In viaggio

di Vittorio Baccelli –
Amsterdam, aprile del 1970.
Ma questa è la casa del Moneta! alle pareti i quadri del Moneta, lo stesso cavalletto con tavolozza del Moneta, il tappeto accanto al futon dove mi trovo sdraiato lo riconosco, è quello del Moneta, il suo preferito che stava nello studio.
Ma il Moneta se ne é andato da Lucca un anno fa, quando l’arrestarono e stette in San Giorgio una settimana, poi uscì e sparì. A questo punto sarà bene che vi racconti che il Moneta è un falsario, il più bravo falsario che io conosca: fa dei quadri meravigliosi, perfetti, dei De Chirico, dei Picasso, dei Van Gogh, dei Gottuso identici agli originali.
E lui fa solo copie, bellissime copie, autentiche copie, sembrano talmente vere da essere gli originali.
Più volte gli ho chiesto “ma perché non fai dei quadri tuoi? Con la tecnica che hai, puoi fare quello che vuoi” e lui mi rispondeva sempre che non riusciva a fare niente di suo, solo a copiare i maestri era bravo.
Ed era così bravo che alla fine l’arrestarono con l’accusa di essere in un giro internazionale di quadri falsi.
E così è sparito da Lucca.

Ma dove mi trovo? Sicuramente a casa del Moneta, ma dove? Ricapitoliamo e cerchiamo di capirci qualcosa.
Sono partito una settimana fa con la Land Rover del Perini destinazione Parigi, oltre al Perini ci sono anche Daniela, Marino, Assuero ed il Rossi.
Dovevamo trovare due nostri amici a Parigi, li abbiamo trovati e siamo stati tre giorni nella loro soffitta nel quartiere latino, più che soffitta la chiamerei fumeria, girava uno spinello dopo l’altro, tipo catena di montaggio, ogni tanto una variante: un chilum, un tè, una pipetta.
Fuori pioveva, tre giorni di pioggia chiusi in casa, solo qualche uscita per il bar dietro l’angolo.
Io sempre appiccicato a Daniela, i Pink Floid a tutto volume, ne avevo le palle piene.
“Ad Amsterdam, ad Amsterdam, lì sì che c’è bello, qui ci si rompe i coglioni!” diceva il Perini, “io so chi ci ospita”.
Ecco dove sono, è Amsterdam, e l’ospite è il Moneta, diavolo d’un falsario, ecco dov’era sparito!
E sempre annebbiato da quel troppo fumo di quei tre giorni a Parigi cerco di alzarmi: sono tutto vestito, ma senza scarpe.
Un buon odore di caffè viene da quella che intuisco sia la cucina, ed è la cucina e lì c’è il Moneta in vestaglia che va in su e giù per la stanza con un bicchiere stracolmo di caffè fumante in mano.
C’è anche un tipo sbaraccato su una sedia a sdraio, capelli lunghi biondi, occhi chiusi, camicia e pantaloni jeans, piedi nudi.
“Ah Vittorio, sei tu! Meno male che ti sei svegliato, questo qui è due giorni che dorme”.
Questo qui, è l’Emanuele, l’avevo già conosciuto a Firenze, ed anche lì stette tre giorni immobile facendo dannare chi l’ospitava.
Emanuele col saldatore costruisce piccolissimi oggetti bellissimi, meccanici ed al tempo stesso mistici, ma ha fatto troppi viaggi in acido.
Arriva Daniela con un vassoio con piatti colmi di riso macrobiotico.
A me la macrobiotica ha sempre fatto schifo, sono un patito della dieta mediterranea, ma la fame ha sempre il sopravvento.



Questo viaggio è un vero viaggio, non ricordo neppure come sono arrivato, gli ultimi ricordi sono della soffitta nel quartiere latino, con Daniela che mi passa il chilum.
Ma ora mi riprendo, faccio mente locale: sono ad Amsterdam, è la prima volta, non ci sono mai stato, voglio andare in piazza Dam, voglio vedere i Van Gogh! Mi guardo intorno e vedo arrivare il Moneta con un Van Gogh in una mano ed un Picasso del periodo blu nell’altra, ovviamente dipinti da lui, che mi fa “questi non ti bastano?”.
E mi ritrovo con Assuero in piazza Dam dopo aver attraversato non so più quanti canali e piazzette con piccioni che a tratti mi sembra di essere a Venezia, solo che qui le gondole non si vedono.
“E i provos, dove sono i provos? Meno male che qui non piove, che buon trip abbiamo preso” dice Assuero e non ricordo d’aver preso trip.
La piazza è piena di gente, tantissimi giovani, capelli lunghi o rasati, minigonne, mi guardo intorno e sento Assuero esclamare “No! Non è possibile!” e col dito m’indica Angelino che si sta avvicinando.
Angelino, l’incubo dei lucchesi, sempre a chiedere mille lire.
Angelino ci guarda con gli occhi appannati e fa “avete mica un fiorino?”.
Cazzo, cazzo, cazzo uno attraversa la vecchia Europa e cosa trova? Acqua a Parigi ed Angelino ad Amsterdam che chiede un fiorino, non è possibile.

Lascio la piazza, con Assuero e Angelino e me ne vado in giro da solo in questo labirinto d’isolette bagnate dall’Amstel, attraversando un ponte dietro l’altro fermandomi solo per ammirare una meravigliosa chiesa barocca.
Torno poi dal Moneta e ritrovo la stessa situazione del quartiere latino con due varianti: il Moneta non fuma ed Emanuele è sempre lì che non dà segni di vita.
Ad un certo punto della notte appare dal nulla una bellissima nera, completamente nuda che gira per la casa, poi non la vedo più.
La mattina successiva esco con Marino ed il Rossi alla ricerca della casa di Rembrandt, non la troviamo, ma finiamo per puro caso davanti al museo di Van Gogh.
Questo me lo vedo e me lo gusto tutto.
Torniamo poi dal Moneta, Emanuele s’è svegliato, beve latte e racconta barzellette, il Perini finisce nuovamente in paranoia e vuol tornare a Lucca.
Ci fumiamo uno spinello, salutiamo tutti e torniamo alla Land Rover. Siamo partiti da circa un’ora, tutti sonnecchiano, io sono alla guida, Daniela nel sonno si rigira e fa “però come è bella Venezia” e si rimette a ronfare.
Non saprò più niente del Moneta e dell’Emanuele, Daniela, uno dei miei rari amori, morirà d’embolia, Marino precipiterà nel Lazio col suo aereo, Assuero morirà di AIDS, il Rossi diverrà pensionato delle Farmacie Comunali, il Perini erediterà una cartiera, Angelino farà un miscuglio troppo potente di psicofarmaci ed alcool.
Tornerò ad Amsterdam solo in Internet.

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