Quest’ estate abbiamo scelto come meta un paese che assomiglia piu’ ad un continente, un’ enorme isola posta fra due oceani, quello Indiano e quello Pacifico, grande una volta e mezzo l’ intera Europa: l’ Australia !! La visiteremo nel nostro solito modo: in solitaria ed a bordo di un mezzo noleggiato; ne scopriremo soprattutto le zone remote, tralasciando per questa volta le grandi metropoli per prediligere le distese semi desertiche dell’ outback, ovvero l’ entroterra del paese. Non vedremo mai il mare, sebbene sia in alcuni punti magnifico; vivremo un’ avventura tra le piu’ selvagge che ci sia mai capitato di vivere!
Abbiamo scelto di non prendere mai voli interni bensi’ di spostarci, per tutto il mese di permanenza in questa terra, a bordo di un unico mezzo, un piccolo camper con quattro ruote motrici, che ci consentira’ di muoverci senza problemi ed in assoluta autonomia sulle numerosissime e spettacolari piste di terra e sabbia. Il “camper-bush” della compagnia BRITZ e’ dotato di: frigorifero, cucina, un letto a due piazze, un secondo letto singolo, un serbatoio per l’ acqua da 50 litri, due serbatoi per il gasolio con un’ autonomia complessiva di circa 1000 km, aria condizionata. In piu’ noi abbiamo scelto di noleggiare un tavolino, due sedie, un kit di sicurezza comprensivo di: pala, cinghia di traino, un dispositivo radio da usare in caso di effettiva e grave necessita’.
Abbiamo scelto di visitare un’ area non troppo vasta, a cavallo fra due “regioni”: il Northern Territory, dove visiteremo il Top End, ovvero la parte piu’ settentrionale ed il Red Center, e l’ Western Australia, dove ci concentreremo sul Kimberly.
L’ organizzazione del viaggio e’ stata lunga e minuziosa, tanti i contatti con agenzie di noleggio auto per scegliere la soluzione migliore, molte ore passate sulle mappe fatte arrivare direttamente da la’ per trascrivervi i punti gps dei luoghi scelti (un grazie di cuore a Claudio per averci aiutato in questo senso !), molte anche le ore passate a tradurre dall’ inglese l’ unica versione di guida Lonely Planet sull’ Outback australiano ! Alla fine e’ tutto pronto: pagata la caparra per il camper, pagato il biglietto aereo con la compagnia di bandiera australiana, la Qantas, pronta tutta la documentazione cartacea relativa alle burocrazie ed al viaggio stesso. Non ci resta che preparare le valigie !!
Venerdi’ 30 Luglio 2004
Ci imbarchiamo sul volo Lufthansa diretto a Francoforte: abbiamo con noi due bagagli a mano e tre bagagli in stiva. In Germania ci imbarchiamo sull’ enorme Boeing 747 della Qantas diretto a Singapore.
Sabato 31 Luglio
Atterriamo a Singapore e ci sgranchiamo le gambe stanche dal lungo volo nello splendido aeroporto malesiano. Alle 22 ci imbarchiamo nuovamente su un altro aereo della Qantas diretto a Darwin, sulla costa settentrionale dell’ Australia !
Domenica 1 Agosto
Atterriamo alle 4 del mattino nel piccolo aeroporto ancora addormentato. I controlli cui veniamo sottoposti sono esasperanti, lunghe code per passare tutti i bagagli sotto ai raggi X. Per fortuna sul modulo che ci hanno fatto compilare prima dell’ atterraggio abbiamo dichiarato di avere con noi del cibo (buste Knorr e frutta secca sigillata), altrimenti, se non lo dichiaravamo e lo scoprivano da soli ai raggi X, scattava una super multa !!
Finalmente superiamo la “barriera” della dogana e ci disponiamo all’ attesa delle prime luci dell’ alba.
Quando il nuovo giorno nasce, usciamo dall’ aeroporto e subito veniamo investiti da un’ aria fragrante di profumi tropicali che improvvisamente ci fa dimenticare le fatiche del viaggio: siamo arrivati !!! Un taxi ci accompagna davanti alla sede della Britz, ancora chiusa. Ci aggiriamo felici fra i vari mezzi parcheggiati nel cortile ampio, in attesa di essere presi a noleggio.
Finalmente gli uffici aprono ed inizia la burocrazia per poter diventare temporanei “proprietari” del bel camper-bush Toyota Land Cruiser pronto per noi ! Alle 9 e 30 siamo alle prese con le norme stradali di un paese dove si guida a sinistra; ci fermiamo a fare spesa in un supermercato miracolosamente aperto la domenica, riempiamo il secondo serbatoio di gasolio, scambiamo un po’ di euro in dollari australiani, facciamo rifornimento di bottigliette di birra australiana in un negozio che ha la licenza per vendere alcoolici (non si trovano infatti nei supermercati!)…. e siamo pronti per dare inizio alla nostra avventura australiana!!
Ci immettiamo sull’ asfaltata Stuart Highway e ne percorriamo un pezzo in direzione Alice Spring. Dopo alcuni km la abbandoniamo per dirigerci verso nord e verso il parco nazionale del Kakadu.
All’ una ci fermiamo lungo la strada per pranzare in un luogo a dir poco pazzesco: e’ pieno di omoni che bevono molte birre, ridono paonazzi in volto e seguono una corsa di cavalli sullo schermo di una piccola televisione. Al bancone sono appoggiati singolari personaggi dagli enormi cappelli e dalle lunghe barbe; tu ordini, paghi, poi ti siedi ed aspetti che una voce femminile all’ altoparlante gridi il numero del bigliettino che ti hanno dato ! Quando Taddy si e’ presentato con un piatto con sopra un hamburger alto 20 cm e con dentro davvero di tutto, gli omoni di prima si sono sbellicati dalle risate notando l’ espressione stupita del turista. muovendo un’ ilarita’ generale che ha naturalmente conquistato subito anche noi !!! Abbiamo iniziato cosi’ a conoscere la gente di questo paese, che si rivelera’ sempre piu’ cordiale e disponibile nei nostri confronti!
Proseguiamo il viaggio sull’ asfalto, fino all’ ingresso del parco del Kakadu. E’ bene ricordare che, per entrare in questo parco, e’ necessario avere con se’ il permesso: noi l’ abbiamo comprato in aeroporto a Darwin ed ha una durata di tre giorni.
Imbocchiamo dunque la pista di terra chiamata Old Jim Jim Road che ci piace fin da subito. Il colore dominante e’ il rosso tutto circondato dal verde della boscaglia ai due lati della pista. Sono evidenti i segni di incendi vecchi e recenti, quasi tutti gli alberini hanno il tronco nero fino ad una certa altezza ma continuano a vivere. Il momento piu’ drammatico e’ stato quando, lasciata la pista principale per poche centinaia di metri in direzione di una piccola pozza acquitrinosa con annessa area di campeggio, gli occhi ci sono caduti su di un grosso tronco steso a terra che ancora fumava e chissa’ per quanto ancora avrebbe fumato, un’ anima di fuoco che lo divorava inesorabilmente nel cuore… Abbiamo letto che gli incendi nell’ outback sono molto frequenti durante tutta la stagione secca (ovvero questa, che va da maggio ad ottobre) ma sono generalmente di scarsa durata perche’ il fuoco non trova quasi mai troppo combustibile, poiche’ e’ gia’ bruciato in precedenza! Cio’ non toglie che ogni anno le fiamme provochino danni considerevoli alla fauna ed alla flora del continente. Spesso abbiamo trovato, presso i distributori di carburante o nei paesini, dei volantini con informazioni utili nel caso ci si trovi immischiati in un incendio. Per fortuna a noi non capitera’!
Lungo la pista incontriamo pochissime auto, per il resto il mondo che ci circonda e’ di una selvaggezza unica. Il parco si presenta come una distesa verdissima di alberini bassi dai tronchi chiari, distese di erba secca e pozze d’ acqua dove nuotano schiamazzando numerosi uccelli. Giungiamo al guado sul South Alligator (quante volte a casa abbiamo letto questo nome e la nostra immaginazione correva a cercare di indovinare com’ era questo fiume …. finalmente eccolo davanti ai nostri occhi, piu’ bello di ogni previsione !!) e qui prendiamo, prima di attraversarlo, una pista a sinistra diretta al “camping – bush” scelto per questa nostra prima notte australiana.
Si chiama Alligator Billabong ed arriviamo al bel cartello di legno, che bene si mimetizza con la vegetazione circostante, sul far del tramonto. La luce splendida e l’ emozione di essere qui, persi in un mondo arcaico e selvaggio, fanno di questo posto un posto davvero magico: siamo sul bordo di una grande pozza dalle acque blu intenso e, cenando con un risotto Knorr, osserviamo increduli l’ alba di una splendida luna piena…
Lunedi’ 2 Agosto
La notte e’ stata piena di zanzare assatanate ma, al nostro risveglio, ci attende una scena meravigliosa: una sottile nebbia bassa baciata dai primi timidi raggi di sole ricopre ogni cosa mentre il cinguettio felice di decine di pennuti pronti ad iniziare una nuova giornata nel bush australiano si espande tutto intorno a noi in un crescendo favoloso! Anche noi siamo pronti… per una buona colazione a base di caffe’ caldo e biscotti!
Questa notte, a circa mezzo km da noi, ha dormito una famiglia di australiani di Darwin e, prima di riprendere il viaggio, ne facciamo la conoscenza. Hanno allestito un vero e proprio accampamento e gli uomini di famiglia sono usciti in barca per andare a pescare: queste sono le loro vacanze… che meraviglia!
Partiamo lungo la pista e in un paio d’ ore incontriamo solo tre auto e due piccoli canguri che ci hanno attraversato saltellando velocissimi la pista. Arriviamo sull’ asfalto e lo seguiamo in direzione Jabiru. Giungiamo qui verso mezzogiorno, facciamo gasolio, pranziamo in un take away gestito da cinesi e prenotiamo la crociera sullo Yellow Water River per domani. Fa molto caldo.
Continuiamo quindi sull’ asfalto, fino all’ imbocco della pista senza uscita diretta alle cascate Jim Jim e Twin. Inizialmente larga e piuttosto veloce, la pista si trasforma come per incanto in due sole tracce parallele: e’ proprio questo il tipo di pista che preferiamo e ce la gustiamo ben bene. Sarebbe bello avere il tempo per visitare tutte e due le cascate, ma purtroppo il pomeriggio e’ ormai inoltrato e la pista per le Twin Falls e’ troppo lunga; ci fermiamo allora al parcheggio per le Jim Jim Falls ed iniziamo la camminata. Sono le 16 e da queste parti il sole tramonta presto cosi’ avremo poco tempo per goderci la bellissima ed inaspettata spiaggetta candida alla base delle cascate, che compiono un salto di circa 200 metri ma che in questo periodo dell’ anno sono prive d’ acqua. E’ molto bello anche tutto il sentiero per raggiungerla; in totale siamo stati via 1 ora e quaranta minuti. Ci resta giusto il tempo per percorrere al contrario la bella pista di prima ed arriviamo al campeggino Garnamarr al tramonto. Qui c’e’ l’ acqua calda nei bagni (scaldata dai pannelli solari, tutto all’ insegna dell’ ecologia … sono forti questi australiani !!) e ne approfittiamo per fare una bella doccia, lusso che non sempre ci permetteremo!!
Ceniamo con un risotto Knorr dopo aver pagato 5,40 AUD a testa al gestore del campeggio che passa a piedi da ciascun campeggiatore.
Martedi’ 3 Agosto
Sveglia alle 7, colazione, riordino del camper-bush. Partiamo alle 8 e 30; meta di oggi e’ il lodge Yellow Water sul fiume omonimo, nelle acque del quale faremo una breve crociera. Arriviamo alle 11 e 30 dopo aver percorso una strada asfaltata piuttosto frequentata (una ventina di auto in tre ore !!). Saliamo a bordo di una specie di grande battello e partiamo sotto un sole implacabile. Il fiume si presenta come un magnifico habitat naturale, paradiso per decine di diverse specie di uccelli. Purtroppo il caldo tiene nascosti la maggior parte degli animali ma riusciamo a vedere alcune maestose aquile che ci osservano dall’ alto scorrere lenti sotto di loro, un nido con due aquilotti, diversi candidi trampolieri, minuscoli martin pescatori. Stesi immobili sulle rive fangose si scorgono alcuni begli esemplari di coccodrillo. L’ escursione e’ durata circa un’ ora e mezzo. Dopo un pranzetto a base di insalata con pollo e scaglie di formaggio al lodge Yellow Water, riprendiamo la strada asfaltata, abbandonandola a livello dell’ incrocio con la pista che, in circa 37 km, conduce alle cascate Gunlom. Anche qui non c’e’ acqua nella cascata, mentre un bel lago alla base del salto ci accoglie nelle ultime ore di luce. Qui sono state girate alcune scene di “Mr. Crocodile Dundee” e sempre qui c’e’ un campeggio dove ci fermiamo questa notte.
Cena con risotto Knorr davanti ad un bel fuoco.
Mercoledi’ 4 Agosto
Torniamo sull’ asfalto e lo seguiamo per molti km. Verso le 11 siamo a Pine Creek, un villaggio piu’ che un paese, caratterizzato da una ampia arteria principale con basse casette colorate ai lati. Quanto spazio hanno gli australiani….. persino nei paesi stanno belli larghi! Facciamo rifornimento di gasolio (e’ buona norma riempire i serbatoi ogni qual volta ne capiti l’ occasione, poiche’ spesso le distanze da coprire sono enormi), alimentari, succhi di frutta. Scopriamo anche una cosa interessante ed indice di una societa’ molto civile: il caffe’ “free for drivers”, ovvero il caffe’ che viene offerto gratuitamente a tutti coloro che sono alla guida della propria auto e si trovano a passare da un distributore di carburante!! Sorridiamo pensando che da noi, anziche’ regalarlo, lo farebbero pagare un sacco di soldi!!
Ripartiamo e dopo un’ oretta entriamo a Catherine, famosa per le sue gole. Noi pero’ non ci fermiamo a visitarle, preferendo proseguire oltre. Ma approfittiamo di questo “grande” centro urbano per cambiare altri euro presso una banca. Nell’ attraversare la strada, ci accorgiamo di un’ altra caratteristica di civilta’ del popolo australiano: tutti si fermano per cedere il passo ai pedoni!! E’ una cosa incredibile e divertente: attraversiamo due o tre volte la strada senza motivo solo per vedere le auto che immancabilmente si fermano per farci passare….!!!
L’ atmosfera di questi centri urbani e’ tranquilla e rilassata, niente rumori, niente musica, tutti camminano con calma. Incrociamo molti aborigeni scalzi e ci facciamo mille domande su di loro, ma avremo modo di approfondire piu’ avanti questo aspetto della societa’ australiana. Per il momento torniamo a macinare km di asfalto, fermandoci in un’ area adibita alla sosta per mettere qualcosa sotto i denti. Grande calura e migliaia di mosche.
Nel pomeriggio arriviamo al bivio con la pista per Bullita ed entriamo in un nuovo parco: il Gregory National Park. Ai lati della pista ci sono splendidi esemplari di baobab, i cui tronchi levigati si accendono di colore alla bella luce serale. Giungiamo al campeggio sul far del buio. Campeggio. Come si fa a definire campeggio il posto in cui siamo appena giunti? Cerchero’ di descriverlo bene: lungo la pista principale, ad un certo punto troviamo un cartello di legno che cita “camp area”, con una freccina verso sinistra. Seguiamo allora questa nuova piccola pista ed in breve arriviamo in vista di un magnifico boschetto di baobab affusolati, alti e scuri. Qui, la pista compie un anello che muore torcendosi su se stesso. Lungo questo anello, internamente ed esternamente, ci sono delle aree pianeggianti delimitate da bassi tronchetti di legno: sono le piazzole. Ogni piazzola (in questo campeggio ce ne sono circa otto, ma possono essere anche meno!) e’ provvista di un braciere dove poter cuocere le bistecche (gli australiani ne vanno matti e talvolta si sentono certi odorini….). Tutto intorno c’e’ solo natura, silenzio (rotto solo dagli uccelli che si stanno preparando per la notte) e, di norma, una o due auto di australiani discreti e silenziosissimi.Si intravedono anche, nella vegetazione, tre piccole strutture di metallo verde: una e’ la toilette, mai trovata sporca e sempre provvista di carta igienica (che ci si deve portare dietro perche’ non ci sono ovviamente le fognature ma solo un profondo buco, dove e’ meglio non lasciare carta). La seconda e’ una cisterna di raccolta dell’ acqua piovana, da cui ogni campeggiatore puo’ attingere per riempire il proprio serbatoio. La terza struttura, molto piu’ piccola delle altre, e’ una colonnina alta da terra solo un metro. Sulla sommita’ di questa colonnina si trova una cassettina metallica, sul coperchio della quale si legge il tariffario del campeggio: adulti 3 AUD, bambini 2 AUD. Sollevando il coperchio si scopre il contenuto: una serie di buste di carta da compilare coi propri dati, riempire coi soldi e rimettere, chiuse, di nuovo dentro alla cassettina. Ne deduciamo che ogni tanto passeranno le guardie del parco per ritirare i soldi che i campeggiatori hanno lasciato. Incredibile! Sorridiamo amaramente pensando che da noi una cosa cosi’ non potrebbe mai e poi mai funzionare… Forza di una societa’ sana e benestante che si puo’ permettere il lusso di mettere in cima ad ogni altro problema la salvaguardia dell’ ambiente, basandosi sul rispetto e sulla lealta’ di tutti i cittadini…
Giovedi’ 5 Agosto
Questa notte ho ingenuamente lasciato fuori dal camper il sacchetto dei rifiuti, pensando che nessun animale si potesse aggirare nei dintorni dato il silenzio maestoso che regnava durante la cena. Grave errore! Alla mattina, naturalmente, il sacchetto era sparito! Che brutto pensare di aver sporcato questo posto cosi’ lindo e selvaggio con bottiglie di birra e cartacce varie. Ho dato la colpa ad alcuni grossi corvi neri come la pece che ci scrutavano dall’ alto dei rami, emettendo suoni tremendi dai becchi gialli. Ma ho capito tutto quando ho scorto in mezzo all’ erba alta le orecchie di un piccolo dingo che mi osservava immobile. A pochi metri da lui, il mio sacchetto smembrato e ripulito da ogni particella commestibile!!! Meno male! Mentre il dingo si allontanava trotterellando, ho recuperato tutti i rifiuti, ancora una volta sorridendo per la mia ingenuita’!
E’ tempo di ripartire, dopo aver pagato e fatto il pieno d’ acqua al camper.
Dopo una rapida visita alla deserta homestead di Bullita, sede dei ranger del parco che vengono qui solo un giorno alla settimana, imbocchiamo l’ Humbert Track, una pista che attraversa per il lungo, da nord a sud, questo piccolo parco. C’e’ un’ altra pista che parte da qui ed e’ piu’ famosa e frequentata; si tratta della Bullita Stock Route, che compie un anello e torna qui. Ma noi vogliamo attraversarlo tutto il Gregory N. P. e cosi’ partiamo lungo questa pista che si rivelera’ splendida!
Dappertutto abbiamo letto che e’ consigliabile avere con se’ due ruote di scorta, una buona quantita’ d’ acqua, di viveri, di carburante; si consiglia anche di viaggiare almeno in coppia, di registrarsi all’ inizio del percorso e di de-registrarsi alla fine dello stesso. Anche questa volta gli australiani ci hanno dato esempio di grande organizzazione: registrarsi all’ inizio del percorso, infatti, significa comporre un numero di telefono, lasciare i dati della propria auto, dichiarare in quanti giorni si pensa di compiere l’ intera attraversata del parco. De-registrarsi significa invece telefonare allo stesso numero quando si e’ usciti dal parco; se entro 24 ore dalla data supposta per la fine del percorso non viene effettuata tale de-registrazione….. partono i soccorsi che vi vengono a cercare!!!!!
Noi, abituati all’ Africa, abbiamo ritenuto tale scrupolo un po’ eccessivo ed abbiamo deciso di risparmiare i 15 AUD necessari per attivare il servizio! Non abbiamo per fortuna dovuto pentircene!!
La pista corre in pianura ed attraversa distese di erba gialla punteggiata da termitai rossi, talvolta si incontra qualche baobab o qualche boschetto che pare fatato per la luce bellissima; stupendi cespugli dai rami carichi di fiori gialli si stagliano sul cielo perfettamente blu.
Ogni tanto la nosta attenzione viene attirata da un cartello che cita: “Attenzione: Luogo aborigeno sacro” oppure: “Luogo aborigeno di cerimonie”e la cosa ci affascina, soprattutto perche’ questi posti paiono ai nostri occhi profani identici a quelli dei dintorni, mentre per “la gente” (cosi’ si definisce il popolo aborigeno australiano) assumono significati importanti e misteriosi!
La pista non e’ difficile ed in alcuni punti si riduce a due sole tracce parallele e ci da’ maggiormente l’ impressione di essere fuori dal mondo! La terra su cui viaggiamo muta spesso colore per la gioia dei nostri occhi: ora e’ bianca, ora e’ arancione, poi rossa quindi grigia e cosi’ via, in un arcobaleno indimenticabile!
Ogni tanto una freccina azzurra ci dice che siamo sulla traccia giusta e, se segnali di questo tipo non sono fondamentali seguendo la pista (non ci sono bivi per cui diventa praticamente impossibile sbagliare!), diventano invece assai importanti in prossimita’ dei guadi con acqua. Se non le si segue si puo’ infatti finire in profondi buchi nascosti dalle acque in movimento!
Quando ci fermiamo ed anche il motore della Toyota tace, il solo rumore che sentiamo e’ quello delle mosche che immancabilmente arrivano a “ripulirci” il viso! La calma e’ totale.
Ogni tanto si guada un fiume, talvolta in secca e talvolta con acqua. E’ bene affrontarli tutti con una velocita’ ridotta per evitare qualsiasi danno al mezzo e possibili errori di valutazione.
Uno in particolare merita di essere raccontato. La pista scende nel letto del fiume gradualmente ed il fondo da terroso si fa roccioso, di una bella roccia scura e liscia. La pendenza non e’ solo verso il basso ma anche verso la sinistra del Toyota che, essendo piuttosto alto, potrebbe anche ribaltarsi (evenienza piuttosto remota ma anche piuttosto impressionante!!) cosicche’ procediamo con estrema cautela. Alcuni gradoni complicano ulteriormente l’ avanzata ma non c’e’ pericolo: basta saper controllare il mezzo andando veramente piano! Quando arriviamo all’ acqua non vediamo piu’ le freccine azzurre, cosi’ scendiamo per cercarle, scrutando dall’ altra parte del corso d’ acqua che non e’ largo ma e’ piuttosto pieno. La tranquillita’ che si gode qui vicino all’ acqua e’ carica di tensione: i fiumi australiani sono infatti ricchi di coccodrilli, che possono anche diventare pericolosi per l’ uomo. Ci soffermiamo qualche tempo in piu’ dopo aver scorto la freccina, quasi paralizzati dall’ adrenalina che ci sale lentamente parlando dei coccodrilli proprio qui, nel loro habitat naturale!
Ci fermiamo a mangiare qualcosa su una bella distesa fluviale assolutamente candida e piatta. Fa un caldo micidiale.
Nel pomeriggio incontriamo qualche tratto di pista un po’ piu’ impegnativo ed un altro bel guado, immerso in un bosco dagli alberi particolarmente alti e dai tronche chiari. Superato questo, ci si trova in poco tempo in prossimita’ di un bivio: a sinistra l’ Humbert track esce dal parco, a destra inizia l’ Witharch track che prosegue l’ attraversata del parco. Teniamo la destra ed in breve passiamo accanto ad un’ area di campeggio: sono solo le tre cosi’ decidiamo di andare avanti ancora un po’. Il panorama inizia a mutare, sollevandosi in dolci colline addossate le une alle altre, verdissime di bassa vegetazione. I loro nomi variano a seconda della loro forma: “tent hills” se sono a punta, “mesa hills” se hanno la punta mozzata e dunque la sommita’ pianeggiante. Ci troviamo ad attraversare infatti la “Mesa and Tent hills valley”.
Si avvicinano le ore serali e la luce e’ sempre piu’ bella: sono le cinque quando risaliamo il fianco di un piccolo altipiano che ha un nome molto azzeccato: “Jump up”! Da quassu’ la vista sulla valle appena attraversata e’ davvero mozzafiato ed una vocina interiore ci dice…… dormite qui…….dormite qui……. Decidiamo di darle retta e parcheggiamo il Toyota al lato della pista. In silenzio ci godiamo questa magica solitudine ed i nostri occhi scorrono la valle ai nostri piedi quasi non riuscissero a convincersi che non c’e’ assolutamente nessuno a parte noi due nel raggio di chissa’ quanti chilometri……. Vi assicuro che e’ stata un’ emozione incredibile! Dominare dall’ alto un mondo perduto dalla bellezza struggente, dove l’ unica vera padrona e’ la natura……… La luce cala in fretta e ben presto ci troviamo immersi in un’ oscurita’ totale. Mille stelle brillano sulle nostre teste. Ceniamo alla blanda luce di una torcia che penzola dall’ alto e poi ci ritiriamo nel camper. Quando anche la torcia si spegne sembra di essere diventati improvvisamente ciechi…
Venerdi’ 6 Agosto
Alba sul Jump up. La vista torna lentamente ai nostri occhi ed il colore dominante e’ il verde. Non si vede ovviamente anima viva. Pace assoluta. Con le mani attorno alla nostra tazza di caffe’ ci guardiamo negli occhi: ci dispiace andar via! Ma la voglia di scoprire cosa c’e’ oltre la curva ci rianima e ben presto siamo nuovamente pronti a metterci in marcia. Scendiamo dal Jump up e la pista e’ lenta. Incontriamo due animali: un enorme toro grigio che si toglie svogliatamente dalla pista per farci passare, ed un cammello! Questo animale fu portato in Australia dagli europei per aiutare gli uomini di allora nei duri lavori; quando e’ stato sostituito dai mezzi a motore, fu liberato e lui, molto resistente ed adattabile, si e’ immediatamente trovato a suo agio nella nuova vita allo stato brado. Ne incontreremo altri, solitari, in giro per l’ outback. Lentamente ci avviciniamo al confine meridionale del parco e nel frattempo, dopo un altro bel guado, la pista ha ancora mutato nome: Gibbie track.
Usciamo infine dal Gregory N. P. per entrare nella piu’ vasta tenuta mai vista in vita nostra: quella di Mt. Sanford. Enormi recinti con una quantita’ inverosimile di mucche e cavalli, moltissimi cancelli da aprire e richiudere, nessuno per strada ed una pista cosi’ piatta e dritta da diventare persino noiosa! Non so quanti chilometri abbiamo percorso prima di uscire dalla tenuta, ma quando abbiamo raggiunto il cuore della stessa, ovvero la “fattoria”, abbiamo capito l’ isolamento in cui si trova!! Una bella casa grande e bassa, con intorno un bel praticello verdissimo sempre bagnato da instancabili spruzzini ruotanti, nessuno in giro come di consueto! Ad un certo punto sentiamo un rumore avvicinarsi ed alziamo gli occhi al cielo perche’ da la’ proviene. Sta arrivando un elicottero che atterra, un uomo scende quasi al volo, posa poco distante un sacco marroncino, risale ed in fretta riparte. Tutto si e’ consumato nel giro di forse due minuti! Era il postino! Qui funziona cosi’! Le distanze sono talmente vaste che non ci sono alternative. D’altra parte la societa’ australiana e’ ricca e si puo’ permettere un servizio del genere, assolutamente impensabile per esempio in Africa, dove pure si possono trovare distanze cosi’ grandi. Ma mai come qui, credo. Mai visto posti cosi’ sperduti, disabitati, selvaggi! Anche nel Sahara e’ diverso: ogni tanto passa un tuareg a cammello o si incontra un pozzo con qualcuno che tira su l’ acqua… qui niente, niente, niente per centinaia di chilometri!!!!
Lungo l’ interminabile pista di questo pomeriggio sfiliamo accanto ad una comunita’ aborigena, Dongaragu. Queste comunita’ non sono visitabili, se non col possesso di uno specifico permesso per altro da richiedere molto tempo prima di intraprendere il viaggio e piuttosto difficile da ottenere. Solo se si conosce qualcuno che vi lavora o vi abita si puo’ sperare di ottenere il permesso, in mancanza del quale ci si deve limitare a guardare da lontano il villaggio o ad entrarvi esclusivamente per fare rifornimento di carburante e viveri. In qualche comunita’ c’e’ una “art gallery” che si puo’ visitare senza permessi.
Verso la fine della giornata mettiamo le ruote sull’ asfalto della Buntine hwy ed arriviamo in breve a Kalkaringi; segnato sulla nostra mappa con un bel puntone vistoso, nella realta’ si presenta come un benzinaio con annessi minimarket e take away (che naturalmente chiude i battenti quando arriviamo noi, ovvero alle cinque, costringendoci a cenare con un ennesimo risotto Knorr!!!). Sul retro del benzinaio sono adagiate le baracche in lamiera di una piccola comunita’ aborigena mentre di lato si apre, dietro un cancello perennemente aperto, un campeggio con corrente elettrica, bagni puliti, acqua calda e prato morbido.
Siamo stanchi morti e filiamo a letto subito dopo cena.
Sabato 7 Agosto
Ci svegliamo e ci accorgiamo con stupore che nella notte si e’ parcheggiata accanto a noi una jeep con a rimorchio una barca ed una moto da enduro. Si tratta di una giovane coppia di ragazzi australiani e non capiamo se non li abbiamo sentiti piu’ per la nostra stanchezza o piu’ per la loro educazione!
Dopo colazione, quando il sole inizia a scaldare le nostre membra infreddolite, siamo di nuovo seduti al volante della Toyota; proseguiamo sulla Buntine hwy che diventa ben presto sterrata. Larga, dritta, rossa, questa pista ci permette un’ andatura piuttosto sostenuta, intorno ai 70 km orari.
Incontriamo alcuni piste che partono dalla principale e si portano chissa’ dove nell’ interno: una gomma in piedi dipinta di bianco o un cartello di legno con un cognome a segnalarle e basta!
Con il gps capiamo ad un certo punto di essere in prossimita’ di un bivio che, non segnalato bene, ci condurra’ ad incrociare a nord una nuova pista veloce, la Duncan hwy: si tratta insomma di una sorta di scorciatoia che ci evitera’ numerosi monotoni chilometri di Buntine hwy.
La scorciatoia inizia con due tracce parallele e non troppo marcate che corrono in un boschetto simile a quelli attraversati gli scorsi giorni. Dopo 30 chilometri, pero’, la pista scende con decisione verso una vasta vallata che ci fermiamo ad osservare dall’ alto: e’ una meraviglia! Una morbida distesa di erba gialla punteggiata di verde, movimentata da alcune formazioni di terra-roccia rossissime…. il tutto sotto un cielo azzurro privo di nubi! Pare di dover scorgere da un momento all’ altro una mandria di bisonti inseguiti da indiani pellerossa a cavallo!!!
La calma regna invece sovrana ed anche la famiglia di asinelli che incontriamo poco dopo ci dimostra quanto la vita da queste parti sia assolutamente tranquilla….
Pranziamo con questa spettacolare natura sotto gli occhi, tristi solo al pensiero che l’ uomo bianco abbia scacciato anche da qui il pacifico popolo aborigeno.
Proseguiamo la pista ed entriamo nella tenuta di Nelson Spring: tanti cancelli da aprire e richiudere finche’ la pista si fa nuovamente monotona e si getta nella Duncan hwy, che qui e’ piuttosto stretta ed in alcuni punti sabbiosa. Incrociamo ben cinque vetture, fra cui un lungo road train nei pressi di un guado cementato.
La Duncan hwy termina a T sulla Victoria hwy e noi andiamo ad ovest verso Kununurra, ma poco dopo deviamo a nord in direzione del piccolo Keep River National Park, vicinissimo al confine fra Northern Territory ed Western Australia.
Sono le 5 e 30 quando entriamo nel parco e dobbiamo affrettarci ad attraversarlo tutto per arrivare con la luce all’ area di campeggio di Jarrnarm: guidare con il buio aumenta infatti le possibilita’ di investrire gli animali e noi non vogliamo correre tale rischio. La pista e’ piuttosto veloce ed in mezz’ oretta copriamo i 28 km che ci separano dalla meta; e’ un peccato non fermarsi a godere degli splendidi scorci che ci sfilano accanto, falesie dal rosso impressionante e splendidi baobab. Avremo piu’ tempo domani!
Poiche’ oggi e’ sabato e questo parco e’ vicino ad una citta’, Kununurra, nell’ area di campeggio ci sono diverse auto parcheggiate ma la cosa non ci preoccupa: ormai conosciamo la grande educazione delle famiglie australiane e siamo certi di poter dormire sonni tranquilli ! Ed i fatti non ci smentiscono: per tutta la notte regna un silenzio che fa quasi impressione !!!
Domenica 8 Agosto
Oggi e’ in programma un’ escursione a piedi in questo piccolo gioiello chiamato Keep River. Per non trovare ressa sul sentiero abbiamo preferito partire molto presto… ma ci sbagliavamo: lungo tutto il bel percorso, durato dalle 7 e 30 alle 11 e 30, abbiamo incontrato solo un’ altra coppia ! La scelta di partire presto, ad ogni modo, si e’ rivelata intelligente almeno per quanto riguarda la temperatura: alle 10 non si resisteva piu’ dal caldo e quando siamo tornati alla jeep eravamo mezzi disidratati (non che non avessimo acqua con noi… ma l’ idea di un bel succo di ribes nero ghiacciato giu’ per il garganozzo ci ha fatto resistere fino al camper !!!).
Il sentiero piu’ lungo del parco parte con un sentiero in pianura, poi compie un vasto anello risalendo un panoramico “look out”, quindi ne ridiscende chiudendosi di nuovo sul sentiero iniziale.
Lo stretto sentiero di terra e sabbia attraversa inizialmente una distesa di erba gialla e secca, guada una zona paludosa e poi si avvicina alle formazioni rocciose che rendono famoso il parco, donandogli anche il curioso nomignolo di “mini Purnululu”. Si tratta di arenaria stratificata che forma curiosi pinnacoli, grandi cupole di roccia rossa, interi complessi che assomigliano sorprendentemente a quelli del piu’ famoso parco del Purnululu, meglio conosciuto come Bungle Bungle.
Ci troviamo quindi sotto questa bellissima roccia e guardiamo in alto le fronde delle longilinee palme che colorano di esotico questa zona dell’ Australia. Ed e’ paragonabile proprio ad un grande giardino esotico questo piccolo parco, con fiori di ogni colore e forma, palme alte e basse, cespugli gialli arrampicati sulle pendici rocciose rosse. Un arcobaleno di colori in un’ atmosfera tranquilla piena solo di canti di uccelli invisibili.
Lentamente ci allontaniamo dalle rocce ed attraversiamo una piana di eucalipti in leggera salita; quindi, la salita si fa improvvisamente piu’ decisa e risale un picco roccioso sulla cui sommita’ ospita il maestoso “look out”, ovvero il punto piu’ panoramico dell’ intero sentiero. Appena arriviamo in cima una sorpresa ci attende: un canguro e’ li’ che ci guarda stupito, resta fermo un po’, poi inizia a saltellare giu’ dalle rocce fermandosi ogni tanto a guardarsi indietro! Da quassu’ il panorama e’ stupendo e possiamo vedere tutto il giro che abbiamo fatto, le rocce rosse sotto cui siamo passati col naso per aria, le palme, i fiori, gli eucalipti. Pace e tranquillita’ regnano sovrane. Coroniamo il momento con un bell’ autoscatto.
Arriva dopo poco un’ affannata coppia di australiani con un gps identico al nostro. E’ il preteso per iniziare una piacevole conversazione, dalla quale capiamo per altro che si tratta di una coppia in pensione in giro per l’ Australia da qualche mese…. !!! Incontreremo molte altre coppie come questa e capiremo che qui e’ una cosa del tutto normale, una volta raggiunta l’ agognata pensione, prendere il proprio camper o la propria tenda e viaggiare l’ Australia in lungo e in largo!
Tornati al camper siamo pronti per seguire al contrario la pista fatta di corsa ieri sera: questa volta ci fermiamo ad osservare meglio ogni cosa e ne approfittiamo anche per andare a scoprire le pitture rupestri del sito archeologico del parco. Fra la folta vegetazione si innalza davanti a noi una roccia non molto alta che corre come un serpentone nel bush. Sotto uno splendido arco di roccia che si apre a finestra sul bosco circostante, vediamo due emozionanti rappresentazioni umane della dea madre aborigena: sono situate ad un’ altezza tale che fanno presupporre l’ utilizzo da parte dell’ artista di una sorta di sgabello per avvicinarsi alla roccia. Ci sono anche diverse manine dipinte di nero ed un lungo serpente arcobaleno rossiccio.
Dopo questa piccola puntata nella storia, lentamente usciamo dal parco e procediamo sull’ asfaltata Victoria hwy fino a Kununurra, sonnolenta cittadina pulita e silenziosa. Qui facciamo il solito rifornimento di carburante, cibo, bevande e ci concediamo il lusso di un piatto asiatico sotto un bel portichetto arieggiato.
Nel pomeriggio riprendiamo la strada che ci portera’ in breve a superare la “quarantena” ovvero la dogana fra Northern Territory ed Western Australia. E’ da sapere infatti che alcuni prodotti non possono entrare nell’ Western Australia se provenienti dal Northern Territory: frutta e verdura, formaggi, piante o parti di esse, terra non sono ammessi per motivi di sicurezza, al fine di evitare che eventuali parassiti presenti sul terreno del Northern Territory entrino nell’ altro stato con conseguenze gravissime sull’ agricoltura di quest’ ultimo.Altra cosa importante da sapere: l’ orario qui e’ spostato di un’ ora e mezzo indietro rispetto al Northern Territory e cio’ significa che il sole nasce prima – alle 6 – e tramonta prima – alle 17 e 30 -.
Procediamo decisamente verso la mitica Gibb River Road, la principale arteria sterrata della zona in cui ci troviamo ora, il Kimberly. Non incontriamo molte auto neppure qui e verso sera arriviamo alla deviazione per El Questro. Ancora qualche km ed entriamo in questo complesso turistico davvero magnifico. Una fermata “obbligata” per ogni turista che si trova a passare da queste parti ! C’e’ tutto qui: una vera citta’ in mezzo all’ outback… ma ogni cosa e’ fatta per restare in perfetto equilibrio con la natura circostante e per tale motivo ci e’ piaciuta tanto! Le costruzioni che accolgono la reception, il ristorante, i bagni, il bar sono basse e di legno; tutto e’ ordinato e pulito. Ci sono tre possibilita’ per passare la notte: i bungalow, alcuni dei quali di gran lusso e per tasche ben gonfie, un campeggio di gruppo con servizi igienici e docce ed un campeggio lungo il fiume – il Pentecost river – con piazzole separate e senza servizi. Noi abbiamo optato per quest’ ultimo e cosi’, dopo aver assolto alle pratiche presso la reception, ci dirigiamo verso l’ unica strada sterrata che percorre El Questro, in direzione delle piazzole lungo il fiume. La velocita’ e’ bassa sia per il fondo della pista – necessario un mezzo con 4 ruote motrici – sia per evitare di investire gli animali – e’ infatti quasi buio – sia ancora per poter controllare sulla mappa che ci hanno dato alla reception dove siamo esattamente. Dalla pista partono sulla destra diverse piccole piste che, avvicinandosi al greto del fiume, conducono alle diverse piazzole, 25 in tutto, ognuna delle quali e’ identificata da un numero e da un nome. Superata la numero 16, chiamata EMU, si segue la pista che guada il Pentecost river e ci si porta cosi’ sulla sponda opposta, dove si segue una pista che, correndo parallela al fiume, torna indietro verso il cuore di El Questro, senza pero’ raggiungerlo perche’ e’ senza uscita. Da questa pista scegliamo la prima a destra e seguiamo le freccine di legno fino alla nostra piazzola, la numero 22, KITE. In tutto abbiamo impiegato circa 15 minuti per arrivare a destinazione.
E’ bellissimo qui! Il fiume scorre largo e tranquillo ad un metro e mezzo sotto i nostri piedi, alti alberoni e baobab disegnano i muri di questa nostra stupenda “stanza”. Due amache vengono subito tirate per concedere ai nostri corpi stanchi un po’ di riposo!
Dopo una bella doccia-bush (abbiamo con noi nel camper una sacca per la doccia che si appende ai rami e da un comodo rubinetto fa uscire l’ acqua sufficiente per una doccia per entrambi!) siamo pronti per una seratina romantica. Torniamo molto lentamente verso la reception ed al bar beviamo un bicchiere di buon vino australiano, alla bellissima luce di un enorme falo’ alimentato da grandi ciocchi di legno scoppiettanti. Poi ci spostiamo nel ristorantino: una bella terrazza di legno che si affaccia sulla riva erbosa del fiume, illuminata da alcuni faretti. Ci divertiamo ad immaginare questa zona nel periodo delle grandi piogge: senza dubbio l’ acqua deve arrivare a lambire la struttura portante che ci sorregge. Ottimo il barramundi, il pesce che in queste acque si pesca in quantita’.
Lunedi’ 9 Agosto
Alle 6 e 30 c’e’ gia’ un gran sole e noi abbiamo gia’ fatto colazione. Siamo pronti per partire all’ esplorazione dell’ area intorno a El Questro. Battezziamo una pista in particolare, si chiama King River road e compie un anello intorno al massiccio roccioso di Cockburn Range. Torniamo verso la Gibb River road, abbandonata ieri sera per entrare a El Questro, quindi ne seguiamo un pezzo in direzione est. Dopo circa 11 km troviamo l’ imbocco della King River road e deviamo cosi’ decisamente verso nord. La pista e’ un “4wd track”, talvolta piuttosto lento, che corre parallelo al fiume omonimo anche se noi non lo vediamo mai (forse e’ privo d’ acqua!). Inizialmente si attraversa una distesa piatta di alberini, poi il panorama si apre e i nostri sguardi spaziano su una vastissima area sulla nostra sinistra fino a posarsi sul magnifico complesso roccioso detto Cockburn Range: da una angolazione in particolare, sembra di essere di fronte ad un immenso castello, coi due torrioni orlati di infuocate rocce e lunghe mura che corrono da uno all’ altro!! Peccato solo che la pista in realta’ corra piuttosto lontano dalle rocce e che non ci sia la possibilita’ di avvicinarsi. Sarebbe bello fare un trekking qui, ma ci rendiamo conto che le distanze sono davvero enormi. Inoltre… il caldo e’ micidiale!!!
Prima che la pista cambi nome e direzione, ci imbattiamo in un vero e proprio monumento storico: il “baobab prigione”. Un imponente esemplare dalla grande apertura nel tronco grigio a scoprirne il grande ventre vuoto: i baobab, infatti, sono grosse cisterne piene d’ acqua e qui dentro, nella fattispecie, venivano tenute prigioniere le persone che, all’ epoca dei pionieri, si comportavano male. Ho provato ad entrare e mi sono ritrovata in una grotta vegetale delle dimensioni di uno sgabuzzino, con alcuni piccoli buchi verso il cielo. Non sono pero’ riuscita ad immaginare come dovevano sentirsi le persone rinchiuse a forza qua dentro! Continuiamo la pista che poco oltre cambia nome diventando la Karunjie road e che torna lentamente verso sud. Attraversiamo un vasto lago salato dove facciamo attenzione a non abbandonare la pista per non rischiare di rimanere impantanati, dopo di che la sabbia prende piano piano il sopravvento, fino a costituire il fondo principale del tracciato. La pista termina sulla Gibb Rver road, 25 km dopo l’ incrocio per El Questro. Visto che dormiremo un’ altra notte nello splendido campeggio lungo il fiume, torniamo indietro per circa un’ ora ed imbocchiamo nuovamente la pista per El Questro. La gita di oggi ci ha impegnato tutta la giornata!
Martedi’ 10 Agosto
Alle 7 siamo pronti a salutare questo bel posto; torniamo alla Gibb River road e la seguiamo verso ovest. E’ piuttosto frequentata ed in taluni punti piuttosto malmessa, ma abbiamo il sole alle spalle e procediamo ad una velocita’ media di 60 km orari. Evitiamo i sorpassi, molto pericolosi per la polvere che si solleva e che rende temporaneamente ciechi. Se qualcuno invece decide di superarci, noi rallentiamo fino quasi a fermarci, proprio perche’ per un po’ non vediamo assolutamente nulla e rischieremmo di finire fuori strada!
Il panorama e’ monotono e ci annoia un po’ ma, come per incanto, ad un certo punto un incontro ci anima! Un grosso lucertolone, lungo circa un metro, ci attraversa pigramente la strada e noi scendiamo per seguirlo un poco nell’ erba alta. Si muove lento sollevando le robuste zampe ed assomiglia ad un piccolo varano. I colori giallo verdognoli della sua pelle si mimetizzano bene con l’ erba e ben presto lo perdiamo di vista, ma l’ emozione dell’ incontro restera’ a lungo.
Deviamo per Kalumburu e, dopo circa 60 km, sostiamo all’ homestead Drysdale, all’ ombra di grandi alberi e su un bel manto di verdissima erbetta. Pranziamo, ci riposiamo, facciamo gasolio e poi riprendiamo la pista, la Kalumburu road, molto ondulata da qui in avanti. Incontriamo pochissime auto.
Siamo molto stanchi quando finalmente arriviamo alla deviazione per King Edward River. Sulle rive di questo bellissimo fiume dalle acque prive di coccodrilli c’e’ una splendida area per il campeggio. La luce della sera illumina il panorama di riflessi blu e viola incredibili: restiamo incantati ad osservare a lungo il riflesso degli alberi nello specchio d’acqua perfettamente liscio di un’ansa del fiume. Taddy si fa anche tentare da un bagnetto, l’acqua e’ molto fredda ma e’ difficile resistere.
Mercoledi’ 11 Agosto
Verso le 7 e 30 ci immettiamo sulla pista deserta per Mitchell Falls. Incontriamo solo degli uccellini. La pista termina al camp site; fa molto caldo ma decidiamo di incamminarci subito sul sentiero che porta alle cascate che danno il nome alla zona. Ci sarebbe un’altro modo per andare a scoprire le cascate ma noi preferiamo camminare. Cosi’, mentre tre elicotteri vanno e vengono sulle nostre teste e disturbano la quiete di questo posto arcaico di rocce e vegetazione antichissime, i nostri piedi accarezzano il suolo per un’ora e mezzo fino a fermarsi sull’orlo di un abisso. Davanti a noi sprofonda il terreno in un canyon che scava una gola fantastica: sotto i nostri piedi scorre solo un sottile filo d’acqua cristallina, che nella stagione delle piogge si trasforma in un fiume portentoso che compie un salto altissimo fra mille spruzzi!
Il sentiero continua e noi seguiamo ancora le freccine azzurre che indicano la giusta direzione. Ancora mezz’ora e ci trovaimo sulle rive del fiume che forma la parte piu’ spettacolare delle cascate Mitchell Falls. Sulla nostra sinistra il fiume con una portata d’acqua discreta si perde fra la vegetazione bassa mentre sulla nostra destra un fragore ci indica che e’ vicino il primo salto delle cascate. Noi possiamo da qui vedere solo il primo salto e la preparazione al secondo, mentre almeno un’altro piu’ a valle completa il quadro a chi vola lassu’ in alto. Restiamo comunque senza parole ad osservare per lunghi momenti questa meraviglia della natura. I nostri corpi lentamente si riposano dalla fatica della camminata e riacquistano l’energia per il ritorno.
Lungo il sentiero per tornare al campo, Taddy scorge un lungo serpente verde fra le rocce e l’erba: una volta arrivati al campo chiederemo a delle persone cordiali notizie di questo animale c questi ci rispondono tranquillamente: ” very poisonous ” ovvero…. molto velenoso !! Scende la sera ed il campo e’ tranquillo. Mentre ceniamo si avvicina a noi un ranger gentile che ci invita ad assistere allo spettacolo che ha preparato per tutti gli ospiti del campo: proiezione di diapositive scattate in questa zona nelle diverse stagioni. incuriositi e felici per questa iniziativa, ci sediamo attorno ad un bel falo’ scoppiettante e quando ci siamo tutti il ranger inizia a raccontare la storia geologica, la presenza dell’ uomo preistorico e poi degli aborigeni in questa parte di Australia. Il suo inglese e’ un po’ troppo veloce o forse siamo noi ad essere un po’ stanchi per le fatiche della giornata, fatto sta che e’ con un certo sollievo che vediamo accendersi finalmente il proiettore e ci lasciamo cosi’ scivolare in un mondo di colori, luci ed immagini davvero spettacolare ! E’ impressionante la portata del fiume durante la stagione delle piogge, quando l’elicottero diventa realmente il solo mezzo possibile per vedere le cascate !
Giovedi’ 12 Agosto
Seguiamo a ritroso la pista di ieri e lentamente torniamo sulla Gibb River Road. La seguiamo per un bel tratto, dopo di che ci fermiamo a pranzare alla roadhouse di Mt. Barnett. Qui acquistiamo anche il permesso per passare la notte nel campeggio situato a circa 7 km, in fondo alla pista che parte proprio da dietro alla stazione dove siamo ora. Apriamo dunque il cancello e ci immettiamo su questa piccola pista: il campeggio e’ bellissimo, in mezzo a splendidi baobab di cui alcuni sono veramente grossi. C’e’ un laghetto dalle fredde acque prive di coccodrilli ed un buffo isolotto nel centro: diversi turisti stanno gia’ rinfrescandosi. Anche noi decidiamo di toglierci di dosso un po’ di polvere e ci immergiamo: fantastico!!!
Volendo, da qui parte un sentiero di un’ora e mezzo che conduce alle cascate di Manning Gorge…. ma noi preferiamo, per questa volta, lasciarci prendere dalla pigrizia e finire la giornata in relax !!
Venerdi’ 13 Agosto
torniamo sulla Gibb River Road per abbandonarla solo in prossimita’ dell’ intersezione con la pista che conduce al Mornington Wilderness camp site. Ci aspettano 88 km di pista piuttosto malmessa verso la fine ma che attraversa distese a nostro giudizio davvero belle, con diversi boschetti di baobab meravigliosi. Infine si arriva alla reception di questo campo piuttosto “lussuoso”, con piazzole lungo il corso del fiume. Ci sono due gole sul territorio del campo e chiediamo consiglio alla simpatica ragazza tutte lentiggini che ci accoglie. Sono infatti gia’ le due di pomeriggio e non riusciremmo a vederle entrambe per via del fatto che alle cinque e mezzo viene buio. Optiamo per la visita al Sir John Gorge e saliamo cosi’ in camper: una mezz’ora di pista esclusivamente 4wd quindi si parcheggia. Un cartello di legno ci indica dove bisogna dirigersi per arrivare sulle rive del fiume e qui…. ha inizio il “gioco”. Alla reception ci hanno infatti consegnato un foglio sul quale c’e’ una mappa della zona: interpretando cio’ che c’e’ scritto ed i disegni dobbiamo capire, visto che non c’e’ un sentiero, se stiamo andando nel posto giusto, dove ci attende una canoa ! Abbiamo con noi due paia di pagaie. Ci avviciniamo allora alla riva del fiume, senza pero’ raggiungerla perche’, superato un grosso baobab, si devia a sinistra. Si prosegue per circa mezz’ora su di un bellissimo terreno di rocce rosse levigate e del fiume non si vede alcuna traccia. Trascorsa mezz’ora, si inizia a scendere verso la riva finche’ non si vede l’ acqua. Sulla nostra sinistra dobbiamo arrivare a scorgere un “corridoio” di pietre rosse che attraversa per intero il fiume: li’ nell’ angolino formato da questo corridoio con la riva che stiamo ora calpestando, all’ ombra di alcuni alberini frondosi… dovrebbe esserci la prima canoa: trovata!!
Ci saliamo e remiamo fino a raggiungere, dopo circa cinque minuti di “navigazione”, un secondo corridoio di rocce: qui tiriamo in secca la canoa e proseguiamo a piedi. Il caldo non lascia tregua e questi dieci minuti di cammino fra alti pietroni ci distruggono! Per fortuna arriviamo nuovamente all’acqua ed alla seconda canoa: e’ con grande sollievo che vi saliamo a bordo ed iniziamo ad assaporare la fresca brezza sui corpi sudati ! Risaliamo il fiume per un bel po’ senza pero’ riuscire a raggiungere la gola: ci accontentiamo di vederla da lontano. Nel frattempo, le rocce che accolgono il letto del fiume si tingono lentamente di riflessi sanguigni e l’ acqua calmissima che scorre sotto la canoa, come uno specchio, rende doppio questo mondo meraviglioso! Prendiamo il sole e ci rilassiamo lasciandoci andare e remando ogni tanto, ma purtroppo il tempo e’ tiranno e, dato che sono gia’ le quattro, dobbiamo iniziare a percorrere a ritroso il tragitto fatto. Corridoio di rocce, lasciamo la canoa, a piedi 10 minuti, seconda canoa, altro corridoio, si lascia la seconda canoa, mezz’ora a piedi: camper. Un’ altra mezz’ora e siamo nuovamente alla reception. Ancora pochi minuti ed il buio avrebbe inghiottito ogni cosa. La ragazza ci aveva detto che se al calar del sole ancora non eravamo di ritorno, ci sarebbero venuti a cercare ! Giusto il tempo per farci una doccia e poi cenetta a lume di candela con un bel piatto di barramundi ed un magnifico porridge al cucchiaio !
Sabato 14 Agosto
Torniamo alla Gibb River Road e la abbandoniamo definitivamente per la pista che porta a due localita’ famose:Tunnel Creek e Windjana Gorge. Dal momento che non avremmo il tempo per visitarle entrambe, optiamo per quest’ ultima.
Parcheggiamo il camper e ci incamminiamo verso le alte e nerissime pareti della gola: uno scenario decisamente nuovo ! Giunti alla base della parete destra della gola, attraversiamo un tunnel naturale lungo una decina di metri e sbuchiamo su uno stretto corridoio di sabbia morbida: sulla nostra destra s’ innalza la roccia nera a picco della gola, sopra di noi le fronde di tanti alberini ci prottegono dai raggi diretti del sole che splende come sempre magnifico, sulla nostra sinistra scorre placido e verdastro il fiume antichissimo che ha dato vita alla gola stessa. Pensate che questa gola, protetta da queste alte pareti, e’ stata risparmiata da qualsiasi cambiamento, tanto che gli scienziati dicono “che e’ rimasta invariata dall’era del Devoniano”……. ha un certo fascino questa affermazione!
Continuiamo a camminare finche’ la vegetazione come per incanto si apre: il fiume in questo punto compie un’ ansa e le sue sinuosita’ sono riempite da vaste dune sabbiose. E’ bello camminarvi sopra, ammirando dal basso questo splendido mondo preistorico. Dagli alberi dall’ altra parte del fiume partono stormi di decine di pappagallini candidi che si chiamano con acuti gridolini; le pareti levigate sembrano voler davvero proteggere questa valle incantata. Nelle acque torbide del fiume nuotano o prendono il sole decine di piccoli coccodrilli d’acqua dolce. Riusciamo ad avvicinarci parecchio: questi animali non sono pericolosi e non sembrano temere l’ uomo. Creature preistoriche perfette per questo posto ! Solo noi uomini, coi nostri colorati vestiti e le nostre buffe macchine fotografiche, sembriamo non centrare proprio nulla qui ! Ci sdraiamo sulla sabbia calda e lasciamo liberi i nostri sensi: vediamo il blu del cielo puntellato del bianco dei pappagalli, sentiamo le eco dei loro richiami, avvertiamo l’ odore del fango mosso dalle zampe dei coccodrilli. E’ bello sapere che esistono ancora posti come questo…
Torniamo a malincuore al parcheggio: ci aspetta ancora tanta strada. Proseguiamo sulla stessa pista di prima, superiamo Tunnel Creek e poco dopo siamo sull’ asfaltata Great Northern Hwy. La seguiamo in direzione Fitzroy Crossing che raggiungiamo all’ imbrunire. Qui c’e’ un lodge con annessa una vasta area per campeggiare: ci sono molti turisti ma il silenzio e’ assoluto.
Domenica 15 Agosto
Mentre in tante localita’ turistiche oggi si lotta con il sovraffollamento ed il tutto esaurito, noi siamo immersi in un mondo di tranquillita’ e silenzi spettacolari. Di primo mattino ci mettiamo sulla strada ed arriviamo ad una deserta Halls Creek. Facciamo rifornimento di carburante, viveri, birre e visitiamo il centro visitatori. Cerchiamo informazioni su quali comunita’ aborigene site lungo la pista che ci apprestiamo ad imboccare abbiano da offrire bei lavori di arte aborigena.
Prendiamo dunque la mitica Tanami Road, quasi 1000 km di pista larga che conducono nel cuore dell’ Australia, ovvero ad Alice Spring. Non la eseguiremo fino in fondo pero’, anche se la nostra destinazione finale e’ proprio Alice Spring, poiche’ compiremo alcune deviazioni interessanti che ci porteranno a scoprire posti indimenticabili!
Immediatamente dopo l’ imbocco della Tanami Road, incontriamo un road train parcheggiato e ne approfittiamo per scambiare due parole con l’ autista: un corpulento australiano dalla fluente chioma bionda ! Sono sempre cordiali questi personaggi ed hanno molta voglia di parlare. Partiamo decisi su questa pista praticamente deserta che rappresenta una scorciatoia per chi deve raggiungere il Kimberly dal centro dell’ isola. Esiste infatti una strada asfaltata molto piu ‘ frequentata, che si dirige a nord, ed e’ la Stuart Hwy… ma noi l’ abbiamo volutamente scartata dal nostro itinerario!
Non incontriamo nessuno o quasi, il panorama e’ sempre piu’ tendente al rosso ed e’ tutto molto piatto. La giornata si conclude alla base del cratere meteorico chiamato Wolfe. Per raggiungerlo occorre lasciare la Tanami Road appena 16 km dopo Halls Creek e proseguire per altri 130 km in direzione sud.
Mentre allestiamo il campo, arrivano due moto da enduro: i piloti scendono un attimo, si guardano attorno, risalgono sulle moto e fanno dietro front. Ci domandiamo dove vadano a qust’ora: ormai e’ buio… e qui intorno non c’e’ assolutamente nulla. Escludendo l’ ipotesi che viaggino durante la notte (troppo pericoloso, non si vedono gli animali che attraversano la strada e poi….. che gusto c’e’ ???) resta la possibilita’ che vadano a dormire lontano da altri esseri umani, nella solitudine dell’ outback. Decidiamo di risalire le pendici del cratere per godere del tramonto. Un sole giallissimo si spegne velocemente su di un orizzonte assolutamente piatto, non interrotto da alcuna altura. L’ aria e’ tersa ed incredibilmente fresca. Sotto un cielo ancora luminoso, la terra si fa sempre piu’ scura; unica nota chiara la nuvoletta di polvere alzata dalle due moto, laggiu’ in fondo, sempre piu’ lontana…
Lunedi’ 16 Agosto
Nasce il nuovo giorno e la luce illumina il mondo che ci circonda. Saliamo le pendici del cratere ed osserviamo il suo cuore: e’ profondo 50 metri ed ha un diametro di circa 850 metri. Si e’ formato 300 mila anni fa quando un’ enorme meteorite fini’ il suo viaggio proprio qui, ma fu scoperto solo nel 1947 durante una ricognizione aerea. Gli aborigeni, che invece lo conoscono da sempre, credono che crateri come questi si formavano laddove enormi serpenti fuoriuscivano dalla terra.
E ‘ il secondo al mondo per dimensioni, superato solo da quello che si trova in Arizona. Al centro si vede un boschetto verde che nasce su una crosta biancastra di sale, cio’ che resta dei sali minerali dell’ acqua piovana.
Proviamo a cimentarci nella camminata lungo il periplo…. ma dopo un’ ora non siamo neanche a un terzo…. abbandoniamo l’ idea e torniamo indietro!
Giunti al camper, percorriamo al contrario la deviazione di 130 km di ieri e ci immettiamo nuovamente sulla Tanami Road. La seguiamo per diverse ore senza praticamente incontrare anima viva, finche’ giungiamo al Rabbit Flat, una stazione di servizio letteralmente persa nel nulla ! Un signore cordiale dalla barba bianca ci riempie i serbatoi di diesel, ci scalda al microonde un paio di schifezze surgelate e si ferma volentieri a fare due chiacchiere con noi. Abbiamo imparato molte cose da questo incontro e gliene saremo sempre grati ! Riprendiamo la pista ed arriviamo all’ area di sosta e campeggio verso le 18 e 30, quando il sole si sta preparando a tramontare. Siamo infatti rientrati nel Northern Territory e l’ orario e’ dunque tornato quello di inizio vacanza.
Non c’e’ assolutamente nulla qui dove ci siamo fermati, fatta eccezione per una grossa cisterna di raccolta dell’ acqua piovana. In lontananza, si staglia sul cielo rosa la struttura in metallo di un pozzo a vento, segno, forse, che c’e’ laggiu’ una comunita’ aborigena. Subito dopo cena ci ritiriamo nel camper e, prima di addormentarci, assistiamo al passaggio di un road train. Il suo arrivo e’ stato annunciato diversi minuti prima di vederlo: la terra sembrava fremere, l’ aria si riempiva pian piano di un rombo sordo, i nostri sensi erano completamente catturati da questo arrivo imminente…. ed infine eccolo, per pochissimi istanti, questo mostro pieno di lucine colorate, un’ astronave che solca l’ abisso nero privo di tempo e di spazio. Dopo……. il nulla attorno a noi. Noi, immersi in un abisso nero privo di tempo e di spazio…
Martedi’ 17 Agosto
Alle 6 siamo gia’ in piedi e pronti a metterci in marcia: abbiamo deciso di percorrere la Tanami Road in due giorni anziche’ in tre, cosi’ da poter vedere piu’ cose.
Ci regaliamo una sosta alla comunita’ aborigena di Yuendemu: facciamo rifornimento di carburante e viveri e visitiamo la galleria d’ arte. Quasi ogni comunita’ ha la sua galleria d’ arte, gestita normalmente da persone bianche ma dove lavorano esclusivamente artisti aborigeni, uomini e donne. Alcuni di questi artisti sono diventati famosi a livello mondiale ed i loro lavori sono molto ben pagati. Gli stessi che abbiamo potuto vedere noi avevano prezzi molto elevati e, comprandoli qui nelle comunita’ anziche’ in anonimi negozi per turisti delle citta’, e’ certo che la maggior parte dei frutti siano devoluti agli artisti. La via della pittura e’ molto importante per questo popolo che rischia di perdersi per sempre nell’ oblio dell’ alcool e della noia: lo stato, infatti, stanzia ogni anno fondi considerevoli per gli aborigeni che cosi’ si ritrovano con uno stipendio fisso senza fare assolutamente nulla. E’ facile per loro perdere in questo modo il senso della realta’ ed abbandonarsi all’ oblio dell’ alcool, per esempio. Da diversi anni, la comunita’ aborigena si e’ auto-vietata la vendita di alcoolici ed anche ai turisti che visitano le varie comunita’ viene esplicitamente raccomandato di non avere alcool con se’.
L’ insegnamento della pittura e dell’ arte aborigena in generale, puo’ aiutare a dare un futuro a questa gente.
Noi abbiamo potuto ammirare tele superbe, coloratissime, allegre, con un simbolismo tutto da studiare: non facciamo fatica a credere che alcuni critici ne siano rimasti ammaliati!
Nel pomeriggio torniamo sulla Tanami che nel frattempo si e’ fatta asfaltata e la abbandoniamo per una pista che si dirige verso ovest, alla comunita’ di Papunya, e che si rivelera’ meravigliosa ! Prima di giungere a Papunya, comunque, deviamo verso sud, poi verso est fino quasi a Glen Helen, che pero’ non raggiungeremo quest’ oggi. La luce serale dipinge scenari da favola: montagne variopinte si alzano finalmente sull’ orizzonte, praticelli puntellati di teneri fiori gialli, centinaia di piccole zucchette ai bordi della pista e tante, tante mucche. La pista e’ sottile ed incontriamo spesso della sabbia. Siamo entrati in un nuovo parco: l’ Western MacDonnell N.P.
Risaliamo le pendici rocciose dei bastioni occidentali di questa lunga catena montuosa dei MacDonnell che si estende fino ad Alice Spring. Arriviamo in fondo alla stretta pista ed entriamo in un’ area di campeggio bellissima con una bella vista sui monti che accolgono la gola che visiteremo a piedi domani.
Durante la notte soffriremo un freddo micidiale!!!!
Mercoledi’ 18 Agosto
Ci scaldiamo le membra infreddolite sul fuoco finche’ non sentiamo nuovamente il sangue fluire liberamente nelle vene. Solo allora ci mettiamo in cammino. In 25 minuti si raggiunge un bel laghetto chiuso fra le rocce all’ ombra: dalla parte opposta a dove siamo noi il lago s’ incunea e si perde in una strettissima gola. Volendo, ci sono delle camere d’ aria gonfie con le quali tuffarsi ed esplorare la gola…. ma il ricordo del freddo di questa notte ci fa ben guardare dal provare quest’ esperienza !! Aspettiamo che il sole venga ad illuminarci rimanendo sdraiati sulle rocce piatte.
Torniamo al camper e con questo torniamo a valle, dove la pista, che si chiama Namatjira Drive, prosegue e giunge a Glen Helen. Qui si trova un lodge dove pranziamo: sulle pareti ci sono foto spettacolari delle montagne dei dintorni nella stagione delle piogge: fiumi carichi d’ acqua e rocce stratificate fanno di questa zona una delle piu’ belle e visitate nei pressi di Alice Spring.
Riprendiamo la Namatjira road in senso opposto a questa mattina e, dopo 37 km, ecco il trivio con la pista che ieri sera ci ha portato qui ed una terza pista diretta verso sud: la imbocchiamo e ben presto ci troviamo sul passo chiamato Tylers Pass. Da qui si gode una spettacolare vista sulla pianura circostante e sul massiccio del Gosse Bluff, ovvero cio’ che resta dell’ impatto di un meteorite.
Proseguiamo e dopo una ventina di km si arriva a T sulla Larapinta Drive: noi la seguiamo verso est. 43 km piuttosto monotoni portano ad Herrmannsburg, famosa per ospitare un’ antica missione luterana tedesca, risalente alla meta’ del 1800.
Rimandiamo la visita a domani perche’ la meta di oggi e’ ancora un po’ lontana e vogliamo arrivare prima di buio. Acquistiamo pero’ il permesso per poter transitare domani sulle piste del Mereenie Loop.
Torniamo quindi un po’ indietro sull’ asfalto fino ad imboccare la pista per il Finke Gorge N.P. e la Palm Valley, pista che si sviluppa in parte nel letto asciutto di un fiume e che risulta splendida con la luce della sera. 18 km percorsi in circa un’ ora, diversi cavallini che si avvicinano finche’ i vapori delle narici non appannano il nostro specchietto ed arriviamo nell’ area di campeggio che imbrunisce. Molta gente, molto silenzio.
Giovedi’ 19 Agosto
Questa notte ha fatto un po’ meno freddo di ieri, ad ogni modo alzarsi al mattino ed uscire dai sacchi a pelo caldi richiede sacrificio ! Ci mettiamo in moto e continuiamo la pista di ieri sera, direzione: Palm Valley.
Quando il sole inizia a scaldare noi siamo gia’ in cammino: stiamo seguendo il Katarranga Loop, sentiero di circa 3 ore che si sviluppa prima in una bella valle fluviale, la Palm Valley appunto, e poi si alza e prosegue sulla cresta rocciosa con splendide vedute in basso. In questa valle crescono palme endemiche alte fino a 25 metri e dal tipico fusto color cioccolato.
Scendiamo al parcheggio dove abbiamo lasciato in precedenza il camper e percorriamo a ritroso la pista, piuttosto sconnessa, fatta questa mattina. Raggiungiamo una localita’ chiamata “l’ anfiteatro” ed anche qui facciamo a piedi un giro ad anello. Ci sono picchi di roccia rossissima persi in una ampia valle coperta di fitta vegetazione: molto bello ! Dopo un pranzetto frugale scendiamo nuovamente ad Hermannsburg, dove visitiamo la storica missione. E’ bello camminare fra gli edifici abbandonati ma che ancora parlano di una vita dura ed essenziale: la scuola, la chiesetta, la mensa, il dormitorio degli uomini e quello delle donne. Alcune macchine agricole tutte arrugginite completano il monumento storico. Nella vecchia casa padronale c’e’ un piccolo museo di oggetti usati allora per lavorare la pelle, il legno o per curare i denti alle persone. I gestori di oggi offrono ai turisti fette di strudel: un pizzico di Germania in Australia !
Di nuovo in camper: torniamo un po’ indietro sulla Larapinta Drive fino al bivio con il Mereenie Loop. Ci stiamo lentamente avvicinando al massiccio dell’ Wattarka N.P., meglio conosciuto col nome di Kings Kanyon. Quando arriviamo in vista delle pendici del massiccio il pomeriggio e’ al culmine e quando varchiamo il cancello del King Kanyon Resort e’ quasi buio.
Venerdi’ 20 Agosto
Sveglia presto, colazione, poi ci si porta in camper fino al parcheggio poco distante; ci sono gia’ un paio di auto ed un pullman. Nelle prossime ore ci sara’ gran affollamento. Siamo fra i primi a partire a piedi ma quando iniziamo la ripida salita che segna l’ inizio del Kings Kanyon Walk veniamo prontamente superati da orde di ragazzini che sembrano in gita scolastica. Che bello sarebbe stato se i nostri insegnanti ci avessero portato in posti come questi ai nostri tempi..
Questa camminata sara’ infatti quella che in assoluto ricorderemo come la piu’ bella in Australia: la consiglio a tutti, a parte forse a quelli che soffrono di vertigini.
Dunque, dopo la ripida salita ci si trova su un’ altopiano roccioso dal colore rosso intenso: un mondo fatto di rocce a forma di cupole, antiche dune fossilizzate ! In alcuni punti sono cosi’ numerose che sembra di osservare un villaggio di capanne, tanto che viene loro dato il nome di “lost city”, citta’ perduta ! Stiamo procedendo su una delle due alte pareti rocciose che formano il canyon principale e quando un cartello indica “look out” ci affrettiamo in quella direzione. Che spettacolo ! Quale meraviglia di fronte ai nostri occhi increduli ! Sotto ai nostri piedi si apre una gigantesca spaccatura, laggiu’ in fondo un boschetto cela un sottile rivolo d’ acqua, tradito solo dalla soave eco del suo continuo fluire; di fronte a noi sta impettita ed altezzosa la parete opposta del canyon, levigatissima, a picco, scavata da buchi che sembrano porte e finestre oppure bocche ed occhi: meraviglioso!!
La maggior parte della gente, giunta qui, torna indietro. Noi no: troppo catturati da questo posto per riuscire a voltarci e tornare sui nostri passi, andiamo avanti . Camminiamo come in trance fra le cupole rocciose, superiamo piccoli ponti e scalette di legno, saliamo, scendiamo, poi ancora saliamo in labirinti di roccia fantastici. Quasi senza accorgercene passiamo sulla parte opposta del canyon ed ora stiamo immobili sullo strapiombo ad osservare il punto dove ci trovavamo prima. Ci sono alcune persone la’ e sembrano solo puntini colorati in un mondo quasi esclusivamente rosso!
Stiamo lentamente tornando verso il parcheggio ma un incontro ancora ci sorprende: si tratta di un’ esemplare di Cycade, una palma endemica priva di fusto che arriva ad avere 400 anni e che si trova, oltre che qui, solo nella Palm Valley!
L’ ultima parte del percorso e’ in discesa, su gradoni rocciosi. Infine, ecco di nuovo il parcheggio. In tutto siamo stati fuori poco piu’ di tre ore.
Riprendiamo la strada che ci porta lentamente verso est quindi verso sud per poi piegare decisamente verso ovest. Siamo sulla lunga arteria asfaltata che conduce al vero centro dell’ Australia, al suo simbolo per eccellenza, al luogo in assoluto piu’ sacro a tutto il popolo aborigeno. ULURU.
E’ bellissimo arrivarci piano piano, aspettare di vederselo spuntare davanti dopo decine e decine di km piatti, scrutare l’ orizzonte per capire dov’e’… e non vederlo mai ! Lo si vede solo alla fine, quando si deve deviare per andare a prenotare un posto nel campeggio dell’ Ayers Rock Resort, il posto piu’ turistico di tutta l’ Australia. Trovata finalmente la nostra piazzola, decidiamo di andare a vedere il tramonto: uno spettacolo a detta di tutti imperdibile ! Restiamo impressionati nello scoprire la disciplina che vige nel parcheggio…. ed il silenzio che vi regna ! Il tramonto e’ veramente un momento magico per ogni australiano e pare che anche i turisti stranieri rispettino volentieri questa estrema espressione della natura. Il cielo si scurisce lentamente ed il massiccio rosso di Uluru dapprima s’ infuoca e sembra ingigantire, poi pare invece rimpicciolire fino a tornare cio’ che realmente e’: un semplice massiccio roccioso. Ma quando al mattino si torna ad osservarlo, allora ci si chiede: ma e’ veramente solo un semplice massiccio roccioso?
Sabato 21 Agosto
Oggi ci aspettano due diversi giri a piedi, entrambi nel parco dove ci troviamo.
Il primo si sviluppa alla base di Uluru e ci impegnera’ ben 4 ore ! Visto da sotto e da tutte le angolazioni possibili, Uluru e’ veramente emozionante e muove nel nostro intimo un miscuglio di sacralita’ e mistero! Bello camminarci accanto, bello scoprire che ci sono molti punti dove non ci si puo’ avvicinare e neppure fotografare perche’ sono zone particolarmente sacre agli “ananga”, uomini e donne aborigene. Bello pensare ai tempi in cui “la gente” si riuniva qui per momenti spirituali ad altissimo potenziale, bello immaginare cosa questa gente provasse qui sotto al monumento naturale per loro piu’ sacro…
Brutto invece scoprire quante “formiche” risalgano ancora oggi le pendici di Uluru, nonostante il grande cartello scritto in tutte le lingue dai piu’ alti esponenti del popolo aborigeno che chiede “per favore non salite su questa montagna a noi cosi’ sacra, perche’ se uno di voi muore sulla nostra terra noi saremo molto dispiaciuti e penseremo con dolore ai vostri parenti che vi piangeranno perche’ sarete morti sulle nostre terre. Non possiamo impedirvi di salire ma ve lo chiediamo per favore: non salite !”. Ogni anno qualcuno muore nel tentare la scalata perche’ il caldo puo’ uccidere, la fatica puo’ stroncare un cuore non piu’ forte e la superficie di Uluru e’ molto scivolosa. Tuttavia, noi ci siamo astenuti per tutt’ altra ragione: e’ il rispetto per una tradizione antichissima che ci ha frenato, il bisogno di sapere che c’e’ qualcos’ altro oltre alla ricerca del puro piacere o della propria soddisfazione personale a muovere il mondo, la speranza che il rispetto per cio’ che e’ diverso possa prevalere sulla prepotenza e l’ arroganza per cui oggi purtroppo l’ uomo “civilizzato” e’ noto.
E’ stato molto bello conoscerti da vicino senza ferirti, Uluru… Consumiamo un pranzetto frugale con negli occhi l’ immagine gigantesca di Uluru, poi ci spostiamo verso l’ altro famoso massiccio del parco: Kata Tyuta. Qui faremo la nostra seconda escursione della giornata! Kata Tyuta, noto anche col nome di The Olgas, in lingua aborigena significa “mille teste”. Da lontano infatti si vede bene che questo massiccio e’ formato da una serie di teste di roccia rossa, panciute e levigate. A differenza di Uluru, sulla roccia di Kata Tyuta notiamo crescere della vegetazione: e’ bellissimo da lontano ma ci donera’ emozioni anche maggiori nel suo interno!
Parcheggiamo il camper e, alla bellezza delle tre, quando il sole e’ veramente al massimo del calore, ci incamminiamo verso la base della roccia. Nostra meta e’ la Valle dei Venti, sita proprio nel cuore segreto di Kata Tyuta, invisibile dall’ esterno. Si sale faticosamente ma per fortuna si alza alle nostre spalle una gradevole brezza. La vista sulle mille teste e’ impressionante ! Ora si scende, non prima di aver riempito le borracce ad una cisterna di acqua piovana. Ci si tuffa in una gola fra pareti costituite da un conglomerato di rocce; il sentiero inizia a salire sempre dentro la gola ed infine si giunge ad una sella: vista mozzafiato sul cuore dei monti. Verdi praticelli, rosse rocce che spuntano qua e la’ e qualche alberino. Nulla piu’. Fantastica selvaggezza ! Il tempo non e’ molto cosi’ scendiamo in fretta in questa magica valle e la percorriamo tutta su di un piccolo sentiero. Ci sentiamo come dentro una favola, questo posto sembra irreale.
In breve torniamo al camper e con questo al campeggio: questa giornata ci ha donato grandi emozioni!
Domenica 22 Agosto
Durante la colazione abbiamo conosciuto i due ragazzi che hanno dormito al nostro fianco questa notte: Fabio e Stefania di Milano. Abbiamo chiacchierato un sacco e, fra le altre cose, abbiamo scoperto che hanno conosciuto proprio ieri Claudio, il ragazzo che ci ha inviato i punti gps del percorso che stavamo studiando!
Arrivano cosi’ in fretta le 10 e 30: non possiamo trattenerci oltre. Partiamo dunque e raggiungiamo la Stuart Hwy che seguiamo per un bel tratto in direzione nord.
Ad un certo punto, alcuni aborigeni si sbracciano a lato della strada: ci fermiamo e notiamo che dal cofano aperto della loro vecchia auto esce copioso del fumo. Diamo loro due bottiglie d’ acqua per il radiatore e ci rimettiamo in moto. Dopo pochi km incontriamo una stazione di servizio: i nostri amici sono salvi!
Lasciamo l’ asfalto per una sottile pista che si porta decisamente verso est e che conduce in 22 km alla Rainbow Valley. I ragazzi di Milano ci superano mentre noi sostiamo per il pranzo e ci incontriamo alla fine della giornata nella piccola area di campeggio della riserva naturale. La Rainbow Valley prende questo nome dal fatto che il massiccio di arenaria che nasce oltre il lago salato prosciugato e rosato che si stende sotto i nostri occhi, assume una colorazione pazzesca che unisce il giallo all’ arancio ed al rosso in un vero arcobaleno naturale, specialmente al tramonto. Superbo!
Il buio della notte ci vedra’ coi nostri nuovi amici intorno ad un bellissimo fuoco con un buon piatto di pasta ed alcuni buonissimi bicchieri di vino, a raccontarci emozionanti storie di viaggi passati e futuri…
Lunedi’ 23 Agosto
Brutta sorpresa questa mattina: abbiamo una gomma a terra ! Fabio e Taddy la sostituiscono. Facciamo colazione e ci rimettiamo in moto. Dopo un tentativo fallito di percorrere una pista che secondo le nostre mappe doveva collegare questa valle ad un’ altra ma che in realta’ e’ stata chiusa per permettere alla vegetazione di rigenerarsi, torniamo sull’ asfalto ed alla stazione di servizio avvistata ieri sera. Dato che con noi avevamo una sola gomma di scorta, Fabio e Stefania sono stati davvero gentili a scortarci fino alla salvezza !! Qui li salutiamo perche’ le nostre strade si dividono: buon proseguimento, regaz!!! Aspettiamo mezz’ ora perche’ il meccanico e’ andato a soccorrere un’ auto rimasta in panne non si sa bene dove; quando ritorna sembra arrabbiato, o forse e’ cosi’ serio di carattere, comunque ci aggiusta la gomma in breve tempo senza trovare l’ oggetto che ha provocato il foro.
Siamo pronti a ripartire: meta di oggi la riserva storica del Chambers Pillar. La pista e’ lunga e bella e sale sulla cima di una collina rocciosa da cui si gode uno spettacolo mozzafiato sulla vastita’ infinita del centro Australia. Se avete una buona vista ed una bussola potrete anche localizzare il Chambers Pillar!
Sul finire della pista si attraversano alcune dunette di sabbia arancione ricoperte di cespugli e fiori. Qui capiamo il significato di quelle bandierine portate su lunghe aste che abbiamo visto svettare sul tetto di alcuni fuoristrada: quando si supera una duna, dato che la pista e’ sottile e non si puo’ dunque tenere la sinistra, e’ impossibile vedere se dall’ altra parte sta arrivando un’ altra auto. Solo con questa bandierina si potrebbe sapere…. noi non ce l’ abbiamo per cui speriamo ogni volta che non venga nessuno dalla parte opposta!
Tutto va liscio e cosi’ arriviamo sotto al Chambers Pillar che e’ quasi ora del tramonto. Si tratta di una curiosa formazione rocciosa a forma di dente che si eleva di diversi metri su di una piccola altura: la sua roccia e’ colorata di bianco, giallo, arancio e rosso e la sua formazione e’ riconducibile all’ azione erosiva di un fiume che qui scorreva 350 milioni di anni fa. Secondo gli aborigeni, invece, sarebbe l’ oggetto della pietrificazione del “geco primordiale”, figura mitologica della loro tradizione.
Durante le prime traversate dell’ Australia, nella seconda meta’ del 1800, il Chambers Pillar era fondamentale come punto di riferimento ed alcuni esploratori incisero i loro nomi sulla sua roccia: ecco perche’ si tratta di una riserva storica. Piu’ tardi, servi’ anche come riferimento per la costruzione della prima via ferrata che attraversava il paese.
Facciamo il giro alla base della collinetta di rocce che accoglie il “dente” quindi risaliamo fino alla sua base: il panorama intorno e’ splendido e lo ammiriamo a lungo. Poi scendiamo per assistere al cambiamento dei colori della sua roccia mentre il sole lentamente scompare all’ orizzonte. Indimenticabile!
C’e’ una piccola area di campeggio a pochi metri dal “dente” e noi passeremo qui la notte.
Martedi’ 24 Agosto
Questa notte non e’ stato freddo: ha infatti soffiato un forte vento caldo che ha alzato la temperatura.
Salutiamo il Chambers Pillar e torniamo a ricavalcare le dunette di ieri. Giunti a Maryvale prendiamo la sottile, sabbiosa e bella pista per Finke. Ad un certo punto incrociamo la vecchia linea ferrovia (oggi smantellata) e poi la costeggiamo per un lungo tratto: a fianco della pista si incontrano spesso traversine abbandonate. Sopra di noi ci sono ancora molti paletti con in cima i cappucci ceramici e fra alcuni di essi c’e’ ancora il filo elettrico!
Pranziamo su una duna rossissima appena fuori dalla pista e mentre riposiamo vediamo passare ben due automobili. Proseguiamo fino a Finke, dove facciamo rifornimento. Ancora avanti fino ad Andado, dove c’e’ solo una fattoria. Meta finale della giornata: Old Andado.
Superiamo due file di belle dune arancioni puntellate di vegetazione ed arriviamo infine in vista della fattoria di Molly, la vecchia proprietaria di Old Andado. Abbiamo letto sulla Lonely Planet che Molly vive qui da sola dopo la morte del figlio e del marito e che da sola porta avanti con grande energia la fattoria. Abbiamo letto anche che prepara volentieri un pasto caldo per i turisti che si fermano a dormire qui, cosi’ ci affrettiamo a coprire i km che ancora ci separano dalla fattoria. Ma c’e’ qualcosa di strano. Mentre ci avviciniamo notiamo che la situazione non e’ normale: non un cane che abbaia, non una persona che esce incuriosita, non un’ automobile parcheggiata, nulla. Fermiamo il camper, spegnamo il motore ed il silenzio scende su di noi. Solo un numero spropositato di piccole mosche pestifere inizia a ronzarci attorno a bocca ed occhi. La fattoria e’ deserta. Molly non c’e’.
Proviamo a fare il giro della casa alla ricerca di qualche segno di vita, invano. Anzi, alcuni vecchi oggetti appesi, una vecchia culla arrugginita, alcuni materassi con le molle di fuori ed uno strano gnomo ficcato in un pentolino ci fanno pensare di essere sul cast di un improbabile film dell’ orrore… brrrrrrrrrrrrrrr!!!
Cuciniamo il nostro solito risotto Knorr, finalmente sollevati dal fatto che le mosche si sono ritirate, quindi ci ritiriamo anche noi. Sopra di noi miliardi di stelle.
Mercoledi’ 25 Agosto
Ci siamo sentiti di lasciare i soldi per la notte trascorsa qui anche se non abbiamo avuto alcun contatto umano. Magari Molly tornera’ a breve e allora sara’ felice di trovare questi soldi ! Su di un tavolino sotto una tettoia di legno abbiamo infatti trovato un cartello con le tariffe: Molly affitta anche le stanze della sua casa.
Salutiamo questo strano posto dimenticato da Dio che alla cristallina luce del giorno non ci incute piu’ timore e cerchiamo l’ imbocco della pista per Alice Spring, l’ Old Andado Track, utilizzando il gps ed un po’ di intuito. Questa pista, infatti, non e’ segnalata e questa e’ una vera novita’ qui in Australia!
Corriamo a velocita’ abbastanza sostenuta su di una pista in pianura fra due file di dune parallele, basse, ben distanziate e coperte di cespugli. Il panorama e’ piatto e sassoso, l’ orizzonte sembra non avere fine. Non incontriamo animali ne’ piante; solo una sdozza auto con a bordo tre aborigeni nerissimi ci supera mentre noi siamo fermi per fotografare un raro esemplare di cespuglio carico di minuscoli fiorellini gialli.
Dopo 38 km si incontra un bivio: a sinistra si va verso Alice Spring, a destra si va alla Mac Clark Conservation Reserve. Decidiamo di fare questa deviazione e dopo 10 km vediamo stagliarsi sul cielo alcune forme scure ed allungate, raccolte su di una superficie circoscritta da una rete. E’ la riserva di Mac Clark che accoglie alcuni esemplari di una rarissima acacia molto resistente, che sopravvive a scarsissime precipitazioni e ad alte temperature. Un’ acacia che puo’ vivere fino a 500 anni, raggiungere i 17 metri d’ altezza e che si trova solo qui e in due zone del Queensland australiano. Lasciamo il nostro nome sul registro delle presenze ed e’ grazie a questo gesto che scopriremo, una volta in Italia, che Claudio e la sua ragazza sono passati di qua esattamente un giorno dopo di noi !!!! Salutiamo i due simpatici gechi che hanno fatto della cassetta del registro la loro dimora e torniamo in camper.
Seguiamo la stessa pista fino al bivio di poco prima e questa volta prendiamo decisamente la direzione per Alice Spring. Fra 285 km arriveremo in questa cittadina e allora sara’ finita la nostra avventura nell’ outback australiano. Il panorama e’ piuttosto monotono, cosi’ ne approfittiamo per ricordare i mille momenti che questa terra incredibile ha saputo regalarci. Ci fermiamo una volta sola per finire crackers e formaggio, per il resto filiamo lisci verso il centro dell’ Australia. Verso la fine la pista peggiora notevolmente per via del fondo duro e corrugato che ha l’ effetto di una specie di “grattugia” sul battistrada delle gomme!
Un aborigeno cammina nel bush sterminato sulla nostra destra: indossa un chiaro mantello che lo avvolge fino ai piedi. Una visione fugace che rimarra’ a lungo impressa nelle nostre retine. L’ Australia, infatti, non ci ha abituato a scene del genere, scene invece normali in Africa, la nostra amata Africa. Ecco, una cosa qui manca: il contatto con le popolazioni indigene nel loro ambiente naturale… ma sappiamo bene tutti, purtroppo, il motivo di cio’. Fantastichiamo su come sarebbe bello se gli aborigeni potessero ancor oggi condurre la loro vita nel bush, misurando le distanze coi loro canti e nascondendo nel terreno le uova piene d’acqua per ritrovarle in seguito.
Pomeriggio inoltrato. Caldo. Davanti a noi si alza una costruzione moderna, poi un’ altra e un’ altra ancora, infine tante costruzioni. Siamo ad Alice Spring. E’ finito il nostro outback, ovvero l’ outback come l’ abbiamo vissuto noi, coi suoi silenzi, le sue distese immense, i suoi cieli infiniti, i suoi fantastici monumenti rocciosi.
Ora e’ tutto dentro di noi e ce lo teniamo ben stretto!
Questa notte dormiremo in un grande campeggio alle porte della cittadina: ultima notte in camper.
Verso sera usciamo dal campeggio e ci dirigiamo verso il centro. Parcheggiamo nei pressi del Todd Mall, la via pedonale, quindi ci regaliamo una bella serata: aperitivo a base di birra nel locale piu’ tipico di Alice Spring, il Saloon, quindi cenetta romantica in un ristorantino che propone piatti greci ed australiani.
Giovedi’ 26 Agosto
Riordiniamo e puliamo l’ interno del camper, lo laviamo esternamente con cura e prepariamo i nostri zaini.
Raggiungiamo la sede di Alice Spring della Britz: pratiche per la restituzione del fedele camper: si e’ comportato egregiamente ! Taxi per tornare in centro. Ci diamo allo shopping nel Todd Mall fino ad ora di pranzo.
Questa notte dormiremo in un ostello, il Melenka. Non prima di un’ altra buona birra al Saloon!
Venerdi’ 27 Agosto
Taxi fino all’ aeroporto. Pratiche per l’ imbarco. Primo scalo: Perth. Mentre con l’ aereo sorvoliamo il Great Victoria Desert, una sottilissima traccia che corre dritta dritta in una distesa rossa che sembra non finire mai cattura la nostra attenzione. E’ incredibile: stiamo gia’ sognando di essere li’ a percorrere quella pista… un altro itinerario sta prendendo forma nelle nostri menti, un altro viaggio per scoprire altre realta’ ed altre meraviglie di questa isola – continente che ci ha catturato il cuore… Torneremo Australia, torneremo…
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