di Christian Mariotti e Eleonora Cingolani –
Non ricordo bene se due o tre anni fa sfogliando alcune riviste di viaggi, ho visto delle foto fantastiche di montagne, salares, lagune e mi sono chiesto dove sta questo posto? Era la Bolivia, forse ancora non sapevo bene dove collocarla nell’America Latina, da molti viene chiamata il Tibet dell’occidente. Mi ha colpito fin da subito e così ne ho parlato con Eleonora, visto il nostro imminente matrimoni ho cercato di informami ed organizzarmi al meglio per visitare ciò che avevo visto solo sulla carta. Ora dopo aver visitato di persona quelle alte terre, posso solamente confermare tutte le sensazioni che provavo vedendo le foto. I volti della gente, la vita a 4.000 metri di altezza, i colori dei loro tessuti, la catena delle Ande, il lago Titicaca, la laguna Colorada, il Salar de Uyuni e il deserto di Atacama sono solo una parte di ciò che abbiamo visto.
Lunedì 31.05.2004
Poco dopo la mezzanotte ci mettiamo in viaggio verso Roma, un viaggio lungo che ci porterà dopo molte ore di volo nel centro dell’America Latina. Arrivati nei pressi dell’aeroporto con netto anticipo aspettiamo il ns. amico Terzo che ci “ospiterà” la macchina per i prossimi giorni. Da Fiumicino con la compagnia IBERIA voliamo prima su Madrid e dopo altre 12 ore di volo su Lima. Il primo impatto con la città non è dei + felici, sulla città domina una specie di cappa che oscura il sole e il clima rimane molto appiccicoso e poco piacevole. Arriviamo verso le 17,30, ma a causa del fuso orario, per noi e come se fossimo già in piena notte. All’uscita ci aspetta il nostro accompagnatore che ci porterà all’albergo. Durante il tragitto, che per un pezzo costeggia l’Oceano Pacifico, il ragazzo ci spiega cosa vedere, cosa mangiare e cosa fare. Saliti in camera ci diamo una rinfrescata e poi fuori ad esplorare la città, ci troviamo nel quartiere Miraflores, uno dei più belli e andiamo alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti. Nelle strade non c’è molta gente e questo perché si stanno giocando le qualificazione per i mondiali del 2006 e come da lunga tradizione in queste nazioni ci tengono molto. Arriviamo in una specie di centro commerciale affacciato sull’Oceano ed è qui che decidiamo di passare la serata. A dire la verità ancora non siamo completamente “entrati” nel viaggio, infatti solo dopo un paio di giorni riusciamo a pieno a goderci ogni singolo momento e forse anche perché il nostro vero obbiettivo e la Bolivia e qui siamo solo di passaggio. Rientrati in albergo ci facciamo la nostra prima tazza di mate de coca e poi tutti a nanna.
Martedì 01.06.2004
Ci svegliamo presto, essendo ancora sotto a causa del fuso, ci fiondiamo a fare colazione, davvero ottima ed abbondante.
Mercoledì 02.06.2004
Ci svegliamo verso le 06,30, facciamo una super colazione e siamo già in viaggio verso l’aeroporto. Mentre costeggiamo l’oceano,
Ora siamo qui in attesa di salire sul nostro volo che partirà verso le 10,45. Prima di salire le hostess della compagnia ci offrono spuntini e bibite fresche, una volto a bordo, tutto procede bene. La vista comincia ad annunciarci quello che vedremo all’arrivo, costeggiamo le Ande e sorvoliamo il famoso Lago Titicaca. Prima di atterrare, già all’interno dell’aereo comincia a cambiare la pressione come se fossimo a 4.000 metri di altezza, forse x farci abituare e devo dire che qualcosa si sente. Una volta atterrati, facciamo i soliti controlli di rito e poi fuori, uno spettacolo!! Non è niente di particolare rispetto a quello che vedremo nei prossimi giorni, ,ma l’aria, il posto e la situazione sono veramente elettrizzanti.
Siamo sempre + affascinati dall’ambiente, sembra di esser tornati indietro di 50/60 anni, le persone ed i bambini catturano la nostra attenzione, alcuni sono sporchi, senza scarpe, con il naso sgocciolante, ma sempre pronti a sorridere. I bordi delle strade sono pieni di venditori, anzi di venditrici, infatti ci sono pochi uomini in giro perché la maggior parte di loro è a lavoro nei campi o nelle miniere. Le donne vendono di tutto, dalle patate, alle carote, vestiti, televisori, rullini, jeans, cellulari, carta igienica, snack, acqua, si può trovare qualsiasi cosa. Sono vestite nei loro abiti tipici, con il capello tipo bombetta sopra a dei bellissimi capelli nero corvino, con la pollera, così viene chiamata la gonna imposta fin dai tempi della colonizzazione e soprattutto con la loro bella faccia piena. Qui non si soffre la fame, infatti tutti hanno il loro orto e la loro bella razione di cibo, sicuramente la vita è dura ma non manca da mangiare. In giro ci sono ragazzi con dei giubbettini tipo gilet colorati di verde, giallo ed arancio, al polso hanno legato con una catena un cellulare e così se tu vuoi chiamare qualcuno in Bolivia, li fermi gli dai un boliviano e loro ti fanno da cabina, questo perché come da noi quasi tutti hanno il cellulare, ma molti di loro sono senza la ricarica di soldi,!?!?! Molto strano. Facciamo una visita alla Inglesia di San Francisco ed una volta usciti non facciamo in tempo a sederci che siamo circondati da bambini che ci vogliono pulire le scarpe, dopo qualche chiacchiera ne rimangono solo due che ci chiedono i nostri nomi, da dove veniamo e cosa facciamo. Gli offriamo delle noccioline giganti, comprate poco prima, ma loro stranamente, le mangiano senza sbucciarle, così ne apro qualcuna per loro, le prendono dalla mia mano che diventa sporca di lucido da scarpe, di cui sono ricoperte le loro mani. Dopo le prime 40/50 foto, rientriamo in albergo e una volta rinfrescati ce ne usciamo per cena perché siamo veramente affamati. Nelly ci aveva raccomandato di restare leggeri mangiando una delle tante famose zuppe boliviane, così da evitare spiacevoli malesseri dovuti all’altitudine. Mangiamo al piccolo ristorante di Marbella e come consigliato ci prendiamo una zuppa, ma anche un’po’ di carne, infatti Cri solo con una zuppa sarebbe caduto al suolo dopo pochi metri. Dopo una bella tazza di maté di coca, belli sazi ce ne torniamo in albergo. Mi affaccio dalla finestra della nostra camera e si gode di una vista stupenda, sullo sfondo della città illuminata in ogni remoto angolo si vede il cono del vulcano Illimani con la luna che lo sovrasta, sotto di noi scorre la via principale e le donne con i loro banchetti sono ancora la, mentre la famiglie di alcuni minatori in segno di protesta dormiranno in mezzo la strada. Tutti a nanna ora..
Giovedì 03.06.2004
Cri aveva pensato di svegliarsi all’alba per fare delle foto, ma visti i nuvoloni in cielo dormiamo fino alle 7,00. Dopo un abbondante colazione alle 8 in punto siamo pronti per il nostro giro che oggi ci porterà al famoso lago Titicaca.
Incominciamo a vedere le prime lingue del lago fino ad arrivare al pueblo di San Pablo, dove per passare dall’altra parte del lago bisogna scendere e imbarcare l’auto su una chiatta mentre noi passeremo con una barchetta, così da arrivare a San Pedro. In questi piccoli villaggi riusciamo a scorgere la vita quotidiana della gente e vediamo l’umiltà dei loro gesti nonostante sembra di essere tornati indietro di 50/60 anni. Nel viso e nelle mani portano evidenti i segni della fatica e del luogo in cui vivono, la natura con i suoi ritmi e stagioni domina ogni cosa, ma rende allo stesso tempo questo posto davvero stupendo ed affascinante.
Prima di arrivare al paese di Copacabana facciamo altri 30 kilometri ed arriviamo fino a quota 4150, in alcuni tratti si scorge un panorama fantastico del lago e le sue acque blu intenso sembrano quelle dell’oceano. Arrivati in paese, che nel fine settimana si trasforma in una famosa località balneare x la gente del posto, andiamo verso il piccolo porto e ci imbarchiamo subito per raggiungere l’Isla del Sol dove arriviamo dopo circa 40 minuti di navigazione. Il Blu dell’acqua, il verde scuro delle montagne, il bianco della neve sopra i 5000 mt. ed il giallo dei campi coltivati danno vita ad una tavolozza di colori che disegna intorno a noi paesaggi indescrivibili. Durante il tragitto per l’Isla del Sol rimaniamo “abbaiati” da quanto ci circonda. Scesi sull’isola ai piedi della Escalera del Inca (scalinata dell’Inca) Nelly ci spiega la storia e le credenze relative a questo posto, saliamo le scale fino ad arrivare alla Fuente del Inca (sorgenti dell’Inca), fontana che da migliaglia di anni da acqua naturale alla gente del posto e che gli spagnoli avevano chiamato fonte della giovinezza. Saliamo, con non poca fatica, anche oltre la fontana ed incontriamo donne e bambini che vendono tessuti e pascolano i famosi lama. Christian comincia a scattare foto, anche se la gente del posto no è sempre molto disponibile a farsi fotografare. Riprendiamo la barca per un piccolo tratto e ci troviamo in una casa che funge da “ristorantino” gestito da marito e moglie, 4 tavoli all’aperto riparati da ombrelloni, ma con un panorama sul lago e sulla catene della Ande dietro che lascia senza fiato. Mangiamo prima un piccolo antipasto, con pane e una salsa di pomodoro a pezzetti e peperoncino, seguito da una zuppa di verdure tipiche della zona e da un piatto di pesce con riso, una patata lessa, peperoni e cipolle. Per finire ci portano una macedonia di papaya e banane e l’immancabile mate di coca. Cosa volere di più!!!!!!!
Ripartiamo a malincuore, la barca è li che ci aspetta e nel tragitto riesco a fare anche un piccolo sonnellino,
Venerdì 04.06.2004
Oggi sveglia alle 7 anche perché dobbiamo sistemare le valigie avendo in serata il trasferimento con il pullman verso Sucre.
Al rientro passiamo nella parte residenziale di La Paz, che al contrario di molti altri posti si trova nella parte bassa della città e questo perché qui si respira molto meglio che a monte dove si arriva quasi a 4.000 mt., ci sono ville, parchi e giardini ed il tenore di vita anche dai negozi che si vedono in giro sembra molto diverso. Ci vivono soprattutto politici e gente “ammanicata”, ma in alcuni angoli sembra di essere veramente in un altro stato, dimenticando le condizioni di vita della gente che vive 400/500 mt + in alto. Finiamo il giro della città visitando alcuni musei, la Piazza principale e la cattedrale dove in passato venne anche Papa Gianni Paolo II. Per pranzo ci arrangiamo da soli e poi ci buttiamo di nuovo verso la parte alta della città (quella + vera + viva) e quindi dei mercati dove è possibile comprare qualsiasi cosa, dalle patate alla macchina fotografica, cellulare e Tv a schermo piatto, tutto questo sempre dalle solite donne vestite con la tipica gonna e bombetta che tu non penseresti mai come venditrici di articoli cosi avanzati tecnologicamente. Rullini, batterie, ricariche, è possibile reperire ogni cosa a prezzi più bassi e più facilmente rispetto al commercio tradizionale. E poi la gente, i colori, i bambini, i loro vestiti, rimarremmo lì per ore solo a veder passare la gente. Alle ore 17,00 andiamo a prendere il pullman di I° classe (sai che lusso!!!) che nella nottata ci porterà a Sucre. Anche qui l’impatto della stazione generale degli autobus fa sempre la sua figura, gente che urla da tutte le parti e donne,
Sabato 05.06.2004
All’arrivo a Sucre troviamo Anna ad aspettarci. Le valigie sono irriconoscibili per la polvere e noi pure siamo irriconoscibili, il viaggio è stato estenuante ed a temperature polari. Il primo impatto con la città non è dei migliori, sicuramente per la stanchezza accumulata nel viaggio, poi però tutto cambia, la città blanca, così soprannominata è patrimonio dell’UNESCO e la seconda città della Bolivia.
Domenica 06.06.2004
Auguri Cri!!!!!!!!!! Oggi è il suo compleanno e ci aspetta una suggestiva visita del pueblo di Tarabuco. Dopo una ricca colazione, in una splendida sala in stile coloniale del nostro albergo, alle 9,00 siamo pronti a percorrere i polverosi 65 kilometri che ci porteranno a Tarabuco.
Lunedì 07.06.2004
Oggi ci aspetta un altro trasferimento ed esattamente verso la città di Potosi. Dopo aver sistemato le valigie per l’ennesima volta ed aver fatto colazione ci incontriamo con Anna. Facciamo una chiamata a casa per dire che è tutto ok e cambiamo ancora qualche soldo nella moneta locale. Alle ore 8,30 è previsto il trasferimento con un taxi, ma questo arriva con già una persona a bordo per non parlare delle valigie nel bagagliaio, Cri è molto dubbioso sul fatto che possano entrarci anche le nostre ed inoltre fare il viaggio stipati in 6 (perché la persona in macchina aveva anche un bambino piccolo) per 2/3 ore non ci allettava, così dopo varie discussioni riusciamo a far venire un altro taxi che dopo ½ ora ci carica e finalmente partiamo. L’uomo al volante, dalla guida più che sportiva, dopo una quarantina di minuti inizia a masticare foglie di coca, dicendo che così non avrà ne fame ne sonno. Durante il tragitto ci dice che per anni ha lavorato in miniera a Potosi raccontandoci storie di una vita faticosa ed impossibile. Prima di arrivare facciamo le solite soste per accontentare Cri che vuole fotografare anche i ciuffi d’erba e verso le 12,00 arriviamo a destinazione.
Andiamo in albergo, lasciamo le valigie ed andiamo a fare un giro per il centro anche per trovare un posto dove mangiare. La città ricca di storia si trova intorno ai 4.000 mt ed è dominata sullo sfondo dalla famosa montagna Cerro Rico, sede di una delle più grandi miniere di argento sfruttata fino all’osso da parte degli spagnoli negli anni passati. Per mangiare ci infiliamo in un piccolo locale dove io prendo una zuppa di pomodoro e Cri un piatto di pasta al ragù, certo non sarà il massimo ma con la fame che abbiamo mangiamo tutto con appetito. Alle 14,30 ci aspetta la visita della miniera che ad essere sinceri ci preoccupa un’pochino, infilarsi dentro la terra in dei cunicoli stretti ed angusti e per di + ad oltre 4.200 mt di altitudine, certo non ci rassicura molto. Prima di salire passiamo al mercato dei minatori, accompagnati come al solita da Anna e da una guida locale,
Martedì 08.06.2004
Anche oggi tanto per cambiare ci aspetta una tappa di trasferimento, ma è questo lo spirito del viaggio, fare kilometri su kilometri mangiando polvere ed oggi più che mai. Dopo la colazione sistemiamo le valigie che fino alla partenza, prevista per le 11,30, lasceremo in albergo, nel frattempo
Due ragazzini salgono sul tetto di questa specie di pulmino e cominciano a chiedere i biglietti caricando allo stesso tempo anche i pesanti bagagli. Cri controlla scrupolosamente che le ns. valigie vengano caricate e poi saliamo dentro. Il vetro frontale porta uno spacco gigantesco nel mezzo e la pulizia certo non regna sovrana, ma non possiamo certo pretendere molto. Il pulmino dopo 5 minuti è pieno di gente. Verso le 12,20 finalmente si parte e dopo qualche kilometro di asfalto comincia la strada sterrata che ci accompagnerà tutto il giorno. Lungo il tragitto si incontrano paesaggi fantastici, con vallate e canyon a volte paurosamente profondi. Il nostro pullman si arrampica su per la strada che passa molto spesso sul ciglio di queste belle ma profonde vallate e ad essere sinceri a volte fa veramente paura, anche perché siamo nel mezzo del nulla, tutto intorno ci sono solo montagne e prati sconfinati.
Vediamo centinaia di lama al pascolo e ogni tanto anche qualche piccolo villaggio, dove l’arrivo del nostro pulmino credo rappresenti uno degli eventi del giorno, i bambini ci vengono tutti incontro cercando di sbirciare dietro i vetri i nostri sguardi e noi dall’altra parte i loro. A metà tragitto troviamo un piccolo imprevisto, infatti un uomo con una ruspa, venuto da chissà dove, nel tentativo di farsi largo ha buttato sulla strada sottostante molti massi. Tutti fermi li per circa 45 minuti insieme ad altri pulmini carichi di gente per vedere questo uomo liberare finalmente la strada e farci rimettere in viaggio. Siamo in fortissimo ritardo e verso le 3 di pomeriggio ci fermiamo in un minuscolo villaggio rappresentato da 3 case. Facciamo i nostri bisogni e mangiamo qualche spuntino preso a Potosi in mattinata. Attraversiamo vallate dove la vegetazione e rappresenta solo ed unicamente da giganteschi cactus ed a volte sembra di essere nel set di un film western, vallate con montagne di un colore viola fortissimo e tutto questo quando piano piano anche il sole comincia a scendere. L’arrivo doveva essere previsto verso le 18,00 ma penso che sia ancora lunga. Nel buio di queste vallate si vedono solo i nostri fari, tutto intorno è scurissimo, l’autista a fatica riesce a vedere la strada, cerchiamo di scorgere qualche luce lontana, ma niente ci siamo solo noi e la cosa ha si un forte fascino ma anche un’po’ di inquietudine. All’interno del pulmino la temperatura scende velocemente e siamo costretti a metterci maglioni e giubbetti. Verso le 22,00, con 4 ore di ritardo, avvistiamo da lontano le luci di UYUNI e finalmente ci siamo, appena scesi ci aspetta Paulino che ci accompagnerà x i prossimi 3 giorni e dopo le presentazioni ci porta subito in albergo. Non è freddo….di più, Uyuni
Mercoledì 09.06.2004
Oggi Cri ha deciso di svegliarsi presto per andare a fare qualche foto nel paese con le prime luci dell’alba. Fuori e freddissimo e non c’è molta gente, solo qualche cane e qualcuno in attesa del pullman verso chissà dove, in compenso l’atmosfera è degna del posto in cui siamo, dalla strada si leva una leggera e soffusa nebbiolina ed il cielo, con delle piccole nuvole bianche, è di un blu fortissimo. Una volta rientrato, chiudiamo le valigie e andiamo a fare colazione, le stanze sistemate attorno ad un piccolo cortile sono molto caratteristiche e così anche la stanza per fare colazione con al centro una grossa stufa che però non funziona molto bene. Il proprietario ci chiede cosa preferiamo e dopo averci dato l’immancabile tazza di mate, esce a comprare quanto da noi richiesto per tornare dopo qualche minuto con tutto il necessario. Fuori c’è già Paulino con la sua Toyota ad aspettarci, carichiamo il tutto e prima di andare a prendere la cucinera andiamo a visitare il museo dei treni. Poco distante dal centro infatti, si trovano decine di carrozze e locomotive a vapore lasciate li all’aria aperta, dopo che lo stato ha abbandonato il progetto di sviluppare le ferrovie in queste zone.
Rientriamo al centro di Uyuni e carichiamo Florinda, una ragazza di 22 anni che per i prossimi 3 giorni sarà la nostra cuoca. Con il nostro
Quando rientriamo nei nostri “alloggi” tanto per cambiare Florinda ha preparato un’altra tazza di mate accompagnata da panini alla marmellata e quant’altro. Anche loro ci fanno compagnia scambiando 4 chiacchiere fino all’ora di cena. Finalmente arriva la luce e per scaldarci dal freddo che era sicuramente sceso di molto sotto lo zero, Florinda ci porta una buonissima zuppa calda di verdure seguita da carne di lama, pomodori e purè di patate. Per cercare di digerire le buonissime pietanze divorate a tavole, usciamo a fare 4 passi, fuori c’è un vento pungente che rende la temperatura ancora + bassa, come se no bastasse, l’illuminazione è praticamente assente e questo ci fa godere a pieno un cielo stellato sopra di noi mai così luminoso. Infreddoliti fino alle ossa, dopo ¼ d’ora rientriamo e dopo 5 minuti siamo già dentro i nostri sacchi a pelo, scambiata qualche parola crolliamo.
Giovedì 10.06.2004
Ore 7,30; pronti per un’altra eccitante giornata tra i vulcani, salares e lagune della Bolivia. La notte nei sacchi a pelo è passata bene ed al caldo anche se nelle nostra stanza erano 4° gradi, freschino…!!!! Dopo un’abbondante colazione preparate dall’impagabile Florida, che nel frattempo aveva cucinato anche il pranzo, carichiamo le valigie e tutto il resto nella jeep, che Paulino aveva anche provveduto a lucidare. Oggi ci aspettano paesaggi fantastici. Lasciato il pueblo di San Juan ci dirigiamo verso il salares di Ch’iguana, meno affascinante di quello visto ieri, ma comunque degno di nota. Sfiliamo al fianco di vulcani altissimi come il Tomasamil (5900 mt) ed alcuni ancora attivi come il vulcano Ollague.
Sono quasi le 6 e mi trovo seduta al tavolo di questo rifugio a scrivere questo “folle” diario a lume di candela, sono gelata dai piedi alla punta del naso, la signora a cominciato a preparare la cena ed ogni tanto ravviva il fuoco con altri pezzetti di cactus. Cri rientra e si siede vicino a me, quando finalmente arriva anche qualcosa di caldo da mettere sotto i denti, una fantastica zuppa seguita da carne e patate. Per finire ci porta delle pesche calde. Restiamo li a parlare anche se il freddo è davvero pungente e dire che siamo coperti da cima a fondo, infilarci dentro i sacchi a pelo per andare a dormire ci preoccupa non poco. Dopo qualche minuto la Signora si ripresenta con due bottiglie di vino chiuse dicendoci che sono per noi, ma anche di stare attenti perché sono calde, noi crediamo che sia tipo il vin broulè per passare la nottata, invece accompagnandoci in camera ci spiega che servono come borse dell’acqua. A fatica ci togliamo i giubbetti, le scarpe, i guanti e ci infiliamo di corsa dentro i sacchi a pelo, la temperatura all’interno della nostra camera è di circa 4-5 gradi sotto lo zero, ma dentro i nostri “letti” stiamo caldi. Sono da poco passate le 8 e alla luce di una fioca candela ci parliamo ancora, infreddoliti ed eccitati per la notte che ci aspetta facciamo ipotesi anche per l’indomani, infatti dovremo svegliarsi alle 4,30 per andare a vedere i geyser. Cri con una cuffia in testa, guarda il soffitto e io mi lascio prendere da morfeo.
Venerdì 11.06.2004
Cri si sveglia da solo verso le quattro, controlla la temperatura in camera…..-2° gradi. Dopo qualche minuto mi chiama e già si sente Paulino trafficare a vanti e dietro per la casa caricando il nostro mezzo. Bisogna uscire dai sacchi a pelo e questo ci spaventa leggermente, dentro siamo stati veramente bene, ci facciamo coraggio ed in un batti baleno siamo tutti e due in piedi cercando con la torcia dove sono finiti giubbetti, cuffie e guanti. Non dovendo lavarci e rimandando a più tardi la colazione, in pochi minuti siamo pronti, portiamo fuori le nostro valigie e di corsa saliamo sulla jeep. Intorno a noi non si vede nulla, tutto è ancora avvolto dalla notte, non ci sono punti di riferimento. Puntuali alle 4,30 partiamo alla volta della zona dei geyser chiamata Sol de Manana, la macchina sembra galleggiare in un mare di sabbia che circonda la Laguna Colorada, ci sono scie di molte altre macchine, ma la pista è talmente larga che solo con grande esperienza Paulino riesce a districarsi. Dietro le montagne comincia a vedersi un leggero spiraglio di luce mentre la strada inizia a salire. Dentro la jeep, e sicuramente anche fuori, fa talmente freddo che il nostro fiato forma uno strato di ghiaccio sul vetro del cruscotto e a fatica riusciamo a vedere qualcosa. Dopo circa 40 minuti ancora infreddoliti arriviamo finalmente nella zona dei geyser a 4850 mt., tutta la zona è avvolta nel fumo che esce da queste pozze di acqua bollente, ma io ancora non riesco a scendere. Paulino ci dice di aspettare ancora qualche minuto per vedere con + luce e nel frattempo arriva al nostro fianco un’altra jeep; è il padre di Paulino con un altro gruppo di turisti. Mentre lui esce per parlare con il padre, Cri si organizza per scendere e combattere un freddo pungente, prende l’immancabile macchina fotografica e parte. Si sente forte il rumore dei geyser e dopo qualche passo lo vedo sparire in mezzo al fumo, con le prime luci del sole la zona assume una aria misteriosa e molto affascinante, i raggi del sole a volte vengono inghiottiti dal fumo per uscirne qualche metro + in la con ancora + luminosità. Dopo una decina di minuti Cristian ritorna, dice che fuori fa un freddo spaventoso ed io fidandomi di mio marito, preferisco vedere lo spettacolo da lontano. Ripartiamo con la macchina per fermarci poco + in alto, prima di scollinare, vedendo così per l’ultima volta queste infernali fumarole sferzate da un gelido vento. Ora la strada scende e ci aspetta la Laguna Verde come prossima metà. Sono ancora le 7 del mattino, quando attraversiamo deserti, lagune fumanti e valli fantastiche dove le ombre allungate formano paesaggi davvero indimenticabili. Nel tragitto incontriamo pochissime macchine e ad essere sincera fa ancora molto freddo. Cri davanti, rimane a bocca aperta e vorrebbe fermarsi ogni 100 metri, ma sulle mani porta ancora i segni del freddo sofferto per fare le foto durante le prime ore del mattino.
Ci sono molte altre jeep già parcheggiate, unico punto di riferimento è una specie di piscina, dove all’interno di un’acqua fumante diverse persone sono intente a farsi un caldo bagno. A noi la cosa non sfiora neanche la mente, facciamo un veloce giro per vedere questa laguna da vicino, mentre Florinda e Paulino sul portabagagli della jeep preparano la colazione. Sono ormai le 10 passate e nonostante ci sia un sole splendente, le bianche acque della laguna sono ancora tutte ghiacciate, solo in pochi punti scorre normale ed è li che alcuni solitari fenicotteri cercano qualcosa da mangiare.
Con la testa nascosta tra le spalle, bardati come alpinisti ci giriamo intorno stupefatti di quanto possono essere spettacolari ed incredibili certi posti.
Protetti dal portellone della nostra jeep facciamo un’abbondante, ma soprattutto calda colazione, dopo di che ci dirigiamo nuovamente verso la Laguna Verde. Questa volta Paulino prende un’altra strada arrivando proprio vicino alla riva. Da qui si può vedere bene l’effetto del vento sulle verdi acque della laguna, sembrano le onde del mare tanto è forte. Io rimango in macchina, mentre Cri scende per un’ultima foto. Con la macchina saliamo in direzione Hito Cajon, linea di confine tra Bolivia e Cile e questo significa che il nostro viaggio in territorio boliviano sta per finire e dovremo quindi salutare i nostri accompagnatori. Prima facciamo una piccola sosta dall’altra parte della Laguna Blanca, da dove si può godere un altro splendido paesaggio e dove si trova il famoso cartello con su scritto “Esta es mi Tierra..BOLIVIA” che merita la foto di rito. Dopo poco ripartiamo salendo ancora fino a quando, solitaria in mezzo a montagne di terra rossa, si scorge una casa con una bandiera sventolante, il confine. Intorno non c’è nulla se non fosse per una baracca diroccata, scendiamo per i controlli di rito ed all’interno troviamo un militare che vive qui da solo per 2-3 mesi. Pagati 15 boliviani a testa, ci timbra il passaporto e così siamo pronti per lasciare la Bolivia. Ora il programma prevede che un altro mezzo proveniente dal Cile ci venga a prendere, questo perché la legge non permette, a meno che non ci siano gravi motivi di salute, che gli automezzi possono attraversare il confine. In attesa che arrivi il cambio, parcheggiamo la macchina vicino alla baracca e ci accorgiamo di essere proprio sotto il gigantesco cono del vulcano Licancabur. Da qui sembra veramente vicino, ma sarà almeno 1.000 metri più in alto. Per ingannare il tempo e soprattutto per la fame, Florianda ci delizia con il suo ultimo pranzo a base di riso, insalata di pomodori, panini farcite e mate di coca. Sono le 12,40 e la giornata è ancora molto lunga, ma noi siamo in piedi dalle 4 circa, abbiamo visto un miliardo di cose e ce ne aspettano delle altre, tutto questo in un solo giorno. Riflessioni ed emozioni intense ci hanno suggerito questi posti, non basterebbe un mese per vedere tutto bene ed accuratamente, ma purtroppo dobbiamo andare, camminare…viaggiare e ricordare. Mancano pochi minuti all’una quando vediamo arrivare un furgone bianco, è lui il nostro mezzo. Scarichiamo le valigie per il trasferimento e salutiamo, ringraziandoli calorosamente, i nostri due compagni di viaggio Pauliono e Florinda. Da qui in poi la cosa cambia totalmente. L’autista, una volta salito in machina, si leva il giubbetto e rimane in camicia..ci guardiamo incuriositi, noi siamo ancora con la cuffia, guanti, maglione e giubbetto e dopo tutto quel freddo e quel vento, di spogliarci non se ne parla proprio. La strada si snoda per circa un kilometro dal confine, fino a quando nascosta dietro una curva rivediamo una striscia d’asfalto dopo giorni e giorni di piste. Questo da una parte ci rattrista, ma dall’altra ci da sollievo, la strada scende con un infinito rettilineo di circa 40 kilometri fino a San Pedro de Atacama che si vede in fondo alla vallata circondata dal grande deserto che da il nome alla città. La temperatura comincia a salire e alla fine della discesa saremo scesi di circa 2.000 metri. Dopo circa 45 minuti siamo alle porte della città e ci aspetta il controllo della dogana, la macchina si ferma davanti a degli uffici e noi scendiamo mettendo i piedi in delle “spugne” giganti in modo da sterilizzare le scarpe da eventuali batteri, anche la macchina viene lavata ed in particolare le ruote. Ora la temperatura è diventata decisamente estiva e ci togliamo via tutto rimanendo in t-shirt, sembra assurdo pensare che solo meno di un’ora fa eravamo a quasi 5.000 metri con un freddo intenso. La valigie e le nostre borse vengono controllate da 5 doganieri, come se fossimo dei ricercati. Dopo 20 minuti siamo liberi di entrare in città, quindi andiamo in albergo prima di ripartire. Per la notte alloggeremo nell’hotel La Casa de Don Tomas, molto accogliente e pulito, appena in camera ci liberiamo e ci facciamo una bella doccia dopo giorni di polvere, sembriamo rinati…. Alle 4 siamo di nuovo pronti per l’ennesima escursione della giornata, con un pick-up partiamo per scoprire i dintorni di San Pedro e dell’immenso deserto in cui è situata.
Siamo circondati dalla Cordigliera del Sal da una parte dalla Cordigliera delle Ande dall’altra, mentre la strada si perde in mezzo ad un deserto di sabbia che con il calare del sole assumerà colori molto suggestivi. Visitiamo dall’alto la valle della morte e altri posti con dune di sabbia giganti, dove si può fare anche lo snow-board e dove il vento con il passare degli anni ha disegnato e disegnerà paesaggi sempre diversi. Sullo sfondo si vede sempre alto il cono inconfondibile del Vulcano Licancabur che ci ha accompagnato tutta la giornata.
Sabato 12.06.2004
Oggi ci aspetta una giornata relativamente tranquilla, infatti nel pomeriggio partiremo alla volta di Santiago circa 1.600 kilometri più a sud..tutti da percorrere in pullman. Facciamo colazione verso le 08,30 e dopo aver preparato le valigie usciamo per fare un giro del paese. Tutto e tutti ancora dormono, visitiamo la chiesa locale molto caratteristica, ma purtroppo per lavori di manutenzione eseguiti da giovani ragazzi dell’esercito, non possiamo visitarne l’interno. Ci sono molto negozietti interessanti ed un piccolo mercato allestito lungo una stretta via coperta. Qui si trovano i soliti oggetti per i turisti, ma rispetto a quanto visto in Bolivia, nonostante la merce sia la stessa, i prezzi sono anche 3-4 volte più alti. Ci riposiamo nel centro del paese aspettando l’ora di pranzo e piano piano si avvicina il momento della partenza, infatti siamo arrivati quasi alla fine del nostro tour e cominciamo ad essere un’po’ tristi. Rimediamo qualcosa da mangiare ed anche qualcosa per il lungo viaggio, alle 14.00 ci vengono a prendere per arrivare in macchina fino alla città di Calama dove prenderemo il pullman che ci porterà verso la capitale del paese. Durante il tragitto, che dura per circa un ora, vediamo alzarsi da lontano il fumo della più grande miniera a cielo aperto di rame del mondo, la miniera di Chuquicamata, a volte si possono incontrare dei mezzi che lavorano in questa miniera con dimensioni di ruote e pezzi di ricambio davvero immensi. La città di Calama e la maggior parte dei suoi abitanti praticamente vive grazie a questa grande miniera che rappresenta anche una fonte di ricchezza dell’intero paese. Arrivati in centro, andiamo verso la stazione e saliamo a bordo del pullman che ci porterà fino alla città di Antofagasta. Mentre usciamo dalla città di Calama il paesaggio intorno a noi comincia a cambiare lentamente anche se siamo ancora circondati da immense dune di sabbia. La strada scende lentamente e alla fine di una gigantesca montagna di sabbia arriviamo ad Antofagasta dove, dopo averlo lasciato a Lima, rivediamo l’Oceano Pacifico. La periferia della città non si presenta molto bene con quartieri veramente poveri, la città è affacciata sul mare e coperta da una cappa di nebbia mista a smog. Verso il centro le cose cambiano completamente, sembra una città europea con luci, negozi, centri commerciali e tutto pulito. Alla stazione facciamo il nostro ultimo cambio prendendo il pullman che ci porterà direttamente a Santiago del Cile. Il pullman è veramente comodo, noi siamo sul piano di sotto e ci sono solo altre 4 persone con noi, i sedili sono completamente reclinabili e con un piccolo materassino diventano praticamente un letto. Ognuno ha delle cuffie per vedere la televisione ed una coperta con cuscino per la notte. Durante il tragitto ci servono la cena e la mattina successiva ci serviranno la colazione prima dell’arrivo. Rimaniamo a bocca aperta per tanta organizzazione, la compagnia sia chiama TUR-BUS e praticamente arriva in tutte le parti del Cile, il costo del biglietto per la nostra tratta costa 34.200 pesos.
Domenica 13.06.2004
Verso le 9.30 veniamo svegliati dal gentile personale del pullman che dopo circa 10 minuti ci serve la colazione. La notte è passata via veloce e abbiamo dormito molto comodamente anche se ad essere sinceri nei giorni precedenti avevamo pensato a questo viaggio come una mazzata, ma non è stato così. Per l’arrivo a Santiago mancano ancora circa 100 kilometri e lo scenario esterno è cambiato nuovamente. Il cielo è coperto da bianchi e grossi nuvoloni, c’è molta vegetazione e molto verde, vediamo delle persone in giro e da come sono vestiti non credo sia molto caldo. Mentre cominciamo a raccogliere e sistemare le nostre cose entriamo nella periferia della grande capitale Santiago, rispetto a Lima e soprattutto a La Paz le cose sono totalmente diverse, in confronto sembra di essere in Svizzera. Certo, per alcune cose siamo sempre in sud America, ma ad un primo sguardo sembra di essere in una cittadine europea, non manca proprio nulla, luci, macchine, traffico, negozi e smog. Arriviamo alla stazione dei pullman dove ad aspettarci troviamo Victor che ci accompagnerà in giro per la città fino a domani. Il programma prevedeva una giornata di riposo, ma avendo fatto buon viaggio preferiamo andare in albergo per farci una doccia e fare quindi un giro della città dopo pranzo. Usciamo dall’albergo per cercare qualcosa da mangiare e ci dirigiamo verso il centro, dove lungo la via principale troviamo subito qualche locale dove fermare il nostro stomaco. In giro si vedono molti peruviani, venuti qui per lavoro, che fanno la fila davanti ai call center per chiamare a casa, ci sono molti centri commerciali e negozi. Verso le 15, puntuale Victor viene a prenderci per farci vedere da vicino i monumenti e le vie principali di questa grande città. Basta alzare lo sguardo sopra i palazzi per vedere che siamo nel mezzo di due grandi catene montuose, si vedono cime di montagne gonfie di neve grazie all’inverno appena cominciato in questa parte dell’emisfero. Essendo domenica non sembra una città molto caotica, si circola normalmente senza code, sembra molto vivibile. Visitiamo il palazzo del presidente aperto a tutti e poi ci dirigiamo verso un punto panoramico che sovrasta tutta la città e che nei giorni limpidi offre delle vedute davvero spettacolari. Nel tardo pomeriggio, non resistiamo alla tentazione e usufruendo della metropolitana, raggiungiamo il più vicino centro commerciale dove facciamo ottimi acquisti, grazie al cambio favorevole, di abbigliamento e qualche souvenir. La sera dopo aver passeggiato per vie del centro, dove abbiamo assistito anche ad una manifestazione locale con molta gente che ballava per la strada, rientriamo in albergo per sistemare le valigie per l’ultima volta. Prima di addormentarmi penso a tutto quello che abbiamo visto e fatto durante gli ultimi 15 giorni, siamo stanchi, ma ci sarebbe ancora moltissimo da vedere…andare verso l’isola di Pasqua…verso la Patagonia….spero vivamente di tornare prima possibile da queste parti. Buona notte.
Lunedì 14.06.2004 – Martedì 15.06.2004
Oggi è l’ultimo giorno e ci aspetta il lungo volo per Madrid con partenza prevista alle ore 12,10. Ci svegliamo verso le 8, sistemiamo le ultime cose e ci fiondiamo a fare colazione. Fuori c’è una giornata splendida e per l’ultima volta possiamo vedere le alte vette che circondano la città. Alle 10 puntali arriviamo all’aeroporto, salutiamo Victor e cominciamo la solita routine di bagagli, check-in e carte d’imbarco. Alle 11,30 del giorno dopo arriviamo a Roma e dopo altre 4 ore di auto siamo finalmente a casa!!!!!!!!
Come chiudere questo racconto del nostro viaggio di nozze…avremo sicuramente lasciato per strada qualche pezzetto delle nostre interminabili giornate trascorse in Sud America, ma speriamo che almeno Vi sia venuta la voglia e la curiosità di visitare quella parte del mondo, che merita sicuramente molto grazie agli spettacoli della natura e soprattutto alla gente che la popola.
Per informazioni e domande potete contattarci via mail al seguente indirizzo westernisles@libero.it
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