di Davide Bergami e Antonella Bergonzoni –
Tra genti Tuaregh c’è un antico detto che dice “….. il deserto fu donato da Dio agli uomini per ritrovare la loro anima”.
Durante la prima volta di un viaggio nel Sahara, si può rimanere catturati dalla sua misteriosa bellezza, così prima o poi saremo costretti a tornarci una seconda volta e poi magari sempre più spesso. Il Sahara, è il deserto per antonomasia, ed un viaggio alla sua scoperta è molto più di un’avventura; la sua vastità ed immutabilità di questo mondo senza tempo, la si può avvicinare al nostro concetto di perfezione. Chi riesce a vivere e percepire la magia che sprigionano questi luoghi aridi ed inospitali, sa benissimo che ritornare tra le rocce e le sabbie di questo deserto, è una scelta che ci permette di affrontare con rinnovato piacere le “scomodità” di una vacanza sahariana.
La repubblica d’Algeria, indipendente dal 1962, è situata nella parte nord occidentale dell’Africa; con i suoi 2’800’000 kmq è il secondo paese in ordine di grandezza del continente africano, il decimo al mondo e vasto ben otto volte più dell’Italia.
Con
Il deserto algerino lo si può considerare il capostipite del turismo sahariano. L’Algeria era una delle colonie francesi più vecchie; qui oltre ai numerosi interessi economici, vi era un legame affettivo molto forte e profondo, in quanto la popolazione francese la considerava un’estensione della Francia e con un attaccamento al territorio forte quanto la loro patria.
Questi legami uniti alla presenza di molte infrastrutture ed una profonda conoscenza del territorio, furono i motivi che spinsero molti francesi ed europei a questo nuovo tipo di turismo, nato dopo l’indipendenza del paese nei primi anni sessanta.
La barriera naturale che offre il deserto sahariano,
Il turismo è praticamente l’unica risorsa di queste genti; è da qualche anno che i turisti europei stanno timidamente ritornando alla riscoperta delle bellezze di questo angolo del Sahara. Il nostro viaggio avviene a distanza di circa due mesi dagli attentati su NYC ed il Pentagono; molti sull’onda emotiva di quanto è successo hanno preferito rinunciare. Dopo aver ricevuto dall’agenzia ampie rassicurazioni in fatto di sicurezza e di fattibilità, sotto lo sguardo a dir poco allibito di parenti ed amici, raggiungiamo all’aeroporto di Fiumicino i nostri altri due compagni di viaggio Paola e Felice e la nostra guida Tuaregh, Monseur Djaba che ci accompagnerà durante tutto il tour.
Il viaggio
Partendo da Roma in volo per Algeri, siamo costretti ad una notte nella capitale algerina; purtroppo
“Algiers la blanche”, così la descrive lo scrittore e premio Nobel per la letteratura Albert Camus (nato in Algeria nel 1913 da una famiglia francese); nella mezza giornata a nostra disposizione, abbiamo passeggiato sul lungomare Rue de la Marine, ammirando i suoi eleganti palazzi dagli alti porticati intonacati di bianco, ricordo dell’occupazione coloniale francese.
Subito alle spalle di questa zona in stile prettamente europeo, si trova una collina dove è ubicata la Casbah, vero e proprio cuore arabo della città, fatta di vicoli stretti e in parte decadenti.
Una veloce visita poi ci porterà al Piazzale del Memoriale del Martire, dove svetta un’imponente monumento dedicato ai martiri della liberazione; da qui si ha una bella vista sulla capitale, sul suo lungomare e su un bel palmeto del giardino botanico che abbiamo di fronte.
Nel pomeriggio trasferimento in aeroporto e con un volo raggiungiamo DJANET, dove ci attende Elkher il fido compagno di tanti viaggi di Djaba. Situata nel profondo sud algerino e adagiata sul fondo dell’Oued Edjeriu, che conserva ancora intatta la sua vita di città nomade di frontiera. DJANET ex Fort Charlet, dal nome di un comandante della guarnigione francese, è chiamata anche la perla del Tassili, ed è una bella oasi di montagna saharaina posta ai bordi dell’antica falesia dell’altopiano n’AJJER, punto di partenza e d’arrivo per le escursioni sul Plateau del TASSILI. Lo splendido isolamento geografico di questa oasi è dovuto
La parte antica di questa splendida oasi è abbarbicata sull’erta della falesia, ed è costituita da abitazioni di fango e pietra; da qui è possibile ammirare il grande palmeto con circa 20’000 palme da dattero e gli orti sottostanti, decisamente lussureggianti se si tiene in considerazione a quale latitudine ci troviamo. DJANET conta circa 7’000 abitanti ed è suddivisa in quattro villaggi: EL MIHANE (dei nobili), ADJAHIL (degli schiavi affrancati), AZELLOUAZE e TIN KHATAMA (dei Tuaregh sedentarizzati), le cui origini affondano nella notte dei tempi.
Quest’oasi basa la sua economia sulla produzione delle oltre 30’000 palme e degli orti, che garantiscono la sopravvivenza ai Kel Djanet, sulla ripresa delle attività legate al turismo e sui contrabbandi con il confinante Niger. Un breve giro a piedi ci fa entrare in contatto con la realtà pigra e cordiale del luogo; gli uomini sono seduti lungo i muri delle case, mentre alcune donne in abiti scuri portano carichi sulla testa. Uno
Per raggiungere la guelta, lasciati i fuoristrada, percorriamo a piedi uno stretto canyon incastonato da alte pareti rocciose, ricco di oleandri, acacie e tamerici; alla fine possiamo finalmente ammirare questa misteriosa guelta di un colore verde cupo.
Nel nostro peregrinare abbiamo la possibilità di vedere una grande tomba solare, splendido esempio di sepoltura neolitica, composta da un tumulo centrale e da due circonferenze di pietra. In seguito ci attende una piacevole “cavalcata” fra le morbide dune di sabbia dal color cipria dello splendido Erg ADMER. Qui si potrà ammirare un insolito panorama; il contrasto fra il colore scuro dei contrafforti del TASSILI e la morbida tinta d’orata delle sabbie dell’Erg, donano al paesaggio un tocco di magica irrealtà. Costeggiando poi la falesia del
L’altopiano del TASSILI n’AJJER si sviluppa per 750 km di lunghezza, con una larghezza variabile da 60 a 100 km, ed è paragonabile ad un’immensa astronave che emerge dalle sabbie che lo circondano. Il Parco nazionale del TASSILI n’AJJER per il suo immenso valore nautrale e culturale, è dal 1982 inserito nell’elenco del Patrimonio Mondiale dell’Unesco. Dal 1986 è stato inoltre inserito nella rete La guelta di Essendilene internazionale del Patrimonio dell’Uomo e della Biosfera (MAB – UNESCO), diventando così la prima riserva della biosfera sahariana al mondo. L’accesso a questo parco nazionale è severamente proibito se non si è in possesso di un’apposita autorizzazione ufficiale e di una guida al seguito. Quello che rende il TASSILI singolare ed unico al mondo, sono le sue celebri pitture e graffiti disegnati sulla roccia, in una delle più grandi concentrazioni al mondo di arte rupestre, che raccontano la straordinaria evoluzione che ha subito il clima e le popolazioni in questa zona del pianeta. Il valore artistico più alto è raggiunto nell’epoca neolitica e nella preistoria, approssimativamente tra il 7’000 e il 6’000 a.c. Questo vastissimo altopiano è formato da arenarie antichissime create dai sedimenti marini, quando decine di migliaia di anni fa i mari occupavano queste terre. In lingua tamashek TASSILI n’AJJER significa altopiano dei fiumi; qui in tempi remoti i fiumi scorrevano numerosi e l’acqua ha scavato i profondi canyon che ora solcano l’altipiano.
Si parte da DJANET di buon ora con i fuoristrada fino ai piedi dell’Agba di TAFELALET, dove inizia il sentiero che ci porta sulla sommità del Parco Nazionale. Qui troveremo i Tuaregh con una carovana di asini che saranno utilizzati per portare i bagagli, i viveri e l’acqua necessari per essere autosufficienti per tutta la durata del trekking. Iniziamo la salita in un ampio canalone dalle pareti scoscese su di una pietraia sconnessa, che si restringe man mano
Sullo sfondo
Dopo mezza giornata di cammino si raggiunge SEFAR,
La datazione di queste pitture va dal 4’000 al 3’000 a.c. e che raggiungono qui nel TASSILI la loro massima espressione. Si caratterizzano per la raffigurazione di esseri umani con la testa di grandi dimensioni e perfettamente rotonda, il contorno delle figure e ben delineato e numerosi sono gli ornamenti e le acconciature piuttosto fantasiose. Verso la fine di questa fase, intorno a circa il 3’000 a.c., queste figure assumono dimensioni gigantesche, fino ad avere altezze di 5 ÷ 6 metri.
SEFAR è
La guida Tuaregh ci infonde sicurezza e tranquillità, guidandoci sicuri tra questi meandri, dove la natura è priva di ogni forma di vita ed ogni angolo pare sia perfettamente identico all’altro. In lontananza i profili di queste rocce assomigliano ai grattacieli di un’antica metropoli di pietra oramai abbandonata; tra questi palazzi diroccati, intravediamo un cielo color cobalto attraverso gli squarci, che ricordano finestre di edifici abbandonati. SEFAR è divisa in due dall’oued che prende il suo nome; verso est troviamo SEFAR MELLET, la città bianca, mentre ad ovest incontriamo
A fine giornata la stanchezza comincia a farsi sentire ma tuttavia questa è una dolce fatica. Il trekking è stato fino ad ora un’esperienza per noi nuova ed entusiasmante; la solitudine, il dilatarsi del tempo, l’assenza di qualsiasi rumore, tranne quello prodotto dai nostri passi, affascina i sensi e ti permette di concentrarsi maggiormente su tutto ciò che ci circonda.
Immaginate un deserto che cambia in continuazione, che ora si restringe come in un labirinto naturale in stretti corridoi tra alte pareti di arenaria e ora si apre su piatti tavolati rocciosi in uno scenario sconfinato, dove l’occhio corre senza sosta; questa è la magia del TASSILI n’AJJER.
Di fronte a tanta grandezza del creato, ci viene spontaneo riflettere che madre natura abbia voluto riappropriarsi questo territorio, rendendolo inospitale ed invivibile al genere umano. All’imbrunire, quando la luce diviene più morbida, ci si ferma per posare il campo. Qui ritroviamo la nostra carovana di asini che con tutto il loro carico di bagagli e vettovaglie ci ha preceduto, percorrendo sentieri diversi. Mentre noi allestiamo le nostre tende per la notte, i Tuaregh che ci accompagnano cercano una sistemazione in qualche anfratto roccioso, al riparo dal vento, dove Elkher si appresta a prepararci un’ottima cena ristoratrice.
Trascorsa la notte a SEFAR, l’indomani mattina si riprende il cammino in direzione UAN TUAMI, dove in un punto panoramico è possibile ammirare per intero la rara bellezza paesaggistica dell’altopiano del TASSILI n’AJJER.
Qui troviamo una presenza di rocce massicce che assomigliano vagamente a gusci di tartaruga; alla base di queste si trovano anfratti, creati dalle erosioni eoliche, che celano un’impressionante quantità di pitture e graffiti. In questa vera e propria pinacoteca all’aria aperta, davanti ai nostri occhi, emerge a poco a poco un mondo oramai sepolto da migliaia di anni. Tutti gli stili sono qui rappresentati da quello delle “teste rotonde”, al “bovidiano”, al “cavallino”, al “camellino”, sono un’importante testimonianza di un’antica fecondità e floridezza di questi luoghi, che oramai si è persa per sempre. Non si riesce a resistere; ho scattato decine e decine di diapositive a queste straordinarie raffigurazioni nel tentativo di salvarle nella nostra memoria e sottrarle così all’inevitabile scorrere del tempo.
Durante una breve sosta, incontriamo tre individui che con passo spedito percorrono una delle tante piste di questo altipiano che collegano DJANET con la vicina Libia; queste sono percorse per lo più da clandestini o da contrabbandieri.
Un breve saluto con un cenno del capo e dopo pochi attimi scompaiono come d’incanto dalla nostra vista, come se queste foreste di pietra li avesse improvvisamente inghiottiti. Il paesaggio pietrificato del TASSILI è sempre molto duro e aspro, caratterizzato da una serie infinita di passaggi labirintici, gole, canyon e piccole pianure che si aprono e tornano a morire in questo dedalo di rocce; arriveremo poi a UAN GUFFA, dove poseremo l’ultimo campo. Sempre sotto lo sguardo vigile e attento della nostra guida, andiamo alla ricerca di altri affreschi preistorici, che si rivelano di straordinaria bellezza. Questi giorni di marcia sull’altipiano a SEFAR, TAMRIT, IN-ITINEN, sono giorni, trascorsi in assoluta libertà, in un silenzio che ci , soverchiato a volte dal sibilo del vento del deserto, di bivacchi sotto un cielo stracolmo di stelle. Mai prima d’ora avevamo provato tante emozioni; si tende a cercare un contatto fisico con la sabbia e le rocce che ci circondano, come un desiderio di riappropriarsi della natura e di entrare a farne parte. E’ bello fermarsi ad ascoltare il proprio battito del cuore ed il proprio respiro e di sentire di essere in sintonia con tutto ciò che è attorno a noi. Di notte, lo scintillio dei miliardi di stelle che formano la Via Lattea, sforacchia il buio dello spazio siderale nero come l’inchiostro di seppia e ci lascia letteralmente a bocca aperta.
Tutto
Qua si riesce a comprendere cosa è e cosa significa la parola libertà; capiamo perché nonostante le precarie condizioni di sopravvivenza in questi aridi territori, i Tuaregh non riescono ad abbandonare la loro vita errante.
L’ultima mezza giornata ci vede partire per l’Agba TIN ZEZEGA; percorrendo l’oued TIN ZEZEGA, lanciamo un ultimo sguardo carico di malinconia ai contrafforti del TASSILI, ed arriviamo all’oued Agba TAFELELET, per poi ridiscendere e alla cui base ci attendono nuovamente i fuoristrada per il rientro a DJANET.
Abbiamo purtroppo constatato di persona che questo inestimabile patrimonio di arte preistorica rupestre, tra i più affascinanti ed importanti dell’umanità, versa in gravi condizioni, a causa del loro stato di degrado.
Il loro deterioramento, causato soprattutto all’irresponsabilità di molti turisti, che nel corso degli anni per far risaltare il più possibile i colori nelle fotografie, non hanno esitato a bagnare con acqua o addirittura con liquido organico queste splendide raffigurazioni.
Ma non finisce qui; nei luoghi che sono deputati per l’allestimento dei campi notturni, si trovano dei veri e propri cumuli di immondizia di ogni tipo, lasciati lì da chi ci ha preceduto negli anni passati. C’è stato un timido tentativo da parte di alcuni operatori locali al fine di sensibilizzare le autorità locali, per portare a valle tutta questa spazzatura, ma fino ad oggi non si è ancora potuta fare nulla. Nel tardo pomeriggio decolliamo da DJANET alla volta di Algeri; ci godiamo dall’alto lo spettacolo che offre il deserto, con le sue immense distese di sabbia e le imponenti formazioni rocciose.
Salutiamo con profonda gratitudine e
Chissà perché ci sembra che solo il deserto sia perfetto.
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