di Alessandro Magri –
Camminavo da solo a Kyoto, e il freddo stava paralizzandomi pure le punte dei capelli. A che cosa serve che i distributori automatici di bibite sputino per strada del caffe’ e delle zuppe di patate caldi, se poi bastano 20 secondi perche’ il calore si sia completamente dissipato nell’entropia dell’universo?
Non volevo seguire quella coppia, ma erano sinuosi e sembravano felici, cosi’ mi ci sono aggrappato con tutta naturalezza tra i sentieri di un parco tra i templi. Poi loro hanno attraversato al semaforo, imboccato lo stradone verso GION, e io li ho seguiti.Non volevo, prometto, ma mi ci sono aggrappato di nuovo – e l’ho fatto senza nessuna cattiva intenzione. Loro hanno continuato dritti filati, e forse avrei dovuto continuare a seguirli. Ma ho girato a sinistra, dove la strada perdeva l’asfalto per guadagnare delle vecchie pietre, e balzava cosi’ nel girone delle strade nobili. C’era pure la luce dei lampioni a riflettersi sui lastroni levigati. Tra le vecchie case basse ai due lati della strada, delle scarpe di legno stavano arrivando da dietro – a passi piccoli e veloci. Del legno contro della pietra macchiata dalla luce dei lampioni: come poteva pretendere di passare inosservata ? Non gli ho lasciato il tempo di superarmi sulla destra, mi sono voltato di scatto, e ho sbattuto gli occhi contro una faccia bianca come della farina di riso, e una bocca rossa che sembrava un petalo di rosa rimasto appeso su delle labbra morbide.
«Ma che COS’E’ una geisha?» mi chiedevo la mattina di quello stesso giorno, abbandonando il circuito canonico tra i templi della riva est di Kyoto, per perdermi tra le strade su per la collina.
[Si tratta di una semplice domanda, avrei forse dovuto formularla con un “chi” anziche’ un “che cosa”. Ma per favore, non siate polemici, e non accusatemi subito di misoginia !]
Tanto per cominicare, le geisha sono delle donne giapponesi. Molti sono convinti che si tratti di donne che – se siete un uomo – vi seguono camminando a circa mezzo metro dietro di voi. Il che e’ una fandonia, perche’ tutte le donne giapponesi (nel rispetto delle tradizioni sociali) dovrebbero avere l’accortezza di camminare dietro agli uomini. E’ ben possibile, peraltro, che un certo numero di coppie non rispetti piu’ il precetto; ma non mi sembra il caso di criticare in questa sede delle tradizioni secolari.
I piu’ scafati risponderebbero sornioni che una geisha e’ una PROSTITUTA. Non esattamente. Sarebbe decisamente riduttivo prendere le geisha per delle puttane ! Qualcuno potrebbe tentare di rettificare, dicendomi che le geisha sono delle prostitute d’alto borgo, che si fanno pagare a suon di Yen per le loro prestazioni sessuali. Non ci siamo. Anche cosi’ la definizione resta tremendamente riduttiva.
Cio’ che e’ certo, e’ che le geisha sono delle donne, di una raffinatezza inaudita, che si fanno pagare per il tempo che passano in vostra compagnia. Ma le prestazioni che offrono ai propri clienti non sono di natura precisamente sessuale. O almeno, non lo sono in modo esclusivo, e certamente il sesso non costituisce l’attivita’ centrale nella professione di una geisha. Non ne e’ l’elemento di facciata, non e’ il vettore di abbordaggio, ne’ il pimo grado che la societa’ riconosce e accetta. Le geisha non si vanno a comprare ai bordi di una strada, cercando di stimare la prelibatezza dell’acquisto attraverso i vetri della macchina, nell’oscurita’ livida dei lampioni, abbassando il finestrino per chiederne il prezzo e rifugiandosi in un vicolo buio per godere dei piaceri della carne a pagamento.
Le geisha non sono affatto delle prostitute ! Godono di uno statuto ben piu’ elevato, perche’ sono un elemento chiave della sociata’ tradizionale giapponese. [E’ altrettanto vero che si potrebbe sostenere la tesi per cui le puttane sono degli elementi chiave di ogni societa’ che si rispetti ! Ma non mi addentrero’ nella querelle].
Nella societa’ tradizionale giapponese, dove la donna e’ relegata a un ruolo di sottomissione completa, era necessario modellare delle super-donne – capaci di intrattenere gli uomini di mondo in un rapporto “da pari a pari”. Discutere con loro, stupirli con la magia del canto e della danza, trangugiarsi insieme una bottiglia di sake’, e punzecchiarsi dialetticamente con le parole, o con le dita sulle natiche. E’ questo il ruolo ufficiale, il PRIMO GRADO delle geisha. Delle donne, intrattenitrici raffinate, con cui passare le serate dopo gli impegni della vita professionale.
Le geisha costituiscono tutt’universo, un mondo parallelo, basato su delle regole rigorosamente codificate. Un universo che ha pure la sua capitale: KYOTO. E’ qui che da sempre vivono le geisha piu’ rinomate, ed e’ qui che ancora oggi la formazione e l’esercizio della professione si basano su un rispetto assoluto delle tradizioni. Esiste pure un Ufficio di Registrazione dove le geisha devono iscriversi per poter praticare in piena regola; in questo ufficio tutti gli introiti sono rigorosamente contabilizzati, il che obbliga le geisha a ripagare il dovuto alle casse dello Stato.
All’inizio del 900, c’erano la bellezza di 800 geisha – soltanto a Kyoto. Piu’ varie decine di altre professioniste del settore nel resto del Giappone. Oggi, spazzate via dalla bufera impetuosa del progresso, ne rimangono solo una sessantina, praticamente tutte concentrate nel mitico quartiere di GION a Kyoto.
Se parlate un po’ giapponese, saprete forse che la parola GEI (in bella vista nel termine GEIsha) significa “arti”. Ebbene si’, le geisha sono etimologicamente delle artiste, o delle artigiane se preferite. Le geisha eccellono nelle arti del canto [con una voce che sembrera’ forse un po’ stridula alle orecchie delicate di noi buoni occidentali], della musica [lo SHAMIZEN, uno strumento della famiglia dei tamburi, e’ il loro compagno preferito] e soprattutto della danza. L’arte della danza e’ l’attivita’ suprema, la piu’ prestigiosa per una geisha; e ogni movimento si ispira agli antichi insegnamenti della scuola INOUE.
Le geisha vanno a scuola, e seguono un lungo iter formativo prima di potersi dichiarare tali. Ci sono le apprendiste (dette MAIKO), e ci sono le geisha confermate. E per passare dall’uno all’altro statuto, un’apprendista deve trovarsi una madrina, che l’introdurra’ progressivamente agli incontri esclusivi con i clienti-uomini. Vi avevo pur detto che si tratta di un sistema perfettamente codificato … ! Le geisha vivono nelle OKIYA, delle case per-cosi-dire “comunitarie”, che in generale ospitano 2 o 3 geisha ciascuna – senza contare le eventuali apprendiste. L’okiya e’ di proprieta’ di una geisha in pensione, che – ritiratasi dal mestiere – investe nelle nuove leve per ricavare i profitti della loro attivita’, una volta che saranno delle geisha confermate. Tradizionalmente, l’okiya COMPRA delle bambine, paga per loro vitto, alloggio e spese scolastiche, e richiedera’ che tutto le sia rimborsato (con i dovuti interessi, e senza dimenticare il costo di acquisto della bambina) quando la geisha cominciera’ ad incassare i ricavi della sua attivita’ di intrattenitrice di lusso. Un sistema sorprendente dove delle SCHIAVE si affrancano col tempo, esercitando la professione per la quale sono state comprate ed educate!
La risorsa principale di un’okiya e’ rappresentata – oltre naturalmente dalla presenza di fanciulle promettenti – dal guardaroba preziosissimo dei KIMONO. Quando sono in pubblico, le geisha si presentano con degli abiti, un trucco e delle acconciature di una raffinatezza inaudita. I kimono sono spettacolari, ricamati con dei disegni raffinati e dei materiali pregiati; e c’e’ sempre un OBI – un grande fiocco annodato posteriormente – da abbinare al colore e ai motivi del kimono. Le geisha camminano su degli OKOBO, delle scarpe che assomigliano a degli zoccoli di legno, ma decisamente piu’ raffinati. Tanto che paragonarle a degli zoccoli mi sembra sinceramente fuori-luogo. E poi c’e’ il trucco bianco sulla faccia, e le labbra dipinte di rosso carminio, e tutto il resto. Per finire con la pettinatura di “ pesca tagliata a meta’ ”, perche’ se la guardi da dietro sembra che ci sia un taglio in mezzo. Si tratta di una pettinatura cosi’ complicata che le povere geisha sono obbligate a dormire su un cuscino speciale – il TAKAMAKURA – che serve a sorreggerne solo il collo senza toccare nemmeno un capello.
Basta guardarlo, il collo di una geisha, per riconoscere se si tratta di un’apprendista o di una professionista accreditata. Le prime portano un colletto rosso, le seconde un colletto bianco; cosicche’ tra di loro parlano di “cambiare il colletto”, per indicare una geisha che ha raggiunto il grado di professionista confermata.
Gli appuntamenti delle geisha con i propri clienti – anch’essi regolati in modo millimetrico – si svolgono in luoghi ben precisi. E tremendamente esclusivi. Solo ed unicamente nelle CASE DEL TE’. Delle specie di club privati, dove [naturalmente] non si va soltanto a bere del te’. E non si tratta in generale di tête-à-tête tra una geisha e il suo cliente, ma piuttosto di feste private, dove un uomo invita alcuni amici e richiede la presenza di varie geisha; le sue preferite. Il padrone della casa del te’ prende le ordinazioni e passa le richieste all’okiya. Durante il festino, in una delle stanze private della casa del te’, le nostre intrattenitrici raffinate si siedono ciascuna dietro a un cliente, discutono e bevono, cantano, suonano e ballano come si conviene. Per una geisha fare del marketing significa assicurarsi il numero massimo di richieste, ed avere un circolo di clienti abituali piu’ ampo possibile. Per massimizzare i profitti, le geisha partecipano in generale a piu’ feste ogni sera, dove vengono pagate in funzione del tempo passato in compagnia del cliente che le ha richieste. Se la vostra curiosta’ e’ ancora affamata, sappiate che il tempo e’ misurato con il numero di bacchette d’incenso bruciate durante la presenza della geisha. Un cronometro poco preciso, ma decisamente suggestivo.
SENTO pero’ che qualcosa vi sfugge ancora – in tutta questa bella storia. D’accordo le doti artistiche. E passino pure i festini cortesi nelle case del te’. Ma suvvia, non siamo mica cosi’ naif ! Non vorrete mica farci credere che non c’e’ neppure un po’ di sesso in tutta questa faccenda ? Vi avevo avvisato che – se anche c’e’ del sesso – se ne sta’ ben nascosto. A dire il vero, una geisha non metterebbe mai in gioco la propria reputazione offrendosi per una notte sola. [A meno, beninteso, di essere colta lei stessa da un’irrefrenabile passione – ma questo non fa piu’ parte della sfera professionale]. Anche le faccende piu’ strettamente erotiche sono quindi governate da regole immutabili !
C’e’ innanzitutto la “prima notte”; detta anche sverginamento – volendo essere piu’ prosaici. In Giappone lo chiamano timidamente MIZUAGE. I clienti interessati si fanno avanti, e la giovane geisha presa di mira vagliera’ (con la padrona della propria okiya) l’interesse economico di concedersi a questo o a quel cliente. La geisha offrira’ allora un Ekubo a ciascuno dei pretendenti selezionati, ovverossia una torta di riso dolce dalle sembianze a quanto pare evocative, soprattutto a causa di quel suo “cuore” rosso. Questo gesto dara’ inizio a una vera e propria asta tra i pretendenti, con tanto di rilanci. La geisha regalera’ naturalmente la propria verginita’ al migliore offerente. A quanto pare alcuni mizuage furono pagati con cifre astronomiche. Ma nessuno vada a raccontare a una geisha le gioie adolescenziali del primo amore!
Dopo la prima notte, anche le notti seguenti si pagano a caro prezzo. Non individualmente, ma solo per blocchi di incontri amorosi, su un periodo lungo generalmente di una anno. Il principio e’ lo stesso: i pretendenti si fanno avanti, c’e’ una prima selezione da parte dell’okiya, e VIA con il gioco dei rilanci e dei lunghissimi negoziati. L’uomo identificato come miglior partito [per qualsiasi motivo – economico o meno – che l’okiya ritenga rilevante] diventera’ il “DANNA” della geisha per il periodo stabilito. E potra’ godere allora di un diritto esclusivo su di lei in materia di incontri erotici. DANNA significa tradizionalmente “marito” in giapponese. Beninteso, il danna puo’ essere un uomo sposato. Ma sta di fatto che la geisha e il suo danna sanciscono la propria unione erotica temporanea con una sorta di matrimonio ufficiale. Una cerimonia che – manco a dirlo – si svolge con tanto di invitati, nelle stanze della solita casa del te’. C’e’ da supporre che la moglie ufficiale del DANNA non faccia parte del pubblico presente.
Non so per quali strani meccanismi interni, ma quella sera avevo addosso un BLUES preoccupante. Se non avessi preso la nobile strada a sinistra, il mio blues sarebbe probabilmente sopravvissuto fino al giorno dopo. E se non avessi incrociato quella faccia di riso bianco con un petalo di rosa sulle labbra, non si sarebbe certo trasformato in eccitazione repentina. Avevo trovato il primo varco per mettere finalmente a tacere le domande che mi ronzavano in testa da quella mattina. E non avevo nessuna intenzione di lasciarmelo scappare. Ho sfoderato la mia macchina fotografica digitale, indossato i gesti di un PAPARAZZO, e ho cominciato ad indagare. Dove stanare una geisha ? Sapevo che – senza parlare una parola di giapponese, ma soprattutto senza l’appoggio di un padrino – non sarei mai riuscito a varcare la porta segreta di una casa del te’. Ma almeno uno sguardo, quello si’ … non volevo scivolar via dalle pietre levigate della strada HANAMI-KOJI di Gion senza aver catturato almeno uno sguardo di geisha tra i pixel della mia macchina digitale.
Ho incontrato un uomo barbuto; parlava bene l’inglese. Faceva foto anche lui, ma professionali. Ed era terribilmente informato sui FATTI. Mi ha mostrato l’ingresso di una okiya, e le targhette di legno sulla porta con incisi i nomi delle 3 geisha che ci abitano. Mi ha spiegato che il prossimo cambio (da un appuntamento a un altro) sarebbe stato alle 8 e mezzo di sera, e mi ha portato davanti alla casa del te’ ICHIRIKI, senza alcun dubbio la casa del te’ piu’ celebre di tutta Kyoto, e quindi del mondo intero.
Poi 4 di loro sono uscite per andare dai clienti del turno successivo, e io sono scivolato ancora un po’ di piu’ nelle vesti del paparazzo. Le ho seguito di soppiatto, quelle povere geisha che correvano via, braccate, facendo rimbombare le suole di legno sulle lastre di pietra. Completamente pazzo di loro. E come Aladino faceva con il suo genio nella lampada, ne ho imprigionate quattro tra i pixel mobili della mia macchina digitale, E ME LE SONO PORTATE A CASA.
Questo racconto e’ un frammento di un viaggio intorno al mondo durato undici mesi. Puoi leggere tutti i racconti del viaggio e vedere le foto sul sito di Alessandro Magri
Il Viaggio Fai da Te – Hotel consigliati a Kyoto |