di Annamaria Pastor –
27 Ottobre – Domenica – Capri
Ho rivisto Capri dopo tanto tempo. Dovrei dire dopo tante vite.
Quante vite ho avuto io? Direi almeno cinque o sei. Mettiamo dunque di essere ora nella mia sesta vita e di essere stata a Capri nella terza. Sono passati circa 40 anni ed il fascino di Capri – e non è una scoperta – sussiste sempre. Ma è mutato. Ricordo un bagno a Marina Grande in piena estate, una visita alla Grotta Azzurra senza code di barche ed una discesa in macchina su una strada con vista dei Faraglioni, tutte cose ora impensabili anche fuori stagione, forse perchè il fuori stagione a Capri non esiste più.
Ora mi ritrovo a passeggiare a Capri, che alterna la lussuosa eleganza dei suoi negozi a scorci meravigliosi che sembrano rubati ad un lontano ed immutabile passato. Mi ritrovo ad Anacapri, a scoprire i Giardini dell’Eden nella chiesa di S. Michele ed i giardini terreni nelle atmosfere pagane della Villa di S. Michele. Trovo un qualche nesso fra gli uni e gli altri nella bellezza di quest’isola, i cui colori si stanno ora stemperando nella luce del tramonto. Un brivido ed un pensiero: finirà anche tutto questo come i Giardini dell’Eden?
28 Ottobre – Lunedì – Messina
Messina quest’oggi è in gran spolvero. Inondata di luce, col respiro forte del mare che più che dividerla la unisce alla Calabria – molto più del ponte che non c’è – è particolarmente accogliente.
Passeggiando oziosamente, abbiamo visto due belle chiese. Una, la Cattedrale, col famoso orologio con le figure dorate che, in un modo molto mediterraneo, imita gli orologi animati tedeschi. Oggi il campanile è in restauro, lo vedremo in funzione in un’ altra occasione.
Ma c’è l’altra chiesa, quella cosiddetta dei Catalani, arabo-normanna, con litotomia marmorea, archetti ciechi con stelloni bianchi e neri e con finestre arabeggianti. L’interno è di un bianco monacale o arabo, chi lo sa, con grate moresche, linee romaniche, due superbi Crocifissi e antiche statue lignee: questa per me è una vera chiesa.
Si, oggi Messina è davvero bella.
La navigazione nello stretto è, come sempre, pittoresca: le alte coste ondulate, verdi con gli abitati chiari , il cielo limpido con leggeri sbuffi di nuvole di stile impressionista, l’incontro con altre navi, tutto è altamente spettacolare.
Ma laggiù, sulla destra, verso Sud, una nuvola è diversa dalle altre : è grigia, pesante ed avvolge gran parte della costa. Laggiù, o lassù, c’è l’Etna, il gigante furibondo, che avvolge nelle sue ceneri la povera, indifesa, innocente Catania.
29 Ottobre – Martedì – Corfù
Sembra un crocevia internazionale. In principio ci fu Ulisse e dopo di lui tutti i tipi di greci, poi i romani, i bizantini, i genovesi, i veneziani, i turchi, i francesi, gli austriaci di Sissy, gli inglesi. Infine sono tornati i greci e vi sono rimasti. E ci trovi di tutto, a Kerkira, i forti veneziani, i mercatini turchi, le chiese ortodosse, il Palazzo reale inglese, la passeggiata “belle époque”.
Ma di suo ha l’aria dolce, la vegetazione più che mediterranea, quasi tropicale, il mare trasparente tra rocce e calette, ed un fascino che nessuna dominazione straniera può dare o togliere, aggiungere o diminuire.
Abbiamo visitato la fortezza veneta, protesa sul mare e dominante Kerkira, poi siamo scesi a passeggiare nelle viuzze colorate e vivacissime. Non ci siamo fatti fretta; l’atmosfera è così rilassante che ci fa godere ogni angolo, ogni negozio, ogni scorcio. Non rimpiangiamo neppure la visita all’Achilleion., il regno di Sissy, che peraltro avevamo già visitato anni or sono.
Al piacere della passeggiata mattutina, ora aggiungiamo un altro piacere : il bagno in piscina sulla Costa Europa. Per toglierci la stanchezza prima il bagno nella Jacuzzi, poi, per tonificarci, il bagno nella piscina fredda. E dopo, un’ora di sole sul ponte della nave, in mezzo al Mediterraneo, il mare più bello del mondo.
30 Ottobre – Mercoledì – Nauplia
Quando gli dei dell’Olimpo sono bendisposti, donano alle isole greche un incanto raro, fatto di aria trasparente, di paesaggi scolpiti nel blu, di luminosa atmosfera fuori del tempo.
Qui a Nauplia non siamo su di un’isola, ma è come se lo fossimo poichè il Peloponneso è tutto circondato dal mare, tranne un minuscolo tratto, ormai tagliato dall’istmo di Corinto.
Percorriamo la strada verso l’antica Corinto, una strada che non avrebbe nulla di affascinante se non fosse in Grecia. Qui, a parte gli splendidi lucidi agrumeti che costeggiano la strada e che non sono nemmeno di origine greca, ma orientale, c’è una suggestione indefinibile, l’impressione che anche dagli angoli più aridi del paesaggio possa d’improvviso emergere un satiro ghignante, una ninfa leggera o forse anche una divinità pagana di più nobile stirpe. Può essere l’ombra di Agamennone, il cui corpo pare disteso sotto forma di una collina sull’orizzonte, possono essere i resti delle mura ciclopiche dell’antica Argo, possono essere i cartelli stradali in caratteri greci con i mitici nomi di Micene, Corinto, Epidauro, Atene. Tutto è suggestione.
Le rovine dell’antica Corinto, rovine romane perchè la Corinto greca andò praticamente distrutta, hanno l’aria immutabile e serena che dà l’immortalità assicurata. Un terremoto in più , un diluvio in meno, nulla può turbarle, ogni giorno i suoi sassi diventano sempre più belli, più fascinosi, se possibile, più eterni.
Ci sono solo sette colonne greche in stile dorico che si levano nel cielo col loro nitido disegno, sono solo sette, ma sono sufficienti a rendere il luogo indimenticabile. Poi c’è la fonte Pirene, pure greca, che dava e dà acqua ancora ora a Corinto, ma la pianta della vecchia città è romana, delineata da abbondanti reperti, un arco chiaramente romano, colonne, capitelli, statue. C’è anche un museo, piccolo ma interessante e, per fortuna, la presenza di una bravissima guida greca, una giovane architetto, che ci dà anche un’interpretazione filosofico-religiosa dell’archeologia.
Dopo il rituale del bagno in piscina a bordo della nave, il pomeriggio lo trascorriamo a Nauplia.
Nauplia – il cui nome alcuni dicono abbia la stessa etimologia di Napoli, altri che derivi da un certo Nauplio, figlio di Poseidone – è comunque chiaramente oggi di aspetto veneziano. Se forse da qui partirono gli Argonauti alla ricerca del vello d’oro, sicuramente qui arrivarono i veneziani.
Lo dice la pianta regolare della città, la sua pavimentazione lastricata, il Castello dei Palamidi ed il “Castel del Scoio” detto oggi “Bourtzi”, dalle prigioni che vi furono installate dai Turchi, gioiello costruito su un isolotto in mezzo alla baia, talmente fotogenico e fotografato che mi stupisco che non sia ancora stato consumato.
Verso il tramonto una calda luce radente avvolge la piccola Città e ne definisce le zone d’ombra, la passeggiata a mare che ne prolunga i contorni, le mura che salgono serpeggiando al Castello dei Palamidi, le bianche chiese ortodosse nascoste nelle vie e si stempera poi nelle acque trascoloranti in mille riflessi.
Anche qui non sarebbe poi così stupefacente vedere emergere dal mare perlaceo una Nereide, con un sorriso misterioso sui liquidi lineamenti marini.
31 Ottobre- Giovedì – Santorini
Nella luce di prima mattina, da lontano sembra neve. Una neve che imbianca le cime di un monte e che scende verso valle incuneandosi nelle gole.
Nulla di tutto questo è Santorini.
Non ci sono commenti a questo prodigio galleggiante su un mare blu, immobile e profondo come l’occhio di una divinità greca.
C’è quasi un religioso stupore ed un’attesa impalpabile nell’ascesa lungo i tornanti che portano in vetta.
Poi, ad Oia, è solo meraviglia. Alla natura si è aggiunto involontariamente l’uomo.
Le case non sono case intese come aggiunte estranee al suolo, ma nascono come forme spontanee, come una vegetazione candida che si aggrappa ai declivi di roccia bruciata, che sboccia da pieghe del terreno, che cresce e si sviluppa in forme impreviste ed imprevedibili con curve sinuose, con linee arrotondate, con angolaziom impossibili. Poi, qua e là, fiorisce improvvisamente una corolla color cobalto, una striscia celeste pallido, una superficie blu-viola, uno spazio giallo-ocra. Ma questi colori sono quasi non-colori, intesi solo a far risaltare il colore bianco che è l’unico, l’assoluto sul fondo blu di un mare da vertigini.
Quando gli dei vedono questo spettacolo sono sicura che sorridono e, se possibile, sono più felici.
Dopo, ma solo dopo,. realizzi che vi sono abitazioni, terrazzi, chiese, mulini a vento, negozi e che non hai dinnanzi un dipinto cubista o un villaggio fiabesco dei Puffi, ma un paese vero.
Poi vengono le spiegazioni scientifiche sulla geo-morfologia vulcanica di Santorini che, dalla parte opposta alla “caldera” è una normale isola con un versante in declivio, con delle spiagge belle ma normali. Che poi tu scenda al mare con l’ovovia, col mulo o a piedi è solo una curiosità per turisti, una nota di colore che non ha nulla a che fare col magico bianco della sommità.
Infine ti accorgi che inutilmente sul mare blu cercano di fare concorrenza a Santorini non solo la Costa Europa, ma anche la sorella Costa Classica, con la loro elegante linea bianca.
Purtroppo di Mikonos non posso dire molto.
Siamo scesi nel tardo pomeriggio, quando ormai il crepuscolo cala d’improvviso e si divora cielo e mare e terra.
Certo, distesa lungo la baia che si indovina incantevole, accuratamente illuminata nei punti strategici, negli angoli più caratteristici, porticcioli, piazzette, viuzze scalinate, mulini a vento, Mikonos denota grazia ed eleganza. Fra le case, anche qui bianche, ho notato chiese con cupole rosso-scuro.
Sarà una variante di Santorini?
1° Novembre – Venerdì – Rodi
Se Santorini è pura bellezza, Rodi è totale vivibilità. Santorini quasi ti incute rispetto, Rodi ti accoglie a braccia aperte. Rodi ha di tutto e di più : il porto col forte veneziano e col leone di S. Marco che ti è familiare, una cinta di mura menate, anch’esse familiari, una cittadella in stile gotico-provenzale, e poi moschee e fontane turche, e chiese ortodosse ed un clima dolcissimo, una vegetazione lussureggiante che denota abbondanza di acque, e la solita cosa comune, mare e spiagge deliziosi.
Già, come arrivi dal porto attraverso la Porta della Marina, ti ritrovi davanti alle suggestive rovine, curatissime, della chiesa di Santa Maria ed in pochi passi sei in una sorprendente piazza con una fontana turca nel mezzo e, sullo sfondo, a destra la torre merlata del Palazzo dei Cavalieri ed a sinistra un minareto. Risalendo la bella, sobria strada dei Cavalieri, con i palazzi in pietra chiara, dove il subcosciente ti riporta ad Avignone, di nuovo ti trovi al centro del mondo. A destra il palazzo turrito, a sinistra la cupola di una moschea, davanti il campanile orfano di una chiesa ortodossa e poco più in là un palazzo neoclassico. Lo straordinario è che questa miscela di stili è affascinante.
Dal Palazzo dei Cavalieri – restaurato con cura dagli italiani ai tempi del Dodecaneso -con le sue sale ricche di tappeti musivi, ad una moschea trasformata in biblioteca, dal campanile di linee barocche, alle curve di un’altra moschea in restauro, lungo le strade colorate di negozi e negozietti, quasi un suk, del quartiere turco, alle viuzze quiete bordate di muri da cui la vegetazione trapela suggerendo ritrosi giardini arabi, tutto qui parla di una coesistenza che non può essere solo apparente.
Non so nulla della città moderna fuori dalle cinta delle mura, ma mi auguro che sia altrettanto vivibile.
Poi. nel pomeriggio, c’è la scoperta di Lindos., un paesino in cui ti arrampichi per stradine bianche e nascoste, più modeste di Capri, più modeste di Santorini, ma quando arrivi in cima raggiungi le più stupefacenti rovine di un’ Acropoli a picco sul mare. Le solite – si fa per dire – mura di una fortezza medioevali dei Cavalieri di Rodi, un cui nucleo risiedeva qui, portano gradualmente a gruppi di colonne che, come i Propilei ti accompagnano, sempre salendo, alle ultime colonne del tempio, alte sulla roccia di un promontorio che intorno non ha che il mare, un mare cui manca solo il canto delle Sirene.
Ridiscendendo verso Lindos, con gli occhi ancora pieni della bellezza della sommità e delle spiagge giù in basso, un altro incontro ci fa fermare incantati. Una chiesetta ortodossa, bianca e semplice come vogliono le regole, che pretendono gli ornamenti e le ricchezze solo all’interno, ci rivela pareti e soffitti interamente ricoperti di affreschi d’epoca dal 1100 al 1300.
La penombra soffusa, i colori ambrati dal fumo di secoli di candeline, le magiche e misteriose figure ieratiche donano al luogo un misticismo ineguagliabile.
Si. penso proprio che mi fermerei volentieri una settimana a Rodi.
2 Novembre – Sabato – Creta
Fai con i Romani un punto di spartiacque e poi torna indietro, ai Greci, ai Persiani, agli Assiri, ai Babilonesi, ai Fenici e poi torna indietro. Prima di tutti ci sono i Minoici. Prima di tutto c’è Creta, il Minotauro, Minosse, Cnosso.
Ci vuole molta fantasia – quella a cui ci invita la giovane ed entusiasta guida cretese – per immaginare, fra quelle pur suggestive rovine, il fascinoso palazzo di Cnosso. Palazzo per modo di dire, perchè pare ospitasse più di ottocento persone, quasi una città in miniatura, costruito con fasto ed eleganza da un lato, e dall’altro con innovazioni tecniche d’uso comune degne di ogni attenzione.
Stonano un po’, sull’austero paesaggio – ma ormai è un luogo comune – le ultra-famose colonne rosso-scuro.
Siamo da sempre abituati ai resti archeologici, sia di architetture che di sculture, senza colore, nel materiale originario, pietra o marmo che sia. Ma sappiamo benissimo che in antichità il colore veniva abbondantemente usato sia presso i greci ed i Romani, sia in tutta l’arte romanica e gotica. Ed a maggior ragione dovrebbero stupirci di meno queste colonne -a parte il fatto di avere un aria cosi nuova -se le uniamo agli affreschi multicolori che lì stavano e che ora sono sistemati nel Museo di Iraklion, ricchissimo di oggetti, di vasi, di anfore, di statuette, di sarcofaghi, di tutto ciò che faceva parte della vita ordinaria e straordinaria e della morte dei Minoici.
La nostra brava guida ci ha fatto visitare 13 sale, che sembrano tante, ma sono in effetti poche rispetto a quelle dell’intero Museo, ma scelte con cura, facendoci un rapido corso dal periodo arcaico, a quello della maturità ed a quello della decadenza.
Sono uscita con un senso di insoddisfazione, sia per il Museo, ma soprattutto per Creta, isola di monti e spiagge, di eroi e di santi, di templi e monasteri.
Ma ormai la nave ha fretta, è diventata una signora impaziente che ci chiama per riaffrontare il suo dolce andare su un mare che non fa una piega, non ha un brivido, sembra immoto. La luce si è fatta grigio-perla, il tempo sta cambiando insensibilmente, ma sicuramente.
3 Novembre – Domenica – Katakolon
Di Katakolon ho solo l’immagine di un molo d’attracco della nave, di una monotona strada lungo una spiaggia che non è di sabbia, nè di terra, nè di sassi, con un pallido mare amorfo costellato di sacchetti di plastica multicolore. Katakolon è solo un punto d’appoggio da cui recarsi a visitare Olimpia. Avendo visitato Olimpia pochi anni fa, rinunciamo all’escursione e passiamo la mattinata, peraltro opaca e foschiosa, passeggiando e visitando i negozietti del paese, tutti destinati ai turisti. Questo è proprio un giorno di riposo. Anche una crociera deve avere il suo giorno di ferie!
4 Novembre- Lunedì – Malta
Quando mi sveglio, la luce che filtra tra le cortine delle finestre della cabina ha un’altra qualità. Ed infatti piove.
La luce solare, limpida, classica, degna degli dei greci non c’è più. Forse è anche giusto, ma triste.
Piove, e davanti ai miei occhi c’è Malta. Bella, bellissima questa profonda insenatura con le cinque dita protese, il mare color peltro vi si insinua, ambiguo e protettivo. Col sole, il giallo delle rocce e delle costruzioni deve diventare oro.
Ho sentito dire che anche qui, come a Gerusalemme per esempio, c’è un vincolo per i materiali da costruzione, e questo contribuisce alla bellezza di Malta, che si basa soprattutto su questa sua omogeneità di colore e sul connubio stretto col mare.
Per il resto, la visita non è un gran che, breve e dozzinale con l’ombrello, la pioggia, la folla, non si gusta molto. Il Palazzo dei Cavalieri, sede dei Parlamento, oggi è occupato dai membri in seduta, le strade sono ingrigite da una vaga atmosfera britannica, le soste ai negozi di souvenirs noiose. La Concattedrale, unico monumento che visitiamo, sempre piuttosto velocemente, è ricca e preziosa, forse anche bella, ma non di mio particolare gradimento. Possiede moltissime cose belle, tra cui un superbo pavimento di marmo policromo, pilastri in pietra intagliata e scolpita, un gruppo marmoreo sull’altare maggiore di belle forme barocche, soffitti dipinti dal Noia. Ma non sempre, come dico io, due più due fa quattro, e cioè non sempre la somma di cose belle dà come risultato una cosa bellissima. Forse le manca il fascino, che è altra cosa dalla bellezza e dalla ricchezza.
O forse è solo questa visita affrettata, questa mancanza della luce calda a cui ci siamo abituati in questa luminosa crociera, che ci rendono vagamente insoddisfatti.
Resta, splendida, la luce radente con cui quel “mascalzone” del Caravaggio riesce a disegnare le figure, facendole emergere dall’oscurità, quasi dalla disperazione più nera.
Indubbiamente di Malta, con i suoi coloriti nomi di La Valletta, Cospicua, Vittoriosa, Sangiea, Medina ecc., non abbiamo visto niente.
Mi restano in mente le curiose iscrizioni delle vie e delle piazze in lingua maltese, un misto di arabo, greco, spagnolo, siculo, inglese. Mi restano in mente i balconi aggettanti, “solanas” in spagnolo, “bow-windows” in inglese, comunque tutelati e protetti dalle locali Belle Arti.
Resta la voglia di rivederla più a lungo in un tramonto di oro rosso.
5 Novembre – Martedì – Ritorno
Il ritorno è sempre malinconico. Accompagnato da un paio d’ore di mare molto mosso, può essere anche più triste. Ma la vita di bordo cerca di consolarci come può. Non ne ho parlato in questo mio diario, ma basta risalire a quello dell’anno scorso e vi si troverà tutto il necessario.
E poi troppo mi hanno assorbito i bellissimi posti che ho visitato, magari non a sufficienza, ma tanto da ripensarli con nostalgia.
In alcuni bisognerebbe ritornare.
E’ questo il mio “the end”: ARRIVEDERCI!
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