Dodici giorni in Israele

di Paola Ceccacci Piazza –
Devo fare una premessa a questo viaggio. L’ho fatto nella primavera del 1997 e questa Terra era così bella da lasciare stupefatti. Ho condiviso la tavola con ebrei e con arabi, con giovani e vecchi e sentir parlare di “cuore bianco” faceva tanto sperare. Oggi questo itinerario non sarebbe più possibile. Guerra, muri, odio, incomprensione sono i frutti di questi ultimi anni. Forse un giorno, ed è il mio augurio più grande, il Paese tornerà ad essere la Terra di due popoli che con uguali diritti vi abitano e vi fanno crescere i loro figli. Siamo arrivati a Gerusalemme al tramonto. Le mura di Solimano il Magnifico a quell’ora sono dorate. La città antica è tutta circondata da questa monumentale cinta che segue il tracciato delle antiche fortificazioni romane e le otto Bab che torno torno si aprono sulle viuzze della città vecchia sono imponenti nonostante la semplicità del loro stile.
L’ospizio Casa Nova dei Custodi della Terrasanta è accanto al Patriarcato greco ortodosso e a due passi dalla libreria dei francescani; vicinissimo è il Santo Sepolcro che con la sua severa facciata bizantina guarda una piazzetta e una piccola moschea. Il minareto in pietra che svetta verso il cielo e un cipresso scuro fanno da sfondo al raccolto scenario. Poco dopo il tramonto, quando le stelle cominciano a scintillare, il muezzin porta le sue mani a megafono vicino al viso, chiude le orecchie con i due pollici e all’altoparlante modula la sua voce per chiamare i mussulmani alla preghiera della sera. Nello stesso preciso momento i monaci greco ortodossi e i preti copti rimandano con dolcezza il grande portone della basilica e nel silenzio che sopraggiunge l’atmosfera si fa struggente.La spianata del Tempio che domina la valle del Cedron ( o Kidron) è divisa in due parti: all’estremità meridionale si innalza la grandissima moschea di El-Aqsa, più in alto, raggiungibile con una gradinata troneggia scintillante la stupenda Cupola della Roccia, in arabo Qubbet es-Sakhra che racchiude gelosamente la roccia sulla quale Abramo stava per sacrificare Isacco, simbolo delle tre religioni monoteiste.Secondo la tradizione religiosa sotto la Roccia si trova il pozzo delle Anime dove le anime di tutti i morti si attarderebbero prima di scomparire dalla terra.
Il quartiere residenziale ebraico, situato sul tracciato del Cardo romano, è nuovo di zecca e passeggiando tra vie e piazzette fa pensare di essere in Svizzera; tanto più se ci si arriva dal suk vociante, brulicante, impregnato di mille aromi che dalla Porta di Giaffa scende verso una delle entrate alla spianata. Si visita la sinagoga ashkenazita Hurva della quale dal 1948 resta poco più di un grande arco di pietra che reggeva la cupola e l’edificio delle quattro sinagoghe sefardite del XVI secolo,restaurate nel 1964, situate sotto il livello stradale poiché gli Ottomani esigevano che le cupole delle sinagoghe non superassero i tetti delle case vicine.

Il Cenacolo è nel quartiere armeno che sta a fianco di quello ebraico. Il luogo è detto monte Sion ed è leggermemte fuori della cinta eretta da Solimano. Nell’elegante sala rettangolare che fa immaginare la ricchezza dell’uomo che ospitò Gesù per l’ultima cena con gli apostoli oggi c’è anche un piccolo e grazioso mihrab che indica la Mecca. La mente del visitatore, pellegrino od osservatore che sia, forse riesce ad immaginarsi la tavola apparecchiata, dipinta da tanti pittori di tutti i secoli ma senza dubbio si stupisce che anche i mussulmani vogliano essere presenti in questo luogo così importante per i cristiani, restaurato recentemente per interessamento di don Verzè di Milano. E ancora di più si meraviglia scendendo al piano terra dove ci sono una scuola ebraica ed una piccola sinagoga che conserva la cosidetta tomba di David avvolta in seta rossa.
A proposito di David nella valle del Cedron, vicino alla sorgente di Gihon e alla piscina di Siloe (in ebraico Shiloah), collegate tra loro da un tunnel di epoca cananea, gli archeologi hanno trovato recentemente una grotta che conteneva del vasellame di epoca biblica, che è forse la sua tomba. Infatti proprio in questa valle alle pendici del monte Scandalo David aveva creato la sua città.
Non molto distante da questi luoghi c’è ancora ben conservata la scala in pietra chiara di epoca asmonea che Gesù senza alcun dubbio discese dopo la cena “quella notte” per andare al monte degli Ulivi. La parola orto è nostra e in Palestina qualsiasi appezzamento agricolo si chiama giardino. Al Giardino degli Ulivi ci si arriva scendendo appunto nella valle del Cedron dal lato dell’estesissima necropoli ebraica.

Otto ulivi dal grosso tronco sono racchiusi in un giardinetto. Un attimo basta se si è già emozionati per abbracciarli con lo sguardo e notare con gioia che le loro folte chiome sono visitate da tanti uccellini. Ma occorre poi del tempo e del silenzio soprattutto per pensare a “quella notte”, ognuno con la propria fede.
Proprio di fronte al Giardino degli Ulivi si alza il muraglione della spianata con al centro da quel lato la Bab-el-Rhameh, la porta Aurea a due arcate e murata da un millennio. Lungo questo tratto di mura c’è un cimitero mussulmano, è tradizione infatti che qui inizierà il Giudizio Universale e le necropoli delle altre due religioni monoteiste sono nella valle del Cedron per questo.
Al muro del pianto, così chiamato dal Medioevo, ma dagli ebrei detto Hakotel Hama’aravi,cioè muro occidentale, si arriva dal quartiere ebraico. E’ il solo tratto superstite delle mura ciclopiche che circondavano il Tempio di Salomone e dal tempo della sua distruzione da parte di Nabucodonosor è diventato un luogo di grande devozione ebraica, una sorta di sinagoga all’aperto. Due i settori ben distinti per uomimi e donne; i ragazzi che hanno fatto il Bar Mitzwà vestiti come gli adulti, i bambini almeno con la kippa, le donne tutte a capo coperto. Con il viso rivolto al muro si vedono pregare con grande raccoglimento, a contatto di gomito, dondolandosi leggermente chassidici del gruppo Toledot Aharon e quelli ungheresi, i lituani e gli ebrei di Gora, i lubavitch e i belgi. Attenti a conservare le abitudini in uso in Europa orientale nel XIX secolo, si differenziano tra loro per il cappello nero a larghe falde ma di varie fogge, per lo streimel di pelliccia rossiccia, per i pantaloni lunghi o al ginocchio, il pastrano nero lungo o il soprabito a vestaglia corto qualche volta di seta bianca a righe nere.Tutti indistintamente hanno addosso il tallit e lunghi zizit di un sottile cordino escono da sotto la giacca.
Gerusalemme antica è una città dal fascino misterioso: non vorresti mai staccarti dalla sua atmosfera diversa a ogni ora del giorno, dolcissima all’imbrunire, festosa all’alba.
A Gerico ci si arriva in un’oretta con l’auto a nolo. Un nastro di asfalto nero si snoda subito appena usciti da Gerusalemme, tra colline color ocra, brulle, percorse da nomadi e da pecore, un’immagine dei nostri presepi. Archeologi romani dell’Università La Sapienza stanno riportando alla luce nel tell dell’antica Gerico muri di abitazioni di 7000 anni av.Cr. fatti di mattoni uniti da pozzolana. Gerico è considerata la città più antica del mondo. Proseguendo ma con negli occhi anche le straordinarie cascate di buganvillea rosa, fucsia, arancio, gialla, bianca ci affacciamo sul Mar Morto con le sue incredibili rocce di sale. Per arrivare a Eilat si costeggia da un lato il confine giordano e dall’altro gli altipiani assolati, maestosi e deserti del Negev. Basta sostare nel Parco naturale di Ein – Gedi e poi salire a Masada per poter ammirare lo straordinario paesaggio che caratterizza questa regione della Giudea. A Masada si sale con una funivia offerta a Israele da ebrei americani. Quattro minuti di salita (ogni volta 40 persone) e dopo un breve sentiero a piedi ecco la famosa cittadella che Erode abbellì nel 37 av. Cr. con sontuosi palazzi e dove più tardi gli Zeloti si sacrificarono pur di non cadere in mano dei Romani. Il sito è straordinario e i suoi scavi hanno permesso di conoscere meglio la genialità del costruttore Erode e la vita quotidiana degli Israeliti del primo secolo av. Cr. avendo lasciato gli zeloti molte tracce tra cui un colombario e diversi forni per fare il pane.
Eilat è una rumorosa Rimini: grandi alberghi, parchi dei divertimenti, la passeggiata a mare dove puoi vedere tra ragazzette con i capelli verdi e mamme in chador due ebrei ortodossi con tanto di peoth arricciolati e kippà sulla nuca entrare in acqua con mutandoni alle ascelle.Ma è una tappa piacevole prima di tornare indietro e di addentrarsi da Shizafon nel maestoso e singolare deserto del Negev.

Infatti il paesaggio cambia di colpo e l’attenzione per non perdere il minimo particolare riprende il suo posto: canyon di arenaria rossa, ocra, crinali di gesso bianco, pareti scolpite di lava nera, valli brulle a forma ovale, una caratteristica del luogo che indica i passaggi delle acque, precipizi e pinnacoli di roccia lasciano col fiato sospeso e si vorrebbe tornare continuamente indietro per rivedere. Così fino a Sdeh Boker, un kibbutz con una importante Scuola per agronomi dove vi sse gli ultimi anni Ben Gurion e dove ha voluto essere sepolto con la moglie Paula.
Le due semplici tombe di pietra locale stanno una a fianco all’altra su una terrazza di ghiaia lasciata nella più grande semplicità sull’orlo di un dirupo dal quale si contempla l’anfiteatro magnifico e desertico del canyon di En Avdat.
Per arrivare all’Herodion, altro luogo suggestivo ideato dal geniale Erode, bisogna superare la capitale del Negev Be’er Sheva e dirigersi verso Hebron. L’Herodion si trova molto vicino a Betlemme in cima al gebel Fureidis ( 780 m.); si sale lungo una sorta di viottolo e la collina non sembra riservare sorprese fino a quando non si trova un cancelletto che fa entrare in un breve tunnel dove c’è una scala tagliata nella roccia con gradini e gradoni irregolari che sale, sale, sale fino alla cima troncoconica del gebel; ed ecco,assai bene conservati, i resti del palazzo di Erode dove tutte le necessità erano previste: terme con il calidarium, sale di ricevimento, pozzi e spazio per un giardino pensile limitato da portici.
A Hebron i turisti non possono più andare. Noi siamo riusciti solo perchè accompagnati da Alfredo, un amico colombiano che conosce anche i dialetti arabi e benissimo l’ebraico. Dopo molti parlottii ha saputo convincere i militari che presiedono la città che lo sparuto terzetto non avrebbe provocato incidenti. I soldati hanno posti di blocco non solo alle entrate di Hebron ma anche lungo la scalinata che porta all’Haram-el-Khalil ( al Santuario dell’Amico), descritta da Pierre Loti nel suo sempre attuale “ Gerusalemme”. L’edificio dall’aspetto di fortezza fu costruito da Erode sulle mura di re David, poste a protezione della grotta di Macpela, comprata da Abramo per seppellire Sara dal ricco Efron, l’Hittita, per 400 sicli d’argento.Isacco e Rachele poi vi seppellirono Abramo, i figli di Isacco padre e madre e anche Giacobbe e Lea hanno qui le loro tombe. La moschea,datata 1187,composta da un vestibolo e da una sala quadrata con alto soffitto a volta è bellissima. L’Imam che ci ha accolti con grande gentilezza ci ha mostrato i sarcofaghi di Isacco e Rachele avvolti in seta verde, posti davanti al mihrab in due piccoli mausolei muniti di inferriata; poi staccato quello di Abramo, l’Amico di Dio, chiuso in un ambiente a parte che può essere visto attraverso una vistosa grata anche dagli ebrei della sinagoga adiecente (ricavata nel complesso della moschea solo nel 1967, dopo l’occupazione israeliana) che nel loro luogo di culto conservano Giacobbe (Israele) e Lea. Il minbar riccamente scolpito e molto ben conservato del Santuario dell’Amico è quello che vi fece trasportare Saladino al momento della riconquista mussulmana di Hebron, nel 1187, quando fu costruita la moschea.
A Betlemme e a Nazareth, culle della religione cristiana, le grotte nelle quali ci fu l’Annuncio, poi si rifugiò la Sacra Famiglia e dove visse Gesù con i genitori fino a trent’anni sono racchiuse sotto enormi basiliche che conservano segni delle costruzioni costantiniane e poi bizantine ma i rifacimenti moderni ne hanno molto alterato il misticismo.
San Giovanni d’Acri (Akko) è interessante come città crociata dei templari e le grandiose mura sul mare ne illustrano l’importanza che ebbe quando fu considerata il porto di Damasco. All’interno della cittadella crociata c’è un bellissimo caravanserraglio descritto anche da Chateaubriand e vale la pena di percorrere certi cunicoli sotterranei per scoprire quel che resta della città crociata.



Il lago di Tiberiade sembra il mare quando di mattina presto la brezza lo increspa. Il mare di Galilea si può aggirare con l’auto mantenendosi quasi sempre abbastanza vicini alla riva; ridenti kibbutz con le coltivazioni di avocado oppure organizzate come villaggio turistico invitano ad una sosta. Ma il luogo più celebre è Kefar Nahum (Cafarnao)dove gli scavi hanno riportato alla luce abitazioni in pietra nera, vulcanica, dell’epoca di Pietro e i resti di una bellissima sinagoga ornata di capitelli scolpiti con motivi di palme e piccole menorà, a quei tempi una delle decorazioni più ricorrente.
Sopra il lago di Tiberiade, sotto il Golan c’è Safed o Zefat, uno dei più importanti centri della spiritualità ebraica del XV secolo. Vi si rifugiarono infatti i sefarditi dopo la caduta del Califfato di Granada nel 1492 che attraverso i suoi sapienti dialogava con i colti rabbini su questioni filosofiche e teologiche. Qui a Zefat la comunità ebraica, intrisa della Cabala spagnola ampliò gli studi sull’esoterismo e fondò una propria scuola che divenne famosa in tutta Europa alla fine del XVI secolo, tramite i centri ebraici di Venezia e di Salonicco.
A Zefat si visitano tre sinagoghe ma la più importante e venerata è quella di Itzhak Luria che porta il nome del più noto mistico di Safed. Le pareti della sinagoga sono affrescate da motivi cabalistici e la sua biblioteca è un vero gioiello per gli studiosi della Cabala. Nel vecchio quartierre arabo della cittadina vive oggi una comunità di artisti attirati nella città sacra dalla sua luce speciale e dall’atmosfera un po’ magica che vi si respira. Hanno aperto piccole gallerie d’arte dove espongono le loro opere incentrate quasi sempre sulla mistica ebraica, e accolgono il turista con molta riservatezza. Senza importunarlo per vendere per forza.
Scendendo da Zefat ci si può fermare nel parco nazionale del monte Meron, la più grande riserva naturale della Galilea, e ad Amirim si può far colazione in un villaggio vegetariano. Nel piccolo moshav molte case sono pronte ad ospitare il viaggiatore per qualche giorno; ma ci si può fermare anche solo per mangiare ed è molto simpatico sedersi nella sala da pranzo della famiglia, gustare squisiti piatti vegetariani dove davvero tutte, assolutamente tutte le erbe del giardino sono presenti, compreso qualche fiore commestibile, conversare con la padrona di casa che cerca in tutti i modi di rendere piacevole la sosta.
A Tiberiade, città fondata dal figlio di Erode e dedicata a Tiberio è custodita la tomba di Maimonide, filosofo e teologo ebreo, nato in Andalusia nel 1135, morto in Egitto e sepolto sulla collina davanti al lago come aveva desiderato. Nonostante ci sia solo una semplice lapide la sua tomba è un luogo di continuo pellegrinaggio da parte degli ebrei ortodossi che lo ricordano e lo venerano come il grande medico di Cordova che dette al popolo ebraico le regole del cibo kasher e gli ha lasciato il più grande commentario della Mishnà(la tradizione giuridica orale).Ed è a Tiberiade che i Masoreti, studiosi della Bibbia, nel 135 d. Cr. fissarono la vocalizzazione del testo biblico con un nuovo sistema di segni: per questi motivi Tiberiade con Zefat, Hebron e Gerusalemme è una delle quattro città sante della cultura ebraica che nella tradizione rappresentano (andando per ordine) acqua, aria, terra e fuoco:i quattro elementi del mondo.

P.P.

Milano,10 maggio 1997 – di ritorno dal bellissimo viaggio, con un ringraziamento particolare a Padre Ludovico e all’amico Alfredo.

lunedì 7 maggio 2007

Il Viaggio Fai da Te – Hotel consigliati in Israele

 

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