Di Liza Binelli –
Sentirete sempre più spesso pareri contrastanti sulla Thailandia. Non è più la meta turistica tanto ambita e tanto sognata, per via di una serie di motivazioni che vanno dalle truffe più disparate ai danni dei visitatori ai divieti d’esportazione emanati dal Governo.
In questa prima parte del mio reportage cercherò di visualizzare il focus su quanto visitato e quanto mi abbiano incantato le bellezze artistiche del paese, al fondo dell’articolo elencherò le “cose” che non vanno; anche per mettere in guardia dai pericoli i futuri visitatori di questa terra, così bella e selvaggia, cosmopolita e all’avanguardia che ha da offrire ai suoi avventori.
Non troverete nulla sulle spiagge dalla sabbia finissima e bianchissima e nemmeno indicazioni sui bar dove ammirare lo skyliner, per quello ci sono già così tante guide e consigli on line. Piuttosto in questo articolo troverete le spiegazioni su cosa visitare per soddisfare la vostra sete di cultura. Cosa assaggiare per comprendere l’arte culinaria e qualche parola in lingua thai. Ci sono circa 400 Wat (ovvero templi) nella capitale, per cui visitarli tutti è impossibile per un turista anche con tanti giorni a disposizione.
Non si può dire di esser stati in Thailandia senza aver fatto due cose: aver visitato il Grand Palace e aver mangiato il durian (toorian).
Il primo sito è raggiungibile con tutti i mezzi di trasporto che la città offre: bus, taxi, skytrain, scooter, a piedi e ferry boat. E’ un complesso enorme che ingloba il Wat Phra Khaeo e i palazzi reali appunto. Ci vogliono almeno 3 ore per visitare il tutto. L’ingresso è di 500 Thb (15 euro più o meno) e bisogna indossare pantaloni lunghi e t-shirt, calzini ai piedi e sandali. Vi chiederanno di togliere le scarpe molto spesso, meglio avere i piedi coperti. Cappellino e non, ombrellino è più comodo.
Bottiglietta d’acqua e nervi saldi. Sarete sommersi da un’ondata di turisti cinesi che viaggiano in gruppi di 20-30 persone non guardano in faccia nessuno, fotografano tutto. Fa un caldo insopportabile in tutte le stagioni proprio per la conformità degli edifici, non circola aria per questo fa così caldo. Aggiratevi tra chedi d’oro (o stupa) sono cupole dorate e colonne finemente decorate con tante piastrelle di ceramica colorate e visitate il tempio che custodisce il Budda di Smeraldo, la statua più venerata di tutto il Paese.
Una volta l’anno solo il Re può cambiargli l’abito. Vietato fotografarlo dall’interno, provate con un bel teleobiettivo dall’esterno. Lì si può. Ci sono i bagni, un punto ristoro e potete riempire la bottiglietta d’acqua gratis. Statue di Budda, scalinate, elefanti, caos totale avviatevi all’uscita il giro è ancora lungo, ecco i palazzi del sovrano che si ergono fra giardini curatissimi e guardie vestite di tutto punto.
Conviene quel giorno visitare anche il Wat Pho e Wat Arun. Per non tornare più in zona. All’uscita girate a sinistra per Wat Pho, io l’ho fatta a piedi, camminando scalza sull’erba, è tutto pulito, oppure ci sono i tuk tuk che sfrecciano come dei pazzi e in due minuti ci arrivate. Sulla destra, sullo sfondo si erge Wat Arun, è quella punta bianca. Ingresso per Wat Pho: 200 Thb (5 euro e 90), in omaggio bottiglietta d’acqua. Seguite la folla e addentratevi nel tempio che ospita la più grande statua di Budda sdraiato al mondo: 46 metri per 15 d’altezza. Peccato che tutti siano lì per il Budda e nessuno ammiri i dipinti sulle pareti, molto fini, raccontano la storia dell’Illuminato.
Gara di selfie e via, alla fine ci sono i suoi enormi piedi con intarsi in madreperla. All’esterno ci sono deliziosi giardini, una scuola, si vedono i monaci che passeggiano e danno da mangiare ai piccioni e ai gatti. Quindi si esce, si svolta a destra, al semaforo attraversate per andare a prendere il ferry boat, si oltrepassa un mercato puzzolente di cose immangiabili, si entra in una galleria buia ma fresca, costellata da negozietti, dove non compra niente nessuno e poi dritti alla cassa si pagano 4 Thb (11 cent.) per la traversata del Chao Phraya, in un minuto e mezzo si è dall’altra parte. Scesi su passerelle un po’ traballanti, si gira subito a sinistra “tagliando” la coda in attesa di riattraversare il fiume per tornare dall’altra parte; anche voi farete così, se volete tornare di là. Wat Arun, il tempio dell’alba, è veramente impressionante e al tramonto lo è ancora di più. I suoi colori vanno dal rosa all’arancio. È un “prang” cioè una slanciata torre dal profilo sottile ed elegante. Ingresso 50 Thb (1 euro e 46 cent.).
Il giorno seguente sono stata a China town per visitare il tempio con il Budda, completamente d’oro massiccio, più pesante al mondo. Circa 6 tonnellate. Alto 4 metri. È vietato usare il bastone da selfie. Se qualcuno vi scatterà delle foto, lo farà perché all’uscita vi venderà delle orrende placchette di metallo con la vostra immagine: 200 Thb al pezzo da attaccare al frigorifero o indossare come spilletta.
Qui ho sentito molta devozione, si accendono tanti incensi e candeline. Bancarelle dentro e fuori. Il quartiere offre tanti punti ristoro con carrelli che vendono carne, pesce, frutta fresca e bibite. E poi tanti negozi di souvenir. Il tempio si chiama Wat Traimit. Ce n’è anche un altro, gratis da visitare, lo si incontra oltrepassando l’enorme porta rossa al centro della rotonda sulla sinistra. Gradite le offerte d’acqua ai monaci.
Little India è il quartiere adiacente, offre una lunga sfilza di bancarelle, un bellissimo mercato dei fiori e poi girando, girando si trova la vera India, coi sari colorati, i braccialetti, le stoffe, i punjab, c’è un mercato con i banchi attaccatissimi che conducono all’emporium e al tempio sikh: chiuso per restauri! Contrattate su tutto.
Wat Saket ovvero The Golden mount si erge su una collinetta ed è la parte che mi è piaciuta di più. Forse perché non è conosciutissima, è famosa, ma meno frequentata, per cui più tranquilla. Ha quell’alone di pace che ti aspetti da un luogo religioso. Una lunga gradinata 344 steps conducono a un chedi d’oro bellissimo ed enorme. La natura è esplosiva, ma ordinata, animali finti come scimmie, cani e pavoni, statue di donne conducono lassù, senza fatica.
La vista è poi impareggiabile: si vede tutta Bangkok, c’è un delizioso venticello e ci sono monaci che allacciano braccialetti porta fortuna. Si può comprare un abito e donarlo ai religiosi, scrivere un messaggio su un lungo tappeto rosso, suonare i gong, suonare la lunga fila di campane e sedersi sull’erba finta in meditazione.
Poi sono andata a cantare i bhajans, i tipici canti indù presso due centri di Sathya Sai Baba e sono andata a sentire il commento della Bhagavad-ghita presso due centri degli Hare Krishna. In entrambi i posti, a fine cerimonie si mangia gratis, pasti vegetariani metà indiani, metà thai.
La domenica al parco è l’ideale per riposarsi e osservare come trascorrono il tempo i locali. Ce ne sono tantissimi: Lumphini, Dusit, Benjasiri. Le persone giocano a tennis, praticano jogging, tai chi. Panchine e punti ristoro ovunque.
C’è uno zoo a Dusit. Lo stadio della boxe e molti musei: delle lance reali per esempio. Insomma, c’è veramente tanto da fare e vedere a Bangkok.
Per favore, se andate verso nord, verso la foresta, per favore non fate nulla che abbia a che fare con gli elefanti. Sono solo attrazioni turistiche, sfruttati fino alla morte, trattati malissimo, torturati.
Ed ecco gli accorgimenti. La Thailandia è famosa per le truffe ai turisti. Attenzione quando attraversate la strada, sono fra le più pericolose al mondo. Leggete il Bangkok post. È illegale esportare statue di Budda e la sua effige, vasetti di terra perché appartiene al Re, fiori, semi, frutta. Limitate gli acquisti di capi d’abbigliamento. Le pietre preziose sono tutte false. La loro politica è: acquistare e consumare in loco.
Assaggiate così la frutta: il durian un grosso frutto spinoso puzzolente ma dal sapore meraviglioso. Il mangosteen, piccolo, viola con la buccia spessissima, dentro è bianco e a spicchi; il dragon fruit: dalla polpa morbida con tanti semini neri; il pomelo, un agrume come il nostro pompelmo, ma più asciutto. E infine, il rambutan, un frutto che sembra un riccio, ma è facile da sbucciare.
Imparate qualche parola, vi faciliterà nelle comunicazioni: Sawadee vuol dire ciao, ma se salutate una donna dovete dire Sawadee ka, mentre se salutate un uomo dovete dire Sawadee krab. Satika per la sera. Grazie si dice khop (kh)un krab. Kha vuol dire sì. Khlong, vuole dire canale e soi, significa traversa (di una strada principale).
Di Liza Binelli
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