Americhe

New York City, bypassando i soliti cliché

di Federica Forner –
Di racconti su New York
ne sono stati scritti moltissimi, quindi cercherò per quanto possibile di limitare il mio racconto a luoghi che, sbirciando gli altri racconti, non ho visto essere particolarmente citati.
L’aspetto di NYC che mi ha affascinato di più è il suo essere città marittima, portuale; questa dimensione la si può ben respirare nella zona di Lower Manhattan, ed in particolare in Battery Park e in South Street Seaport. I margini di Manhattan sono occupati da numerosi Pier, i grandi moli dove fino ad alcuni decenni fa attraccavano di continuo transatlantici e mercantili provenienti da ogni parte del mondo. A South Street Seaport stazionano permanentemente dei velieri di fine ottocento ed altre imbarcazioni in parte adibite a musei, che rievocano in modo efficace e affascinante l’atmosfera di quell’epoca. 


Era proprio bello sedersi su una delle panchine ad osservare l’ampio tratto di mare in cui confluiscono l’Hudson e l’East River avviandosi verso l’Atlantico, e veder transitare mollemente imbarcazioni di ogni tipo, chiatte che trasportano chissà che cosa, rimorchiatori, battelli turistici, che a volte sembrano quasi venire inghiottiti dalla nebbiolina all’orizzonte. A pochi passi sulla sinistra di South Street Seaport si trovano il ponte di Brooklyn ed il Manhattan Bridge, mentre al largo sono visibili la statua della libertà, Governors Island, Ellis Island e Staten Island. Subito dietro ai moli, parallelamente alla passeggiata che porta al ponte di Brooklin, si trova un quartierino risalente all’800, dove ci sono vari negozi e il South Street Museum, che ospita delle mostre su tematiche di interesse marittimo, per esempio in quel periodo ce n’era una dedicata al transatlantico Normandie. In Fulton street c’è un piccolo faro che rappresenta un memoriale del naufragio del Titanic. In una guida turistica ho letto che South Street Seaport è un luogo dozzinale per turisti. Beh, dipende dal punto di vista con cui lo si osserva. Certamente l’aspetto commerciale è presente, con la creazione di negozi e ristoranti pro-turista, ma non per questo il luogo è meno suggestivo ed emozionante.

Il primo giorno della nostra permanenza a
New York nel pomeriggio ci siamo subito imbarcati sul grosso ferry arancione in partenza da Battery park e diretto a Staten Island che, senza sosta fino alle 20, va avanti e indietro gratuitamente, permettendoci così un gustoso assaggio dello skyline di Manhattan e del fascino della Lady of Liberty all’orizzonte. Una volta arrivati a Staten Island, abbiamo pensato di dare un’occhiata alle spiagge che si rivolgono verso l’oceano atlantico, e così abbiamo preso un pulman che partiva dalla stazione marittima e dopo una ventina di minuti siamo scesi alla grande distesa di sabbia oltre il Da Verrazzano Bridge, che collega l’isola con Brookyin. Peccato non avere il costume dietro, se no mi sarei fatta volentieri un bagno! Al ritorno, bellissimo tramonto sulla baia di NYC.

Un aspetto che ha disatteso le mie aspettative è stata la visita alla Liberty Island, l’isola in cui c’è la statua; ovviamente l’afflusso turistico è grande, e già sul battello bisognava sgomitare per poter fare una fotografia. Sbarcati sull’isola, che è piccolissima, abbiamo rinunciato a salire sulla statua, non ci ispirava ed eravamo un po’ storditi a causa del sole molto forte; così abbiamo girovagato un po’ e pranzato nel ristorante take away che hanno allestito lì, a pochi passi dalla statua, con odori di cucina e di gabinetto che vagavano dappertutto…molta confusione dovunque, negozi di souvenir con la solita aria condizionata sparata addosso con rischio polmonite fulminante. Insomma, vista in questo contesto infelice, anche la lady of liberty perdeva il suo fascino; ciò che però non sapevo, è che la statua fu costruita dallo scultore Bartholdi a Parigi, e poi trasportata a New York per donarla agli Stati Uniti pezzo per pezzo, quindi riassemblata nella sua attuale collocazione. Penso che il modo migliore per cogliere l’essenza della statua della libertà sia vederla dal battello o dal porto, scorgerla da lontano, come chi giungeva a NYC pieno di speranze nel futuro ed era la prima cosa che avvistava, con la sua lanterna accesa…è bello vederla al largo a guardia del porto, o riconoscerne la sagoma svelata dalla nebbia all’orizzonte…

Abbiamo molto apprezzato invece la visita ad Ellis Island, luogo di transizione per tutti gli immigrati che volevano entrare nella città sperando di costruirsi una nuova vita; dopo decenni di abbandono, il sito è stato ristrutturato in modo lodevole. Qui si possono visitare tutti i saloni e le stanzette in cui si svolgevano le procedure di registrazione, le visite mediche e così via, e ci sono molte foto e documenti che testimoniano gli eventi dell’epoca intorno agli inizi del 900. Ellis Island è un passaggio fondamentale se si vuole comprendere la storia e l’identità di New York e del suo essere come si dice “melting pot” o “salad bowl”. Nella foto in bianco e nero un fotomontaggio che ci hanno fatto durante la visita. 


Per rimanere in tema, un pomeriggio molto assolato siamo andati a visitare le zone di Little Italy e Chinatown, e abbiamo scoperto che della prima non c’è quasi più nul
la tranne qualche ristorante o caffè, poiché Chinatown si è estesa fagocitando quasi tutto il resto intorno. Improvvisamente ci sembrava di essere stati catapultati in un altro mondo, con negozi e case cinesi tutte stipate una addosso all’altra con scritte incomprensibili; a dirla tutta, perfino un po’ angosciante.
Un luogo che ci è piaciuto particolarmente è la Washington Square, una piazza-piccolo parco nel Greenwich Village; qui è possibile sdraiarsi sui prati, guardare gli artisti che si esibiscono, farsi un bagno rinfrescante nelle fontane, o giocare a scacchi. Un tempo pare che fosse un cimitero e un luogo in cui si svolgevano le esecuzioni…ma non conserva davvero nulla di così macabro, tutt’altro!!
Durante i nostri giri ci è capitato spesso di passare per l’area di Ground Zero, il sito dove sorgeva il WTC; adesso è un enorme cantiere in cui a prima vista non si distingue molto se si stia costruendo o…demolendo qualcosa. In realtà, i lavori in atto dovrebbero portare alla ricostruzione del nuovo WTC con un altissimo grattacielo che si chiamerà Freedom Tower; inoltre, si sta ultimando la costruzione di un memoriale che prevede la presenza di due vasche dove si trovavano esattamente le torri nord e sud.. Nella via che costeggia l’area si trova una la S.Paul’s Chapel, l’unica chiesa di New York risalente all’epoca coloniale; fu ultimata nel 1766 e George Washington vi prestò giuramento prima di diventare il primo presidente degli Stati Uniti. Attualmente la chiesa, il cui campanile un tempo sovrastava l’area circostante, è schiacciata dalle esuberanti altezze dei palazzi che la circondano; è famosa per essere “sopravvissuta” a ben due disastri: il grande incendio che devastò l’area alla fine del 1700 e il crollo delle torri gemelle. Anzi, proprio l’11 settembre ed i giorni a seguire fu la base per le migliaia di volontari che prestarono soccorso e per dare accoglienza e soccorso ai feriti.

Una mattina il mio compagno di viaggio è voluto a tutti i costi andare a vedere il Bronx, e lì abbiamo trovato come ci aspettavamo un aspetto poco curato dell’edilizia in generale, parecchio diverso da Manhattan o Brooklyn. Già che c’eravamo, siamo entrati nel Woodland Cemetery, un grande cimitero monumentale immerso in un parco bellissimo in cui sono stati sepolti alcuni personaggi noti come lo scrittore Hermann Melville o il musicista Duke Ellington. Camminando tra le varie lapidi ne abbiamo trovata una perfino di un superstite del Titanic.

Ritornando nella Lower manhattan, una visita molto molto interessante che abbiamo fatto al pelo proprio il giorno della partenza è lo Skyscraper Museum, che si trova in Battery place. Si tratta di un piccolo museo interamente dedicato ai grattacieli, e strutturato esso stesso con un’architettura di interni che riporta alla verticalità. Qui una buona parte è dedicata all’ex WTC, alla sua progettazione e costruzione negli anni 70, con foto e video che ci fanno vivere (per chi, come noi, non ha mai potuto visitare le twin towers prima della loro scomparsa) la loro bellezza ed eleganza; viene poi presentato il progetto per il nuovo WTC che sorgerà con le varianti man mano apportate. Una sezione molto interessante è quella che mostra il cambiamento negli anni dello skyline di New York, con i nuovi grattacieli, e l’evoluzione stessa del concetto di grattacielo. Insomma, molto interessante.

Una mattina, attraversando pigramente Central Park tra gruppi di runners pimpanti e degni di una maratona, siamo andati a visitare il Guggenheim Museum. Questo museo è stato progettato dall’architetto americano Lloyd Wright negli anni ‘50 e la sua forma a spirale ricorda una conchiglia, interamente bianco sia all’esterno che all’interno; ospita una collezione permanente con artisti come Picasso, Kandinsky, Van Gogh, e più in generale rappresentanti del cubismo e futurismo, e delle esposizioni temporanee di fotografia. L’effetto ottico di questa particolare architettura risulta molto gradevole e rilassante. All’interno della struttura c’è anche un caffè sullo stesso stile in bianco in cui sostare deliziosamente.

La domenica mattina abbiamo fatto un infruttuoso tentativo di assistere alla messa gospel all’Abyssian Church di Harlem, (situata nella 138esima) ma la coda di turisti che come noi non avevano prenotato era davvero lunghissima e scoraggiante. Probabilmente è possibile prenotarsi attraverso il sito web. Anche la Mother Church, la prima chiesa nera fondata a NYC, che si trova appena dietro all’Abyssinian, era piena e ci hanno chiuso le porte. Per fortuna un signore che vendeva acqua ci ha indicato un altro indirizzo e così, sotto la pioggia, siamo andati alla Bethel Church, sempre nelle vicinanze (132 esima). Qui abbiamo potuto assistere alla funzione per intero, ai canti, e ricevere un caloroso benvenuto; l’omelia era molto interattiva ed energizzante, molto distante da quelle soporifere a cui siamo abituati in Italia.
Il giorno prima della partenza siamo riusciti a realizzare un altro desiderio e siamo andati fino a Coney Island, un luogo un tempo famoso per il suo luna park sull’oceano, ed in particolare per le montagne russe Cyclone. Per parecchi anni la zona è stata lasciata in uno stato di degrado ed abbandono fino a quando, proprio recentemente, è stato chiesto ad un gruppo italiano di riprogettare il luna park. Purtroppo al nostro arrivo all’estrema punta di Brooklyn, il luna park era chiuso poiché la giornata era grigia e umida…e così abbiamo solo potuto sbirciare dai cancelli. Le giostre appaiono piuttosto rimodernate e in forma, rimangono la vecchia ruota panoramica e le montagne russe, mentre le altre sembrano giostre di nuova introduzione. E’ un posto singolare, forse proprio per la dissonanza tra il concetto di luna park e questa sua atmosfera un po’ desolata che tuttavia affascina.

Al mattino dello stesso giorno appena descritto, c’eravamo diretti al molo 42 per chiedere informazioni sui vari traghetti, e ci siamo trovati davanti un’immensa portaerei, l’Intrepid, che ospita da qualche anno l”Air and Space Museum”. E così, mai fare troppi programmi e NYC, ci siamo ritrovati a trascorrere delle ore a bordo della nave per visitare quanto di interessante ci offriva. In aggiunta, proprio in quella settimana si stava svolgendo una festa dell’Air Force, e molti marines erano a disposizione con equipaggiamento, video, mezzi particolari, per rispondere alle domande dei visitatori. C’era persino il falco , mascotte dell’accademia militare. L’Intrepid, varata durante la seconda guerra mondiale e dismessa negli anni ‘70, al suo interno ospita vari aerei ed elicotteri più o meno recenti, pannelli e video che ne illustrano la storia e le battaglie, ed una bellissima parte dedicata alle missioni mercuri, gemini, apollo nello spazio. C’è anche un Concorde, in cui si può salire, ed è possibile fare l’esperienza in vari simulatori di volo. Sul ponte più alto sono presenti altri modelli di aerei importanti, anche provenienti da altre forze aeree, come per esempio le italiane frecce tricolori. La portaerei è interamente visitabile, dagli alloggi alle cucine alla cabina di pilotaggio del comandante. All’interno è possibile anche pranzare, in uno dei ristoranti della catena Au bon pain.

Prima di concludere, se avete intenzione di andare a New York in estate, e non vi piace troppa escursione termica…vestitevi a cipolla, perché nelle stazioni della metro di sviene letteralmente per il caldo soffocante, mentre in ogni luogo interno l’aria condizionata è sintonizzata praticamente sui 10°C…. Perfino da Starbuck’s in cui facevamo colazione ogni mattina c’era questo neo…il freddo non è il massimo di primo mattino…ma abbiamo potuto notare come gli americani adorino i beveroni pieni di ghiaccio a qualsiasi ora… Comunque, aldilà delle escursioni termiche sopracitate, scorrazzare per NYC con la metro è un modo ottimo per osservare i newyorkesi e le loro diversità.
Noi alloggiavamo al Belleclaire Hotel, situato nella 77esima ovest, a due passi da Central Park; lo abbiamo prenotato con booking.com e ne siamo rimasti soddisfatti. La zona non è delle più turistiche, ma è piuttosto abitata da residenti, con parecchi supermercati e prezzi più contenuti nei bar e ristoranti.
L’ultimo pensiero va al Flatiron Building, grattacielo di inizio secolo la cui forma ricorda la prua di una nave; visto al giorno d’oggi è minuscolo rispetto ai grattacieli superjumbo, ma ai suoi tempi era il più alto della città!

E’ possibile scaricare il testo di “New York City, bypassando i soliti cliché” in formato .pdf per visualizzare altre foto scattate da Federica.

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Pubblicato da
Marco

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