Navigare, pagaiando in solitudine, senza fretta, senza meta, in acque dalle infinite sfumature di azzurro e di blu, in mezzo ad isole incontaminate, sotto alte scogliere selvagge, tra rocce scavate dal mare e dal vento, nel profumo di mille erbe aromatiche.
Approdare in piccole insenature, silenziose e riparate.
Nuotare in limpide acque turchesi nella luce morbida e languida del tramonto. Dormire sotto le stelle, su letti di candidi sassolini.
Vivere atmosfere rarefatte e fuori dal tempo.
Fermarsi a meditare nel silenzio.
Ritrovare l’uomo.
Imparare, in mare come nella vita, che la salvezza deriva dalla rinuncia a stremarsi per lottare invano contro le avversita’ della burrasca e del destino, ma assecondarli dolcemente, lasciandosi accompagnare con fiducia verso l’approdo.
“Le isole Incoronate sono tante quanti i giorni dell’anno”, racconta un pescatore. In realta’ le isole sono circa 150.
Narra la leggenda che, dopo aver creato il mondo, a Dio sia rimasto un pugno di sassi bianchi e li abbia gettati in mare; il risultato fu talmente perfetto, che non ci fu bisogno di alcuna correzione: cosi’ nacquero le isole Incoronate.
L’amico Claudio, che da vent’anni ritorna su queste isole ogni estate, e qualche volta anche in inverno, ci ha fornito preziose indicazioni, ed e’ a lui che dedico queste pagine.
Lunedi’ 20 maggio.
Arriviamo a Sukosan, 10 km dopo Zara, a mezzogiorno, sotto la pioggia. Alle 18.00 piove ancora, ma il cielo si va schiarendo. Decidiamo di partire. Salpiamo alle 18.30, facendo rotta verso lo stretto di Zdrelac, che divide Uglian da Pasman.
Qualche chilometro dopo, la pioggia cessa ed appare un raggio di sole. Magia delle Incoronate.
In 50 minuti raggiungiamo il ponte, sotto il quale dobbiamo pagaiare con vigore per superare la forte corrente contraria.
Costeggiamo Pasman, e ci fermiamo circa 3 km dopo il ponte, all’altezza della prima casa che incontriamo. C’e’ un pontile diroccato, poi un minuscolo porticciolo di pietre con dietro una vecchia casa in ristrutturazione, ed infine una casetta abbastanza nuova di colore giallo chiaro seminascosta da un enorme pino con davanti un piccolo molo. Sbarchiamo al tramonto nel porticciolo e montiamo la tenda direttamente sul moletto davanti alla casa, che oggi e’ disabitata. Vediamo il faro di Balabra a 170°.
Martedi’ 21 maggio.
Mi sveglio quando la tenda viene illuminata dal primo raggio di sole, sono le 5.45. Faccio un giro nei dintorni, arrampicandomi sulla collina dietro di noi. La stradina sale tra ulivi in fiore. Profumo di salvia, rosmarino e mille erbe selvagge. In cima alla collina c’e’ una chiesetta bianca che si staglia nell’azzurro del cielo.
Salpiamo alle 9.00, senza vento, con il mare piatto come uno specchio che riflette le nostre immagini. Costeggiamo l’isola di Balabra, dimora di una rumorosissima colonia di gabbiani e proseguiamo per Kurba Mala. Curiosi i nomi di alcune isole. Kurba Mala: “Puttana Piccola “, Kurba Vela: “Puttana Grande”, Hrid Krbaric: “scoglio Puttanella”, Rat Cuska: “punta Figa”, Uvala Cuscica: “baia Fighetta”, Uvala Cuska duboka: “baia Figa Profonda”, Rat Strunac: “punta Stronzo”, Uvala Strunac: “baia Stronza”, Babina Guzica: “Culo della Nonna”, Prdusa Mala: “Scorreggia Piccola”, Prdusa Vela: “Scorreggia Grande”…
A Kurba Mala lo sbarco e’ molto difficile, possibile solo con mare calmo. L’istmo centrale e’ pieno di rifiuti. Puntiamo verso lo stretto di Mala Proversa, che separa Dugi Otok (=Isola Lunga) da Katina e le Incoronate.
Si e’ levato un lievissimo vento di maestrale che tende a far virare il mio kayak verso il vento.
In mezzo allo stretto, c’e’ un ristorante, ma e’ chiuso. Ci dicono che aprira’ il primo giugno, ma che ce n’e’ uno aperto dall’altra parte dell’isola, sullo stretto di Vela Proversa. Torniamo indietro, facciamo il giro dell’isola di Katina e ci fermiamo al ristorante “Mare”, dove ci sbafiamo dentice, calamari, verdure, patate, annaffiati da un delizioso bianco fresco per reintegrare le scorte di calorie e di liquidi.
Quando ripartiamo, il maestrale e’ aumentato, ed il mare si e’ ingrossato. Le onde ci spazzano da prua a poppa. Con questo vento, un vento medio, il mio kayak fa il suo dovere, mantiene la rotta, non tende piu’ a mettere la prua al vento. Navigo in sicurezza e con la giusta dose di adrenalina.
Dopo un’ora sbarchiamo alla baia di Lojisce, l’unica spiaggia di sabbia di tutto l’arcipelago.
Il mare ha ammassato parecchi rifiuti, soprattutto plastica. Impieghiamo un po’ di tempo per ripulire la spiaggia, poi ci concediamo un bagno ristoratore, nell’acqua stranamente piu’ calda di quella del mare interno. Mi distendo sulla sabbia e faccio subito conoscenza con un abitante della baia: una grossa zecca marrone scuro; piu’ tardi ne troveremo un’altra che stava risalendo la parete esterna della nostra tenda.
Lasciamo tenda e bagagli sulla spiaggia e proseguiamo in canoa ancora per qualche chilometro lungo la costa dell’isola Lunga, sotto pareti rocciose a strapiombo sul mare per 80 metri, sopra le quali volano i grifoni. Incrociamo un paio di battelli che provenienti da Zara e da Murter, trasportano i turisti a vedere lo spettacolo degli strapiombi.
Rientrati alla nostra spiaggia poco prima del tramonto, familiarizziamo con gli altri abitanti della baia: le zanzare fameliche. Accendiamo un falo’, che e’ proibitissimo, per tenerle lontane mentre ceniamo e, dopo cena, per starcene in silenzio a meditare. In cielo, ad ovest, brillano Venere e Giove.
Mercoledi’ 22 maggio.
Questa mattina le zanzare fameliche hanno fatto colazione con noi.
Partiamo alle 9.30 senza troppi rimpianti in direzione sud-est. Il vento e’ girato a Scirocco, lo abbiamo di nuovo contrario.
Sotto il faro di Sestrice incrociamo una barca a vela di Olandesi che ci offrono due lattine di birra gelata, graditissime.
Puntiamo sull’isola Incoronata e facciamo tappa nella prima baia dopo Sipnate, dove c’e’ qualche lingua di sabbia che permette uno sbarco agevole. Un uliveto abbandonato, qualche fico, alcune pecore. Piu’ su, sulla collina, una casupola, un monolocale, disabitata da anni, in parte ancora arredata. Ci sono attrezzi e stoviglie arrugginiti, sgabelli, una cassapanca in legno, il tavolaccio con i pagliericci, un forno a legna con il bastone per infornare il pane. Sembra di essere fuori dal tempo: osservo in silenzio, con discrezione, perche’ ho la sensazione di profanare un segreto.
Ripartiamo e puntiamo nuovamente alle isole esterne. Passiamo a fianco di Tovarnjak, che abbiamo chiamato isola delle rondini, e sbarchiamo a Levrnaka nella baia esterna, Uvala Lojena, dai ciottoli bianchi levigati e dal mare color turchese. Piu’ su c’e’ la trattoria di Barba Edy, dove pranzano i turisti che una motobarca ha portato questa mattina da Murter e che passera’ a riprenderli questa sera. Barba Edy ha anche qualche stanza da affittare, ma bisogna prenotare con molto anticipo. Facciamo una bella nuotata. Rimaniamo incantati dalla bellezza del luogo. Siamo tentati di fermarci e passare qui la notte, ma la curiosita’ ci spinge a ripartire.
Proseguiamo lungo le isole esterne.
Pagaiando, pagaiando, arriviamo ad Itaca… No, l’isola si chiama Mana, era Itaca nel film “Odissea”. In cima alla collina sono ben visibili i resti del palazzo dove Penelope aveva atteso per venti lunghi anni il ritorno del suo uomo. Altri tempi, altro amore, altre donne. Oggi le donne sognano l’amore, ma non vogliono attendere il loro uomo neanche venti giorni, altro che vent’anni…
Continuiamo a navigare a fianco delle isole esterne. Superiamo Piskera, dalle pareti a picco, dove c’e’ una marina molto ben riparata dai venti, ed arriviamo a Lavsa. Sulla destra c’e’ un piccolissimo squero a misura di canoa, curato ed allargato da Claudio in uno dei sui viaggi precedenti. Subito dietro, c’e’ un fazzoletto di sabbia dove sistemiamo le canoe e la tenda. A sinistra ci sono due pini con dei grossi rami che formano un comodo riparo per due-tre tende. Qualcuno (Claudio?) ha sistemato alcuni cartelli di legno: “Per favore tenete pulito”, “Please keep clean”, “Bitte rein lassen”, “Molimo da ostavite cisto kako ste nasli”, ed infatti il luogo e’ pulito.
Dopo un meritato bagno, ci arrampichiamo sulla cima piu’ alta (111 metri) per godere di un panorama mozzafiato.
La serata, senza zanzare e senza zecche, trascorre tranquilla vicino al falo’. Il cielo si sta leggermente velando di nubi alte, correnti a getto, che annunciano l’arrivo di una perturbazione.
Giovedi’ 23 maggio.
Ci sveglia il rumore fragoroso del mare che si frange sugli scogli. C’e’ forte vento di scirocco ed il sole e’ velato da nubi alte. La perturbazione si avvicina, ma ancora oggi non piovera’. Salpiamo prima del solito, perche’ dobbiamo pagaiare 8 km contro il vento e contro le onde, fino alla punta meridionale dell’isola Incoronata.
Appena usciti dal riparo della baia, il mare ci viene addosso con tutta la sua irruenza: chi lo ha fatto arrabbiare cosi’? Non ci sono altre barche in giro. Le onde piu’ alte superano i 3 metri. Dopo le prime pagaiate prudenti, mi rilasso e prendo gusto. Contro il vento il mio kayak tiene benissimo la rotta e rimane stabile. Mi piace quando il mare sommerge lo scafo da prua a poppa. Mi elettrizzo sulla schiuma della cresta di un’onda, e mi commuovo sulle sfumature di quella successiva.
Dopo Lavsa, puntiamo all’interno, dove il mare e’ piu’ calmo e dove vediamo una barca a vela, con la velatura ridotta. Dopo 5 km, facciamo sosta sull’isola di Ravni Zakan, dove ci sono due baie con possibilita’ di sbarco e due ristoranti. L’anemometro di una barca a vela all’ormeggio segna 29 nodi (=52 km/h) di vento, con raffiche a 35 nodi (=63 km/h).
Altri 3 km di pagaiate vigorose e doppiamo la punta meridionale dell’isola Incoronata.
Adesso risaliamo l’isola dal lato interno, nel canale tra l’Incoronata e Zut. Con il vento in poppa, la velocita’ raddoppia, la fatica dimezza, ma la difficolta’ aumenta.
Mi faccio trasportare, facendo lunghe planate, sulla cresta delle onde piu’ alte.
La costa e’ brulla e deserta, ogni tanto un muretto a secco. Quasi impossibile l’approdo.
2,5 km prima di Uvala Stiniva, Giulio si distrae e viene travolto da un’onda che lo intraversa e lo rovescia. Lo aiuto a risalire ed arrivare a terra. C’e’ una piccolissima insenatura con mare un po’ piu’ calmo, sufficiente per svuotare la canoa e ripartire. Dopo 2 km, il naufragio si ripete, ed anche questa volta siamo fortunati, perche’ siamo a poche centinaia di metri da Uvala Stiniva, dove trascino Giulio ed il suo kayak. Ripartiamo, ma sbarchiamo dopo 500 metri, nella baia successiva, per riposare ed attendere che il vento cali. La baia e’ bella, ma e’ ricoperta da rifiuti. Anche qui troviamo le zecche. Il vento e le onde non calano, percio’ decidiamo di fermarci per la notte, dopo avere fatto un po’ di pulizia, nell’angolo sinistro della spiaggia, dove troviamo un posto livellato e delimitato da pietre.
Venerdi’ 24 maggio.
Per tutta la notte il vento di scirocco ha soffiato con rabbia, ma, all’alba, sembra leggermente calare di intensita’. Il cielo oggi e’ coperto di nubi cariche di pioggia.
Partiamo alle 7.30. Puntiamo verso l’isola di Zut, perche’ quella costa e’ piu’ frastagliata, esistono alcune insenature in cui possiamo riparare in caso di naufragio. Attraversiamo lo stretto di mare (3 km) che separa le due isole e ci accorgiamo che il vento e le onde sono sempre impetuosi. Non c’e alcuna barca in giro, siamo soli.
Costeggiamo l’isola di Zut con il vento in poppa che mi fa planare sulle onde. Ci fermiamo a riposare nelle baie che si susseguono. La piu’ bella e’ Uvala Jagodnia, “baia delle Fragole”, anche qua troviamo una zecca.
Le onde ed il vento sembrano calmarsi quando arriviamo alla fine di Zut e puntiamo verso Pasman e la terraferma, mentre inizia a piovere e fa freddo. Ma, non appena superiamo il riparo dell’isola, la natura si scatena. Il vento supera i 70 km/h: la scala Beaufort indica forza 8, cioe’ burrasca. Vediamo una barca a vela, issa soltanto la tormentina (=la vela di prua piu’ piccola), naviga molto carenata (=inclinata).
Spruzzi violenti di acqua salata mi flagellano il viso, mi annebbiano la vista, mi tolgono il respiro.
Provo a lottare a lungo contro la forza del mare e del vento. Alla fine, stremato, rinuncio a tentare di resistere, e mi lascio accompagnare dalle onde al riparo di Roncic, un isolotto di una trentina di metri di diametro, dove Giulio mi raggiunge dopo qualche patema. Scendiamo sugli scogli e decidiamo di attendere che il vento cali, perche’ proseguire significherebbe rischiare la vita: un buon marinaio, in caso di burrasca, e’ capace di riportare la barca in porto; ma un ottimo marinaio, durante la stessa burrasca, rimane al sicuro in porto.
Continua a piovere e a fare freddo. Trasciniamo le canoe sugli scogli, montiamo la tenda sopra una roccia un po’ meno irta delle altre, legandola alle pietre, agli arbusti, alle canoe, a cio’ che capita, e ci infiliamo bagnati ed infreddoliti.
Questa burrasca mi ha insegnato una lezione di vita.
Ho lottato a lungo per tentare di oppormi alla forza del mare, delle onde, del vento. Volevo essere io a scegliere la rotta ed a decidere dove andare. Alla fine, stremato, ho rinunciato a lottare. Invece di tentare di contrastare la burrasca, ho assecondato le onde ed il vento e mi sono affidato alla corrente, che nel suo fluire mi ha accompagnato verso l’approdo e la salvezza. Cosi’ e’ il mare, cosi’ la vita. Ho lottato e mi sono stremato a lungo per tentare di cambiare il mondo e gli altri. Volevo essere io a giudicare e decidere. Ignoravo che niente e’ giusto o sbagliato, bene o male, bello o brutto, ma e’ il mio pensiero, il mio giudizio, le mie aspettative che li rendono tali. Devo ancora molto soffrire per imparare a non lottare contro gli eventi, ma affidarmi e fluire con essi; a non giudicare e confrontare il mondo con un mondo perfetto, da me desiderato ed idealizzato, ma accettarlo cosi’ com’e’; a svuotare la mente da certezze acquisite, preconcetti, dogmi, aspettative, ma lasciarla libera di fluire.
Dopo 3 ore, il vento e’ leggermente calato, ma non la pioggia, e riprendiamo la navigazione, zigzagando tra le isole che offrono un po’ di riparo, raddoppiando quindi il percorso.
Ci lasciamo trasportare fino alla punta nord di Kurba Mala, dove notiamo un minuscolo approdo, segnalato da un palo verde, con uno scoglio inclinato ma abbastanza liscio dove sarebbe possibile sbarcare e montare la tenda in caso di emergenza.
Ci dirigiamo sulla punta nord di Balabra, con il suo stridio di gabbiani, e poi all’isolotto del faro, ben protetti da un gruppo di isole e dalla piu’ grande Sit.
Ora inizia un altro tratto di mare senza riparo. Le nostre migliorate capacita’ e il leggero calo del vento ci permettono di raggiungere Pasman senza troppi patemi.
Quando attraversiamo lo stretto di Zdrelac, finalmente cessa di piovere ed il vento cala. Un altro sforzo e tocchiamo la terraferma a Sukosan alle 18.30.
Oggi siamo stati 11 ore in mezzo alla burrasca ed abbiamo pagaiato per circa 40 km.
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