Trascorrere una vacanza nelle isole Maldive è senza dubbio uno dei sogni più frequenti di tante persone. Per molti anni non nascondo è stato anche il mio e…volere del destino, mi trovo sotto agli occhi un’eccezionale offerta di solo volo per Malé,capitale del suddetto stato. Il problema però è trovare un tour operator che mi venda solo il servizio a terra, e ciò non è per niente facile. Infatti queste isole vengono sempre proposte in “pacchetti vacanza”, comprensivi di volo+soggiorno. Mi metto quindi alla ricerca, scartabellando tra varie riviste di viaggio e su internet,finché non trovo quello che cerco. Ora non mi resta che prenotare e partire! Infatti due mesi dopo spicco il volo, con il mio fidanzato, per questo paradiso terrestre. Dopo sole nove ore di volo mi trovo catapultata in un mondo che prima neppure immaginavo esistesse; dal finestrino dell’aereo inizio ad intravedere una moltitudine di atolli bianchissimi circondati da una trasparente barriera corallina. Poi in mezzo a questi,uno con una lunga striscia di cemento nel mezzo,che solo pochi minuti dopo mi rendo conto essere la pista dove il mio aereo dovrà atterrare. Non nascondo che provo una forte tensione ed una domanda mi sorge spontanea: “e se l’aereo non frenasse in tempo?”… ma un attimo dopo sono all’imbarco degli aliscafi che conducono alle varie isole. La mia destinazione è Bandos Island nell’atollo di Malé nord, a circa mezz’ora di navigazione da qui. La barca ci fa attendere per più di un’ora e subito mi rendo conto di come il ritmo di vita di queste persone sia più rallentato e più tranquillo del nostro.
All’arrivo sull’isola veniamo sbarcati sul pontile di attracco e immediatamente ci sentiamo in vacanza:ad accoglierci vi è infatti un aperitivo tropicale ed un asciugamanino profumato per rinfrescarsi dal lungo viaggio. Dopo una descrizione sulla vita del villaggio e sulle strutture presenti, ci sistemiamo nel nostro bungalow.La stanchezza mi assale ma il desiderio di sole e mare ha il sopravvento e,ancora prima di sfare i bagagli, sono già in costume pronta per un bagno in questo mare paradisiaco. Neanche quindici passi che sono in acqua; la sensazione che provo è fantastica: la temperatura interna è praticamente uguale a quella esterna e la limpidezza del mare è assoluta, tanto da dimenticarsi di esservi dentro.Ma l’aspetto senza dubbio più spettacolare di questi atolli è la vita sottomarina: già in mezzo metro d’acqua mi accuccio con la maschera e mi ritrovo in un vero e proprio acquario coloratissimo. Il modo migliore per godere di questo scenario è fare immersioni subacquee ma, anche se fornita di brevetto sub, mi diletto nello snorkelling che,vista la limpidezza e la ricchezza sottomarina, offre le stesse sensazioni dell’immersione. E’ indescrivibile ciò che si prova a dare da mangiare a sgargianti pesci pappagallo, oppure a nuotare tra piccoli squali grigi, tanto da dimenticare il pericolo che si può correre tra questi, perché è come se anche tu facessi parte di loro. Ma tralasciamo per un attimo l’aspetto marino per parlare un pò dell’isola. Cosa dire in merito? Bandos è un atollo circolare di circa quattro kmq, tranquillamente visitabile a piedi in quindici minuti. Lungo tutto il suo perimetro si sviluppa il villaggio: una serie di bungalow in successione fanno il giro dell’isola, ognuno dotato di veranda e giardinetto privato; solo una decina di metri di palmeto e spiaggia bianca li separano dal mare. La spiaggia circostante l’atollo è attrezzata di lettini sdraio che noi posizioniamo dentro l’acqua, trascorrendovi giornate intere. L’alternativa è quella di riposarsi sotto le palme,oppure andare al circolo sportivo del villaggio che propone diverse attività ed è dotato anche di centro benessere, con tanto di massaggiatrici qualificate. All’interno dell’isola, e quindi del villaggio, vi è la parte riservata ai dipendenti del villaggio, i quali vivono in piccole stanzette con diversi letti ciascuna ed hanno anche un loro circolo dove, finito il lavoro amano riunirsi e organizzare feste con danzatrici locali.
Per chi non ama trascorrere la giornata in spiaggia o comunque nel villaggio, vengono organizzate gite in barca per visitare isole deserte o abitate dai locali. Un’escursione da non perdere è appunto quella che organizza il villaggio settimanalmente e prevede diverse tappe; la prima all’isola dei pescatori Hura: qui, dopo aver assistito ad un’esercitazione militare, visitiamo la scuola, la moschea, il cimitero e le umili abitazioni dei locali, dove non mancano mai tranci di tonno appesi fuori ad essicare.Poi una breve sosta ai piccoli negozietti di souvenirs: parei colorati, oggetti in cocco, spezie e profumate candele sono pronti ad essere acquistati da noi visitatori. Ma è ora di pranzo e la sorpresa che ci aspetta è davvero unica. Infatti un servizio di camerieri ci attende all’isolotto deserto di Kuda Bandos dove è stato organizzato un ricco buffet tutto per noi e poi……tutta l’isola a nostra disposizione,proprio stile Robinson Crusoe! L’ultima tappa del nostro giro in barca è la favolosa Paradise Island, che come dice il nome stesso è un vero e proprio paradiso.Qui ci abbandoniamo nelle acque cristalline fino a sera,quando la barca ci riporta al villaggio. La vita notturna è pressoché assente, infatti l’unica vera attrazione del posto è andare a dare da mangiare ai pesci, i quali sembrano ormai saperlo,perché al calar del sole si radunano a centinaia sotto al pontile in attesa dei resti della nostra cena. Ma nessuno sembra rimpiangere le rumorose serate cittadine e tutto ciò sembra bastare ai vacanzieri del villaggio, pienamente appagati dall’ambiente circostante. Se abbiamo nostalgia della vita caotica possiamo sempre fare un giro in barca fino all’atollo di Malé sede dell’omonima capitale. E’ questa l’unica isola dove hanno accesso mezzi di locomozione e dove il cemento è riuscito a realizzare anche qualche grattacielo; per altro non c’è molto da visitare, tolto il mercato di frutta e verdura quello del pesce, la moschea ed il porto, dove tonni giganteschi vengono continuamente sbarcati dai dhoni(tipiche barche locali)dei pescatori, per essere venduti o inscatolati. La mia vacanza è ormai giunta al termine e l’unica notizia che ci giunge, dopo una settimana di isolamento dal mondo “civilizzato”, è quella di una forte ondata di neve e gelo che ha avvolto l’Italia in questi giorni. Ciò contribuisce ad aumentare la mia tristezza e la mia voglia di rimanere in questo paradiso dimenticato da televisione, telefono e mezzi di trasporto, dove il solo rumore è quello delle onde che si infrangono contro la barriera corallina o delle palme mosse dal vento. Una natura a 360 gradi, della quale entri subito a fare parte e dove sarei rimasta per chissà quanto tempo ancora, lontana dalle grigie giornate invernali dove la nostalgia di sole e mare mi assale e il desiderio di lasciarmi alle spalle il freddo dell’inverno è fortissimo. Questo è il posto ideale per farlo…questo forse è il paradiso!!!
……interminati spazi, sovrumani silenzi e profondissima quiete… forse quando Leopardi scrisse l’infinito era proprio al Canada che stava pensando, perché queste sono esattamente le sensazioni che provai quando, qualche anno fa, “assaggiai” questo vasto paese.
Un assaggio dico, perché vi rimasi per soli tre giorni, in un’escursione alle cascate del niagara, con partenza da New York.Ma mi promisi di tornare per restare più a lungo e poter visitare un’intera regione.
…….sono a casa seduta sul mio divano a fare zapping finché non mi imbatto in un documentario riguardante una delle zone più belle del Canada,il Quebec. Da quel momento inizio ad organizzare il mio primo viaggio “fai da te”, raccogliendo informazioni sui punti di maggiore interesse di questo paese. I mesi migliori per visitare il Canada equivalgono alla nostra estate quando la temperatura é gradevolmente mite e la natura é nella sua massima espressione. Ed é proprio nel mese di luglio che, assieme a mio papà, raggiungo questa meta con un volo diretto che collega Londra a Montrèal, capitale del Quebec. All’arrivo in aereoporto ritiro la macchina a noleggio prenotata precedentemente e, a bordo di una crysler, inizia la mia avventura! La prima tappa é appunto la città di Montrèal, dove pernottiamo per due notti in un fantastico hotel che si affaccia su place des arts: hotel Wyndham Montrèal.
E’ questo un punto strategico, perchè in questo periodo si svolge proprio nella suddetta piazza il festival del jazz, manifestazione che attrae un gran numero di artisti in campo mondiale , ed un altrettanto numero di spettatori.Le finestre della nostra camera di albergo fanno da tribuna su quello che è uno stracolmo teatro di compositori, cantanti e ballerini.La città di Montrèal è una grande metropoli situata alla foce del fiume San Lorenzo, dal quale trae anche la principale fonte di ricchezza, perchè la mette in comunicazione con i paesi più industrializzati degli stati uniti settentrionali.La popolazione è prevalentemente di origine francese, ma in realtà si risente molto della vicina America e la lingua più diffusa è l’inglese.La nostra visita inizia dalla zona del vecchio porto e più precisamente da place Cartier che pullula di piccoli ristorantini, bancarelle di fiori, mimi, musicisti e giocolieri che accompagnano i turisti nella passeggiata fino al centro città dove sorgono imponenti centri commerciali e moderni grattacieli. Dal vecchio porto due ponti collegano la città all’isola S. Helenè e all’isola Notredame, che ospitano rispettivamente la biosfera-costruzione circolare interamente dedicata all’acqua-ed il parco J.Drapeau la prima, il casino ed il circuito di formula uno la seconda.Alle spalle della città sorge la collina di Mont Royal, occupata dall’omonimo parco e da un belvedere dal quale si gode di una fantastica vista sulla città e sul San Lorenzo.Un’altra importante visita merita poi il parco olimpico, costruito per le olimpiadi del’76, ed accanto ad esso il giardino botanico, dove sono esposte serre che riproducono i vari climi del mondo.Ma la gita certamente più caratteristica è quella alla riserva di indiani irochesi Kahnawake,situata a sud della città e dimora di giovani discendenti indiani;qui vi è un piccolo parco per bambini immerso nel verde dove sono riprodotte esattamente le abitazioni indiane di un tempo.
Trascorsi tre giorni mi dirigo verso la seconda tappa del mio viaggio: Quebec city. Due sono le strade che posso percorrere per giungervi, quella a nord e quella a sud del fiume San Lorenzo: scelgo la prima perchè mi viene consigliata come la più interessante paesaggisticamente.In Canada le autostrade sono vaste ed il controllo elettronico della velocità è frequente: bisogna quindi fare attenzione al limite perchè è facile superarlo, visto che il traffico da queste parti è pressochè assente.Come facile è anche perdersi dato che le indicazioni stradali sono numeriche ed alla minima distrazione ci si indirizza nella direzione opposta. Abbandonatii grattacieli di Montrèal si inizia a respirare un’atmosfera nuova e ci si trova immersi in una natura rigogliosa che è ovunque intorno a noi. E poi un susseguirsi di paesini: piccole casette in legno e pietra, chiesette con campanili dai tetti spioventi, fino a giungere a Trois Rivierès, primo e unico paese di rilevante importanza:da qui si può infatti attraversare il San Lorenzo percorrendo l’unico ponte tra Montrèal e Quebec e si può anche raggiungere Cap de la Madeleine,meta di molti viaggiatori.Ma eccoci giunti a Quebec: qui tutto ci ricorda la Francia ed il motto “je me suviens” appare ovunque. Dopo esserci sistemati all’Holiday Inn Select e parcheggiato la nostra vettura, usciamo alla scoperta della città.Il centro storico, detto il vieux quebéc, è formato dalla alta città e dalla bassa città;la prima circondata dalle mura è senza dubbio la più affascinante e l’influsso architettonico francese raggiunge la sua massima espressione nel Chateau Frontenac, maestoso castello adibito ad hotel e divenuto simbolo della città. Esso è sito in place d’armes,dalla quale parte un lungo camminamento in legno, la terrasse Dufferin, che si affaccia per tutta la sua estensione sul fiume. La passeggiata conduce fino alla Citadelle, sede dell’esercito canadese, dove assistiamo ad un caratteristico cambio della guardia.Fuori dalle mura, ai piedi della cittadella troviamo il museo del Quebec dove espongono artisti del posto.La parte alta è collegata alla bassa da una funicolare che porta in rue Petit Champlin, a mio avviso la via con negozi e ristoranti più caratteristici della città. Non lontano da qui sorge il Vieux Port, dal quale partono battelli che effettuano escursioni all’isola di Orléans e alle cascate di Montmorency.Trascorro a Quebèc tre piacevolissime giornate, tanto quanto basta per rendersi conto di come qui la vita scorra più lentamente e piacevolmente rispetto alla frenetica Montrèal. Ci rimettiamo quindi in cammino verso nord, sempre costeggiando il San Lorenzo fino a giungere a Baie S. Caterine, piccolo paesino all’ingresso del fiordo Saguenay.Da qui prendiamo il ferry boat che in quindici minuti ci scende sull’altra sponda, nella cittadina di Tadoussac.Non a caso pernottiamo qui per una notte,all’hotel George,giusto il tempo necessario ad effettuare un’escursione in battello, alla scoperta delle balene.Inutile è descrivere la sensazione che ho provato quando, anticipata da un breve soffio, ho visto uscire maestosamente dall’acqua una gigantesca balena. Poco dopo un’altra, e un’altra ancora: ci troviamo nel bel mezzo del fiume, habitat naturale per balene e delfini beluga che, dall’oceano atlantico si spingono fino a qui in cerca di cibo, e vi restano visto le favorevoli condizioni che vi trovano.Dopo quest’eccitante escursione di tre ore ripartiamo verso l’ultima tappa del nostro viaggio.Ripercorrendo la stessa strada dell’andata in direzione opposta, imbocchiamo ad un certo punto una via molto stretta e in salita;dopo circa un’ora di tragitto raggiungiamoil piccolo paesino di Saint Alexis de Monts.E’questo l’ultimo centro abitato che incontriamo:infatti da qui ha inizio uno sterrato di qualche chilometro immerso nella foresta, che termina proprio con un lago, la cui bellezza mi lascia senza fiato , e solo quando il mio sguardo si abitua a tutto ciò mi rendo conto di essere arrivata al lago Sacacomie.Qui, nel cuore della natura più selvaggia, sorge lo chalet “la maison du lac”, dove trascorrerò l’ultima notte.L’hotel emerge da una foresta di abeti, che sono serviti a costruirlo;infatti la sua struttura è completamente in legno, l’arredamento è semplice e nella grande hall c’è un camino sempre acceso. Alle pareti troviamo appesi gli innumerevoli trofei di caccia e l’impronta della cultura indiana é presente ovunque.Le camere hanno tutte vista sul lago, così come la grande terrazza che ospita ristorante e sala per la colazione.Il paesaggio é suggestivo in maniera sconcertante. Dalle stanze parte un lungo sentiero in legno che, attraverso la foresta, conduce al sottostante lago, abitato da numerose paperette. Non vi sono grandi attività qui all’hotel, ma solo ore di piacevole riposo e sconfinato silenzio.Qualcuno si concede un bagno,qualcun’altro un giro in canoa o una passeggiata nel verde, ed i più arditi si lanciano nell’esperienza in idrovolante.Inutile dire che io sono fra quest’ultimi.Infatti all’indomani mattina ho appuntamento giù al pontile con il pilota, nonché proprietario dell’hotel, per un lungo giro sul cessna 185, alla ricerca di un orso nero che abita nella foresta.La meraviglia che provo guardando attraverso i finestrini del velivolo é tanto forte da sovrastare il sentimento di paura che mi affligge.L’hotel appare ai miei occhi circondato da un fitto bosco da una parte e dal lago dall’altra:non ho mai visto niente di tanto rilassante e spettacolare ed il pensiero di essere a soli trenta minuti di idrovolante dalla caotica Montrèal mi pare impossibile.La pace regna sovrana e le acque del lago fanno da specchio alle migliaia di abeti presenti qua e la, quasi a formare delle piccole isolette.Ma dell’orso nessuna traccia.Poco male perché l’esaltazione del momento me ne aveva fatto dimenticare.Un ultimo giro e poi il pilota punta basso, infine plana sulle increspate acque del lago.Rimango agitata per il resto della mattinata fino all’ora del pranzo.Ma il relax é giunto al termine e, caricati i bagagli in macchina, si parte per l’aereoporto Dorval di Montrèal. Dopo neppure un’ora di tragitto il traffico della metropoli sembra fare male alle mie orecchie:é facile abituarsi all’incontrastato silenzio della natura infinita e non é altrettanto facile tornare alla vita di tutti i giorni, dopo un’esperienza simile.Ed é con un tramonto magnifico che lascio questo paese,ma…questa é stata soltanto la parentesi di un breve viaggio da custodire per sempre nei miei ricordi.
Tutto è iniziato nel settembre ’99,quando sono andata con i miei genitori al palazzo grassi di Venezia in visita alla mostra della civiltà maya. E’ inutile dire che sono rimasta affascinata, da questa civiltà che ha radici antichissime e che è così differente dalla nostra.Da quel momento non ho fatto altro che desiderare visitare i luoghi dove quest’ultima si è sviluppata ed è tutt’ora presente e viva.
…E’ il mio 20° compleanno e… cosa c’è di meglio che un viaggio-regalo? Infatti il 30 gennaio 2000 parto, insieme a mio padre, proprio per il Messico, più precisamente per lo stato dello Yucatan. Scelgo un viaggio organizzato,innanzitutto per visitare in poco tempo maggiori cose possibili, secondariamente perché, come si sa, qui la viabilità non è delle migliori e gli spostamenti sono limitati. Dopo tre giorni trascorsi nel lusso sfrenato di Miami beach (prima tappa del mio viaggio), atterro al piccolo aeroporto di Merida, capitale dello Yucatan e base di partenza del minitour ai siti archeologici.
La prima sensazione che provo, a parte quella di un caldo soffocante, è di una forte curiosità,sopratutto ora che mi trovo proprio lì da dove ebbe inizio la suddetta civiltà. Purtroppo però è sera e devo attendere fino all’indomani!
1a tappa
Percorrendo l’unica strada asfaltata passo attraverso vere e proprie foreste fino a giungere al sito archeologico di Chichén Itza. E’ questo il centro maya più importante: contiene infatti 25 edifici suddivisi in due zone da una strada trasversale, comprese tra il cenote dei sacrifici ed il cenote di xtoloc.
Nel cenote, che significa pozzo, furono rinvenuti, assieme ad oggetti votivi,scheletri di uomini e bambini vittime del dio delle pioggia Chac. Nell’area nord troviamo il Castillo o tempio del Kukulcan, una grande piramide formata da 364 gradini che io personalmente mi sono divertita a salire e scendere per ben due volte.
Di quassù si gode di una fantastica vista sul resto della zona archeologica, ed in particolar modo su una grande costruzione a forma di chiocciola: l’osservatorio astronomico, seguito più a sud dall’ edificio delle monache.
A nord del castillo invece si trova il grande campo per la pelota con importanti rilievi raffiguranti anche la decapitazione del vincitore, come spesso accadeva a fine partita.
Dopo pranzo, terminata l’escursione, torniamo a Merida dove possiamo trascorrere il resto della giornata facendo piacevoli passeggiate in calesse per le calle della città oppure visitando il museo archeologico. Ma la cosa certamente più interessante è il mercato, dove si respira la vera vita cittadina:una moltitudine di oggetti in sisal, amache,stuoie e canestri coloratissimi fanno da cornice ai numerosi banchi di frutta e verdura. Ed è così che si conclude la mia prima giornata di escursione.
2a tappa
Dopo un’abbondante colazione si parte alla volta di Uxmal, dove tutti gli edifici sono realizzati in un materiale rosato.
Fra tutti spicca la piramide dell’indovino,altissima costruzione con vista sul quadrilatero delle monache, così chiamato perché gli spagnoli lo scambiarono per un convento destinato alle vergini del tempio. Terminata la visita proseguiamo per Kabah, distante 23 km, per visitare il palazzo delle maschere, raffigurante il dio della pioggia Chac in ben 250 mascheroni.
Sulla via del ritorno sostiamo in un’azienda di artigianato locale dove possiamo scendere per contrattare i prezzi di vari oggetti realizzati dalla comunità maya.
Ripartiamo poi per Merida passando attraverso un vero e proprio villaggio maya: qui il tempo sembra essersi fermato e per loro la parola tecnologia non esiste,ma nonostante tutto sembrano ben contenti di ancorarsi ad usi e costumi antichissimi.
Ormai è sera e rientriamo in hotel.
3a tappa
La giornata di oggi è dedicata ad un’escursione in una località affacciata sul golfo del Messico: Celestun. Qui affittiamo una barca che ci porta alla scoperta di cuccioli di coccodrillo che vivono in una laguna limitrofa. Ma ciò che dobbiamo ancora scoprire è che questo luogo è dimora di migliaia di fenicotteri rosa, che spiccano il volo al nostro passaggio.
Terminato il giro in barca ci rilassiamo nella piacevole spiaggia del paesino successivo dove, dopo un bagno rinfrescante, ci aspetta un ottimo pranzo a base di aragosta appena pescata. Nel pomeriggio rientriamo a Merida e, visto che questa è l’ultima sera, dopo cena non si può mancare all’appuntamento con Pancho’s, il locale più famoso del posto, dove si ascolta musica locale e si sorseggia il caffè maya, assistendone alla preparazione.
Dopo un paio di piacevoli ore torniamo in albergo, facendo una passeggiata in mezzo alle viuzze della città, e ciò che mi colpisce è come che, anche di sera, questa sia tranquilla, contrariamente a quanto dicano. Arrivata in hotel corro a letto perché la giornata di domani sarà l’ultima ed anche la più intensa.
4a tappa
Sono ormai giunta alla fine del viaggio e non mi resta che visitare il sito da me considerato il più spettacolare: Tulum.
E’ questo infatti l’unico sito archeologico fortificato che si affaccia sul mare caraibico ed è circondato da possenti mura interrotte da cinque aperture. Vi si accede tramite un trenino e si giunge in un grande piazzale attrezzato di bar, ristorantini e coloratissime bancarelle di souvenirs.Qui ci accolgono un gruppo di discendenti maya che, in abiti tradizionali, ci fanno assistere al rito del dio sole che consiste in una danza circolare accompagnata da canti tipici, con la particolarità che si svolge in aria ed i partecipanti sono legati con “maxi bretelle” ad un lungo tubo d’acciaio che parte da terra e gira su se stesso. Finita la danza ci addentriamo nella foresta ed iniziamo ad intravedere una grossa costruzione in pietra:il Castillo, così chiamato per la sua mole imponente sita sul ciglio della costa rocciosa.Al di là di questo un’incantevole vista sul mare dei Caraibi e sulla barriera corallina. Più all’interno troviamo il tempio degli affreschi dove sono ancora conservate pitture murali di un blu verdastro.Prima di ripartire ci rilassiamo nell’adiacente spiaggia bianchissima, dove non ci priviamo di un bagno rinfrescante nelle trasparenti acque tropicali.
Ma purtroppo bisogna andare perché c’è un aereo che ci aspetta all’aereoporto di Cancun, diretto in Italia.
Durante il viaggio veniamo avvisati via radio di un ritardo di sette ore sul nostro volo;in un primo momento rimango male per la lunghissima attesa che mi aspetta,sopratutto perché sono già le 19.30 di sera. Ma vengo ripagata in splendida maniera perché l’attesa non sarà in aeroporto ma bensì come ospite in un fantastico villaggio a Playa del Carmen, dove ci viene offerto un ricco buffet,accompagnato da una serie di spettacoli in abiti locali. Il tempo vola e…in un batter d’occhio mi ritrovo sull’aereo che mi riporta a casa.
Le mie impressioni? Il Messico è un paese eccezionale dove antiche civiltà e natura rigogliosa si intrecciano e fanno di esso un luogo misterioso tutto da scoprire.Per non dire poi della gente del posto:povera ma felice,ed accogliente come mai mi era capitato di incontrare!!!
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