di Edoardo Gerbaudo –
Berlino. 5 giorni con la famiglia.
Quest’anno ho praticamente imposto la destinazione del nostro consueto viaggio delle vacanze pasquali.
La mia generazione (sono un 44enne) è vissuta con il Muro, alla nostra nascita era già stato eretto e tutta la storia europea dei nostri anni ne ha dovuto tenere conto e, soprattutto, l’ha visto cadere provando, almeno io, emozioni enormi. I miei figli, al contrario, sono nati a cose fatte e per loro il Muro appartiene alla storia e l’emozione che può dare vedere Berlino unita l’hanno dovuta vivere tramite i nostri racconti.
La tribù viaggiante è composta da me, Edo, 44 anni, Laura più giovane di me di un anno, Marco 15 e Luca 12: una compagnia affiatata e collaudata da un buon numero di viaggi in giro per l’Europa.
5 aprile 2010
Arriviamo a Berlino Schoenfeld puntuali con il volo EasyJet da Malpensa (260 euro a/r), acquistiamo, seguendo i consigli ricevuti dalla lettura di alcuni diari dei viaggiatori, la Welcome Card per 5 gg. (104,7 euro, Luca viaggia a carico di un adulto) e con l’Airport Express (si raggiunge seguendo le indicazioni chiare e precise in aeroporto) raggiungiamo Alexander Platz e dopo 2 fermate di metro siamo in albergo (Novotel Mitte, 477 euro per 5 notti, colazione esclusa).
Posati i bagagli ci lanciamo nel primo giorno berlinese. L’albergo è in centro, sulla Museuminsel, ed a piedi raggiungiamo Unter den Linden, il viale più famoso di Berlino che congiunge il Berliner Dom alla Porta di Brandeburgo. La prima cosa che vediamo è, l’ho già detto, il Berliner Dom una chiesa enorme ed austera, praticamente ricostruita dopo la guerra che ha praticamente raso al suolo Berlino.
Qualche passo e la fame chiama: troviamo un chioschetto dove posso fare la conoscenza con la Currywurst, la mitica salsiccia berlinese. È speziata grazie al curry ed alla salsa dal contenuto misterioso, ma pensare di vivere 5 giorni nutrendomene mi fa già venire i brufoli .. a 40 anni!
Lungo il viale, affiancato da edifici austeri (siamo in Germania, dopo tutto), si incontra Babelplatz. In questa piazza i nazisti, il 10 maggio 1933, hanno fatto un rogo di tutte le letture considerate sovversive. Un buco nero nella civiltà mondiale, ricordato da un allestimento molto particolare: da una vetrata sul selciato, al centro della piazza, si può osservare una stanza, vuota, alle cui pareti ci sono librerie vuote.
Proseguiamo lungo il viale e dopo le foto all’ambasciata russa, una costruzione tipicamente sovietica, raggiungiamo Pariser Platz dove ci aspetta la Porta di Brandeburgo. Concordo con chi l’ha trovata meno imponente del previsto, ma comunque fa la sua figura. Passeggiamo nella piazza tra una band di pellerossa (!!!) e tizi vestiti da Vopos o soldati americani o russi e diamo uno sguardo alle nuove costruzioni (ambasciate, banche) ed a quelle pre-muro (un hotel di lusso).
Da qui ci spostiamo verso l’Holocaust Mahnmal (memoriale dell’Olocausto) trovando, sul selciato, le piastrelle che segnano il passaggio del muro, appena alle spalle della Porta.
Il Memoriale è un monumento recente, del 2005, composto da migliaia di stele di cemento allineate su uno spiazzo delle dimensioni di un campo da calcio. Si può camminare liberamente tra queste colonne sul terreno che, volutamente, non è pianeggiante. All’estremità est del monumento si può scendere nel Centro Informazioni dove sono raccolte, su pannelli, testimonianze di vittime dell’olocausto ed in una stanza, sulle pareti, vengono proiettati i nomi di persone morte nei Lager mentre una voce li scandisce, insieme a brevi informazioni sulla loro storia: l’intenzione del Centro è di ricordare tutti gli ebrei morti nell’Olocausto (6 milioni), opera che richiede più di sette anni di declamazione continua. Per farvi un’idea (http://www.holocaust-denkmal-berlin.de/rundgang/main2.html)
Usciti da questo luogo emozionante ci dirigiamo, per unire idealmente i luoghi, sul sito dove era stato edificato il bunker di Hitler, poco lontano. Ci hanno fatto un parcheggio ed il luogo è ricordato da un anonimo cartello! Un applauso ai berlinesi per questa scelta.
Io sono stravolto dalla stanchezza (sto invecchiando!) e facciamo rotta verso l’albergo dove svengo un’oretta sul letto.
A cena ci troviamo con degli amici che sappiamo essere a Berlino negli stessi nostri giorni. Addirittura nello stesso albergo! Il mondo è veramente piccolo.
6 aprile ’10
Stamane partiamo con la certezza di fare la coda, vedendola ieri pomeriggio ci sembrava una bella sfida, per salire sulla cupola del Reichstag . coda è un termine riduttivo per descrivere il serpente umano che aspetta di entrare! Quello di ieri era un misero bruco. Risultato: tre ore, sì tre ore, di attesa. Per fortuna abbiamo trovato i nostri amici e con loro l’attesa si è rivelata più leggera. Comunque tre ore, chiaro?
Una volta entrati saliamo in questa struttura che è magnifica. Due rampe, una per salire e l’altra per scendere, lungo pareti di vetro e acciaio attraverso le quali si ha una vista a 360° sulla città. L’audioguida, che si sincronizza con il percorso, spiega quello che si vede ed anche come è stata costruita la cupola. Al centro c’è un imbuto di specchi di forte effetto. La sommità è cava e l’acqua piovana viene raccolta dall’imbuto e riciclata. Spettacolare! E tutto gratuito. Forse è anche per questo che ci sono ‘ste code chilometriche.
Salutati gli amici diamo un’occhiata al Monumento ai soldati sovietici caduti durante la liberazione di Berlino. Ci sono i primi due carri armati dell’Armata Rossa che sono entrati in città. Un monumento proprio sovietico, con un soldato di 10 metri che incombe su tutta la struttura.
Tornati davanti al Reichstag saliamo sul bus 100 per andare a vedere la Siegesäule la colonna con la statua dorata sulla cima resa celebre dal film di Wim Wenders “Il cielo sopra Berlino”.
Risaliamo sul 100 e ci facciamo un bel viaggetto fino ad Alexander Platz. Giriamo per la piazza, mentre io canticchio la canzone di Milva guardato male dalla famiglia (la canticchio da giorni, ormai), occupata da un mercatino e da una mostra fotografica sui vent’anni della caduta del Muro. Foto di rito davanti all’orologio del mondo, un’occhiata all’aspetto ancora molto in stile socialista anni ’70 (non c’è più, però, il palazzo a nido d’ape, orribile, che la dominava) e proviamo a salire sulla Torre della Televisione.
La torre fa spavento tanto è alta (368 metri!), si vede da tutta Berlino. Purtroppo scopriamo che potremmo salire sulla torre non prima di un’ora e mezza e, tra i mugugni di Marco e Luca, rinunciamo.
Partiamo per una lunga passeggiata durante la quale passiamo nel Marx-Engel Forum, con mia foto vicino a Carlo, poi davanti al Rothes Rataus (Municipio Rosso), attraversiamo il ponte della MuseumInsel e raggiungiamo Gendarmenmarkt con le sue chiese gemelle (chiesa dei Francesi e dei Tedeschi) con al centro la Konzerthaus. La piazzetta è veramente deliziosa.
Siamo morti di stanchezza ma io, in un impeto di entusiasmo, obbligo tutti a seguirmi: vicino alla piazza c’è il museo della Stasi. Primo: non era proprio così vicino. Secondo: era chiuso! Così imparo.
Torniamo in albergo dove non mi è permesso un piccolo svenimento perché abbiamo appuntamento, adesso, con i nostri amici per andare a cena.
Dormirò più tardi.
7 aprile 2010
Stamattina: Neue Museum. A piedi raggiungiamo la biglietteria e lì ho avuto l’impressione di essere a Berlino Est ai tempi del muro: un’altra coda, lunghissima. Laura e Marco si piazzano in fila ed io e Luca andiamo alla ricerca di una biglietteria alternativa (sul display di quella ‘codata’ ne erano indicate altre due). Troviamo quella del Pergamon Museum con una coda che, a spanne, è lunga anche di più dell’altra. Tornati mesti, scopriamo che Laura è praticamente alla cassa (!!!). Facciamo il biglietto dei 3 giorni perché conviene se si pensa di visitare almeno due musei ed anche il biglietto orario per entrare al Neue Museum che ha gli ingressi scaglionati.
Abbiamo l’ingresso dopo un’ora e mezzo, decidiamo di dare un’occhiata al Berliner Dom. Come ho già detto, da fuori è imponente, dentro non c’è un granchè, almeno rispetto alle nostre chiese. Dalla cupola, però c’è una bella vista, praticamente uguale a quella che si ha dal Reichstag, con una differenza, però: da qui si vede la cupola del Reichstag!.
Finalmente entriamo al Neue Museum e facciamo quelli che non sono qui solo per vedere il busto di Nefertiti. Giriamo così per le sale del Museo tra reperti egizi, greci (Marco mi ha fatto notare una collana proveniente da Micene, trovata da Schliemann) con aria molto interessata .. ma dov’è il busto di Nefertiti? Eccolo, finalmente. È l’unica sala in cui sono vietate le foto. Ovvio, è l’unica sala che uno vorrebbe fotografare, quindi: Nicht! Verboten! Rauss! Ma vai, va!
Usciti dal Museo abbiamo il languorino ma, ignorando i baracchini intorno, decidiamo di spostarci vicino alla nostra prossima tappa, Charlottenburg, dove sicuramente troveremo di che sfamarci. Bravi! Una bella decisione. Charlotteburg ha il deserto intorno. Se si eccettuano ristoranti carini (prezzo compreso). Finalmente troviamo un Doner (kebabbaro) dove plachiamo a morsi i morsi della fame.
Il castello di Sophie Charlotte è molto bello (ricostruito pure lui), di grande impatto scenico. Facciamo il Family Ticket che risulta conveniente rispetto agli sconti sui singoli biglietti scontati con la Welcome Card ed entriamo.
A me gli interni dei castelli sembrano tutti uguali e questo non fa eccezione, aggiungiamo che il 90% degli arredi non è originale se ne deduce che la visita è molto facoltativizzabile (si dice?). Laura, però, ha un debole per i castelli e per noi, quindi, l’opzione ‘salta alla casella successiva’ non è prevista. Infatti a lei il castello è piaciuto e noi siamo contenti (famiglia Mulino Bianco!).
Va detto che il giardino è stupendo, e pure gratis.
Adesso tocca a me e Luca: rotta verso l’Olympiastadion! Anche qui il Family Ticket conviene. Mi chiedo cosa abbiamo preso a fare la Welcome Card.
Entriamo: vabbè, è uno stadio come altri ma è quello dei mondiali! Sotto di noi la porta gonfiata da Grosso, Del Piero, Materazzi e dai rigori finali. Marco e Laura si spaparanzano sui seggiolini a godersi l’ultimo sole ed io e Luca partiamo per il giro di tutto lo stadio. Dalla parte opposta, davanti all’apertura tra gli spalti, c’è il luogo dove Hitler teneva i discorsi davanti a 250.000 persone. C’è anche una campana, quella utilizzata per sancire l’inizio e la fine dei Giochi del ’36 (quelli di Jesse Owens nero e vincente a casa degli ariani!) con la sua bella svastica in evidenza.
Dopo aver intonato il canonico ‘poopopopopopooooopo’ tra la vergogna dei non calciofili di famiglia torniamo a casa. Dimenticavo: se venite qui fate una sosta di ‘deposito liquidi’. Gli orinatoi sono fatti ad area con tanto di porta e pallina appesa alla traversa con la quale si può cercare di segnare .. ed io segnai! E pure Luca.
Albergo ed ultima cena con i nostri amici più visita alla Porta di Brandeburgo illuminata.
8 aprile 2010
Ci dirigiamo, sempre a piedi, al Pergamon Museum dove, con non poca soddisfazione, saltiamo tutta la coda forti del biglietto dei tre giorni. Solo questo merita la visita.
Qui non dobbiamo fare i fighi che si interessano a tutto prima di dedicarsi al pezzo grosso del museo: appena entrati ci accoglie l’Altare di Pergamo.
Questo monumento è maestoso e l’allestimento è curato: con l’audioguida seguiamo la descrizione del fregio che circondava l’Altare. Interessante, anche per un vile perito informatico come me.
Mezz’ora, anche di più, andando su e giù per la scalinata e ci spostiamo nelle sale successive tra reperti provenienti dallo stesso sito e poi, altra attrazione: la Porta del mercato di Mileto. Ricorda la Biblioteca di Celso di Efeso: grandiosa.
L’ultima perla del museo è la Porta di Ishtar, da Babilonia. Qui è allestita la più piccola, alta 16 metri, tutta di un bel blu elettrico con le immagini degli animali fantastici (per quelli con la mia cultura: non nel senso di belli, ma di fantasia) e con davanti la riproduzione della Via della Processione decorata con gli stessi motivi.
Una riflessione: ma gli archeologi tedeschi avevano la smania del ‘prendi e porta a casa’? A quelli di Pergamo, Izmir (Mileto) e Baghdad (Babilonia) non gireranno i cabasisi sapendo che i loro monumenti più belli li hanno i crucchi? Capisco portarsi a casa qualche statua, vaso ed altro ma i monumenti., a me sembra un po’ esagerato.
Usciamo dal Pergamon per pranzo, giriamo sul lungo-fiume dove ci sono bei posti dove sedersi per mangiare qualcosa, ma nessuno dove comprarne: ci dirigiamo verso Hackescher Markt una zona dove ci sono posti dove comprare da mangiare e pochi per sedersi (bah). Dopo pranzo facciamo una puntatina ai vicini Hackesche Hofe, dei cortili collegati un l’altro dove ci sono negozietti tra cui, attenzione! l’Ampelmann Shop: a Berlino Est sui semafori gli omini per i pedoni erano diversi da quelli standard e, dopo l’unificazione, gli appassionati si sono opposti alla loro soppressione ed hanno vinto. Non solo, si sono pure inventati un merchandising tutto dedicato agli omini verdi e rossi. Visitate il negozio, ne vale la pena: ne hanno pensata una più di Bertoldo.
Questo quartiere è tornato ad essere abitato dalla comunità ebraica, dopo lo scempio della guerra: lungo le strade, in terra davanti alle porte, ci sono delle placche d’ottone riportanti i nomi di chi in quelle case viveva ed il luogo in cui furono deportati ed uccisi.
Ora si sale sulla S-Banh e si va all’East Side Gallery: dalla stazione Ostbanhof si raggiunge il tratto più lungo del Muro presente a Berlino: è famosissimo perché è tutto decorato di graffiti che, in occasione del ventennale, sono stati restaurati dagli stessi che li avevano creati. Qui c’è il famoso bacio tra Breznev ed Honecker, la Trabant che sfonda il muro, la riproduzione di immagini del video ‘Another brick in the wall’ e tanti altri. Oltre ad apprezzare queste opere si vede da vicino cosa si vedeva, anzi, non si vedeva quando si veniva qui o in ogni tratto di ‘sta schifosissima invenzione. Si sente freddo.
Altra tappa dedicata al Muro: Checkpoint Charlie. Il punto in centro dove si poteva passare tra le due Berlino.
Il luogo è pieno di significato ma, lo sapevo, è proprio una baggianata lasciata (anzi messa) lì per i turisti. Facciamo qualche foto anche noi alla garitta ed al cartello che avvertiva che si stava uscendo o entrando nel settore americano. Vicino a ‘sta trappola per turisti c’è il museo dedicato al Muro: c’è un’immensa documentazione sulla genesi, vita e morte del muro, le storie di chi ha provato, riuscendoci e non, a fuggire con mongolfiere, dentro valigie, piccoli sommergibili, nei bauli delle macchine, scavando tunnel. Di tutto. Troppo. Ci sono stanze tappezzate di pannelli e reperti: dopo un po’ si viene sopraffatti dal troppo. E così usciamo. Non so se consigliarvelo: è una cosa soggettiva. Io preferisco essere informato non sommerso da notizie altrimenti tendo ad ignorare.
Siamo morti e neanche stasera riuscirò a catalessarmi perché è ora di cena che consumiamo soli (i nostri amici son tornati a casa) in Hackescher Markt.
9 aprile 2010
A piedi raggiungiamo, di fianco al Berliner Dom, il DDR Museum all’ora di apertura. In questo museo c’è, in un unico ambiente, tutto quanto possiamo sapere del mondo che c’era di là dal Muro. È un’installazione interattiva: ci sono cassetti con dentro i quaderni di scuola, i libri. Le cose di tutti i giorni. I vestiti, i giochi. Si può ascoltare la musica che era ammessa. Vedere la TV che il regime trasmetteva, entrare in un appartamento della DDR e, pezzo forte: ci si può sedere su una vera Trabant!
Proprio un bel museo. Purtroppo l’ambiente è molto piccolo e c’era veramente tanta gente. Claustrofobico.
Sono soddisfatto: in questi due giorni ho fatto il pieno di Berlino est-ovest.
Verso Alexander Platz c’è l’AquaDom un acquario nel quale non entriamo perché preferiamo andare a fare i ‘portoghesi’ nella hall del Radisson Hotel in cui c’è un mega-cilindro di vetro di 15 metri nel quale sale (e scende) l’ascensore dell’acquario. Il cilindro è pieno di pesci tropicali e . due sub che puliscono i vetri. Fate un salto, è bellissimo (anche senza sub, credo).
Due pullman (M48 e 248) ed arriviamo al Jüdisches Museum. Il museo è interessante per la sua architettura tutta tesa a sensibilizzare il visitatore sulla vicenda degli ebrei.
Il museo, la parte nuova di esso, all’esterno è rivestito di lastre di alluminio ed ha una forma che vuole rappresentare una stella di David spezzata. L’interno è articolato in tre corridoi, sotterranei, che si intersecano e che rappresentano tre fasi della storia del giudaismo: l’esodo, l’olocausto e la continuità.
I corridoi sono stretti e abbastanza bassi con delle vetrine ai lati contenente oggetti inerenti l’argomento trattato. Il corridoio dell’esodo porta ad un cortile nel quale ci sono 49 stele di cemento alte circa 5 mt.sulle quali sono stati piantati degli ulivi. Il cortile rappresenta il disorientamento di un popolo costretto all’esodo che cerca comunque di vivere la propria cultura. In effetti tra le colonne, erette su un terreno in pendenza, si avverte fisicamente un senso di vertigine. Interessante, molto.
Il corridoio dell’olocausto porta ad una torre completamente vuota, alta 24 metri, non riscaldata ed illuminata dalla luce proveniente una sottile feritoia alla sommità. Il senso di vuoto e di freddo si percepisce forte e chiaro.
Il corridoio della continuità porta all’esposizione permanente tramite una ripida scala. A metà di questa si può osservare un altro allestimento di forte effetto: il corridoio delle ‘foglie morte’. Questa stanza è disseminata da migliaia di sagome di ferro che raffigurano dei volti. Il pavimento è una lastra anch’essa di ferro: camminando sulle sagome, a terra come foglie morte, appunto, il rumore che ne scaturisce è quanto di più lontano si può pensare al fruscio dei viali in autunno (licenza idilliaca).
Il resto del museo non mi ha entusiasmato. Vi consiglio comunque di visitare questa struttura perché l’architetto che l’ha pensata, Libeskind, è riuscito a rendere parlante un edificio.
Dopo questa esperienza mangiamo un hot dog e, cambiando registro, ci dirigiamo con la Metro a Postdamer Platz. Questa piazza, una volta tagliata in due dal muro, è stata costruita dal nulla in 10 anni in quello che era il cantiere più grande del mondo. E non hanno costruito quattro case in croce: han messo su dei grattacieli della . dei grattacieli molto imponenti. Dietro ai grattacieli fa mostra di sé il Sony Center: una piazza coperta, in vetro e acciaio che spiegarla non è semplice: basta dire che è avveniristica oggi, dopo 10 anni dalla costruzione.
Ora c’è Laura da soddisfare: tutti nella Kurfürstendamm strasse (Ku’damm per i berlinesi e per quelli che, come me, non riescono a pronunciare ‘sto nome allucinante), la via dello shopping. La via è sfavillante di vetrine ed al fondo svetta, attenti ad un altro nome semplicissimo, la Kaiser Wilhelm Gedächtniskirche (chiamata anche “Dente Cariato”): una chiesa che i bombardamenti hanno praticamente distrutto e che non è stata ricostruita. Accanto è stata edificata la nuova chiesa in stile modernissimo: il colpo d’occhio della chiesa diroccata accanto alla nuova è d’effetto.
Ancora qualche passo e ci infiliamo nel KaDeWe, il più grande centro commerciale di Berlino (2° in Europa dopo gli Harrod’s di Londra). È veramente enorme. Per mancanza di tempo andiamo subito al 6° piano, quello della gastronomia dove Laura Luca e Marco si perdono tra i dolci ed io vengo catturato da un banco di 20 metri pieno di ogni sorta di wurstel. Incredibile.
La serata finisce con la cena nel Sony Center dove apprezziamo i giochi di luce molto suggestivi.
10 aprile 2010
Ultimo giorno. Andiamo allo zoo.
Finalmente, all’ultimo giorno, sfrutto la Welcome Card. Iniziamo il giro in uno zoo ancora vuoto, manco gli animali ci sono! Dopo una sosta di qualche minuto davanti al recinto, deserto, dei gorilla vediamo che c’è un edificio alle sue spalle: entriamo ed eccoli qua, nelle gabbie al coperto.
Giriamo per tutto lo zoo che è enorme: è il più grande del mondo per numero di animali e di specie presenti! C’è anche il panda Bao Bao. Laura voleva vederlo a tutti i costi: è rimasta un po’ delusa perché non è proprio pulito come lo stemma del WWF, è più marroncino-nero che bianco-nero.
Dello zoo non c’è molto da dire, a parte il fatto che mi mette un po’ di tristezza. Se i monumenti, che sono inanimati, andrebbero lasciati là dove sono stati costruiti lo stesso principio vale molto, ma molto, di più per gli animali. Vedere l’elefante africano compiere lo stesso giro, con gli stessi movimenti, nel proprio recinto, ininterrottamente, mi ha commosso. C’ho il cuore tenero, io.
Siamo alla fine. Usciamo dallo zoo, torniamo all’albergo a recuperare i bagagli e, con il treno, andiamo all’aeroporto.
Auf wiedersen Berlin!
Note conclusive
Berlino è una città piacevole e semplice da girare. Tralasciando i musei, tre giorni sono sufficienti per vederla.
Aereo: volo EasyJet Milano/Berlino (260 euro a/r)
Albergo: Novotel Mitte (477 euro 5 notti, colazione esclusa) Welcome Card: noi abbiamo risparmiato perché con tre biglietti abbiamo viaggiato in quattro. Se siete una famiglia i biglietti dei musei scontati non convengono rispetto ai family ticket previsti quasi ovunque
Musei: per i musei della Museuminsel il 3-Day ticket conviene e vi fa saltare le code, esclusa la prima.
Nota dolente, per noi: questo diario è stato scritto a memoria in quanto il blocco sul quale scrivo i miei appunti durante i viaggi è andato perso in uno zainetto che, incautamente, abbiamo dimenticato su una panchina all’aeroporto della Malpensa al ns. ritorno. Risultato: zainetto sparito e con lui macchina fotografica (e, sigh, 700 foto!), videocamera (e, sigh, ½ ora di filmato), tutti i souvenir di Laura, Luca e Marco. Un inconveniente decisamente spiacevole (a dirla come Laura mi ha insegnato). Un’inca..tura pazzesca (a dirla come io vorrei).
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