di Monica Palazzi –
Sono esattamente 150 anni questo mese che Alessandro Manzoni è morto.
E chi non si ricorda dei suoi “I Promessi Sposi”? E allora perché non fare un viaggio tra cultura e natura nelle terre natie del Manzoni?
Vale a dire la Lombardia e, esattamente, il Lago di Lecco dato che fu proprio in questi posti che fu ambientato, nel Seicento, quest’ora che è considerata la più significativa del Romanticismo italiano.
“Quel ramo del lago di Como ….” ossia il Lago di Lecco che è una città che attualmente conta poco più di 46.000 abitanti che è dominata da una parte dalle Grigne e dall’altra dal Resegone.
A Lecco a ricordare il grande scrittore ci sono sia una piazza che porta il suo nome sia un monumento che lo ricorda.
Il modo, almeno secondo me, migliore per visitare i luoghi manzoniani è in bicicletta.
Inizio la mia gita da Villa Manzoni che ora è un Monumento Nazionale risale al XVIII secolo e si trova nel rione Caleotto.
Qui Alessandro passò la gioventù ed è proprio tra queste mura, tra le montagne e il fiume Adda, che prese forma la storia di Renzo (in origine Fermo) e Lucia che avranno da tribolare per colpa di Don Rodrigo che si è invaghito della giovane ragazza.
La villa, in chiaro stile neoclassico, attualmente è la sede del Museo dedicato al Manzoni e al cui interno si possono trovare, tra gli altri, i ricordi della sua vita così come manoscritti e tanto altro ancora.
Per maggiori informazioni visitare il sito internet www.museilecco.org
Proseguo poi verso via Tonio e Gervaso che corrisponde praticamente alla strada in cui gli scagnozzi di Don Rodrigo ossia i cosiddetti Bravi avrebbero aspettato Don Abbondio per “convincerlo” a non sposare Lucia e Renzo e tutto questo stando alla storia sarebbe successo la sera del 7 novembre 1628.
Sempre in questa via si può ancora vedere la ricostruzione del Tabernacolo che fu menzionato sempre dal “Nostro” che è facilmente riconoscibile anche dal fatto che proprio a fianco c’è la famosa frase che si trova nel libro.
Vado oltre, questa volta in salita, e arrivo alla prima chiesa che ci ricorda don Abbondio vale a dire la Chiesa di San Giorgio Martire, rione Acquate, del 1232 e ampliata più volte in seguito e al cui interno è conservata una pala a olio del XVI secolo.
L’altra chiesa, sempre collegata a Don Abbondio, è quella dei Santi Vitale e Valerio che è diventata parrocchia dal 1614.
È facilmente riconoscibile grazie alla facciata in stile barocco ed è qui che il matrimonio tra Renzo e Lucia avrebbe avuto luogo.
Adesso mi dirigo alla casa di Lucia.
In realtà la dimora della nostra eroina potrebbe essere sia ad Acquate (via Lucia) sia a Olate (via Caldone).
Stando al testo potrebbe essere sia l’una sia l’altra dato che entrambe richiamano la semplice struttura lecchese dell’epoca ossa costruzione semplice a due piani con ballatoio, scale in legno e cortile.
La casa di via Lucia attualmente è un’osteria perciò ora è visitabile solo se si accede come avventori del locale mentre la seconda è una casa privata perciò non si può vedere che esteriormente.
La meta successiva è lo Zucco, a Olate, sulla cui cima si trova quella che dovrebbe essere il Palazzo di don Rodrigo.
Nel Seicento era della famiglia Arrigoni e possedeva le stesse identiche sembianze di quelle che descrive il Manzoni però nel 1937 fu acquistata dal figlio del fondatore della Guzzi (nda l’azienda di moto) che la demolì cambiando quasi del tutto la sua fisionomia.
Girando, girando sono arrivata al Ponte Vecchio del XIV secolo, ora è detto Ponte Azzone Visconti, e al tempo in cui è ambientato il libro tale ponte era fortificato con tanto di soldati.
Ora, invece, c’è una bellissima ciclopedonale che fiancheggia il bel lago di Garlate e andando verso sud arrivo al rione di Pescarenico che è l’esatto luogo dove i due promessi sposi e la madre di lei, Agnese, si trovarono con frate Cristofero per organizzare la fuga.
E arrivati a questo punto non si può non citare quello che si crede fosse il convento del buon frate cappuccino che sembra essere presso la Chiesa dei Santi Materno e Lucia che risale al XVI secol.
Si tratta di una località per lo più di pescatori tra vecchie case e le classiche imbarcazioni che prendono il nome proprio di Lucia.
Risalgo in sella alla mia bici e riprendo la ciclabile in direzione Vercurago e proprio in questo tratto si può godere di un magnifico panorama: lago, canneti, e tanto altro ancora.
Proseguo oltre la frazione di Somasca e arrivo alla Valletta ci vogliono solo pochi minuti, un sentiero guida alla Rocca, dove c’è quello che resta del Castello che doveva essere quello dell’Innominato.
Secondo la leggenda sembra che sia stata la residenza di Francesco Bernardino Visconti un ricco signore con un passato davvero discutibile seppur poi si sia convertito e pentito come, guarda caso, l’Innominato.
Della vecchia residenza sono rimasti le mura perimetrali, dei pezzi di torri e i bastioni difensivi.
Poco prima di arrivarci si trova sulla destra un Oratorio dedicato a Sant’Ambrogio e nel prato all’interno c’è una Croce, proprio quella Croce, dove il Manzoni fece dire a Lucia: “Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia”.
Proseguo per le mie ultime tappe del percorso Manzoniano vale a dire il rione Chiuso che si trova nella parte più a sud di Lecco, quasi al confine di Vercurago, e qui si trova sia la Chiesa di San Giovanni Battista del XV secolo con annessa Canonica sia la Casa del Sarto
La Casa del Sarto è la casa dove Lucia è ospitata e dove ritrova poi sua mamma dopo la prigionia. Tuttavia non è visitabile però è degno di nota in quanto è un interessante esempio di architettura rurale del Seicento con magnifico portale in pietra
La Chiesa di San Giovanni Battista è il posto dove il Cardinale Borromeo si incontrò con l’Innominato che qui si convertì e per quanto concerne la Canonica ora è un Museo dedicato al Beato Morazzone che fu curato del paese nonché amico del Manzoni e che fu menzionato in “Fermo e Lucia”.
Per avere maggiori informazioni su Lecco visitare il seguente sito internet www.comune.lecco.it