di Mario Pistoi –
L’ ultima volta che io e Gianna siamo stati in Vietnam, è stato nel gennaio del 2011, mentre Charly e Renata, sempre nello stesso anno, ma nel mese di marzo.
Noi, nel sud del Vietnam ed i ragazzi al nord.

Quest’anno ci siamo ripromessi di ritornarci insieme e pertanto, per non dimenticare e per rinfrescarci la memoria, vediamo come era il Vietnam prima del 1975, anno della Riunificazione, ossia della conquista del sud da parte delle Forze Nordiste.
Dire Vietnam, immediatamente, l’immaginario collettivo vede films di guerra nelle risaie, John Waine, Rambo, truppe americane con elicotteri e cacciabombardieri da una parte, e Vietminh e Vietcong, a piedi, piccinini, dall’altra.
Né una, né l’altra ricostruzione è esatta.
E allora vediamo come si sia arrivati a questo.
Nel 1954 vi fu la caduta di Dien Bien Phu che segnò la sconfitta dei francesi colonizzatori di tutta l’Indocina, cioè le attuali nazioni del Vietnam, Laos e Cambogia. Fautore della vittoria sui francesi fu il Movimento Nazionalista VIETMINH guidato da Ho Chi Minh,chiamato in seguito “lo Zio Ho”.

I Vietminh erano comandati dal Generale Giap, che anche in seguito guidò le Forze Nord Vietnamite.
La vittoria dei Vietminh, con la sconfitta dei francesi, portò agli accordi di Ginevra del 1954 ed il Vietnam fu diviso in un NORD comunista e filosovietico, ed un SUD filooccidentale, in attesa che le due parti proclamassero le elezioni nazionali, da effettuarsi nel 1956.
La linea di demarcazione dei due Vietnam fu stabilita nel 17° parallelo, che cade pressappoco a Nord di Danang, poco dopo Huè.
Gli USA appoggiarono subito il governo del Sud, guidato da NGO DINH DIEM, che si oppose immediatamente agli accordi.

Quindi iniziò la competizione per l’intero Vietnam, che sarebbe poi sfociata nella “guerra del Vietnam” o “Guerra Americana” come la chiamavano i vietnamiti.
Il cattolico e autoritario Diem si autoproclamò Presidente, ma non indisse alcuna elezione, anzi mise fuori legge l’opposizione e l’elezione dei Capi Villaggio.
Ciò nonostante il Presidente americano Eisenhouer, nel 1957, riconfermò a Diem il sostegno al suo regime
John Kennedy, successore di Eisenhouer, nel 1961 inviò 1364 “Consiglieri Militari”, ma nessuna riforma promessa venne eseguita.
Lo spiccato nepotismo di Diem ed il suo favoritismo nei confronti della minoranza cattolica, scatenarono violente proteste e clamorose manifestazioni autodistruttive da parte dei Monaci Buddisti, come il sacrificio di THICH QUANG DUC, a Saigon, che si immolò dandosi fuoco dopo essersi cosparso di benzina.
Il deterioramento della situazione politica convinse alcuni Funzionari dell’Ambasciata Americana a prendere accordi con alcuni capi militari sudvietnamiti, per un eventuale Colpo di Stato che avvenne il 1° Novembre 1963, ove fu ucciso lo stesso Diem.
Ancor oggi non è del tutto chiaro il ruolo tenuto da Kennedy in questa confusa macchinazione per rovesciare Diem.
Sappiamo solamente per certo, che dopo tre settimane, anche Kennedy venne assassinato ed il suo Vice Presidente Johnson continuò a confermare l’appoggio al sud.
La morte di Diem rese il Sud ancora più instabile ed i nuovi Presidenti del Sud Vietnam, l’ultimo dei quali fu Van Thieu, erano ancora più corrotti ed inefficenti.
I Viet Cong, guerriglieri comunisti vietnamiti del sud, si infiltrarono sempre di più con la popolazione rurale e la lotta contro di loro fu costellata da numerosi ed umilianti fallimenti, nonostante l’aiuto americano.

Dall’altra parte, i Vietnamiti del Nord, foraggiati dalla Russia e dalla Cina, avevano creato “il sentiero di Ho Chi Minh”, che bordeggiava il confine del Laos e della Cambogia, per i rifornimenti strategici ai guerriglieri Vietcong, fino dentro Saigon.
La popolazione civile statunitense e l’opinione pubblica mondiale si divise nettamente sul problema della guerra e si iniziarono i complessi e difficili colloqui di pace.
Intanto le elezioni presidenziali americane del 1968 furono tra le più turbolente della Storia degli Stati Uniti.

Il 6 giugno venne assassinato Robert Kennedy, fratello del Presidente ucciso, possibile candidato pacifista dei Democratici.
Di stretta misura vinse Nixon che coadiuvato dal Consigliere per la Sicurezza Nazionale Kissinger, ripiegò su una politica basata sempre sulla forza, ma più accorta e segreta.
In pratica, si continuarono sia i colloqui di pace che i bombardamenti al Nord, ma in segreto, nascondendoli all’opinione pubblica mondiale.
Nel 1970, l’inaspettato incremento delle operazioni, dopo tante assicurazioni su ritiri e vietnamizzazione, fece esplodere, senza precedenti, proteste negli Stati Uniti, culminate tragicamente il 4 Maggio nei sanguinosi incidenti alla Kent State University dove la Guardia Nazionale aprì il fuoco sugli studenti, uccidendone quattro.
Alla fine, con i secondi accordi di Parigi del 17 Gennaio 1973, il ritiro totale americano venne completato il 29 Marzo 1973 e di conseguenza, il governo di Saigon, sempre più fragile ed instabile, venne abbandonato al suo destino.
All’inizio del 1975, l’esercito del Nord, venendo meno agli accordi di Parigi, scatenò l’offensiva finale.
L’esercito del Sud si disgregò e crollò di fronte alle superiori forze nord vietnamite.
Gli accordi di Parigi prevedevano l’autodeterminazione del popolo sud vietnamita, la cessazione dell’attività militare USA, con ritiro di tutte le forze americane e la riunione pacifica del Vietnam.
Il personale statunitense ancora presente a Saigon venne evacuato con una disperata operazione di salvataggio effettuata da elicotteri e aerei militari.
In precedenza il nuovo Presidente americano Gerald Ford aveva dichiarato il suo disinteresse per le nuove e drammatiche vicende belliche.
La guerra del Vietnam si concluse quindi con la vittoria totale delle forze comuniste del Nord e con il completo fallimento politico e militare americano.
Era il 30 Aprile 1975.
Le vittime americane sembra che siano arrivate a 60.000 uomini, mentre il Vietnam parla di 1 milione di combattenti vietnamiti e 4 milioni di civili uccisi durante la guerra.

22 Febbraio 2013 venerdì
Nottataccia.
E’ cominciato tutto due giorni fa.
Mal di gola, inizi di tosse, princìpi di raffreddore.
Cura : fumenti, pastiglie per la gola, …preghiere…
Alle 9,00 esco a comprare il giornale. Zero gradi.
A Bangkok, in questo stesso momento, + 34 gradi, nubi sparse.
Partiremo alle 13,00 per Milano Malpensa. Stamani nevichicchiava, ma nel pomeriggio dovrebbe esserci una tregua fino a domani.
Si parte con il sole, ma a Rovereto comincia a nevicare, e anche bene, e così fino alla Chiusa di Verona.
Transitando su Bergamo, leggo un giornale locale.
Il giudice leghista di un Tribunale stà interrogando un bergamasco che ha investito tre calabresi sulle strisce pedonali, mentre andava a 120 orari in pieno centro abitato.
“Allora a quanto andavano questi calabresi ?”

Il traffico è scorrevole e a Milano è molto più freddo che a Bolzano.
Arriviamo a Cardano in Campo alle 16,15, lasciamo la macchina all’Hotel Ibis e ci facciamo accompagnare in aeroporto.
Veloce check-in anche dei ragazzi e solite noiose, lente, ma indiscutibilmente necessarie formalità della Security. Poi nella lounge per piccoli spuntini.
Imbarco alle 20,15 e subito pannolino bollente, champagnino e un dattero senza osso.
Buonissimo e gentilezza immediata.
La Businnes è piena a metà. La tosse e il mal di gola sembrano migliorare un pochino.
Poltrone molto larghe che si piegano a 180 gradi, per trascorrervi la notte.

Decollo alle 21,00 in punto e subito aperitivo con bruscolini.
Milano – Muscat, capitale del Sultanato dell’Oman, sono 5.055 km.
La rotta disegnata è Milano, Bergamo, Verona, Rovigo, attraversamento dell’Adriatico, Spalato, Seraievo.
Cena con pane, burro, pollo al curry e un bel bicchiere di Pinot grigio.
Alle 22,30 siamo sulla verticale di Sofia e alle 23,00 su Istanbul.
Volo tranquillo e rilassante.
Provo a stendermi in verticale, ma sono troppe le curiosità.
Siamo su Ankara alle 23,30
Passiamo Bagdad, Doha, Abu Dabi, Dubai e atterriamo a Muscat alle 2,45 ora di Milano, e 5,45 ora di Muscat.
L’aeroporto di Muscat, nuovo e pulitissimo

23 Febbraio 2013 sabato
Alba in aeroporto a Muscat.
Imbarco con un po’ di ritardo per Bangkok.
Decollo ore 8,30 di Muscat, ore 11.30 di Bangkok, ore 5,30 di Milano.
Alle 13,20 ora di Bangkok, cioè dopo un’ora e mezzo, è completato l’attraversamento dell’Oceano Indiano e arriviamo nella costa dell’India su Mumbai.
Alle 14,35 iniziamo la traversata del Mar delle Andamane.
Da quando siamo partiti l’aereo è in continuo subbuglio.
Tosse e raffreddore : a volte sembrano che migliorino, poi arriva la ventata di aria condizionata e si ricomincia daccapo.
Atterriamo a Bangkok alle 17,10 e al ricevimento dei bagagli noto la mia valigia danneggiata.
Hanno rotto la maniglia e quindi è inservibile. Lo faccio notare al responsabile bagagli, il quale mi dice di seguirlo all’apposito sportello.
Controlla, foto, domande, di nuovo fotografie.
Domande: quando l’hai comprata, quanto l’hai pagata. Poi butta lì che in una settimana la riparano.
Obiezione : fra una settimana è tardi.
Allora mi rimborsano cash 1.000 Bath = 25 Euro.
Con un taxi ci facciamo portare all’Amari Don Muang accanto al vecchio aeroporto di Bangkok.
Un attimo dopo siamo già pronti per andare lungo il fiume al ristorante del nostro amico Winai.
Solite feste, cena e a letto alle 22,00

24 Febbraio 2013 domenica
Nottata decente e sveglia alle 5,30.
Attraverso la passerella ci trasferiamo nelle sale aeroportuali.
Veloce colazione e imbarco alle 7,45 precise, come da copione. Decollo con Air Asia.
Si atterra a Saigon alle 9,00 e velocemente un taxi ci scarica al Golden Central a pochi passi dal grande Mercato Coperto.
Qui ci danno due stanze con tutte le comodità, ma piccole e non quelle pubblicizzate. Richiesta di cambio e dopo una mezz’ora di visione finalmente scelta andata a buon fine.
L’Hotel è in centro città e perciò primo salto al Mercato Ben Than, quello immenso e coperto.
Siamo alla ricerca di due valigie , una per Charly ed una per me, in sostituzione di quella rotta.
Mezzogiorno a gustare il Pho, brodetto tradizionale vietnamita con carne e taglierini, e pomeriggio con riposino e passeggiata.
Poi serata a cena nel barcone con crociera sul fiume Saigon.
La città di Saigon, ora Ho Chi Minh City è la più grande del Vietnam.
La città fu Capitale della Repubblica del Vietnam del Sud dal 1956 al 1975 quando fu espugnata dalle forze nord-vietnamite e ribattezzata Ho Chi Minh City dal Governo di Hanoi.

25 Febbraio 2013 lunedì
Anche stamani sveglia alle 5,30 e colazione alle 6,00.
Ma non erano i ragazzi che si lamentavano sempre per le alzatacce ?

Alle 6,30 attendiamo la vettura con autista e guida per escursione al Delta del Mekong, ma fino alle 7,40 non arriva nessuno.
Il titolare dell’Agenzia, con la quale i ragazzi avevano prenotato la gita, interpellato al telefono, ci dice che la guida ha sbagliato orario, ma la stessa ci fa leggere il messaggio ricevuto e nel quale è indicato di presentarsi alle ore 8,00.
Così saltiamo il pienone del Mercato Galleggiante, ma in cambio ci fornirà il passaggio da Da Nang a Hoi An fra qualche giorno.
Tre ore di macchina per arrivare all’imbarco e bella gita fra i meandri del Delta, visitando una Farm che produce caramelle e barrette di riso soffiato.

Il colore della pelle non conta.
Siamo tutti uguali.
Bianchi e neri siamo tutti sulla stessa barca.
Se quelli più scuri vanno ai remi, così si può partire, grazie.
Dopo pranzato, giriamo in bicicletta fra le isolette del Delta.
Caldo e bel tempo.

Passiamo vicino alla cittadina di BEN TRE ove nel 1968 fu effettuato un pesante bombardamento da parte delle truppe americane. Ciò produsse la celebre frase : “Divenne necessario distruggere la città, allo scopo di salvarla.
Torniamo a Saigon alle 19,00 e dopo una lesta doccia usciamo a cena intorno al Mercato.
Dopo cena andiamo a teatro a vedere le marionette sull’acqua, ove la si utilizza come palcoscenico in movimento. L’acqua è appositamente torbida e scura per mascherare i meccanismi che azionano le marionette. I marionettisti, sono nascosti nell’acqua dietro una parete di bambù e vi restano a mollo per tutta la durata dello spettacolo.

Poi massaggio collettivo prima di andare a letto.
La tosse e il rafreddore sembra stiano facendo giudizio.
A nanna alle 23.

26 Febbraio 2013 martedì
Sveglia alle 6,30 e in attesa della colazione aggiorniamo il diario.
Da qui andiamo a piedi al Palazzo della Riunificazione e ci accodiamo alla Guida che ogni quarto d’ora conduce alla visita.
Questo Palazzo fu il simbolo del Governo Sud-Vietnamita ed è rimasto quasi esattamente com’era nell’aprile del 1975 quando i primi carri armati comunisti vi entrarono dopo aver divelto le cancellate in ferro battuto.
Qui vi era la residenza del Governatore generale francese della Cocincina e quando i francesi se ne andarono nel 1954, dopo la disfatta di Dien Bien Phu, vi si insediò il Presidente Sud Vietnamita Ngo Dinh Diem , talmente odiato che la sua stessa aviazione bombardò il palazzo nel tentativo poi fallito di ucciderlo. Fu iniziata allora la costruzione di un grande rifugio antiaereo, ma Diem non visse abbastanza per vedere l’opera finita. Fu infatti assassinato dalle sue truppe tre anni prima.
Divenne quindi la residenza del nuovo Presidente Van Thieu fino alla sua partenza da Saigon nel 1975.
La parte più interessante di questo acquartieramento militare, sono i sotterranei, dotati di un vasto sistema di gallerie e di un centro per le telecomunicazioni, con le varie cartine del Vietnam ai tempi della Guerra.
Mentre Charly e Renata si trasferiscono al Museo della Guerra, io e Gianna andiamo in Hotel per il check-out, e mettiamo i bagagli in camera dei ragazzi, concessa fino alle 17,00.
Era conosciuto in passato come Museo dei Crimini di Guerra cinesi e americani, ma oggi per non offendere i visitatori di quei Paesi è stato ribattezzato come Museo dei Residuati Bellici.
Tante delle efferatezze documentate in queste sale erano già state pubblicizzate ampiamente nei paesi occidentali. Nel cortile sono esposti mezzi corazzati, pezzi di artiglieria, bombe e armi di fanteria dell’esercito americano. C’è anche una ghigliottina utilizzata dai francesi contro i “sobillatori” del Viet Minh. Molte delle fotografie esposte, comprese quelle del massacro di My Lay provengono proprio da fonti americane.
Nonostante l’esposizione sia inevitabilmente di parte, sono pochi i musei al mondo che riescono a far capire quanto una guerra sia brutale e quante vittime faccia tra i civili.
Charly compra al Mercato Ben Than una valigia al prezzo di USD 45 ma quando la sta per chiudere non riesce ad azionare la combinazione, cosicchè si rifà la scarpinata fino dalla valigiaia.
Temperatura circa 38 gradi, oggi si schianta.
Alle 17,00 prendiamo un taxi per l’aeroporto, si decolla da Saigon alle 19,55 e landing a Da Nang dopo un’ora.
Da Nang :
Il 1° Novembre 1963 , con un colpo di Stato fu ucciso il Presidente Sud-Vietnamita Diem e dopo tre settimane toccò a Kennedy ad essere assassinato.
La lotta contro i Viet Cong diede risultati sempre più disastrosi e il nuovo Presidente Americano Johnson, che non aveva fatto parte della cerchia ristretta dei collaboratori di Kennedy, né coinvolto nel colpo di Stato contro Diem, alzò ulteriormente il coinvolgimento statunitense delle forze militari in Vietnam.
A questo punto sorse il problema del “casus belli” per la necessità di un documento legislativo che autorizzasse il Presidente a potenziare la politica di intervento militare.
Così, eventi confusi si verificarono nel Golfo del Tonchino, che causarono degli scontri con torpediniere nord vietnamite. Questo guadagnò il pretesto per ottenere il Mandato del Congresso, necessario al Presidente, che gli conferì pieni poteri, e l’ 8 marzo 1965 iniziarono le operazioni di sbarco, accompagnate da elicotteri, autocarri e jepp sulla spiaggia limitrofa a Da Nang (Charly Beach).
Non ci fu opposizione da parte dei Vietcong e la popolazione accolse festosamente i 3.500 marines che si aggiunsero ai 25.000 “Consiglieri Militari” che erano già sul posto.
Sei giorni prima erano già iniziati i bombardamenti progressivi sul Vietnam del Nord.

Il raffreddore ricomincia con i capricci, causa aria condizionata.
All’uscita dall’aerostazione, un cartello indica “ Renata Group”, l’autista con pulmino ci carica i bagagli ed in mezz’ora, tramite una comoda autostrada che non esisteva sette anni fa, ci scarica davanti al Boutique Hoi An Hotel.
Veloce check-in e ci mostrano le nostre stanze, le migliori ricevute fin’ora.
Usciamo e di fronte, al di la della strada c’è un ristorantino locale. Appena ci vedono ci invitano con larghe bracciate e noi non ci facciamo attendere. I due vecchi, marito e moglie, rispondono sempre “si” alle nostre domande, ma non capiscono nulla. Però telefonano alla loro figliola che in un batter d’occhi arriva, prende le ordinazioni e si mette anche in cucina.
Ottimo cibo e poi alle 23,00 a letto.

27 Febbraio 2013 mercoledì
Ci alziamo alle 7,00 e facciamo anche mezz’ora di passeggiata sulla spiaggia.
Sole e caldo, circa 28 gradi.

Poi colazione in giardino con i ragazzi e relax a bordo piscina.
Mi chiedo : perché la spremuta di limone contiene diversi ingredienti artificiali, mentre il liquido per lavare i piatti contiene limoni veri ?

Intanto sono noti i risultati delle elezioni in Italia.
Sarà difficile se non impossibile governare a meno che non si inventi una coalizione PD/PDL della durata di ……… 7 giorni.
Pranzo nel solito ristorantino davanti all’Hotel, ove stamane abbiamo portato anche due sacchetti di biancheria da lavare.
Sono proprio bravi, magari un po’ lenti perché cucinano ex novo, ma il pesce è molto buono.
Riposino di un’oretta e poi a Hoi An tutto il pomeriggio.

Hoi An, città delle lanterne e delle scarpe su misura.
I ragazzi che inizialmente non erano interessati a comprarle, alla fine ne hanno prese un paio per uno.
Prese le misure, le ritireranno domani.
Durante la guerra contro gli americani, la città fu miracolosamente risparmiata dagli scontri e non porta quindi i segni del conflitto.

La Città Vecchia di Hoi An è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco per tutelare e conservare il suo patrimonio artistico.
Mirabile è il Ponte Coperto Giapponese.
Io e Gianna ritorniamo in taxi ma stavolta non ce la facciamo più a cenare.
Domani Charly e Renata andranno a visitare Huè.

28 Febbraio 2013 giovedì
Alle 1,30 mi sveglio con un forte mal di testa ed il naso chiuso.
Ora è troppo caldo, poi fa troppo freddo.
Ogni due ore mi sveglio e ho gli incubi fino alle 7,00.
Colazione con i ragazzi che poi partono per Huè, che storicamente è sempre stata considerata il cuore pulsante della vita politica, culturale, religiosa e intellettuale del Vietnam.
Oggi i siti principali da visitare sono le magnifiche tombe degli imperatori Nguyen, alcune pagode ed i resti della Cittadella.
Nel 1968 la città di Huè fu teatro degli scontri più cruenti dell’offensiva del Tet e fu l’unico centro del Vietnam del Sud che i comunisti riuscirono a conquistare per più di qualche giorno.
Una volta occupata, issarono la loro bandiera sulla torre della Cittadella dove rimase per 25 giorni.
La festività del Tet, che segna l’inizio del Nuovo Anno Lunare è la più importante di tutte le Feste Vietnamite. Questa festa può cadere tra il 19 gennaio e il 20 febbraio del Calendario Occidentale e coincide con il Capodanno Cinese.
In questo periodo, c’era sempre stata, tradizionalmente, una tregua, durante la guerra del Vietnam ed il Nord annunciò che avrebbe rispettato, anche quest’anno, il cessate il fuoco per 7 giorni a partire dal 31 gennaio.
Vi furono invece numerosi attacchi dentro e intorno a Saigon e 5 battaglioni di Nord Vietnamiti si erano infiltrati in città.
La lotta a Saigon durò quasi una settimana ed il sobborgo di Cholon venne semi distrutto.
Tutti i grandi centri vennero rapidamente riconquistati dagli americani e la situazione venne ristabilita entro pochi giorni tranne che nell’antica Capitale Huè.
Gli americani, dopo alcune settimane, finirono per aver ragione delle truppe nemiche e riconquistarono la Cittadella di Huè, che venne completamente devastata dall’impiego dell’Aviazione e dal fuoco delle navi da guerra, ancorate al largo.
Qualche giorno prima 3.000 civili, fra commercianti, monaci buddhisti, preti cattolici e intellettuali, ma anche chiunque avesse avuto dei legami con il Governo Sudvietnamita, venne fucilato, picchiato a morte o bruciato vivo.
Le vittime furono gettate in fosse comuni e scoperte pochi anni dopo in diversi punti della città.
Nel corso delle settimane seguenti, interi quartieri furono rasi al suolo sia dai razzi Vietcong che dalle bombe americane, sino alla riconquista della città.
Durante l’offensiva del Tet, a Huè morirono circa 10.000 persone, per la maggior parte vittime civili.

Io e Gianna rimaniamo in piscina.
Dopo pranzo un riposino, poi nuovamente in piscina ma il raffreddore imperversa.
La febbre, cioè l’alterazione, arriva a 37,6 con forte mal di testa.
Verso sera ritornano i ragazzi con le scarpe su misura e questa volta una piattata di riso me la permetto.
Tutti gli altri, solito pescione, buono e cotto bene.
Prima di coricarci mi somministrano un MOMENT e proviamo ad eliminare del tutto l’aria condizionata.

1° Marzo 2013 venerdì
Fra una piccola sudata e una soffiata di naso passo la notte non malissimo.
Alle 6,30 mi alzo e mi sembra di essere guarito e allora ci facciamo due tazzone di Nescaffè.
Auguri ragazzo mio. Buon compleanno.
Colazione con i citti e dopo, trattativa alla reception per il day use.
Un testa di vitello al concierge non intende ragioni.
O lasciare la stanza alle 12,00 o pagare 78 USD per tenerla fino alle 18,00.
Intanto andiamo in piscina.
I francesi si devono essere dimenticati di averle prese a Dien Bien Phu.

La battaglia di Dien Bien Phu nel 1954, si concluse dopo 56 giorni di assedio.
Vi morirono 5.000 soldati francesi, in larga parte paracadutisti e volontari della Legione Straniera.
La Francia, dopo il 1945, tentò di riprendere il possesso dei vecchi territori coloniali persi durante l’ultima guerra mondiale, a seguito dell’occupazione giapponese.
Ciò provocò la dura resistenza del movimento nazionalista Vietminh guidato da Ho Chi Minh.
La lunga guerra d’Indocina (1945 – 1954) tra i francesi, con supporto campale e finanziario degli Stati Uniti, e il Viet Minh, ebbe termine con la sconfitta campale di Dien Bien Phu, situata a nord-ovest nel Vietnam, vicino alla Cina e uno dei più vecchi mercati di oppio dell’Indocina.
I Viet Minh erano comandati dal Generale Giap che in seguito le suonò anche agli americani.
La Base fu scelta nella grande spianata vicina alla città, ma il Generale Navarre, comandante delle forze francesi non si era preoccupato di ripulire le colline circostanti, poiché le riteneva inaccessibili.
I Viet Minh, invece, sottovalutati dai transalpini, avevano trascinato l’artiglieria su per i fianchi boscosi delle colline che Navarre aveva segnato impenetrabili.
Quindi i bombardamenti vietnamiti isolarono gli avamposti francesi, troppo distanti tra loro e furono eliminati sistematicamente uno ad uno.
Il colonnello Piroth, comandante dell’artiglieria francese, sconvolto dalla sua incapacità di rispondere al fuoco contro le ben camuffate batterie Viet Minh, si appoggiò una bomba a mano sul petto e si suicidò.
Venne sepellito in gran segreto per evitare la perdita di morale tra le truppe francesi.
Il Generale Giap adottò la tattica dello strangolamento, tagliando i rifornimenti e bersagliando con la contraerea i paracadutisti francesi, mandati come rinforzi.
L’ultimo caposaldo a cadere fu “Isabelle”. I francesi vennero travolti da un massiccio attacco frontale e mille uomini della Legione Straniera, sotto la guida del Colonnello lalande, rifiutarono di arrendersi. Dopo aver esaurito tutte le scorte di munizioni, tentarono una sortita ma furono tutti abbattuti.
Nelle ultime settimane di battaglia, con l’arrivo delle grandi piogge, tutti a mollo nell’acqua putrida, con dissenteria e con le latrine allagate,
Gli Stati Uniti si rifiutarono di fornire supporto aereo.

Due coppie francesi, in piscina, starnazzano e festeggiano ad alta voce come se nel 1954 le avessero date a loro ai Viet Minh.
Poi Renata concorda il day use su una stanza, per 50 USD e tutti i bagagli vengono spostati in questa camera.
Alle 12,00 con un taxi ci facciamo portare di nuovo a Hoi An al ristorante “Good Morning Vietnam”.
E’ gestito da Luca, italiano di Venezia che si trova qui da dieci anni, sposato con una vietnamita e con una bambino di un anno e mezzo, Matteo (con il quale però non è sposato).
Spaghetti alle vongole e tagliolini al granchio. Ottimi.
Due birrone e una piattata di fritto misto, totale USD 50.
Altro giro per Hoi An, sempre bella e gradevole e alle 15,30 ritorniamo in Hotel.
Riposino e bagno in piscina fino alle 18,00 quando un taxi ci accompagna a Danang alla stazione dei treni.
Intanto il rafreddore ripercuote il mio naso con la febbre a 37,7.
A Danang aspettiamo il famoso Treno della Riunificazione, rifornendoci di un casco di banane e un paio di bottiglie di acqua.
Il Treno della Riunificazione, costituito dopo il 1975, unisce Saigon con Hanoi, e viceversa, in 30 ore, per una percorrenza di 1726 Kilometri, con poche e brevi fermate intermedie.
Con una ventina di minuti di ritardo arriva “l’abominevole treno” tanto decantato e anche molto vituperato e tutte le peggiori recensioni gli rendono giustizia.
Nel nostro scompartimento con 4 lettini c’è la più ignobile sporcizia.
Il treno proviene da Hanoi ed i 4 passeggeri, che avevano occupato “la nostra stanza”, sono scesi a Danang lasciando un troiaio pauroso.
Gli addetti al treno ci dicono di togliere i lenzuolini usati e di posarli sotto le brande.
I cuscini e le coperte dobbiamo tenerli così.
Alla bell’ e meglio sistemiamo gli afflussi dell’aria condizionata a tutta palla e intanto il corridoio inizia a riempirsi di gente proveniente da altri vagoni.
Alla fine del fiera, tutti sdraiati per terra nei corridoi e dove c’è un minimo anfratto c’è sicuramente qualcuno disteso. E fino alle 1,00 di notte, casino, berci, risate.
E quando la notte, per raggiungere i cessi, che più cessi non si può, percorso di guerra, pestando anche qualche coglione, che poi si incazza anche. Ma la guerra l’hanno vinta loro.
Le facce basite di Renata, Charly, Gianna, sono tutto un programma.
Io mi sono divertito abbastanza perché ero preparato a stò troiaio.

2 Marzo 2013 sabato
Senza dormire troppo, sta albeggiando e lentamente ci avviciniamo a Phan Thiet.
Ci arriviamo alle 12,00 e dopo 45 minuti ci scaricano in Hotel al Blu Ocean.
Dopo il check-in attraversiamo la strada e pranziamo in uno dei tanti locali creati appositamente per i turisti.
Perché se io mi nutro, tu ti nutri, e Frank si natra ?
Siamo nella Riccione vietnamita.
Il Blu Ocean è al completo.
Grande piscina al centro di un giardino tropicale e subito dopo la lunga spiaggia e il mare.
In tutta Phan Thiet sono arrivate le truppe russe.
Omoni da 130 kili accompagnati da biondissime alte, quasi sempre belle, ma dai caratteri somatici marcati alla Vostrikov.

Così la metà dei russi visionati. L’altra metà, donne, anche loro da 130 kili, ingioiellate e sempre alla ricerca di vestiti alla moda.
La maggior parte di essi entra nei locali a squadroni, mezzi ignudi anche a tavola.
Da buzzurri fumano continuamente e scolano boccaloni di birra.
Quando pagano aprono la borsa e tirano fuori mazzette di Dollari o di Dong.
Sono arrivati anche qui.
Gente che va su e giù per le scale mobili, negli ascensori, che guida automobili, le porte dei garages che si aprono schiacciando un bottone.
Poi vanno in palestra per smaltire il grasso.
La sera facciamo una corta passeggiata per poi cenare al solito posto di fronte all’Hotel.
Poi a nanna con ancora un piccolo mal di testa.

3 Marzo 2013 domenica
C’è un cartello nella hall dell’Hotel e in piscina, che invita a non lasciare occupati i lettini con gli asciugamani per molto tempo senza la presenza degli ospiti.
Ammonisce anche che saranno spostati senza preavviso nel caso fosse necessario (gli asciugamani non gli ospiti).

Ecco, ora sono le 7,30 e tutti i lettini della piscina e quelli della spiaggia sono già occupati.
Solamente due persone sono presenti, e nessuno sta facendo il bagno.
I tedeschi sono arrivati a rimorchio dei russi.
Mattinata in piscina e lunga passeggiata in spiaggia.
Tempo bello e bella temperatura.
Nel pomeriggio prendiamo a noleggio due motorini e andiamo alle Dune di Sabbia di Mui Ne, dove il forte vento crea nuvole di polvere finissima che raschia il volto.

Lo spettacolo è bellissimo con un sole grandissimo al tramonto.
Cena e passeggiata e si sente parlare solo russo.
I menù e le insegne sono trilingui: vietnamiti, russi, inglesi.

4 Marzo 2013 lunedì
Nottata abbastanza buona.
Sono le 6,00 e i lettini in piscina sono già per metà occupati.
Naturalmente i bagnanti hanno poggiato gli asciugamani e sono tornati a letto.
Passeggiata di mezz’ora in spiaggia e si risente parlare solo russo.
Il Wind Surf imperversa e numerose sono le scuole per questa disciplina sportiva.
Stamani ci trasferiremo a Dalat sugli Altopiani Centrali.
Phan Thiet / Dalat sono 247 Kilometri.
Alle 11,00 arriva il pulmino prenotato, che dal Mar Cinese Meridionale ci porterà agli altopiani centrali vietnamiti.
Ripassiamo dalle Dune di Sabbia di Mui Né e, proseguendo all’interno, attraversiamo una regione tormentata dal vento e quindi tempestata dalla sabbia. E’ uno spettacolo per chi sta in macchina, meno per i motociclisti.

Passiamo colline e montagne e valichi con piantagioni di caffè, scenari e panorami stupendi.
Durante l’attraversamento di una foresta, un intero albero crollato sulla strada ci blocca il passo.
Tutti quelli che arrivano dietro di noi ci aiutano a liberare la strada e così ci salviamo presto dal possibile arrivo dei briganti.
Dopo tre ore e un quarto siamo a Dalat, 1.500 metri sul livello del mare.
Dalat si trova in una zona temperata con clima fresco tutto l’anno e con abbondanza di laghi, foreste, cascate, giardini.

Dalat (fiume della tribù Lat) è una città nuova fondata nel 1912 e per un tacito accordo fra i due contendenti la Guerra del Vietnam non è mai stata coinvolta direttamente in operazioni militari.
Sono visibilissimi i segni dell’influenza francese.
L’Ana Mandara Villas, ove noi siamo, è un gioiellino vintage immerso in un parco poco fuori Dalat e nel pomeriggio per farci passare la “costipazione” ci facciamo una sudatissima sauna.
La cena è offerta dalla Direzione per il compleanno di Gianna.
Al termine, quando ci ritiriamo nelle nostre camere, si sente bussare alla porta.
Sono le due ragazze della ricezione con una torta personalizzata per Gianna, con la scritta augurale sul fronte.
Sono talmente magre che la capienza dei loro ascensori è 40 persone o 10 kili.
A proposito. Perché l’ascensore, quando scende , non si chiama discensore ?

5 Marzo 2013 martedì
Nella prima mattinata ci trasferiamo in centro.
Visita al grande mercato e lunga passeggiata intorno al lago Xuan Huong il cui perimetro copre sette kilometri.
In un’Agenzia Viaggi acquistiamo un tour per domani, ma intanto visitiamo la vecchia Stazione Ferroviaria che è ancora attiva e funzionante per 11 kilometri e poi raggiungiamo le cascate di Datanla che si possono avvicinare per un percorso divertente con un bob su rotaia.
Anche la risalita la effettuiamo con il carrello.
Ci riportiamo in città alla “Casa dei Pazzi”, una pensione, con caffè e galleria d’arte che sembra uscita direttamente da una favola dei fratelli Grimm.
Ci sono grotte, ragnatele giganti in fil di ferro, tronchi d’albero di cemento ed altre cose simili.
Tornati in Hotel per mezz’ora andiamo in piscina a goderci l’ultimo sole della giornata.
Tutto il giorno la temperatura si è assestata sui 26 gradi ed il cielo è sempre sereno.
Cena in centro nel solito ristorante di mezzogiorno dove chiacchieriamo con una coppia di svizzeri in vacanza. Prima però 40 minuti di massaggi ai piedi.
I due svizzerotti ci raccontano che nell’antichità, in Svizzera, per assicurarsi che una persona fosse effettivamente deceduta, l’usanza voleva che la “gens” incaricata di questa verifica , “il beccamorto” appunto, mordesse violentemente una delle dita dei piedi del presunto cadavere.
Se alcuna reazione si registrava, la valutazione era definitiva e la sepoltura inevitabile.
Questa funzione di beccamorto, che di fatto era un vero e proprio incarico, si trasmetteva di padre in figlio, fin dalla notte dei tempi.
A un certo punto accadde una prima catastrofe : l’ultimo beccamorto, benchè avesse avuto molte figlie, non ebbe alcun maschio.
La figlia maggiore prese dunque il suo incarico, previa riunione e parere del Consiglio dei Saggi, preposti a questo tipo di materia.
Il primo soggetto che ella si trovò ad esaminare aveva contratto una grave malattia essendoci stata un’epidemia di peste, che l’aveva condotto ad essere amputato di entrambi i piedi.
Peggio ancora, la cancrena l’aveva in parte divorato, al punto che era stato necessario tagliarli le gambe fino all’altezza delle cosce.
La ragazza valutò la situazione e morse dunque con precauzione la prima estremità “inferiore” che potè trovare.
Fu in quell’epoca ed in tali circostanze che si passò dall’espressione “beccamorto” a “pompe funebri”.

6 Marzo 2013 mercoledì
Gita turistica molto interessante. Su e giù per piantagioni e colline.
Serre di fiori e piantagioni di caffè.

Durante la visita in una fattoria, ci mostrano delle grandi cassette con dentro del fogliame.
Guardando bene si nota un brulichio sommesso. E’ un allevamento di cavallette.
Per onorare la visita ci arriva anche un piatto di questi animalini fritti, ma io e Gianna abbiamo passato la mano.
Charly e Renata l’hanno assaggiate e hanno detto che assomigliano ai piccoli crostacei marini.

Per finire ci portano alla pagoda di Linh Phuoc, ove termina anche il raccordo ferroviario la cui stazione l’abbiamo visitata ieri.
E’ una pittoresca pagoda abbastanza recente, costruita tra il 1949 e il 1952.
E’ dotata di una campana pesante 8,5 tonnellate ed è collocata in una torre di sette piani.
Secondo me è una delle più belle pagode vietnamite.
Pranzo in centro città in un ristorante etnico molto affollato ma dove si mangia benissimo.
Stasera ci torneremo.
Anche oggi sole e caldo da primavera inoltrata.
Cose buone di Dalat :
1) I pulmini ed i taxi non usano l’aria condizionata, semmai hanno i finestrini aperti ed in tal modo non c’è pericolo di raffreddarsi ulteriormente.
2) In giro non si vedono ancora i buzzurri dei russi.

7 Marzo 2013 giovedì
Un veloce taxi ci attende alle 8,00 per scendere dagli altopiani centrali, e portarci in pianura all’aeroporto di Dalat, in 45 minuti.
Attraversiamo vallate e piantagioni e orti.
L’aeroporto è pressocchè nuovo.
Efficiente e pulitissimo nonostante vi siano solamente due voli giornalieri di linea.

Puntualissimo l’aereo decolla e dopo 36 minuti atterra a Saigon, sono solo 275 kilometri.
Qui troviamo altre temperature e siccome abbiamo una pausa di 5 ore, la riempiamo facendoci portare in centro città.
Ma il tassinaro Viet non capisce una parola di inglese e ci passa il telefono per parlare con un suo amico e per dirgli “centro città”.
Ci facciamo scendere vicino al Palazzo della Riunificazione e i ragazzi hanno la cattiva idea di fermarsi a pranzo in un centro commerciale, dove entrato sudatissimo, dopo cinque minuti di stilettate io e Gianna rinunziamo, riusciamo, e risaliamo su un taxi per farci riportare in aeroporto.
Charly e Renata ci raggiungeranno più tardi.
Il volo fino all’isola di Phu Quoc dura 35 minuti.
Phu Quoc è un’isola del Vietnam, montuosa e boscosa, situata nel Golfo del Siam, a 15 Kilometri dalle coste cambogiane.
E’ lunga 48 Kilometri per una larghezza di 15 ed è rivendicata dalla Cambogia, per cui gran parte dell’estremità settentrionale è occupata da un’importante base militare.
E’ nota in Vietnam per la produzione del pepe e la salsa di pesce di ottima qualità
Altro aeroporto nuovo e pulitissimo ed aperto solamente da due mesi. Prima era in funzione la vecchia pista situata poco a nord della Capitale Duong Dong.
Tantissimi settori della struttura aeronautica sono in piena attività di costruzione.
Il nostro Hotel è nelle sue vicinanze e così in pochi minuti siamo nelle nostre stanze.
Per cena, raggiungiamo un ristorantino lungo la spiaggia dove troviamo anche un piatto di spaghettini al pomodoro non fatti male.

8 Marzo 2013 venerdì
Molto presto con Gianna camminiamo lungo la spiaggia per un’oretta.
In tanti fanno joggin.
Dopo colazione con i ragazzi ci trasferiamo sui lettini in spiaggia.
Leggendo le varie recensioni su Internet, eravamo un po’ preoccupati perché anche qui tutti si lamentavano che i lettini sia in spiaggia che in piscina erano sempre occupati senza la presenza dei bagnanti.

Bene, niente di tutto questo.
Anche a mezzogiorno ve ne sono di liberi e in piscina nessun lettino è occupato.
Mattinata di pieno sole e pranzo con gli spaghettini, per me, e pescioni per gli altri.
Dopo un riposino, che ci ha fatto addormentare quasi fino a sera, andiamo alla Capitale, a Duong Dong, a tre kilometri dalla nostra Residenza. Andiamo al Night Market.
Si stanno già preparando per la sera con tutte le casse piene di pescato e di crostacei e molluschi in bella evidenza.

Passeggiamo fino al molo dove diversi barconi sono pronti a salpare per una gita di 3 ore con pesca all’amo.
Ci aggreghiamo ad una di queste barche dove conosciamo una coppia di Modena.
Poi tre ore di presa pel culo con le lenze in mano a fare i cretini senza “arpionare” nulla e la sbobba immangiabile, somministrata al tavolino, con qualche “squidd” in padella, ma assomigliante molto alla suola di un mocassino, però salata.
Al termine nuovamente passeggiata al Night Market dove finalmente si cena sul serio.

9 Marzo 2013 sabato
Alle 7,00 altro giro sulla spiaggia e sui lettini fino alle 11,00.
Infine affittiamo due motorini e proviamo a raggiungere An Thoi, principale porto dell’isola, nell’estremità sud .
Improponibile per me. Sono 30 kilometri di strada costiera sterrata, rossa e polverosa.
Una polvere rossa e fine che ti si aggrappa addosso ogni volta che si incrocia un’auto. Quando quest’auto è un camion o una corriera, un nuvolone rosso ti avvolge e per dieci secondi speri di andare dritto.
L’isola è tutto un cantiere. Anche la nuova strada interna che unisce Duong Dong ad An Thoi è tutta in una fase di elaborazione.
Lungo la costa enormi cartelloni con i progetti disegnati per i nuovi Hotel, Resort, Residence, parte in costruzione e parte da iniziare.
Allora io e Gianna dopo 10 Kilometri, dopo aver pranzato lungo mare, rinunziamo a proseguire e torniamo indietro. I ragazzi, invece, proseguono fino al profondo sud e ci rivediamo più tardi a Duong Dong, sempre al Night Market dove ci pappiamo quattro pescioni e molluschi vari.
I ragazzi che ieri sera si erano fatti cambiare stanza per andare al piano superiore, oggi sono tornati alla base, accanto a noi, perché invasi da animalini del legno. A nulla è valsa l’assicurazione che avrebbero eseguita la disinfestazione.

10 Marzo 2013 domenica
Isola di Phu Quoc.
La spacciano come la concorrente più qualificata all’isola di Phuket in Thailandia, ma è ancora troppo presto. Il mare non ha niente a che vedere con quello delle isole Thailandesi tipo Koh Kradan, Koh Mook, Koh Similan o anche nelle vicinanze di Krabi. ed anche i servizi sono ancora insufficenti.
La viabilità è scarsa ed il personale della struttura alberghiera, a parte quello del ricevimento, non parla una parola di inglese,
Però capiscono cosa sono le mance.
Le strutture hanno una manutenzione scarsa e quindi sono destinate poco a poco a sfaldarsi.
Insomma c’è ancora tanta strada da fare per essere all’altezza della Thailandia.
E il mare non può migliorare. E’ così e basta.
Anche se enormi complessi sono in costruzione, attualmente le infrastrutture sono carenti.
Una cosa però è stata capita.
Sono arrivati i turisti e tutto è aumentato.
Voglio dire : i prezzi, confrontati con i nostri occidentali, sono comunque favorevoli, ma per i loro standard sono saliti a picco e ciò ha provocato un’antipatia congenita verso il turista che da una parte solleva il PIL locale, ma dall’altra rovina la gestione mensile degli autoctoni. Insomma è la stessa storia che si verifica in Italia soprattutto nei luoghi di villeggiatura.
E allora prendiamocela con questi quattro stronzi di occidentali che pagano 10 Dollari Americani per un pescione al BBQ, quando il suo prezzo equo sarebbe 3 USD (questa è la valutazione di un locale).
Gite in barcone : vengono spacciate come quattro ore di relax e divertimento ( si, ma per gli organizzatori). Le 4 ore diventano 3 e si tratta di stazionare a 200 metri dalla riva con una lenza in mano a fare i cretini dondolando ed agitando il filo di plastica per prendere un’improbabile “squidd”.
Poi c’è la cena costituita da un piatto di sbobba e due pezzetti di calamari rosolati e duri. Il tutto è praticamente immangiabile e ve lo dice uno che ne ha provate di tutte.
Se vuoi i ricci di mare li paghi 2 USD l’uno. Le bibite anche.
E il tutto per 10 USD a cranio e con lo sconto perché eravamo sul molo e non sono venuti a caricarci in Hotel. E’ veramente una presa per il culo, ma fintanto che la gente ci va …..!
Stanotte è piovuto per la prima volta. Andremo in giro in motorino.
Nella prima mattinata ci portiamo a Duong Dong, la Capitale distante 3 kilometri, e da qui, prima sbagliando strada, ci infiliamo in una superstrada a due corsie per ogni senso di marcia, ma con diversi cantieri in corso.
Passiamo accanto ad una farm che produce pepe nero, bianco e rosa.
Sono i maggiori esportatori al mondo ed il titolare ci riceve nella sua baracca e ci mostra la sua produzione. Poi ci manda a piedi in giro per la piantagione.
Proseguiamo verso nord, attraversiamo il Parco Nazionale di Phu Quoc e dopo 30 kilometri capitiamo nell’ultimo piccolo villaggio con strada tutta sterrata, Bai Thom, ove troviamo “un’osteria” proprio sulla Thom Beach, dove mangiamo onorevolmente ad un prezzo non turistico, direttamente sulla spiaggia.
Questa si trova all’interno della Zona Militare e per questo è quasi deserta.
Poche infrastrutture e mare forse più bello di quello di Long Beach, dove risiedono i maggiori Hotel.
Il fatto che alcune tra le più belle spiagge rientrano nei territori delle Basi Militari, hanno contribuito a tenere lontani i turisti.
Io e Gianna torniamo in motorino verso casa e Charly e Renata proseguono verso ovest, ritornando poi a sud lungo la litoranea. Troveranno tutta pista rossa e polverosa e produrrà anche un gran male al deretano.
La serata la trascorriamo in Hotel mentre i ragazzi vanno al solito Night Market.

11 Marzo 2013 lunedì
Di buon mattino io e Gianna riprendiamo il motorino e ritorniamo a Duong Dong.
Caos, motorini in quantità industriale e il tutto molto etnico nel loro mercato.
Europei, solo noi due.
Bello !
Ma anche tanta miseria fra oche, galline, conigli.
Una vecchietta che cercava di vendermi delle uova, mi ha detto :
“Sono convinta che se un giorno la merda avesse valore, i poveri nascerebbero senza culo.”
Dopo essere passati per il nuovo aeroporto, torniamo per colazione e qui troviamo i ragazzi.
Tutta la giornata a poltrire sulla spiaggia fino alle 17,00 dove i tre “viziosi” vanno a farsi massaggiare in una SPA, mentre io rimango in Hotel.
Serata al Night Market, ma nessuno ha il coraggio di assaggiare i serpenti, che sono in bella vista.
Ci accontentiamo “solo” di aragosta, gamberoni, cappe sante, chiocciolini, granchio e per finire zuppa di granchio per quattro.

12 Marzo 2013 martedì
Ci svegliamo alle 5,30 e dopo un’ora siamo in due sulla spiaggia per la passeggiata mattutina..
Facciamo delle considerazioni sul soggiorno e le ripetiamo a Klaus, dipendente dell’Hotel che stà intervistando gli ospiti. Klaus è un ragazzo tedesco di Berlino, non conosce Bonetti né Dalla, ma stà facendo uno Stage, ancora per tre mesi, in giro per il mondo, dopo aver conseguito il diploma di addetto tecnico turistico.
Un po’ come i loro “Carpentieri” di una volta, che tutti vestiti di nero con un cappellaccio e il mantello a ruota, giravano per due anni per fare esperienza, dopo aver terminati gli Studi di Carpenteria Industriale.
Il Vietnam è stato chiuso all’Occidente per 40 anni e solo da 10 a questa parte ha aperto al turismo.
Esperienza assomigliante molto a zero e mentalità imprenditoriale tutta da costruire.
In strutture di questo genere si deve pretendere che il personale, qualunque mansione occupi, parli almeno due parole, le principali, in inglese.
I ragazzi si vede che sono volenterosi, ma anche scadenti di adeguata formazione.
E anche Klaus è d’accordo su questo ed allarga impotente le braccia.
Tutto è lasciato perdere senza adeguata manutenzione.
I prezzi li hanno però subito adeguati agli standard europei.
Niente di eclatante, però le cifre raggiunte superano quelle in vigore in Thailandia, ma senza corrispondenza con il servizio reso.
E questa è la risposta al paragone con la terra dei siamesi.
Serata con cena in Hotel.

13 Marzo 2013 mercoledì
Alle 3,30 mi sveglio e seguo la debacle del Milan, in televisione, a Barcellona.
4 a 0 per il Barca e tutti a casa.
Terminata la colazione ed effettuato il check-out, ci accompagnano in aeroporto.
Un ATR 75 biturbo elica ci porta a Saigon in 45 minuti, e Gianna, Charly e Renata con un taxi si fanno portare in centro a sopportare i 38 gradi.
Io girello e mi riposo nell’aerostazione e leggo un libro.
Sempre tantissima gente con un viavai continuo.
Alle 18,15 decolliamo con Air Asia e dopo un’ora e un quarto atterriamo a Bangkok al Don Muang Airport.
Solita manfrina con i tassinari che non vorrebbero mettere in funzione il tassametro, ma concordare prima la tariffa, naturalmente molto superiore al dovuto. E solita complicazione per far capire dove andare.
Più il tempo passa e anche loro meno capiscono l’inglese, o noi disimpariamo a parlarlo.
Alla fine prendiamo due taxi, ma invece di seguirci l’uno con l’altro, noi arriviamo mezz’ora prima perché il testa di cazzo di autista di Charly e Renata non ha preso l’autostrada.

Veloce check-in all’Esting Sathorn Hotel di Bangkok, nuovissimo e centrale.
Impressionante al 26° piano la stanza con la parete vetrata di fondo, sulla città.
Dopo un quarto d’ora finalmente “un’osteria” dove prendere un Tom Yam Kung con riso.
Poi a letto.

14 Marzo 2013 giovedì
Colazione grandiosa alle 8,30.
Tantissimi giocatori di Golf per il Thailand Open.
Ci avviciniamo a piedi verso il Saphan Taskin e arrivati al fiume deviamo verso destra dove al Shangrilla Hotel compriamo il giornale italiano di ieri.
Il Papa non l’hanno ancora eletto.
Andiamo in una valigeria già conosciuta gli altri anni, adocchio un bagaglio che forse domani acquisterò e proseguiamo sempre a piedi per una sosta al Mandarin Oriental Hotel.
Indi con il traghetto del Chao Phraya ci fermiamo al What Pho, il tempio più prestigioso di Bangkok.
Veloce traghetto per l’altra sponda e finalmente anche i ragazzi possono ammirare e scalare il What Arun, il Tempio dell’Aurora, cosa che non hanno mai fatto gli altri anni.
Siamo tutti e quattro sciolti dal caldo e dal sudore e continuiamo a ingurgitare litri di acqua.
Charly mi chiede perché dico spesso di essere più illuminato di mille Budda.
“ Vedi figliolo, per capire le mie parole, non devi far altro che maturare la consapevolezza che persino un Budda non capisce un cazzo ! Il loro numero, quindi, alla fine, non conta poi così tanto. E’ solo apparenza”.

Terminate le salite e le discese dal What Arun torniamo al What Pho e mentre Charly e Renata si concedono un massaggio tradizionale Thai, alla premiata scuola massaggi del Tempio, io e Gianna ci facciamo torturare i piedi e le gambe, sempre nella stessa Università.
Prezzo 420 Bath = 10,5 Euri / ciascuno per un’ora.
Coda di mezz’ora per farsi massaggiare da questi professionisti della “palpata”.
Riprendiamo il battello alle 14,00 e lo Sky Train per raggiungere il Siam Center, dove al Paragon pranziamo alle 15,00.
Ritorniamo in Hotel, barcollando dalla stanchezza e dal caldo, ma felici di aver riempito la giornata.
La serata la trascorriamo al Royal Dragon Restaurant, con a disposizione 5 mila coperti e inserito nel Guinnes dei Primati.
Si mangia molto bene ma il personale è peggiorato, poco professionale e poco socievole, oltre ad un comportamento un po’ freddino. Già qualche anno fa l’avevamo notato ed ora è diventato un fatto contingente.
A letto alle 22,00 perché non si stà più in piedi.

15 Marzo 2013 venerdì
Ci si sveglia alle 6,30 e siamo belli e pimpanti.
La città è tutta un brulichio di traffico ed attività.
Il cielo è ancora sereno.
Oggi prenderemo l’ultimo sole thailandese.
Poi a sera ci imbarcheremo per il Sultanato dell’Oman ove trascorreremo gli ultimi tre giorni di vacanza.
I ragazzi invece rimarranno a Bangkok e ci ritroveremo a Muscat, capitale dell’Oman, ove faremo assieme l’ultima tratta fino a Milano.
Ah, mi tocco le palle, ma sembra che tosse e raffreddore siano definitivamente passati.
Anche nei giorni precedenti mi sembrava di stare meglio, fino a quando non entravo in qualche struttura alberghiera o in taxi, con sempre l’aria condizionata a tutto foco, e giù che ci ricascavo.
A Charly, invece, sembra che l’abbia, di striscio, toccato la maledizione di Montezuma, anche se agli antipodi, e per colazione ci guarda e basta.
Io e Gianna, subito dopo, ritorniamo dalla nostra valigiaia, e per 1.850 Bath = 47,00 Euri portiamo via il valigione che tanto assomiglia alla “Roncato” rossa.
Ritorniamo in Hotel e Gianna risistema le valigie e le portiamo in camera del ragazzi.
Facciamo il check-out e con Gianna e Renata prendiamo lo Sky Train e andiamo a Phratunam, altra zona di mercati.
Frattanto scoppia un violento acquazzone e per l’occasione ci rifugiamo allo Zen, grande centro commerciale, dove pranziamo in un “food” organizzatissimo.
Dopo, schiantando per il caldo, sole, umidità, facciamo le ultime spese e torniamo da Charly, che troviamo in piscina al 15° piano, a riposare.
Gianna va dalla parrucchiera ed io dalla massaggiatrice che mi rimetterà a piombo.
Alle 17,00 salutiamo i ragazzi e un taxi ci porta all’aeroporto Suvarnabhumi in un’ora e mezzo, per una strada strana e affollata per 400 Bath = 10 Euri, ed imbarcarci per il Sultanato dell’Oman, Sede della nostra Compagnia Aerea, la Oman Air.
Arriviamo in aeroporto alle 18,30 e siamo gli ultimi a fare il check-in.
L’aereo è al completo.
La scatola di Nivea, quella grande, per la crema da viso, era passata indenne a Milano, Saigon (due volte), Dalat, Bangkok, ma alla Security di Bangkok II mi viene sequestrata, (perché pericolosa ?) e forse perché hanno paura di usarla al posto della vasellina, stì teste di mandolino.
Si decolla alle 20,30 precise, ora di Bangkok, ore 17,30 ora di Muscat-Oman, ore 14,30 ora di Roma.
In aereo bambini piccoli in quantità industriale, che strillano e corrono per il corridoio. Poi pianti e risate alternate.
Sull’India un quarto d’ora di turbolenze che ci inchiodano alle poltrone con le cinture allacciate ed a sinistra lampi continui e impressionanti.
Atterriamo alle 23,40 ora di Muscat e facciamo un’ora e quaranta minuti di coda, terminata alle 1,20 del giorno successivo, per ottenere il Visa.

16 Marzo 2013 sabato
Auguri Gianna.
Moltitudine di gente attende i viaggiatori in uscita e noi passiamo tra due ali di folla e mancano solo gli insulti o gli applausi.
Troviamo l’autista dell’Hotel Golden Tulip con il cartello PISTONE (vigliacco se una volta ci incontrano) e un pulmino ci porta in Albergo a tre kilometri dall’aeroporto.
Siamo cotti e ci buttiamo subito a letto.
Ci svegliamo alle 5,30 e non riuscendo più a riaddormentarci, per un’ora e mezzo guardiamo la televisione.
La nostra stanza ha un balcone che guarda la bella piscina. Tentiamo di aprire la parta per raggiungere un tavolo con due sedie che si trovano nella terrazza, ma la porta è bloccata.
Al ricevimento ci rispondono che al primo piano sono tutte bloccate per sicurezza.
Ma il tavolo e le due sedie per chi sono ?

Colazione e piscina.
Temperatura sui 28 gradi e cielo senza una nuvola.
45 anni fa, era anche sabato, in una giornaticcia freddina e piovosa, ci legò un Prete, proprio quando vi fu il massacro di My Lai in Vietnam.
Dopo che i Viet Cong (ribelli comunisti del Vietnam del Sud) si erano mischiati ai paesani, 347 civili inermi, fra vecchi, donne, bambini e neonati furono uccisi per vendetta.
Il massacro fu interrotto dall’equipaggio di un elicottero Usa che atterrò frapponendosi tra i soldati ed i superstiti vietnamiti. Il pilota Thompson affrontò i capi delle truppe americane e disse che avrebbe aperto il fuoco su di loro se non si fossero fermati.
Il tutto fu messo a tacere, ma un giornalista indipendente scoprì la storia del massacro alla fine del 1969 e sarebbe stato sottaciuto se non fosse stato per un altro soldato che inviò una lettera al Congresso degli Stati Uniti.


Il 17 marzo 1970 e cioè due anni dopo, l’Esercito accusò 14 ufficiali per aver tenute nascoste informazioni legate all’incidente.
Il tenente William Calley venne dichiarato colpevole di omicidio premeditato per aver ordinato di sparare e venne condannato all’ergastolo nel 1971.
Calley scontò 3 anni e mezzo di arresti domiciliari in caserma, poi venne mandato libero da un Giudice Federale.
Oggi fa il gioielliere a Columbus in Georgia.
Calley sostenne di aver eseguito gli ordini del suo Capitano Ernest Medina, il quale negò la circostanza, e venne assolto.
Oggi per festeggiare il nostro anniversario siamo, in un sabato luminoso e caldo, nel Sultanato dell’Oman, nella sua Capitale Muscat.
Si trova nella penisola arabica ed ha una popolazione di 3,1 milioni di abitanti, per una superficie di 309.500 kmq. pochissimo di più di quella dell’Italia e poco meno di quella del Vietnam.
E’ un paese con 2.700 km. di spiagge deserte e con impegnativi tracciati di montagna, anche questi quasi tutti deserti.

L’attuale Sultano Qabus , al quale la maggior parte della popolazione attribuisce il merito di aver condotto il paese sulla strada della modernizzazione, governa il paese dal 1970, quando nell’Oman non c’erano scuole secondarie, ma solo due scuole elementari, due ospedali gestiti dalla missione americana e non più di 10 kilometri di strade asfaltate.
Inoltre nel Paese era in corso una sanguinosa guerra civile.
A partire da quegli anni, l’Oman è riuscito a raggiungere lo stato di benessere dei ricchi Stati confinanti e oggi vanta ospedali e università efficienti, oltre a infrastrutture stradali in continuo miglioramento.
Il tenore di vita è abbastanza alto, così come i prezzi che si avvicinano al livello occidentale.
Il Golden Tulip Hotel è un po’ datato, ma comodo per la lieve distanza dall’aeroporto internazionale e frequentato soprattutto dal personale della varie compagnie aeree, che frequentano anche loro la piscina.
Già nelle vicinanze, si denota la tipica foschia del deserto e dei paesi caldi.
Quasi tutti gli uomini, e tutti quelli “omaniti”, compresi i tassinari, sono vestiti con il camicione, generalmente bianco, chiamato “dishdasha”, ed un copricapo bianco e ricamato. Nelle occasioni ufficiali gli uomini indossano sul capo un turbante di pashmina, in genere importata dal Kashmir.
Le donne, invece, tutte con un abito in nero, lungo fino ai piedi, chiamato “abeyya” e la maggior parte con il volto coperto fino agli occhi. Quelle che si mostrano un pò, sembra siano abbastanza carine, ma tutte sottomesse ai mariti, che tronfi camminano davanti alle stesse, sia a passeggio, che a fare le varie spese. Spesso se ne vedono due o tre che in disparte seguono i consorti. Sono le mogli che in base alla preferenza del marito gli sono più vicine fisicamente. Comunque al massimo sono consentite in numero di quattro.

Quelle che sono vestite all’occidentale, invece, sono le straniere che lavorano qui, in genere nelle faccende più umili.
In piscina, intanto arrivano gli equipaggi “dell’aria”, alla spicciolata.
La lingua è europea orientale.
Caldo da 32 gradi.
Nel primo pomeriggio, dopo un riposino, scendiamo al posteggio dei taxi dell’Hotel e concordiamo un giro di tre ore a Muscat e dintorni, per 25 Ryal = 50 Euri.
Non ci sono più i prezzi di qualche giorno fa.
Visitiamo la residenza del Sultano, le varie Fortezze di Muscat, la grande “cornice” ed il Porto.
Autostrade e strade tenute benissimo, che quasi sempre costeggiano i “khor”, calette rocciose, ove sorgono numerosi Resort.
Giardini e fontane dappertutto.
Per finire un salto al Suk di Muscat, mercato coperto, che però è identico a quello di Marrakesh o di Jerba, e quindi risolviamo in breve tempo questa incombenza.

Al ritorno verso casa, la macchina del nostro autista “fonde” vicino ad un centro commerciale e l’omino vestito di bianco chiama un suo collega, per accompagnarci in Hotel.
Si vedono tantissime donne “omannare”, rigorosamente in nero, ma con grossi macchinoni o SUV , a fare le spese domestiche. Sono tutte piuttoste carine e ben tenute, le donne, non le spese domestiche.
Niente debordaggio fisico.
Stasera ceniamo al Golden Tulip. Tutto buffet molto vario e buono al prezzo fisso di 11 Ryal = 22 Euri.
Buona notte.

17 Marzo 2013 domenica
Dopo colazione prendiamo un taxi che per 6 Ryal = 12 Euri ci porta a Seeb, una cittadina ad una decina di kilometri dall’Hotel.
Andiamo direttamente alle aste del pesce appena pescato ed assistiamo a tutte le manovre del banditore e degli acquirenti per accaparrarsi i pezzi migliori al prezzo più favorevole.
A piedi, poi, percorriamo il lungo mare fino a raggiungere il centro città ove i negozi aprono alle 9,00.
E sono precisi. Non un minuto prima.

Gianna adocchia un negozio di sartoria e scegliendo le stoffe ed i modelli si fa prendere le misure per la confezione di due vestiti al costo di 14 Ryal= 28 Euri l’uno. Saranno pronti domani alla stessa ora, ma bisognerà venire a prenderli.
Ritorniamo in Hotel e ci riaccomodiamo in piscina a prendere il sole.
Anche gli equipaggi di ieri sono ancora qui a nuotare.

I piloti e le hostess saranno anche russi o dell’Europa dell’Est, però fra di loro si salutano con “ciao”.
Le mamme dei coglioni sono sempre incinte anche qui in Oman.
Oggi pomeriggio sto andando in camera, ma la chiave elettronica riceve il segnale rosso.
La porta non si apre, e dopo aver provato diverse volte scendo alla ricezione e racconto l’accaduto.
L’addetta al ricevimento mi chiede il numero della stanza ed il mio nome, li inserisce nel suo Computer ed il responso è che siccome ho già trascordo tre notti, me ne devo andare.
Io rispondo: siete proprio sicuri che mi mandate via ? Provate a guardare meglio, e ditemi perché mi avete sequestrato tutta la mia roba in camera. Dopo un po’, faccia contrita, ma la risposta la devo ancora ricevere.
Le “omannare” nere. Anche loro fanno il bagno in piscina, ma tutte vestite con una tuta, sempre nera, che copre il collo e le gambe. Però si tolgono il velo che copre loro il viso.
Facciamo cena e per condimento adoperiamo il nostro olio toscano.
Poi regalo la bottiglia al cuoco, che mi dice che anche loro ce l’hanno, quello italiano.
Ma italiano di dove ?

18 Marzo 2013 lunedì
Solita sveglia alle 5,00 e colazione alle 7,00.
Un taxi ci porta nel centro di Seeb e alle 9,00 precise arriva il bottegaio con la busta dei due vestiti di Gianna.
Rapido retromarcia e risiamo in piscina per l’ultimo sole.
In Hotel ci lasciano la stanza fino alle 14,00.
Intanto Charly e Renata sono già partiti da Bangkok e dovrebbero arrivare a Muscat alle 14,30.
Godiamoci il sole ed i bagni. Intanto in Italia freddo, pioggia e neve.
Alle 14,00 lo shuttle ci porta all’aeroporto, lì accanto, e velocemente compiamo le operazioni di check-in e siamo nelle sale di imbarco.
Ultime spesucce di tre confezioni di datteri per finire i pochi Ryal rimasti.
L’aereo da Bangkok è in leggero ritardo ed infatti arriva alle 15,15.
Aspettiamo i ragazzi e subito iniziano le operazioni di imbarco.
L’aereo riparte e dopo 7 ore atterra a Milano Malpensa.
Sono le 21,00 ore di Milano e ci ritroviamo subito in Hotel dove pernottiamo.
I campi tutti bianchi di neve e le strade bagnate. Fa anche parecchio freddo.

19 Marzo 2013 martedì
Alle 5,00 saliamo in macchina ed in tre ore siamo a Bolzano.
Anche per strada troviamo la campagna sotto la neve, caduta ieri, e zero gradi di temperatura.
Alle 8,30 tutti in bottega.

Mario

e-mail: poggi.41@libero.it

TRATTE AEREE CON DISTANZE – TEMPI PERCORRENZA – OPERATIVI – COMPAGNIA

Milano/Muscat-Oman 5.055 km. 5,45 ore Airbus 330-200 Oman Air
Muscat/Bangkok 4.500 km. 7,40 0re Airbus 330-200 Oman Air
Bangkok/Saigon 850 km. 1,15 ore Air Asia
Saigon/Danang 800 km 1,00 ore Airbus 321-100 Vietnam Airlines
Dalat/Saigon 275 km 36 minuti Airbus 321-100 Vietnam Airlines
Saigon/Phu Quoc 300 km 35 minuti Airbus 321-100 Vietnam Airlines
Phu Quoc/Saigon 300 km 45 minuti ATR 75 Vietnam Airlines
Saigon/Bangkok 850 Km 1,10 ore Air Asia
Bangkok/Muscat-Oman 4.500 6,10 ore Airbus330-200 Oman Air
Muscat-Oman/Milano 5.055 km. 7,00 ore Airbus 330-200 Oman Air
____________________

TOTALI 22.485 km. 31 ore e 56 minuti di volo effettivo

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Pubblicato da
Marco

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