale, hanno portato alla luce strutture di epoca romana e del periodo islamico; il tutto era stato coperto nel XIV secolo durante la costruzione del chiostro stesso. Questa chiesa ha superato forti eventi sismici come quello del 1344 e del 1755 che fu disastroso per Lisbona: basti pensare che questo fu uno dei pochi edifici medioevali che non crollarono. Numerose grandi cappelle laterali, grandi colonne, bellissime vetrate policrome e uno stile pulito mi trasmettono spiritualità e forza. Nella sacrestia vi è inoltre un museo di oggetti sacri e oreficeria.
Nel nostro viaggio abbiamo ammirato altre due chiese: la chiesetta di Bom Successo e il monastero dos Jeronimos; entrambi si trovano nel quartiere di Belem, non distanti dalla torre, simbolo della città. Belem, a mio parere, è il più bel quartiere di Lisbona; qui il Tago si appresta ad incontrare l’oceano Atlantico, da qui i grandi navigatori portoghesi partirono per conquistare gli oceani e scoprire nuove terre.
A Belem un passante, al quale chiediamo informazioni, ci consiglia di visitare una vicina chiesetta poco conosciuta, ma molto interessante: la chiesa di Bom Successo. Essa si trova in un convento di suore e risale al 1670; all’interno catturano subito l’attenzione due pulpiti, un sopra altare in argento e le statue di quattro santi: S. Antonio da Lisbona, S. Francesco, S. Domenico e S. Tommaso d’Aquino.
Un altro sito di eccezionale interesse (non si può mancare di visitarlo!) è il grande monastero dos Jeronimos, i cui lavori di costruzione iniziarono per ordine del re Manuel intorno al 1502, al ritorno di Vasco de Gama dalle Indie. L’annessa chiesa di Santa Maria è veramente stupenda: un elaborato portale dà sui giardini antistanti l’antico porto, grandi pilastri, colonne intarsiate, volte con travature in pietra perfettamente equilibrate ed ampie vetrate policrome rendono l’interno meraviglioso. Energia pura che ha saputo resistere anche al disastroso terremoto del 1755. In fondo alla chiesa riposano il poeta Camoes e il navigatore Vasco de Gama. Pagando un biglietto di 3,00, si accede al chiostro
del monastero, un quadrato di oltre 50 metri di lato; qui si rimane sbalorditi dalla sua bellezza: due gallerie sovrapposte, decori in pietra (in realtà un calcare dorato) che sembrano un sogno per quanto sono perfetti. Questo è uno dei chiostri più belli del mondo!
Uscendo un nuovissimo tram dalla linea avveniristica ci richiama alla realtà odierna. Ci rechiamo al museo della Marina, una visita irrinunciabile per chi ama il mare e in un paese che ha fatto della navigazione una necessità, un piacere e una ragione di vita.
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