di Andrea Veggetti –
“L’intensita’ della vita non si misura con il numero dei respiri ma in base ai luoghi e ai momenti che ci hanno fatto mancare il fiato.”
Finalmente Angkor ! Un luogo sognato da tempo, un luogo che mi ha fatto collezionare libri su libri, un luogo da vedere almeno una volta nella vita … eppure l’emozione della scoperta di un paese meraviglioso come la Cambogia, la fuga dall’assillante turismo di massa della Thailandia e il viaggio nell’iper tecnologia di Singapore hanno fatto passare Angkor per una semplice tappa di un percorso piu’ grande. Un percorso organizzato velocemente e meno assillato dai dettagli, come generalmente sono abituato a fare, un percorso lento e discreto quasi a voler chiedere “permesso” per entrare. Un percorso che ricorda molto quello fatto sui vecchi treni espresso con fermate di alcune ore in una stazione e poi il lento procedere tra la campagna per la tappa successiva. Questa volta pero’, le tappe sono geograficamente molto lontane da noi e allo stesso tempo cosi’ vicine, tanto che la feroce e galoppante logica di mercato globale, permettera’ (e parzialmente ha gia’ permesso) a questi paesi di accomunarsi alla nostra idea del consumo, rendendo la vecchia Indocina solo un ricordo su dei libri non ancora scritti.
10 Agosto: Come al solito la luce del mattino mi sveglia, sono le 6:30 e visto che ci dobbiamo alzare alle 7 me ne resto nel letto, a pensare. Paola dorme ancora e considerando che siamo andati a dormire attorno alle 9 di ieri sera non c’e’ male. Guardo bene la stanza e, lo stile ‘Khmer’ tanto decantato sul sito internet della Bou Savy Guesthouse, non e’ che appare molto.
La luce tenue del mattino pero’ filtra tra le tende viola pallido e la fa apparire forse anche piu’ bella di quello che e’… ma che si pretende per soli 15$, abbiamo anche l’aria condizionata.
Gia’ l’umidita’ e’ tremenda con il caldo, ce ne siamo accorti ieri sera arrivando da Bangkok con un super aereo… a elica. Eravamo proprio stanchi, tanto che abbiamo saltato la cena, ma ormai erano piu’ di trenta ore che viaggiavamo tra Milano, Copenaghen dove la sosta di otto ore ci ha permesso di visitare la citta’, e poi Bangkok.
All’arrivo, all’aereoporto di Siem Reap, scopro pure di aver dimenticato le foto tessera da presentare all’ “Immigration”, mannaggia la mia memoria… ce la caviamo con due dollari a testa aggiuntivi al visto da venti, non so se e’ una gabella o servono per spese fotografiche. Mah! Il fatto e’ che dopo non ci fanno nessuna foto.
Ehi! Sono il sette … chiamo Paola perche’ dobbiamo ancora fare colazione e Sina, il nostro autista di remorque moto, ci aspetta alle otto per portarci ad Angkor Wat.
Finalmente uno dei miei sogni si avvera, vedro’ Angkor. Un sogno di adulto certo, a differenza di Palenque o Tikal in centro America che alimentavano i miei sogni da bambino, Angkor e’ una scoperta relativamente recente, di quando anni fa consultai un libro sulla storia e l’arte Khmer. Poco piu’ di due mesi fa io e Paola ci siamo sposati e cosa ci facciamo regalare? Un bel biglietto aereo per Thailandia e Cambogia…
Cambogia?!? E che ci andate a fare in Cambogia? Non sara’ pericoloso… mine, Khmer Rossi… Non portare mia figlia in uno dei tuoi soliti viaggi in luoghi sperduti nel mondo!… si va beh, va beh… tanto ora siamo qui biglietti alla mano e zaino in spalla. Facciamo una veloce colazione (pane e marmellata) inclusa nel costo della Guest House e siamo gia’ sul rimorchio del motorino di Sina.
Ancora foto?? Eh gia’, per il pass di ingresso di tre giorni (40$) al sito di Angkor ci vuole una fototessera. Altrimenti?? No problem, nell’era digitale tutto si fa velocemente, foto e stampa e … senza sovrapprezzo questa volta.
La guida Lonely Planet suggerisce di visitare il forte di Angkor Thom con il Bayon al mattino e lasciare Angkor Wat al pomeriggio quando il sole la rischiara di fronte e non alle spalle rendendo impossibile ogni foto.
I 216 volti di Avalokiteshvara sono lì che sembrano fissarti con un sorriso forzato cosi’ misterioso nella sua ambiguita’. Il re dei re (Jayavarman VII) sembrava voler controllare il tutto attraverso quegli occhi, eppure porto’ il Buddismo a religione di stato … lui che comunque era l’incarnazione divina in terra, il sovrano di Kambuja.
Ci sono tantissimi turisti giapponesi e in alcuni punti bisogna quasi sgomitare per passare o per fare una foto… e io alle foto ci tengo. Anche Paola sembra persa tra la “Jungla” di faccioni e forse e’ solo piacevolmente sorpresa da questo luogo cosi’ unico. Usciamo dal Bayon in un caldo tremendo, con l’umidita’ che ti incolla la maglietta alla pelle. Ci riforniamo d’acqua alle bancarelle subendo attacchi di ogni tipo: bambini con cappelli e braccialetti, artigianato locale, pranzo “very cheap” and ” cold drinks” … si, una bottiglia d’acqua grazie … non ho ancora cambiato i Riel ma non importa, qui accettano i dollari, anzi il primo prezzo e’ proprio in dollari!
Entriamo nel Baphuon solo per vedere questa collina-fortezza dalle transenne in quanto un istituto francese sta provvedendo al restauro. E’ l’ennesima rappresentazione in terra del mitico monte Meru, dimora di Shiva, che fu posto al centro della capitale Khmer.
Passiamo al Phimeanakas, antica corte reale e dopo un’arrampicata in cima, ci dirigiamo a visitare la terrazza del re lebbroso dedicata probabilmente a Yama, il dio della morte, e la terrazza degli elefanti con dei bassorilievi meravigliosi. Sono solo le 11 e noi siamo gia’ abbastanza stanchi, il caldo e’ davvero opprimente. Siamo anche nalla stagione delle piogge, ogni tanto il cielo si annuvola e il vento inizia a farsi sentire, ma niente pioggia oggi. Il sole fa poi subito capolino tra le nubi bianche e grigie, mettendo in evidenza tutto lo splendore della foresta cosi’ verde che circonda Angkor. Altra scarpinata in cima al Ta Keo e poi Sina ci conduce al Ta Prohm. Bhe’, descrivere la suggestione di questo luogo e’ impossibile: le enormi radici di alberi secolari avvinghiano come tentacoli i resti di quello che era un tempio buddista dedicato alla madre di Jayavarman VII. Ci perdiamo per quasi un’ora tra i cortili e la jungla del Ta Prohm cosi’ che quando usciamo lo stomaco si fa sentire. Pranziamo in un baracchino appena fuori, quelli che vendono anche souvenir … i panini al pollo che ci portano sono enormi.
Si parte di nuovo sul remorque moto, questa volta la destinazione e’ la piu’ ambita, la piu’ importante e forse la piu’ bella: finalmente vedro’ Angkor Wat. Gia’ l’ingresso, un ponte di pietra rialzato dal canale d’acqua, e’ magnifico e li in fondo si vedono bene le torri di Angkor, probabilmente consacrato a Vishnu (e non a Shiva) dal sovrano Suryaman II.
E qui mi muovo tra quella che e’ la realta’ del momento e il mio sogno personale. Le due cose si confondono e spesso mi trovo a raffrontare cosa pensavo di trovare e cosa ho trovato. Ho visto molte foto, ma ognuno di noi crea nella sua mente un dettaglio in piu’, un edificio diverso anche solo per il gusto di sorprendersi a trovarne uno simile, oppure per lasciarlo solo nella propria immaginazione. Accarezzo la mano di Paola ed entriamo alla scoperta dei mille bassorilievi, delle bellissime apsara e a scalare i ripidissimi gradini della torre. Ci fermiamo molto davanti all’ “Oceano di latte” in cui Demoni da una parte e Dei dall’altra tirano un serpente come fosse una fune, in centro, le sue spire, fanno ribollire il latte grazie alla trazione esercitata, ottenendo cosi’ l’elisir di immortalita’ …e forse sono proprio riusciti a crearlo. Questo luogo e’ stato, e’ e sara’ sempre un punto magico e cosi’ altamente spirituale da attirare ogni anno milioni di persone. Andiamo sulla collina del Pre Rup per il tramonto, ma, un po’ le nubi, un po’ l’enorme massa di gente che si apposta in questo luogo, toglie la magia sul tramonto di una giornata indimenticabile.
11 Agosto: E ci risiamo con il dormiveglia, sara’ che ci dobbiamo alzare alle 4 a vedere l’alba su Angkor Wat o sara’ per il fuso non lo so, resta il fatto che dormo ad intervalli. Eppure ieri sera al ristorante della guest-house non ho mangiato niente di pesante o particolarmente piccante. Tra parentesi e’ davvero un ottimo posto dove fermarsi a mangiare tra le piante del giardino tropicale e l’arredo caratteristico in bambu’, ha anche ottimi prezzi. (5$ in due). Volevo anche provare la Tiger Beer (la birra nazionale), ma mi sono dovuto accontentare di una Angkor.
Sina guida abilmente nel buio delle strade cosi’ poco illuminate, raggiungiamo Angkor che sembra ancora notte fonda, siamo praticamente i primi ad arrivare, io e Paola ci guardiamo interrogativi e un po’ assonnati. Il sole sorgera’ fra quasi 1 ora, alle 5:30, praticamente apriamo noi il sito.
Procediamo cosi’ nel buio fino al cortile centrale dove decidiamo di aspettare l’alba, non c’e’ nessuno e in questa posizione, sole permettendo, dovrebbero uscire delle belle foto.
Poi, piano piano, inizia ad arrivare l’orda nipponica, prima una coppia, poi quattro ragazzi, poi un gruppo, poi una comitiva, poi … ehi !!!! Ma … quanti sono !?! Un’orda li lucine e flash lampeggianti avanza verso la nostra posizione. Decidiamo di spostarci e troviamo una gradinata strategica. La luce del giorno inizia ad arrivare, ma l’alba non e’ di quelle memorabili, rimedio con il filtro rosso sull’obiettivo … descrivero’ ai miei amici colori e luci spettacolari su Angkor Wat. La realta’ e’ che alle 6 giriamo i tacchi e ci dirigiamo verso il remorque moto di Sina.
Di albe meravigliose ne ho viste molte come quella a Mazunte sull’oceano Pacifico o a Varanasi sul fiume Gange; qui, colpa forse del tempo, non e’ nulla di speciale se non fossimo ad Angkor. Ripartiamo alla volta del Banteay Srey un sito distante 30Km da qui. Il tragitto di circa 30 minuti e’ una meravigliosa sorpresa, forse varrebbe la pena girare cosi’, senza una meta in queste zone e in questa stagione, per capire cosa la natura e l’uomo hanno creato. Una sottile linea d’asfalto circondata dal verde intenso dei campi di riso con i ciuffi maturi che escono dall’acqua; sullo sfondo palme da cocco e banani svettano su questo acquitrino verde … e sopra un cielo azzurro intenso nonostante l’ora mattutina (sono, infatti, appena le 7). Si vedono poi uomini, immersi fino alla vita nell’acqua, guidare l’aratro trascinato da una coppia di bufali. Esistono diverse pozze d’acqua e fango dove questi animali si rotolano liberamente nella piu’ assoluta beatitudine. Le case delle persone sono una specie di palafitte, anche se non immerse nell’acqua, con dei lunghi pali di legno che sostengono la casa cosi’ rialzata. Questo contrasto tra terra rossa, verde dei campi e delle piante e azzurro del cielo ci rilassa e ci lascia abbagliati ogni metro che facciamo con il remorque moto. Ogni tanto ci fermiamo e facciamo qualche foto e dal nulla appaiono correndo dei bambini; non abbiamo portato né caramelle né penne, nulla che potremmo regalargli, ma loro ci guardano e ci salutano sorridenti senza chiedere nulla di particolare.
L’ora mattutina ci permette di vedere i monaci vagare tra le varie abitazioni, ricevendo ciotole di riso da persone inginocchiate e riverenti, ogni persona puo’ dare il suo contributo alimentare. Le tonache arancione aggiungono colore all’arcobaleno che ci circonda.
Arriviamo alla meta quasi senza accorgercene e quasi dispiaciuti che il “film” sia finito, ma il Banteay Srey ci aspetta con le sue meravigliose sculture, con i suoi insuperabili bassorilievi su pietra rosa scolpita, dicono, da una donna perche’ solo una mano femminile poteva plasmare in maniera cosi’ delicata la pietra dando armonia a tutte quelle figure nel loro insieme.
Comunque sia, si tratta per l’ennesima volta di un tempio induista consacrato a Shiva di epoca classica Angkoriana o al limite tra epoca arcaica e classica.
Facciamo colazione con un pankake e succo d’arancia all’esterno e facciamo anche qualche compera. Con Sina decidiamo di non andare a vedere il fiume dei mille linga sia per la strada in condizione disastrosa sia perche’ forse abbiamo voglia di rivivere lo spettacolo dell’andata.
Al ritorno ci fermiamo Banteay Kdei ed e’ una piccola sorpresa. Una porta di ingresso reca in alto il faccione di Avalokiteshvara e il suo interno contiene tantissime decorazioni e bassorilievi tra un’infinita’ di colonne e pietre diroccate e consumate dal tempo. Ritorniamo in albergo e congediamo per oggi Sina.
Riposiamo un po’ e, dopo pranzo, ci facciamo consigliare un centro di massaggi dal proprietario del Bou Savy. Ci porta in moto e per 7$ ci rendono nuovi. Due ragazze, infatti, ci vengono a prendere all’ingresso, ci lavano i piedi e ci fanno accomodare in una stanza dove ci cambiamo e ci mettiamo una specie di pigiama. Ci sdraiamo su un lettino a terra e iniziano con gamba sinistra, braccio sinistro, gamba destra, braccio destro, schiena e testa … insomma un vero toccasana per circa 1 ora. All’uscita ci offrono un the verde.
Ci dirigiamo cosi’ a piedi verso il centro di Siem Reap e passiamo 4 ore tra mercatini, lungo fiume e pausa merenda al Blue Pumpkin. Nel mentre siamo sempre accompagnati da bambini, storpi o altri poveri sfortunati che cercano elemosina o di venderti qualcosa. Sta per finire la giornata, ancora un giorno di meraviglie e di sole ma … non siamo nella stagione delle piogge ?
12 Agosto: Non vorrei essermi portato sfiga, ma qui ci sono dei nuvoloni grigi all’orizzonte. Forse sara’ come i giorni precedenti, un po’ di vento e poi di nuovo il sole. Dopo colazione torniamo nell’area archeologica di Angkor, oggi e’ il turno dei siti piu’ lontani che appartengono al circuito esterno. Arriviamo infatti alle 9:00 al Preah Khan, fuori dalla cerchia di Angkor Thom e usato probabilmente come residenza privata del solito Jayavarman VII in attesa della fine dei lavori dello stesso Angkor Thom. Ancora una volta ci si ritrova davanti a decine di pietre in ogni dove, a lunghi corridoi dove, guardando attraverso la porta di ingresso di uno, si puo’ vedere, perfettamente allineate, piu’ di una decina di altre porte in pietra che conducono ad altrettanti corridoi… fino alla luce finale, cioe’ l’uscita opposta. Questo dedalo di gallerie e’ cosparso da numerosissimi bassorilievi, tra i quali le solite apsara, e divinita’ religiose. Esattamente sull’altro lato rispetto all’ingresso, situato sulla parte ovest, un albero con delle radici immense ha inglobato il colonnato e le strutture esterne di un edificio nella sua parte orientale.
Usciamo dopo diverso tempo passato a girovagare in maniera casuale in questo luogo.
La porta occidentale e’ sormontata dal solito gopura e ai lati del lastricato che ne da l’accesso e’ rappresentata la consueta scena dell’oceano di latte, sebbene qui la raffigurazione non e’ cosi’ impressionante come per l’Angkor Thom, dove, la maggior parte delle statue, e’ perfettamente integra.
Prima di raggiungere Sina e il suo remorque ci fermiamo a comprare un mini-ananas sbucciato in loco e 6 mini-banane… il tutto per 2$.
Il flusso di turisti oggi e’ spaventoso, pensavamo di averne visti molti i giorni scorsi, ma oggi e’ qualcosa di molto superiore; forse perche’ e’ sabato e molti tour operator iniziano in questo giorno i vari giri, forse invece e’ solo una coincidenza.
Ad ogni modo, dopo 10min di strada siamo al Neak Pean, un tempio buddista costruito dal solito “re dei re” e costituito da una grande vasca centrale circondata da 4 vasche piu’ piccole. Tramite dei gradoni e’ possibile accedere alla base di ognuna, un tempo ricoperta d’acqua, e arrivare, nel caso della vasca centrale, all’isola formata da un tempio con alla base 2 naga (serpenti) con la punta della coda intrecciata. I due serpenti avvolgono completamente il tempio-isola. Curiosa e’ anche la presenza di una statua di un cavallo con, al posto delle zampe, delle figure umane. La guida dice simboleggiare Avalokiteshvara trasformatosi in cavallo per salvare dei fedeli di un isola infestata da demoni. All’uscita del sito c’e’ un assalto continuo: .. “Postcards ?” “Bracialets?” “Books?” 1$ sir …..cold drinks ?!? Saliamo sul remorque moto con un certo sollievo, ci spiace per tutti questi bambini, ma non possiamo comprare solo per accontentarli e comunque non servirebbe a nulla, 10mt piu’ in avanti altri verrebbero a venderti le stesse identiche cose.
Arriviamo cosi’ al Ta Som, ennesimo tempio buddista, ed ennesima opera commissionata da Jayavarman VII. Il posto di per se’ non ha nulla di eccezionale rispetto ai precedenti, se non per le radici di un albero enorme che si sono impossessate del gopura orientale e il sorriso di Avalokiteshvara imprigionato cosi’ tra le stesse radici, vale da solo la visita: e’ uno dei posti dove fare una foto e’ un obbligo assoluto. Torniamo in albergo non prima di un’ultima fermata ad Angkor Wat, la osservo cosi’ da lontano mantenendomi pero’ nel cortile interno, poi voltiamo i tacchi e ci avviamo a pranzare. Per il pomeriggio non abbiamo particolari impegni tranne il tramonto su Angkor Wat per un ultimo saluto e il concerto a scopo benefico del dottor Beatoncello.
Dopo un breve riposo, facciamo il solito giro per Siem Reap ed entriamo anche in un internet point per avere notizie dall’Italia di quest’ultima settimana ma … le 17 arrivano veloci e Sina corre veloce per portarci ad Angkor per il tramonto, in realta’ dobbiamo attendere le 18 passate e abbiamo un quarto d’ora di strada, ma lui, ha strane manie di puntualita’ : deve arrivare almeno un ora prima. Ad ogni modo ci facciamo ancora un giro tra i bassorilievi del porticato interno ma … il rosso del cielo ci comunica che e’ il momento dell’addio ad Angkor e la sua foresta di pietra.
Il dottor Beat Richter e’ un medico svizzero impegnato da anni nella costruzione e nello sviluppo di ospedali pediatrici in Cambogia. I progetti sono finanziati privatamente e torna ogni tanto in Europa dagli “sponsor”, ma, per raccogliere ulteriori fondi, tiene concerti di violoncello ogni sabato sera alle 19:15. Intermezza il concerto con immagini e spiegazioni della sua attvita’ indirizzate specialmente alla cura di malattie come tubercolosi, dengue e meningite. Ovviamente non possono mancare riferimenti alla guerra in Vietnam e al regime di Pol Pot come cause di una situazione sociale e sanitaria terribile … e l’occidente civile chiude gli occhi quando si tratta di cure mediche per il terzo mondo. Ci sembra una persona semplicemente straordinaria e lasciamo la nostra offerta.
La sera chiudiamo i conti (economici) con Sina (12$ al giorno) e con la guesthouse (15$ al giorno + pranzi e cene). Domani ci si alza presto … ma che novita’.
13 Agosto: A furia di chiamarla … stamattina il cielo e’ plumbeo e pioviggina, sono solo le 6 di mattina e speriamo che il tempo migliori. Arriva anche il minibus che ci portera’ all’imbarcadero sul lago Tonle’ Sap. All’inizio siamo solo noi due, ma pian piano vengono caricati turisti da varie guesthouse … alla fine saremo in 12 su un mezzo da non piu’ di 7 o 8 persone., ma in questi paesi e’ normale. Il lago si presenta subito come una distesa marrone circondate da palafitte in legno dove vive la gente: fango ovunque, bambini che giocano nelle pozze, donne che lavano le stoviglie dove c’e’ lo scarico delle fogne molto artigianali di queste abitazioni. L’imbarcazione e’ una specie di siluro un po’ arrugginito, vengono caricati i nostri zaini sul retro assieme ai bagagli di altri turisti, molti si sistemano sul tetto, noi ci accomodiamo dentro. Ci accomodiamo per modo di dire, visto che tra i sedili c’e’ poco spazio, l’aria condizionata e’ a mille, c’e’ un odore di nafta e dai finestrini si vede poco, insomma i 23$ di costo mi sembrano veramente esagerati. Al ritorno prenderemo il bus, ma era doveroso vedere il lago e il villaggio galleggiante di Chong Kneas, proprio qui al molo di attracco.
Il lago e’ un’immensa distesa di acqua marrone circondata da vegetazione, anche se, ad un certo punto non si vedono la sponda data la grandezza. Conosciamo un’altra coppia di italiani e tra una chiacchiera e l’altra, la lettura e qualche foto all’esterno cerchiamo di ingannare le sei ore e mezza di tragitto. Quando usciamo dal lago ed entriamo nel fiume Sap, la barca rallenta, il paesaggio si fa piu’ interessante e si iniziano a intravedere le barche da pesca e le palafitte-abitazioni.
All’arrivo a Phnom Penh, veniamo assaliti da driver di tuk tuk ed inviati di qualche albergo. Noi abbiamo gia’ scelto e andiamo alla Bright Lotus guesthouse, situata in centro. La camera (18$) si dimostra meravigliosa con il balcone con vista sul museo nazionale, il palazzo reale e la pagoda d’argento. Sporgendosi un po’ sulla destra si scorge il fiume Sap, la’ dove si unisce al Mekong. Questa citta’ mi inizia a piacere, con i suoi templi di stile indocinese e molte case in stile indocinese. E’ una piccola perla del sud-est asiatico e il suo piu’ recente, tremendo passato sembra aver intaccato ma non distrutto la sua vivacita’ e le sue meraviglie. Siem Reap e’ una brutta cittadina cresciuta attorno ad Angkor, mentre, Phnom Penh, e’ un piccolo gioiello sul Mekong.
Piove, anzi diluvia, il pomeriggio decidiamo di passarlo al museo Nazionale, mentre la sera mangiamo italiano alla “Luna d’Autunno”, un ambiente raffinato, con due piatti di pasta a 17$, forse un po’ fuori luogo qui in Cambogia… ma cosa vogliamo la voglia di un piatto salato e’ tanta senza quel retrogusto dolce presente in ogni cibo locale, quindi quale cosa migliore di un vecchio, caro piatto di pasta ?
14 Agosto: Apro lentamente la tenda sperando di vedere il sole che non vuole farsi vedere, ma il cielo sembra promettere bene. Facciamo una veloce e cara colazione (10$) e ci avviamo alla prima tappa quotidiana: il palazzo reale.
L’architettura e’ tipica indocinese con il colore completamente giallo (tegole comprese) e le torri che si allungano verso il cielo blu di questa mattina. Finita la visita della sala del trono nella direzione della pagoda d’argento, ci fermiamo ad ammirare delle ragazze che si allenano nelle tipiche danze cambogiane, fatte di una gestualita’ di mani ed occhi cosi’ espressiva e di movimenti lenti cosi’ ben coordinati nella loro incredibile armonia. Il tutto a suon di musica e con i costumi tipici, guidate e corrette da una maestra. Ad un certo punto arriva una signora di alto rango, tanto che le danzatrici e la maestra si prostrano al suo arrivo. Anche lei deve essere un’insegnante di danza e porta oltretutto al seguito i suoi 4 cani pechinesi che iniziano a fare pipi’ ovunque. La nuova arrivata dal volto cosi’ austero impartisce ordini alle ragazze su come muoversi e alla donna delle pulizie dove pulire la pipi’ dei suoi cani.
Il passaggio successivo e’ la pagoda d’argento lastricata da oltre 5000 piastrelle in argento (appunto) e corredata dalla solita statua del Buddha.
Usciamo e ci facciamo portare da un tuk tuk (7$) nel primo dei nostri due appuntamenti con l’orrore del passato di questo paese: il campo di sterminio di Choeung Ek.
La strada non e’ proprio breve e parte e’ su sterrato, ho modo cosi’ di pensare a quanto di piu’ disumano possa accadere ad un pease: lo sterminio sistematico dell’essere umano e della sua storia. Si stima che siano 4 milioni i cambogiani trucidati e 15000 solo a Choeung Ek. Pensare diversamente, essere religioso, essere uno studioso, portare gli occhiali, saper leggere erano buoni motivi per essere torturati e uccisi; uomini, donne, bambini venivano straziati da un esercito di ragazzini o poco piu’ che adolescenti: quello dei Khmer Rouge.
Phnom Penh in questa parte piu’ periferica, si dimostra simile a tante altre citta’ del terzo mondo, fogne a cielo aperto, catapecchie e tanta miseria, pero’ si nota comunque la presenza della citta’: strade semi-asfaltate, sviluppo edilizio e diversi negozi.
Gia’ da lontano si vede lo stupa contenente migliaia di teschi, il resto e’ poco piu’ che grosse buche scavate nel terreno dove furono riesumati i corpi e lasciate cosi’ senza essre ricoperte … per ricordare.
Il famigerato S-21 oggi e’ un museo, il Toul Sleng, una volta era una scuola, ai tempi di Pol Pot e’ diventato un carcere, un vero centro di detenzione e di tortura. La visione delle celle, dei letti di tortura, il sangue ancora sulle pareti e le centinaia di foto appese delle vittime maniacalmente dettagliate dai carcerieri, sono una esperienza molto dura, ma noi decidiamo di prenderci anche una guida per cercare di capire meglio questa follia. Il resto del pomeriggio lo passiamo al “mercato russo” dove ‘compensiamo’ cio’ che abbiamo visto con dello shopping a buon mercato e cosi’ la sera, davanti ad una tiger beer (finalmente !), io e Paola parliamo d’altro e non piu’ di questo genocidio, ma le immagini resteranno ben chiare nella nostra mente.
15 Agosto: Montezuma ha colpito !! Anzi come la ribattezziamo noi, la maledizione di Jayavarman VII. Questo episodio me ne ricorda uno analogo diversi anni fa, anche allora dovevo affrontare la mattina un lungo trasferimento in autobus, anche allora avevo mangiato del fritto la sera prima. Prendo due pastiglie di imodium e mi sento subito meglio, aspettiamo nella piccola hall dell’albergo il minivan che ci portera’ al bus.
Dalla fotografia sembrava bello, ma in realta’ e’ poco piu’ che uno scassone con vetri crepati, sedili mezzi rotti e aria condizionata … quella si che funziona bene. E’ comunque ottimamente funzionante e poi di bus scassati ne ho visti in peggiori condizioni in India o in Guatemala.
Tanto per cambiare anche oggi piove, se ripenso a quanto siamo stati fortunati ad Angkor con il tempo… tre giorni di splendido sole e da allora tre giorni di sola pioggia o quasi (tranne la mattina della visita al palazzo reale di Phnom Penh).
Le 6 ore di autobus non passano cosi’ velocemente, ma tra un paio di soste e gli splendidi scorci esterni verso le 13:30 arriviamo a Siem Reap. Tra parentesi in una delle due soste vediamo i famosi spiedini di ragno (tipo tarantola) con fritto di cavallette e scarafaggi … una delizia per il LORO palato.
Decidiamo di tornare al Bou Savy con altri ragazzi conosciuti sul bus, ma l’hotel e’ completo e cosi’ l’autista di tuk tuk ci porta in una guesthouse che conosce: il Queen Villa. Per 13$ abbiamo una stanza discreta con AC e acqua calda. Piove a dirotto, aspettiamo un po’ prima di uscire e quando il tutto si placa andiamo a mangiare un panino e consultare internet per trovarci domani un albergo a Phuket in Thailandia.
E’ la prima giornata cosi’ interlocutoria e di puro trasferimento, e’ anche vero che Siem Reap ed Angkor le abbiamo gia’ viste e quindi e’ il caso di prendere qualche minuto da dedicare a noi stessi.
16 Agosto: E meno male che il ristorantino qui di fianco non doveva essere rumoroso. Alle 5:30 iniziano musichette e canzoni varie. Fra poco ci dovremmo comunque alzare, tanto vale aspettare cinque minuti e poi iniziare a prepararsi. Il tuk tuk e’ fuori che ci aspetta con direzione aeroporto.
Oggi lasciamo la Cambogia per la Thailandia e so gia’ che sotto alcuni punti di vista la rimpiangeremo …. Peccato ancor di piu’ lasciarla cosi’, con un’ ultima immagine negativa, come i bambini strafatti di colla che ieri sera non ci mollavano piu’ o il locale scelto per cenare dove non c’era nessuno e la continua pioggia …. ma a queste se ne sommano tantissime positive che lasciano dentro di noi un meraviglioso ricordo. La gente cordiale, il sorriso dei bambini, l’arte di Phnom Penh e la foresta di pietra di Angkor e soprattutto la forza di un popolo che si risolleva da un olocausto.
25 dollari ?!?!? 25 dollari a testa per lasciare la Cambogia che sommati ai 20$ di ingresso danno 45$, un furto ben organizzato… ecco, ho trovato subito cosa non rimpiangero’.
Il nostro aereo a elica e’ li che ci aspetta, incrociamo come al solito le dita … fortuna vuole che la Bangkok Airways abbia organizzato il tutto affinche’ le pratiche di ingresso in Thailandia le possiamo fare direttamente a Phuket e non allo scalo a Bangkok, abbiamo solo 30 minuti per cambiare aereo e sarebbe veramente una gran corsa. Ad ogni modo nella perla delle Andamane ci arriviamo verso le 13 e con 150Bath un minivan ci porta a Patong all’Orchid Residence.
La nostra avventura tailandese inizia subito male Visto che l’autista ci conduce prima in un’agenzia dove vogliono propinarci un loro hotel: ci dicono “e’ tutto pieno, e’ tutto costoso” … macche’ ho prenotato ieri telefonicamente. Ecco queste cose mi fanno incazzare non poco, e se in Cambogia si tendeva a soprassedere vista la situazione, qui no! Qui non siamo propensi a tollerare troppo questi atteggiamenti.
Arriviamo all’ Orchid Residence e la stanza c’e’ ed e’ molto graziosa. I 600Bath pattuiti sono un ottimo prezzo.
Il tempo tanto per cambiare e’ nuvoloso, ma almeno non piove; Patong a primo impatto mi sembra la riviera romagnola se non fosse per le palme sulla spiaggia.
Dei famosi colori di Phuket, oggi non se ne vede l’ombra, il cielo e’ bianco-grigio e il mare altrettanto, in piu’ le onde sono alte a causa del vento. IL resto sono bancarelle che vendono di tutto, dalle maglie all’artigianato, ai vestiti … ognuno ti abborda con qualche scusa per portarti nel suo negozio; e’ ovunque pieno di ristoranti italiani e … italiani. Passiamo circa 1 ora in spiaggia affittando 2 lettini (100B) e prendiamo quel poco di sole che filtra tra le nuvole, poi il solito acquazzone e si torna in albergo. Spesso si incrociano coppie improponibili, vecchi occidentali e giovanissime tailandesi oppure giovani a caccia di qualche sogno esotico; il poco che resta sono coppie come noi che si muovono tra luci, musica e locali di questa Rimini delle Andamane. Speriamo che il tempo migliori nei prossimi giorni e con esso il nostro umore un pochino troppo basso … in fondo siamo in viaggio di nozze.
17 Agosto: Ore 8, apro leggermente la tenda e vedo … vedo un cielo blu ! Presto Paolaaaaaa!!
Facciamo velocemente colazione (non inclusa nella tariffa dell’hotel come invece ci eravamo accordati al telefono) e prendiamo la via della spiaggia.
Patong e’ praticamente deserta, come si dice ” di notte leoni e di mattina …” .
In giro solo cani, cartacce e i soliti autisti di tuk tuk. Prendiamo un paio di lettini e cerchiamo di stare al sole il piu’ possibile ma alle 10:30 ecco che si addensano grossi nuvoloni neri e la pioggia arriva, eccome se arriva. Abbiamo avuto un assaggio di come deve essere Phuket nella stagione secca: cielo blu, palme verdi e mare turchese. Siamo delusi e gia’ stufi di questo posto e se non fosse per la gita a Phi Phi Island di domani, forse questo sarebbe il nostro ultimo giorno a Phuket, ma Phi Phi, non lo nascondo, e’ lo scopo della nostra fermata qui e non vorrei perderlo, tempo permettendo. Cosa facciamo ? I negozietti vendono oggetti tutti uguali tra loro e, in alcuni casi, i prezzi sono come in Italia; di locali non ne abbiamo troppa voglia, questo e’ il brutto delle isole, se non c’e’ il sole, non c’e’ molto da fare. Speriamo che Koh Samui sia piu’ protetta, come posizione, dalle piogge monsoniche. Ci siamo gia’ interessati ai costi di un volo per Singapore da Samui nel caso la pioggia non desse tregua: il costo e’ di 11000Bath (circa 220E); non e’ proprio economico … vedremo.
Decidiamo di prendere un tuk tuk e andare a vedere Kata beach (300Bath) , girovaghiamo sulla strada che costeggia la spiaggia cosi’, senza una meta precisa, il luogo e’ piu’ tranquillo di Patong ed e’ altrettanto bello. La pioggia da una tregua e noi, dopo un veloce spuntino, torniamo a Patong per prendere l’ultimo pallido sole. Acquistiamo i biglietti per la gita di domani a Phi Phi (1100Bath a testa) e quelli dell’autobus + nave che dopodomani ci porteranno a Koh Samui.
Ci avviamo quindi verso l’hotel per una doccia prima di cena al termine di una giornata cosi’ “senza un se e senza un ma” come si usa dire.
18 Agosto: L’idea che mi sono fatto alla fine di questa giornata e’ che se a Phuket paghi adeguatamente puoi ottenere anche una giornata di sole, una specie di “No money No honey” meteorologico ma …andiamo con ordine.
Al solito la mattina scosto la tenda per scrutare il cielo che, se da una parte ‘ blu, dall’altro ci sono nuvole grigie segno di un temporale appena passato. L’appuntamento con il minivan e’ alle 8 e noi cerchiamo un locale dove fare colazione: incredibile non se ne trova neanche uno ! (compreso il nostro hotel). Aprono tutti almeno alle otto ed alcuni anche alle 10:30 … Patong vive solo di notte e per la notte.
Il minivan comunque ci porta a Phuket dove ci aspetta uno scafo super-veloce insieme ad altri turisti per volare verso le Phi Phi island.
Eh, lo so lo so … facciamo anche noi parte di quei turisti “mordi e fuggi” che contribuiscono a deturpare queste isole paradisiache con il nostro inquinamento. Ma qual’e’ l’alternativa ? Soggiornare a Phi Phi Don ? Forse sarebbe peggio perche’ cosi’ si andrebbe ad alimentare le strutture permanenti dell’isola sorte di nuovo come funghi dopo lo tsunami del 2004.
Il sole sembra reggere, anzi man mano che ci allontaniamo da Phuket il cielo si fa sempre piu’ azzurro e il sole sempre piu’ infuocato.
Dopo circa un’ora arriviamo alla prima delle Phi Phi: Phi Phi Lay. Maya bay e’ meravigliosa come la ricordavo dal film “the Beach” e da tante altre immagini: un mare turchese con tonalita’ di verde a degradare verso l’azzurro nei pressi della spiaggia; una serie di panettoni di roccia calcarea coperti di vegetazione invitano a uno zig-zag dello sguardo cosi’ fino all’orizzonte dove il mare e il cielo si uniscono e diventano indistinguibili. Un luogo da sogno come Loh Samay bay dove ci fermiamo a fare snorkeling tra una miriade di pesci colorati in una piscina naturale insieme ad altre barche e, purtroppo per tutti, a tanti altri turisti come noi.
E’ talmente bello che sia io che Paola non sappiamo se guardare con la maschera sott’acqua o fotografare con gli occhi il magnifico paesaggio marino che ci circonda. Dopo la fermata alla nota Monkey beach e Viking Cave, ci dirigiamo per pranzo verso Phi Phi Don. Ancora una volta lo spettacolo e’ magnifico con queste acque turchesi cosi’ tipiche di queste zone.
Il sole picchia molto arroventando la spiaggia di Ao Tam Sai che un piccolo istmo unisce alla spiaggia sul lato opposto: Ao Lo Dulan dove si trovano la maggior parte delle strutture tra cui anche il nostro ristorante. Forse piu’ che Phuket conveniva soggiornare qui in questo paradiso dove oggi si possono percorrere anche centinaia di metri in acqua senza affondare oltre le caviglie.
L’ultima tappa della giornata e’ Khai Nok Island e il tempo e’ un pochino piu’ nuvoloso, qui siamo molto piu’ vicini a Phuket (guarda caso) mentre a Phi Phi eravamo piu’ vicini a Krabi.
Restiamo comunque al sole per un’altra ora abbondante e poi rientriamo, la giornata volge al termine. All’attracco a Phuket cosa succede ?!? Inizia a piovere ! E troviamo anche dei piattini di ceramica con stampate le nostre foto fatte all’andata … io e Paola ci guardiamo e scappiamo inorriditi.
Insomma . in conclusione, oggi abbiamo pagato per andare al mare sulle isole e oggi c’e’ stato il sole, gli altri giorni non pagavamo nulla qui a Phuket e pioveva ! Scherzi a parte, probabilmente le Phi Phi Island sono in posizione molto piu’ favorevole nella stagione delle piogge rispetto a Phuket che risente piu’ del monsone, ammetto pero’ che il dubbio ci e’ rimasto … “no money no honey” !
19 Agosto: Arriva anche la lunga giornata di trasferimento che ci portera’, se tutto va bene, lontano da Phuket e il “tutto”, invece, non va cosi’ bene a cominciare proprio dal suo inizio: la partenza da Patong.
Ci facciamo trovare puntuali alle 7:30 davanti alla gusthouse quando il minibus arriva in orario. Ci sono altri turisti come noi … dopo qualche minuto il nostro “driver” si ferma davanti ad un hotel, si guarda in giro, telefona, sbuffa e poi torna al volante e si riparte.
Evidentemente qualcuno in quell’ hotel ha prenotato ma non si e’ fatto vivo. Continua cosi’ il nostro viaggio verso Phuket town ma ad un certo punto il guidatore riceve una telefonata e si svolta di nuovo indietro, poi si ferma e stessa musica. Arriviamo cosi’ nei dintorni di Kata dove vengono raccolte 2 ragazze italiane da un hotel. Insomma, forse si erano capiti male, lui pensava fossero a Patong mentre loro erano a Kata.
Va be’… tanto dovevamo partire alle 7:30 e sono le 9:30 ! Inizia anche a piovere … e’ l’ultimo saluto di Phuket.
La strada per Surat Thani e’ una specie di autostrada nella foresta, tantissimo verde ovunque ti giri, le 3 ore e mezza di viaggio trascorrono abbastanza piacevolmente; l’autista del minibus si ferma davanti ad un’agenzia con la scusa di ritirare i biglietti della nave che ci portera’ a Ko Samui.
Siamo proprio visti come i polli da spennare, con questi mezzucci poi!
Cambogia dove sei ?????
Ovviamente il personale dell’agenzia tenta di venderci un allogio a Chaweng o Lamai: “all hotels are booked in Samui !” Si, Si non rompere, vedremo, da te comunque non lo compriamo a costo di dormire sulla spiaggia . Caricano finalmente i nostri bagagli su un nuovo bus che ci condurra’ al porto distante diversi Km. Nel frattempo ci rilassiamo su dei sedili comodissimi.
Al porto ci arriviamo con solo 5 minuti di margine, la nave parte alle 15.
Ci danno i biglietti al volo e troviamo gli zaini gia’ scaricati sulla strada.
Qualcosa non mi torna, il bus si allontana a gran velocita’, dobbiamo correre per prendere la nave e il mio bagaglio non e’ nella posizione in cui lo avevo messo io; in piu’, sotto il coprizaino di Paola, penzola qualcosa che al momento non riesco ad identificare e infatti … sulla nave noto che il mio zaino e’ stato rovistato. Anni fa, dopo un episodio simile in Peru’, avevo imparato a chiudere in un certo modo e in una certa posizione, i lacci del mio bagaglio, ora sono tutti scombinati ! Hanno fatto apposta ad arrivare solo 5 minuti prima. Ne a me ne a Paola, manca niente, visto che gli oggetti di valore li portiamo nello zaino piccolo a mano. Guardo con sospetto il sacchetto di plastica che esce dal coprizaino di Paola. Temo possa essere anche droga, invece e’ una busta della farmacia contenente delle medicine, ma non e’ la nostra ! E’ delle due ragazze italiane di Kata.
Le rintracciamo e le ridiamo il tutto, anche a loro hanno rovistato negli zaini, senza trovare nulla di valore.
Proprio bravi questi tailandesi, alla faccia del paese del sorriso ! Dopo 1 ora siamo a Ko Samui, piove, prendiamo un taxi per Chewang. Non abbiamo prenotato nulla ed effettivamente scopriamo che molte guesthouse sono piene. Troviamo un bungalow in cemento da “Lucky mother” per 1000Bath al giorno. A prima vista Chewang sembra Patong in piccolo, ma la magnifica serata con altri ragazzi italiani, la cena con pesce al “Al’s hat” e la birra finale mitigheranno questa prima impressione.
20 Agosto: La mattina fa intravedere subito che sara’ una giornata molto calda e il cielo e’ terso. Verso le 9 siamo gia’ in spiaggia di fronte ai nostri bungalows.
La spiaggia di Chewang e’ veramente bella, anche se la bassa marea ha ampliato considerevolmente il fronte della sabbia. Non c’e’ quasi nessuno in giro e le palme si alternano a vegetazione tropicale. Purtroppo si alternano anche tutti i locali e bungalows uno a ridosso del successivo, togliendo magia ad un posto cosi’ bello.
Percorriamo un paio di Km sul bagnasciuga e poi stendiamo le nostre salviette nel luogo che piu’ ci aggrada. Il tempo passa, cosi’ le 11 arrivano in un baleno e noi abbiamo qualche commissione da svolgere come pagare l’alloggio e cercare di spostare il nostro volo Samui-Bangkok dal 26 al 22 Agosto, abbiamo, infatti, deciso di comune accordo di non trascorrere una settimana intera qui ma solo 3 giorni.
Siamo indecisi pero’ su come investire i 4 giorni non previsti: andare nel nord della Thailandia o Singapore con qualche volo “low cost” … vedremo.
Fortunatamente troviamo posto il 22 alle 6:30 del mattino … ora non rimane che capire cosa vogliamo fare.
Nel primo pomeriggio prendiamo un taxi (200Bath) per raggiungere Lamai beach, distante circa 10km da Chaweng. Questo e’ veramente un piccolo paradiso: sabbia molto farinosa bordata solamente da palme, i bungalows e i bar sulla spiaggia sono molto piu’ distanziati, acqua cristallina e poche moto d’acqua, cosi’ fastidiose e pericolose per i bagnanti. Forse sarebbe stato meglio pernottare a Lamai anziche’ Chewang, ma poco importa ormai, il 22 ripartiremo.
In proposito, abbiamo trovato un volo Bangkok-Singapore con una compagnia Low Cost asiatica, la Jet Star Asia Airways (200Euro A/R per entrambi).
La sera ceniamo al ristorante di ieri con il solito, buonissimo pesce (700Bath in due). Purtroppo non ceniamo sulla spiaggia ma al coperto in quanto si scatena un violento temporale : ecco ! qui a Samui c’e’ la vera stagione delle piogge: caldo e sole di giorno, acquazzone improvviso serale.
Da aggiungere che prima di cena ho combinato una piccola sorpresa a Paola: siccome le manca molto la Camilla (la nostra gatta), rientrando nel bungalow, ho incrociato sulla soglia una micia molto bella a pelo lungo che mi ha seguito all’interno. L’ho lasciata dentro … quando e’ rientrata Paola dal massaggio, ha trovato un gatto che dormiva placidamente sul suo letto !
21 Agosto: La sveglia suona ancora presto, davanti al bungalow c’e’ il minibus che ci portera’ al molo, oggi il nostro programma prevede la gita al parco marino di Ang Thong con il motoscafo … sembra che me la cerchi, gia’ non amo l’ondeggiare della barca, figuriamoci un motoscafo lanciato come un missile sull’acqua e se poi il comandante e’ un giovane pazzo furioso che per mettersi in mostra fa manovre degne solo da autoscontri, bhe’ si puo’ immaginare in che condizione il mio stomaco e’ arrivato alla prima tappa. Arrabbiato per la situazione dimentico di togliere la fede prima di entrare in acqua … morale: mare da favola contornato da rocce calcaree e taglienti, pesci bellissimi ma … sbucciature sul roccia e soprattutto la mia fede che giace per sempre tra i coralli del golfo della Thailandia.
Questo episodio mi segna l’umore della giornata e mi lascia profondamente amareggiato, soprattutto se guardo il viso di Paola. Ne prendero’ al ritorno una uguale ma comunque il morale rimane basso.
La seconda tappa ci conduce ad una spiaggia paradisiaca fatta di palme, sabbia bianca e un piccolo promontorio tutt’attorno ricoperto di vegetazione. E’ il momento del relax, il sole e il pranzo … un qualcosa di immangiabile, molto piccante con retrogusto dolce … Ok, oggi dieta!
L’ultima tappa e’ un’isola con una laguna interna verdissima da raggiungere con una breve scarpinata. La folla qui e’ spaventosa, questa piccola spiaggia ospitera’ almeno 300 persone. Forse dovrebbero limitare il numero giornaliero di noi turisti a questi luoghima, si sa il Dio “soldo” in Thailandia e’ molto venerato. Il ritorno e’ meno traumatico e mettiamo piede a Ko Samui gia’ a meta’ pomeriggio.
Il resto della giornata lo trascorriamo gozzovigliando in giro e tirando ora di cena, momento fondamentale visto che a pranzo non abbiamo toccato cibo e pian piano il sorriso torna su entrambi, specialmente sul bel viso della mia neo-moglie.
22 Agosto: E’ ancora buio quando sentiamo battere la porta, e’ il guardiano notturno che ci avvisa che il taxi per l’aeroporto e’ arrivato. Sono da poco passate le 4:30 e mi avvio alla reception per consegnare le chiavi e recuperare i 500Bath di caparra.
Ancora una volta bisogna pagare una tassa ai bravi tailandesi: 300Bath a testa per imbarcarsi all’aeroporto di Ko Samui, mah! L’aereo parte con un leggero anticipo ed e’ mezzo vuoto, quando sappiamo che in altri orari o in altre date ci sono le liste d’attesa. Forse prendere un aereo alle 6:30 di mattina non e’ contemplato nell’isola di Samui. All’arrivo a Bangkok alle 8 ci troviamo a capire come passare il tempo prima delle 14:25, ora in cui abbiamo l’aereo della Jet Star Asia per Singapore (200Euro in due A/R).
A ripensarci forse avremmo fatto bene a prenotare quello delle 11:25, ma il sospetto che anche un minimo ritardo da Samui poteva far saltare il tutto, ha fatto in modo che ci troviamo larghi coi tempi… internet, un the’ caldo, una lettura, prenotazione di un albergo a Bangkok per quando torniamo … insomma il tempo passa e l’ora per il check in arriva presto, poi altri 500Bath (!!!!!!!!!) di tasse aeroportuali e ci sediamo cosi’ su un nuovissimo aereo della Jet Star. Come per ogni compagnia Low Cost, a bordo tutto e’ a pagamento, ma le 2 ore di viaggio passano senza nessuna necessita’ specifica… anzi cerchiamo di dormire visto la levataccia. L’aeroporto di Singapore e’ moderno e funzionale, mi ricorda quello di Amsterdam, le formalita’ doganali sono abbastanza veloci. Dopo aver cambiato qualche Euro in dollari di Singapore, ci dirigiamo verso il Tourist Office per cercare un hotel. Sembra tutto pieno e il ragazzo italiano prima di noi si vede costretto ad accettare un albergo di 160$ (80Euro).
Dopo la solita “tiritera” del “cheapest hotel are all booked” , proponiamo noi il Rubin Hotel in Geyland e troviamo una doppia a 48$ a notte.
Il resto e’ la cronaca di una prima gita serale a Orchard Road. Metropolitana modernissima, biglietto elettronico e pulizia ovunque e … Orchard road come la piu’ famosa strada dello shopping, Rodeo Drive, di Los Angeles, e’ la patria dei grattacieli e delle grandi firme, Prada, Valentino, Yves Saint Laurent, Armani e chi piu’ ne ha piu’ ne metta. Ma Singapore e’ anche la patria dell’elettronica a basso costo (rispetto a noi), ma qui a Orchard c’e’ roba solo da ricchi.
23 Agosto: La metropolitana di Singapore e’ qualcosa di eccezionale e in un certo senso rispecchia bene la citta’ e soprattutto i suoi abitanti.
Pulita, puntuale, modernissima, frenetica e arriva ovunque ma …. E’ una macchina senz’anima. Saliamo alla fermata piu’ vicina, Aljaniisd, facendo un biglietto elettronico che, una volta finita la corsa, deve essere restituito per riavere il dollaro di cauzione … nessuno spreco, nessuna possibilita’ di truffa. La metro ha l’aria condizionata e la maggior parte delle persone non parlano tra loro, hanno tutti le cuffiette del cellulare o dell’MP3 player alle orecchie … escono alla propria fermata ordinati e silenziosi, non un gesto fuori posto, non un movimento inconsueto; lo stesso si vede nei bus e per le strade … perfetto si potrebbe dire … Si, forse troppo.
Ho letto di recente un libro di Terzani “Un indovino mi disse” , in cui definiva Singapore una terra senz’anima, dove c’e’ un ordine preordinato delle cose e nessuno si chiede il perche’ , tutti fanno cio’ che devono fare, nulla piu’, nulla meno. Sembra di essere nel film “Matrix” dove tutti agiscono secondo una volontà collettiva superiore e preordinata e anche nelle diversita’ si riscontra un solo ed unico filo conduttore… che questa volonta’ coincida con quella della dinastia Lee, la famiglia cinese che da padre in figlio da decenni governa Singapore, non lo so, pero’ la realta’ sembra questa.
In questa citta’ non esiste criminalita’, non esiste sporcizia per le strade, ma esiste sempre e un solo modo per far bene ogni cosa e forse esiste anche un solo modo per vivere. Con la mente ingarbugliata in queste considerazioni, mi viene in mente come siamo noi italiani e non posso fare altro che sorridere.
La metropolitana ci lascia ad Harbour-Front dove prendiamo il bus per Sentosa, una piccola isola di fronte a quella di Singapore. Qui visitiamo l’UWW (Under Water World 19.5$), un acquario meraviglioso, dove addirittura si osservano i pesci all’interno di tunnel trasparenti che danno l’idea di essere completamente immersi in un ambiente marino.
La tappa successiva ci porta a scendere alla fermata della metropolitana “Clarke Quay” dove prendiamo una barca ((12.5$) e visitiamo il centro economico della citta’ risalendo il Singapore River. L’incredibile insieme di grattacieli di questa zona sembra New York e ne testimonia il veloce sviluppo economico. Il resto della giornata lo trascorriamo girando a piedi i vicoli di “Little India” , dove la gente e’ piu’ estroversa, ha piu’ calore in corpo e se entri in un negozio, ti accoglie prima di tutto con un sorriso … e da queste parti non e’ certo poco.
24 Agosto: Non puntiamo la sveglia e quando ci alziamo e’ gia ora di andare in aeroporto, cosi’, zaini in spalla, prendiamo la metro in direzione Changi Airport. Da una parte ci spiace di lasciare una citta’ cosi’ “perfetta”, dall’altra forse non vediamo l’ora di tornare in un mondo piu’ simile al nostro, con tutte le sue imperfezioni, disordini e quotidiane ipocrisie, ma in un certo senso con un cuore pulsante come la Thailandia.
L’aereo della Jet Star Asia Airways parte puntuale alle 12:15 e in due ore e mezza siamo in un luogo che conosciamo ormai bene: l’aeroporto di Bangkok e … ancora una volta siamo in fila all’Immigration. Non abbiamo molta voglia di prendere il treno, percio’ andiamo al Niagara Hotel nel Silom (consigliato dalla Lonely Placet) con un taxi (350Bath).
L’albergo da fuori ha un aspetto terrificante, la camera invece e’ molto pulita e ordinata.
Paola mi guarda quasi supplicando ma poi la stanchezza, la posizione favorevole e il costo molto contenuto (700Bath) ci convince a restare. Il mercato notturno di Patpong e’ vicino con il suo businnes del falso, dell’imitazione e del sesso; in piu’ siamo anche vicini alla fermata dello Sky Train di Chang Nonsi che prendiamo subito (20Bath a testa) , dopo una breve rinfrescata in albergo, con direzione Sophan Taksim. Da qui e’ possibile prendere il Chao Praya River express, una barca cha fa varie fermate sul fiume omonimo e che arriva fino (ed oltre) le zone piu’ turistiche della citta’ come il palazzo reale o il Wat Pho.
Decidiamo di andare proprio in quelle zone, senza pero’ entrare, ma solo per girare cosi’, senza una meta precisa.
Bancarelle ovunque, pesce, carne, insetti fritti, dolci coloratissimi e indefinibili, i soliti souvenirs, ma, sullo sfondo il palazzo reale e il Wat Pho, bellissimo tempio buddista.
Arriva il tramonto e noi andiamo a godercelo da un piccolo locale (the coffee Place) che si affaccia sul Chao Praya, ammirando il colore rossastro del sole dietro il Wat Arun. Questa vista ci riconcilia con la Thailandia che cosi’ male si presentò ai nostri occhi attraverso Phuket; in piu’ Bangkok ha una particolare atmosfera di cui non puoi non esserne affascinato.
Dopo una cena abbastanza anonima, visitiamo il mercato notturno di Patpong, tra le sue innumerevoli bancarelle colme di articoli falsi (dalle borse di Luis Vuitton agli orologi Rolex), tra le sue mille luci e colori dei locali del sesso a pagamento, ma cosa vogliamo … in fondo anche questa e’ una delle mille facce non troppo nascoste della Thailandia.
25 Agosto: Oggi e’ il giorno degli itinerari e delle visite classiche a Banngkok. Con la solita procedura (Sky train – battello) raggiungiamo la fermata di Tha Chang. Cominciamo con la visita del palazzo reale e del Wat Pra Keaw, non abbiamo calzoni lunghi, ma solo a meta’ ginocchio, percio’ all’ingresso ci danno degli abiti piu’ adeguati: calzoni lunghi per me e una gonna per Paola. Pagato l’ingresso (250Bath) , decidiamo per l’itinerario piu’ bello, quello di perdersi tra i mille stupa dorati, i templi, i giganti e i demoni a guardia del luogo … e poi il Buddha di smeraldo chiuso in una teca in cima ad altari d’oro. Il luogo ricorda molto il palazzo reale di Phnom Penh, anche se ha meno fascino ma piu’ ricchezza di lavorazioni e architetture. Le tegole delle costruzioni qui sono arancio-verdi, mentre in Cambogia erano giallo monocolore. Il palazzo reale e’ dello stesso stile, anche se praticamente vuoto visto che il re ha una residenza nella parte settentrionale della citta’. Due ore passano veloci e all’uscita ci troviamo a mangiare un boccone in un ristorantino prima di proseguire la visita per il Wat Pho. I 50 Bath di ingresso valgono ben la visita di questa meraviglia. Un Buddha sdraiato lungo 46metri e alto 15, con le enormi piante dei piedi in madreperla raffiguranti le 108 caratteristiche del Buddha stesso. La sua stessa posizione rappresenta il passaggio al Nirvana (la sua morte sostanzialmente).
All’uscita iniziamo a camminare lungo la Saphan Puth in direzione del mercato dei fiori, che e’ in pratica la porta di accesso a Chinatown. Qui ci perdiamo fra la miriade di viuzze di Sampeng immersi in centinaia di banchetti al coperto che vendono le cose piu’ assurde e inutili, in un formicaio di persone da far perdere l’orientamento e la ragione.
Rivediamo la luce dopo parecchio tempo e sbuchiamo in una via trafficata con scritte solo cinesi, con persone solo cinesi e con prodotti solo cinesi; e’ come se le viuzze buie dei mercatini ci avessero proiettato centinaia di Km piu’ a nord, in Cina appunto. Recuperiamo orientamento e ragione per raggiungere il battello alla fine della Ratchawongse e tornare nel breve alla realta’ del nostro albergo e a quella di una doccia salutare. Tra l’altro siamo anche costretti a traslocare stanza, visto che nella nostra, l’acqua calda fa i capricci. La sera pranziamo ancora una volta non troppo bene nella zona di Patpong, dove poi passiamo il resto della serata tra le bancarelle e queste luci intermittenti rosse.
26 Agosto: I mercati, si sa, costituiscono il cuore pulsante di ogni citta’; non piu’ da noi in Europa o in Nord America, ma in Asia, Africa o America latina ne rappresentano spesso l’anima. Cosi’, oggi che e’ sabato ci siamo recati al mercato del fine settimana di Chatuchak, scendendo alla fermata dello Sky train di Mo Chit.
Abbigliamento con marchi veri o contraffatti, scarpe, artigianato, tessuti, animali come gatti, cani di diverse razze, moltissimi pesci, tartarughe, roditori rettili e serpenti …insomma una bolgia di venditori e visitatori, colori, profumi e odori con fragranze che solo da queste parti puoi trovare. Un tale labirinto e una tale immensita’ di bancarelle che all’ingresso ci devono dare una cartina. … insomma una citta’ nella citta’. All’inizio abbiamo anche provato a seguire un ordine logico, ma poi abbiamo rinunciato, cercando nella casualita’ un approccio migliore rispetto allo schema rigido. Ci siamo persi piu’ volte e piu’ volte abbiamo ritrovato la via grazie ad un banchetto gia’ visto o ad un volto magari riconosciuto. Fa caldo e l’umidita’ e’ spaventosa, in piu’ nella tarda mattinata si scatena il diluvio universale, mitigando la temperatura ma non certo questo senso di umido e appiccicoso che ti senti addosso.
Il pomeriggio lo passiamo all’MBK il piu’ famoso mega- supermercato di Bangkok. Ci sono negozi di tutti i tipi, insomma e’ un mercato con aria condizionata. Stufi di mercati e stanchi di girare torniamo lentamente in albergo, quando ormai si intravedono i primi colori della sera.
27 Agosto: Se un giorno dovessi andare in Thailandia mi piacerebbe visitare Ayutthaya, bhe’, oggi quel giorno e’ arrivato. Ayutthaya e’ ala vecchia capitale del regno del Siam (1350 – 1767), fino all’invasione e alla distruzione da parte delle orde birmane. L’area archeologica e’ patrimonio dell’Unesco e dista 80 Km a nord di Bangkok.
E’ ancora buio quando ci alziamo e riusciamo a prendere il primo Sky train della giornata alle 6 in direzione della stazione ferroviaria di Hualampong., utilizzando anche la metropolitana. I biglietti di terza classe costano pochissimo (20Bath a testa) . Dopo una veloce colazione saliamo sulle carrozze scassate del treno che in circa 1 ora e mezza ci portera’ ad Ayutthaya. La gente sul treno e’ la piu’ disparata, studenti, mendicanti, pendolari e turisti come noi; non mancano le solite vesti arancioni dei monaci. Le 8:30 arrivano velocemente cosi’ finisce la nostra prima esperienza su un treno tailandese . Dalla stazione ci dirigiamo subito ad un piccolo molo in attesa della barca … gia’ perche la nuova Ayutthaya e le rovine della vecchia sono circondate completamente da dei canali d’acqua, tanto che la citta’ stessa sembra un’isola. Decidiamo di evitare il noleggio classico delle bici, ma ci facciamo portare da un tuk tuk ai siti piu’ lontani e da li torneremo a piedi visitando i luoghi di nostro interesse che incontreremo lungo il cammino inverso.
Iniziamo cosi’ dal Wat Mongkhon Bophit che ospita una enorme statua dorata in bronzo del Buddha.
Proseguiamo per il Wat Phra Si Sanphet, che un tempo doveva essere il piu’ grande tempio della citta’, ma oggi ospita solo rovine e tre grandi stupa. Con un percorso di 15 minuti, ci dirigiamo al Wat Thammikarat che di interessante ospita solo diverse statue di leoni.
Mentre camminiamo verso altri siti, mi immergo in alcune considerazioni che poi condivido con Paola. Per il momento sono un pochino deluso di Ayutthaya, forse l’aver visto prima Angkor sminuisce eccessivamente il fascino di questo posto, forse anche il fatto che il sito sia composto da rovine mal messe , forse il fatto che gli edifici si integrino nella citta’ e non siano luogo a se stante, ne toglie sicuramente un po’ di magia. Resta comunque un luogo di grande importanza storica.
Siamo cosi’ giunti al famoso Wat Phra Mahathat in cui una testa del Buddha e’ completamente avvolta dalle radici di un albero e in cui tutte le altre statue del principe Siddharta sono avvolte da drappi arancioni. Proprio di fianco c’e’ il Wat Rataburana con una torre centrale di fattezze Angkoriane e delle pitture murali ancora visibili al suo interno.
Per pranzo ci fermiamo in un piccolo ristorante proprio di fronte e facciamo quella che e’ la peggiore esperienza culinaria di tutto il viaggio. I noodles che ci portano hanno consistenza gelatinosa tipo medusa, il tutto immerso insieme a verdure con carne o pesce non identificabile. Infine il brodo in cui il tutto e’ immerso e’ anch’esso gelatinoso e appena tiepido. Dopo pochi cucchiai, paghiamo e scappiamo, siamo sinceramente stufi dei sapori e degli odori della cucina tailandese. In tuk tuk ci dirigiamo cosi’ ad un altro piccolo molo per visitare il Wat Phanan Choeng dove, una volta attraversato il canale d’acqua, si puo’ ammirare l’ennesima gigantesca statua del Buddha, meta di pellegrinaggio di centinaia di fedeli.
A piedi percorriamo i 2 km che ci separano dalla stazione dove, con altri 20 bath a testa, compriamo due biglietti per il treno di ritorno.
Circa 2 ore dopo siamo gia’ in albergo e crolliamo stanchi sul letto. La cena questa sera sara’ italiana ed andiamo in un ottimo ristorante italiano dal nome significativo: ” Basilico” (fermata Sky train Phrom Phong).
Mangiamo due superbi piatti di pasta (650 Bath in due), finalmente un po’ di aria d’Italia, finalmente un po’ di sapori di casa.
28 Agosto: Giorno di partenza oggi, giorno in cui generalmente passo in rassegna tutto il viaggio cercando di farne un bilancio. Abbiamo anche un altro appuntamento: fino ad ora abbiamo visto il Wat Arun al tramonto da lontano, vogliamo semplicemente vederlo in un’altra prospettiva, sicuramente piu’ ravvicinata.
Attraversiamo cosi’ in barca il Chao Praya fino alla riva opposta del fiume e passiamo una bella oretta aggirandoci tra le statue del Buddha e ammirando le numerose maioliche di questo tempio. L’aereo decollera’ dopo mezzanotte e percio’ abbiamo il resto della mattinata e l’intero pomeriggio, prima di avviarci all’aeroporto. La prossima meta e’ non avere una meta, percio’ girovaghiamo tra le vie di Bangkok, specialmente nella zona di Siam Square e dei centri commerciali dove l’aria condizionata allevia la calura di un’altra giornata umidissima.
Capita spesso che non guardi neanche cio’ che mi circonda tanto sono preso dai miei pensieri sulle tre settimane appena trascorse e ai tre diversi paesi visitati: Cambogia, Thailandia e Singapore. Ammetto che forse abbiamo fatto un errore nell’itinerario, visitare prima la Cambogia della Thailandia non ci ha fatto apprezzare pienamente questo paese cosi’ celebrato da tantissimi turisti.
Angkor Wat, i paesaggi rurali con le persone impegnate nei campi, i bufali d’acqua, la capitale Phnom Penh e soprattutto i sorrisi della gente di Cambogia li abbiamo, infatti, confrontati con i luoghi iper turistici della Thailandia dove, la continua e assillante richiesta per un qualunque servizio, i piccoli raggiri e le ingenue ipocrisie mal celate dietro un sorriso malizioso hanno finito per sfiancarci e farci annegare cosi’ nel ricordo della Cambogia. Ammetto anche che il clima ha un pochino influenzato il giudizio, anche se, quando serviva, il sole si e’ fatto vedere (Phi Phi e Ko Samui).
Esistono, per quello che abbiamo visto, dei luoghi meravigliosi come la stessa Phi Phi e i tesori e i mercati di Bangkok, ma la Cambogia si e’ sinceramente aggrappata al nostro cuore. Su Singapore cosa dire? Bella, ordinata, iper-tecnologica con un meraviglioso acquario su Sentosa, ma da non fermarsi piu’ di un paio di giorni in questo luogo senz’anima come diceva Terzani, o meglio la sua anima bisogna cercarla nei suoi quartieri di etnie diverse come Little India.
Abbiamo comunque fatto un viaggio che percorre le diverse realta’ dell’Asia: un paese rurale e povero, un paese in grande crescita e molto turistico e un paese moderno e futuristico. L’aereo decolla puntuale verso Copenaghen, verso la nostra cara vecchia Europa…
Cosa aggiungere infine a questa partenza dalla Thailandia? Come dice qualcuno forse il paese del sorriso e’ finito da un pezzo.
Il Viaggio Fai da Te – Hotel consigliati in Cambogia |