di Simone Mariotti –
La loro sfortuna più grande, forse, è di essere meno famose degli oranghi, meno belle, e più indipendenti. Ma le nasiche, le incredibili grandi scimmie proboscidate, sono tra le creature più insolite che si possano incontrare nella foresta del Borneo, e anche tra le più rare purtroppo. Trenta anni fa questi straordinari e unici primati potevano mostrare il loro buffo naso, simile a una grossa patata rossa lunga e schiacciata, e il loro curioso pancione rigonfio in stile barilotto senza troppa paura. Nel Sarawak ne vivevano quasi 7000, ma oggi purtroppo ne sono rimasti meno di mille.
Se i gorilla avevano Dian Fossey, e gli scimpanzé e gli oranghi hanno ancora Jane Goodall e Birute’ Galdikas (i tre “angeli” del paleontologo Louis Leakey, che le destinò ciascuna a una scimmia), anche le dimenticate nasiche hanno da qualche anno la loro piccola eroina: Kristina Medici. E’ un’etologa, vive e lavora poco lontano da Rimini, a Bologna, e il sito web che ha creato (www.proboscismonkey.org) è diventato il punto di riferimento globale per chi vuole fare qualcosa per le nasiche. Oggi facciamo due chiacchiere con lei, che da bambina voleva fare la zoologa, “ma non sapeva cosa volesse dire”. Poi tanti viaggi in oriente, fino all’incontro con quella specie così “splendidamente orrida”: le proboscis monkeys, appunto. Ma sentiamo da lei com’è andata.
Come mai questa passione per le nasiche? Come sei entrata in contatto con loro la prima volta?
Durante il mio primo viaggio in Borneo sono rimasta affascinata da questi incredibili primati. Di ritorno in Italia mi sono subito informata prendendo contatti con il centro primatologico di Roma e anche controllando in rete chi si occupasse della loro salvaguardia, in Italia o all’estero. Incredibilmente questi animali semi sconosciuti non facevano parte di programmi di ricerca o di protezione. Sono subito partita con il mio progetto per la raccolta di firme di solidarietà direttamente da un sito internet. Da allora i contatti si sono accresciuti e il sito è diventato il principale punto di contatto per scienziati, addetti ai lavori e simpatizzanti.
Il tuo sito in effetti gode di vasta popolarità e anche Google (pagina internazionale) lo piazza al primo posto. Che obiettivi ti sei posta e come precede il lavoro?
Stiamo progettando un restyling del sito e abbiamo in mente un’iniziativa per “viralizzarlo” oltre i motori di ricerca. Il nostro principale obiettivo è di utilizzare il web per dare notorietà a questo animale, quindi nel 2009 seguiranno iniziative anche su Facebook e altri social network. Vorremmo raccogliere fondi sufficienti per fare guadagnare spazio alle nasiche anche sugli altri media. Solo così si potrà innescare quell’interesse da parte delle aziende o di investitori privati senza il quale non sarebbe possibile realizzare azioni significative in Borneo.
Tu hai contatti a Kota Kinabalu (la capitale dello stato malese del Sabah), come collaborate?
Con il gruppo di KK per ora collaboriamo a livello di ecoturismo, con la completa disponibilità a fornire informazioni sui costi per l’eventuale creazione di una riserva privata. Ci auguriamo che questo presidio in loco possa essere ampliato, sempre grazie a fondi e possibilmente investitori illuminati.
C’è la possibilità di investire nella salvaguardia delle nasiche in modo serio? Cosa si potrebbe fare in concreto dall’Europa
In Europa
Mi dicevi che invece che ci sono resort e centri salvataggio fasulli lungo il fiume Kinabatangan. Da chi sono gestiti?
Al momento attuale non esistono veri territori protetti lungo il Kinabatangan, uno degli ultimi luoghi dove possono vivere le nasiche. Ricordiamo infatti che questi animali non sopravvivono negli zoo, in particolare occidentali. Come mai? Il loro delicatissimo sistema digestivo consente loro di nutrirsi solo di semi e foglie presenti nel Borneo. Molti esemplari rinchiusi si sono comunque lasciati morire d’inedia. C’è poi il centro per la protezione di Labuk Bay, ma in realtà è un resort gestito da cinesi che mostrano a turisti curiosi sparute nasiche ormai allo stato semi selvaggio. Un rapporto troppo ravvicinato con l’uomo si rivela deleterio per l’animale, che impara accattonaggio e dipendenza.
Ma i turisti sono davvero interessati? Io inizio a essere scettico. Quando mi trovavo nel parco nazionale a Bako, della trentina di persone che in quel momento stavano visitando l’area protetta, appena una decina hanno atteso il tramonto con me tra le mangrovie sul mare per vedere scendere le nasiche dalla collina, ed era lo spettacolo più straordinario di quel posto. Gli altri avevano paura che il cibo alla mensa finisse (sigh!)…
Una delle ragioni per cui i turisti non hanno atteso per un incontro ravvicinato con questo insolito primate potrebbe essere appunto che non avevano ben presente di che animale si trattasse. Come ho sempre sostenuto, ci sono animali presentati e resi noti dai media, da marketing e pubblicità, come i delfini, le balene, gli squali che ben pochi rinuncerebbero a vedere avendone l’opportunità. E grazie a questo si sono creati un margine in più di attenzionalità sul loro destino. Le proboscis se scompariranno verranno rimpiante solo dai pochi che conoscono la loro esistenza. Se ne andranno per sempre in un assordante silenzio. Perché questo non accada, occorre giocare la carta della popolarità, l’unica che veramente possa funzionare.
Poi ci sono le solite minacce che arrivano dallo sviluppo. Mi pare che ci siano delle proteste in corso contro la costruzione di una centrale a carbone a Sandakan con tanto di sito web. Tutto il mondo è paese insomma. Io ho viaggiato più che altro nel Sarawak, ma la situazione non è molto diversa, e di nasiche ne restano pochissime anche lì. Del Borneo indonesiano (il Kalimantan) sai qualcosa?
Non sono molto al corrente della situazione in Kalimantan, certo sapevo che l’Indonesia si trovava in condizioni economiche molto sfavorevoli, e le nasiche continuano, credo, a essere cacciate per essere mangiate dalle popolazioni locali. A questo proposito ho ricevuto l’anno scorso una e.mail che segnalava che anche in Sabah la popolazione non musulmana cacciava le scimmie per mangiarle. Per mancanza di fondi non ho potuto sviluppare un progetto in loco per sensibilizzare la popolazione locale sconsigliando il consumo di carne di nasica. Pensavo di far stampare cartelli da posizionare in vari punti, dalle zone di mangrovie ai villaggi. I fondi servono anche per questo.
Grazie Kristina, e speriamo di aver accresciuto almeno un po’ la popolarità di queste che sono certamente le più curiose tra le grandi scimmie.
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