di Giovanni Muratore –
Molte persone dicono che andare in Marocco è come qualcosa che si attacca alla pelle e non va più via, un po’ come la ragnatela di Spiderman. E allora mi sono detto che bisognava toccare con mano: direzione Marrakech! Anche se non è la capitale del Marocco, è di certo il suo cuore pulsante e la sua immagine più fedele. Quando siamo scesi dall’aereo, ai primi di febbraio, ho sentito subito il calore del sole e l’abbraccio del tempo millenario. Marrakech è una città incantevole: girovagare tra le strade della vecchia Medina è come perdersi nel tempo, avvolti dai profumi di ambra, dalle spire fumanti di tè alla menta e dalle litanie del muezzin, che puntuale chiama i fedeli alla preghiera cinque volte al giorno.
Per visitare Marrakech ci siamo affidati alle sapienti cure di un’agenzia, Tour-Marocco.com, e alle indicazioni di due guide, Moustapha e Sadik, che ci hanno accompagnato in quest’avventura durata pochi giorni. Sadik parla italiano molto bene e prima di parlare riflette e medita. Conosce la città vecchia come le sue tasche e non si sorprende se i turisti si perdono nel grande labirinto del mercato. Chi entra nel Souk, automaticamente ne accetta codici e rituali: se vi fermate in un punto del bazar sarete accolti su comodi cuscini, vi offriranno del buon tè alla menta e osserverete tutti i pezzi che il venditore esporrà con orgoglio. Alla fine, dopo 3 o 4 tazze, un paio di biscotti e soprattutto tante ma tante parole e mille calcoli complessi fra euro, dollari e dinari per contrattare sul prezzo, cederete e comprete quel che forse non volevate, ma è un così buon affare. . .
Non saprete mai se avete comprato perché ne valeva davvero la pena oppure perché vi hanno stancato del tutto e non avete potuto oppore resistenza.
Marrakech non è solo souk, bazar e mercati. Nelle stradine della città vecchia si nasconde un grande tesoro: la Medersa di Ali Ben Youssef, una scuola coranica fondata nel 1300 che per secoli ha ospitato migliaia di giovani tra le sue eleganti mura e le sue splendide decorazioni. Ancora oggi, dietro la guida colta di Sadik, abbiamo immaginato l’importanza e la solennità di questo luogo e abbiamo ammirato la magnificenza delle cupole decorate, dei balconi traforati, delle pareti rivestite di rombi sfavillanti e marmi color avorio. Nelle stanzette che ospitavano quattro studenti alla volta si respira un’aria seria e composta e si sente che quella era una casa della Conoscenza.
Salendo e scendendo le scale dell’edificio abbiamo incontrato gente da ogni dove; ho chiesto alla guida come mai tanto turismo tutto l’anno viene a visitare il Marocco e lui mi ha risposto che, fortunatamente, questa risorsa così pulita e allegra non fa rimpiangere le ricchezze derivanti dai pozzi di petrolio!
La visita continua con l’opulenza dei Palazzi gestiti dai sultani, la gravità delle Tombe dei Saaditi e infine la grande piazza che ospita il minareto della Moschea Koutoubia. E’ il faro di Marrakech, da scrutare da lontano quando ci si perde tra i vicoli della Medina; con le sue dimensioni e i suoi colori è un’opera architettonica di grande interesse storico.
D’interesse più storico e naturalistico, invece, il Jardin Majorelle, fortemente voluto dal pittore francese Jacques Majorelle, che fino al 1962, anno della sua morte, ha portato in questo magnifico angolo di vegetazione piante esotiche e specie rare da ogni parte del mondo. Pierre Bergé e Yves saint Laurent hanno rilevato il giardino nel 1980 e l’hanno trasformato in un memoriale da re, dedicato all’arte, alla moda, alla bellezza e naturalmente alla cultura del Marocco. All’interno il giardino ospita un importante museo, ricco di testimonanze, monili e costumi tipici della cultura berbera.
Ma il viaggio più affascinante che si possa fare a Marrakech è legato alla scoperta della piazza Djemaa el-Fna. Di giorno è un’accozzaglia di misere bancarelle, un comune mercatino rionale, diviso tra spremute di arance e melograni. Ma poco prima del tramonto ecco la metamorfosi: come un cambio di pelle quotidiano e necessario – usando le stesse bancarelle, che si trasformano in tavoli, panche e cucine improvvisate – la piazza lentamente prende vita e diventa il simbolo di questa città magica. Couscus, riso, carne e pesce alla brace per tutti i gusti, incantatori di serpenti, venditori d’acqua e artigiani del ferro e della terracotta, artiste dell’henne con i loro disegni e tatuaggi, cantastorie e teatranti apparsi all’improvviso: tutti qui riuniti, in uno spettacolo che va in scena ogni sera fino a tarda notte, in una cornice di colori e profumi che si imprime nella memoria come un marchio indelebile.
Per saperne di più: info@tour-marocco.com
Maggio 2016
Giovanni Muratore
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