di Federica Castellani –
Per il nostro viaggio di nozze abbiamo evitato spiagge esotiche e crociere di lusso per concederci la meta dei nostri sogni: un tour nei luoghi più suggestivi dell’India del nord. Abbiamo prenotato il tour Moghul con Francorosso (l’idea di organizzare da soli la prima volta in India è stata scartata visto il poco tempo e la nostra inesperienza!), tour operator dimostratosi affidabilissimo e con ottimo rapporto qualità-prezzo. Siamo partiti da Malpensa il 10 settembre, volando iper coccolati con Qatar airlines, credo una delle migliori economy in circolazione, scalo nel lussuosissimo aereoporto di Doha (dove c’è un internet point gratuito!) e volo per Delhi. Arriviamo all’aeroporto di Delhi nel primo pomeriggio e ci uniamo agli altri italiani del nostro gruppo, con cui faremo il tour.Si è rivelato un gruppo variegato e molto interessante fatto di persone intelligenti (molto viaggiatori e poco turisti), con cui abbiamo legato anche grazie a Raj, la nostra ineguagliabile guida. L’impatto con la metropoli indiana (15.000.000 di abitanti, censiti…) è stato diverso dalle aspettative: non ci ha colpito la povertà e il degrado (sarebbero arrivate più avanti) ma il traffico più assurdo e sconclusionato mai visto, oltre ad un’incredibile confusione e d un inquinamento dalle proporzioni indescrivibili. Motociclette con tre o quattro persone, automobili, risciò, motorisciò (dei pittoreschi ape adibiti a taxi, su cui viaggiano anche sei-otto persone), camion, pullman, biciclette..il tutto senza una logica circolazione: chi suona il clacson più forte passa per primo, si supera appena c’è un varco (a destra o sinistra non importa!) e si parcheggia semplicemente dove si trova posto! La cosa incredibile è non aver mai visto un solo incidente ed inoltre nessun automobilista si ferma ad imprecare o si agita, qui non c’è fretta!!! La prima visita, al tramonto del primo giorno, ha dell’incredibile: il tempio sikh Bangla Saheb ci appare nella sua magnificenza di marmo bianco e cupole coperte d’oro, con una vasca di acqua miracolosa che dovrebbe curare le malattie della pelle. Arriviamo dal traffico senza senso di Delhi e subito percepiamo la profonda spiritualità di questo popolo. Ed è solo l’inizio…Dopo la visita andiamo in albergo per poi uscire a cena in un ristorante tipixo, ottimo, e iniziamo a familiarizzare con il resto del gruppo e con Raj. L’albergo di Delhi è immenso, il personale gentilissimo e le camere lussuosissime, peccato che dormiremo qui solo la prima notte.
Il giorno seguente finiamo la visita della città con il palazzi governativi, la tomba di Humayun (costruzione che ha ispirato il famoso Taj Mahal di Agra)e il Qutub Minar (un minareto alto 73 metri!) e proseguiamo verso Jaipur, nel mitico e pèittoresco Rajasthan, città che personalmente mi è rimasta nel cuore, grazie alla vivacità e all’antico splendore che si respira tra i suoi palazzi rosa. La nostra guida è proprio di Jaipur, perciò la visita della splendida città rosa è approfondita e fuori dagli schemi, addirittura ci fa fare un giro serale, prima di cena, dove possiamo assistere al culto di Krisna nel tempio, alle ultime contrattazioni del mercato e al tramonto mozzafiato sul forte Amber. Il giorno seguente, dopo una notte nell’albergo più bello del tour, saliamo al forte Amber a dorso di elefante: esperienza divertentissima e ottima per fare delle meravigliose foto panoramiche, anche se sicuramente un pò troppo turistica per i nostri gusti.
Il Rajasthan è ricco di palazzi costruiti intorno al 1600, perfettamente conservati, che rendono l’idea della magnificenza del periodo d’oro della dinastia Moghul. Visiotiamo la facciata del palazzo dei venti (hawal mahal) dove dimoravano le donne di maraja, al riparo dai..truci sguardi dei ricchi masulmani; il City Palace e il relativo museo, residenza della dinastia reale di Jaipur, che ha conservato i fasti e la ricchezza anche in epoca coloniale, mantenendo ottimi affari commerciali con gli inglesi, e l’osservatorio astronomico: posto che appare decisamente asettico e poco attraente, se non si pensa che le meridiane precise al secondo secondo e gli strumenti per il calcolo del tema astrologico di nascita sono state costruite all’inizia del 1700 da un re illuminato e appassionato di fenomenologia celeste! Altra notte a Jaipur, tra specchi, ottoni e musici e partenza per Agra.
Eccoci, dopo qualche ora di pullman piuttosto pesante nella mitica città del Taj Mahal. Agra si rivela poverissima e caotica, qui vediamo la miseria profonda in cui versa la popolazione: bambini sporchissimi che chiedono una rupia, sporcizia di ogni genere per strada, venditori insistenti e molti malati soprattutto nella stazione da cui prenderemo il treno per Orcha. Il Taj Mahal però si merita totalmente il titolo di meraviglia del mondo. E’ un trionfo di marmo bianco, emana una serenità ed un’armonia senza tempo. Il luogo è invaso dai turisti ma riesce ad imperare una tranquillità magica…lascia letteralmente senza fiato! Costruito dal re Akbar per commemorare la morte della moglie è considerato il monumento simbolo dell’amore senza tempo, e passeggiando tra il marmo e i giardini del Taj, mi sono intenerita pensando alla povera principessa Mumtaz, morta nel dare alla luce il quattordicesimo figlio. Ora riposa tra la luce del tramonto che filtra dalle mura marmoree di questo splendido mausoleo.
Il nostro tour prosegue con Orcha, zona di enorme fascino (ci sono templi indù risalenti al 1000 d.C.) e ancora poco battuta dal turismo: infatti alloggiamo in una residenza reale adibita ad albergo, caratteristica ma con polvere e macchie risalenti alla stessa epoca (è quanto di meglio si trova nella zona!). La serata passa tra risate e wiskey indiano, giusto per non pensare alla sporcizia e agli insetti di questo albergo!Tuttavia il villaggio è piacevole, giriamo da soli prima di cena, le persone e i negozianti sono tranquilli ed ospitali.
La zona di Orcha è ricca di acqua (scorre il fiume Yamuna)e l’agricoltura è fiorente perciò la popolazione, tutti contadini e allevatori, è tuttosommato ricca, possiedono case in muratura e non vive per strada come ad Agra. Dopo pranzo partiamo per la prossima meta e finalmente, dopo 130 km di strada sterrata (quattro ore di viaggio) arriviamo a Kajuraho, il luogo dichiarato patrimonio mondiale dell’umanità che ospita i templi dedicati a Visnù, ricchi di raffigurazioni erotiche. L’induismo considera il sesso un mezzo di avvicinamento al divino (Kama), una forma completa di esperienza spirituale e noi, carichi di retaggi cattolici, abbiamo forse difficoltà a capirlo: gli indiani lo sanno, e puntano a vendere agli italiani ogni sorta di riproduzioni di posizioni erotiche indescrivibili! Tuttavia, tolto il lato…pecoreccio della visita, il complesso dei templi è di una bellezza incredibile, la lavorazione delle statue e le proporzioni delle costruzioni ci affascinano. La cultura millenaria e la grandezza di questo popolo ci prende sempre di più, corpo ed anima.
La meta conclusiva del nostro viaggio, a mio parere, nonostante le splendide città sinora visitate, rimarrà impressa per sempre nell’anima: dopo un volo interno di 35 minuti arriviamo a Varanasi (Benares) la città sacra dell’induismo, adagiata sul Gange. Tutto quello che è stato letto e sentito dire su Varanasi e sul Gange lascia spazio ad un fiume di emozioni, di sentimenti, di sensazioni… Non ci sono parole per descrivere quello che si prova visitando questa città… il traffico assurdo, la confusione, i mendicanti, i venditori… tutto improvvisamente sparisce nel più mistico silenzio appena il piede tocca il primo gradino dei ghat, le sponde a gradoni del Gange. Al tramonto prendiamo la barca per assistere alla puja Aarti, la preghiera fatta dai bramini per purificare l’acqua del Gange dai peccati raccolti durante la giornata. E’ qualcosa di indescrivibile, emozionante, forte dal punto di vista spirituale. Ci spingiamo fino al crematorio, che funziona 24 ore su 24: la vita e la morte sono compenetrate come qualcosa di estremamente naturale, e noi occidentali abbaimo difficoltà a capirlo. In realtà basta essere una tabula rasa, spogliarsi di ogni preconcetto e pensiero e lasciarsi penetrare dalla profondità di quello che appare, la mente e l’anima fanno il resto. All’alba seguente, sveglia alle 4.30, riprendiamo la barca e sul Gange ci rendiamo conto che regna un’atmosfera totalmente diversa rispetto al tramonto: i pellegrini si lavano, purificandosi, pregano, (qualcuno si lava i denti!), lasciano le offerte… finchè dal crematorio continua a uscire fumo e sull’acqua vediamo un fagottino bianco galleggiare: è il cadavere di un neonato che non viene cremato in quanto morto ancora puro: la nostra guida ci assicura che è tutto normale! E’ incredibile ma io, dalla barca, guardo quel fagotto galleggiare, poso la macchina e fotografica e sorrido…mi comunica un forte senso di pace, ora è tutto finito, gli dico, sei in pace, non ti reincarnerai mai più. Lasci questo mondo privo di ogni peccato. Non scorderò facilmente la vista di quel piccolo corpo che gallegiava verso la libertà dello spirito e la pace eterna.
Ecco che cosa ci ha lasciato l’India: la consapevolezza che la vita, nonostante il nostro affannarsi e la continua ricerca di qualcosa di più, scorre comunque, con le sue fasi, con le sue ingiustizie, con le sue divisioni. La grandezza dell’uomo sta nell’accettare il proprio karma, esserne consapevole e comportarsi adeguatamente. La semplicità indiana ci insegna che ciò che semini, un giorno raccoglierai.
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