Viaggio a nord-est

di Rosalba D’Adamo –  In epoche di mete esotiche e viaggi organizzati, di destinazioni alla moda e voli low-coast, volentieri riscopriamo la possibilità di vedere ed apprezzare angoli d’Italia semplicemente unici. Quest’anno la nostra passione per i viaggi on-the-road, ci spinge alla conoscenza di quella parte della penisola che si stende da Ravenna al confine con la ex-Jugoslavia o Illirico, di imperiale memoria. In queste terre si intrecciano impero e barbari, paleocristiani e monachesimo.

Ad Aquileia, si presenta sostanzialmente ai nostri occhi l’edificio consacrato nel 1016, costituito oltre che dal battistero ad impluvium, dalla sola aula teodoriana sud (in quanto l’aula teodoriana nord distrutta da Attila nel 452 d.c. non venne mai più ricostruita): sotto la volta a carena di nave rovesciata, gli splendidi mosaici del IV^ secolo d.c., un pavimento musivo di 716 mq. di mirabile manifattura che narrano di leggende e storie con protagonisti animali, il più grande di quelli giunti fino a noi, mentre nel sottosuolo di quella che è la più antica testimonianza delle basiliche cristiane – in quanto edificata letteralmente all’indomani dell’editto di Costantino del 313 d.c. che liberalizzava la professione della religione cristiana – si sviluppano due cripte, l’una recante affreschi raffiguranti i vescovi Ermacora, Fortunato, Crisostomo , l’altra invece si sviluppa in una vasta fondamenta degl’antichi magazzini romani precedentemente edificati.
Il Patriarcato di Aquileia, investito di dignità feudale e con giurisdizione fino al Danubio, sarà soppresso all’inizio del 18^ secolo con bolla papale.


AQUILEIA – BASILICA ROMANA


Terra di confine, quindi, e come tale recante cenni e testimonianze dei vari afflussi e mescolanze succedutesi nel corso dei secoli.

Nella striscia costiera, ad esempio, il suggestivo borgo di Grado nella laguna sembra una Venezia in miniatura, le sue calli con case colorate, le sue chiese sempre con pavimento a mosaico uniscono il romanico delle facciate con l’inevitabile influenza bizantina.


GRADO – LA CITTA’ VECCHIA

Trieste ci accoglie con tutta la sua sfolgorante magnificenza, come una dama importante aspetta gli omaggi dei semplici, bisogna percorrere un lungo corridoio in terra straniera per giungere fino a questa perla dell’Adriatico, contesa da mezza Europa ed a ragione: una città che ha rappresentato per secoli l’unico sbocco sul mare dell’immenso impero austro-ungarico, non poteva non risvegliare gli appetiti da est all’indomani della débacle italiana nella 2^ guerra mondiale, consapevole Tito della fondamentale importanza strategica di questa città italiana, di fatto avamposto occidentale, ultimo lembo d’occidente alla vigilia della coltre di ferro che ricoprirà per 45 anni l’Europa dividendola in due. Anche Trieste testimonia Roma, l’antica Tergestum custodisce sul colle San Giusto splendide rovine imperiali, accanto alle cinque basiliche riunite in unicum dando vita alla chiesa attuale che porta lo stesso nome del colle, mentre una inaccessibile fortezza medievale racchiude come in un guscio alla vista di chi sale a piedi, tali meraviglie.

Scendendo, ci si imbatte ancora sorprendentemente in monumenti antichissimi, come ad esempio la piccola chiesetta di San Silvestro, edificata progressivamente a partire dal VI secolo ed oggi chiesa di culto riformato.
Nelle vie di fronte al porto, testimonianze della grandezza di Trieste ritroviamo nei suoi numerosi Musei, nelle imponenti sedi dell’ACQUARIUM, nel Liberty del suo palazzo delle Ferrovie, e nell’architettura di gusto asburgico che contraddistingue comunque i palazzi che si affacciano sul lungomare nonché la splendente piazza dell’Unità d’Italia.


TRIESTE – PIAZZA DELL’UNITA’ D’ITALIA



Proseguendo oltre, Muggia è l’ultimo comune italiano prima del confine sloveno, anche se non esistono a nostro avviso differenze di rilievo tra questo borgo di pescatori e la vicina Capodistria (Koper): gli stessi dedali di viuzze con case appiccicate l’una a l’altra che si arrampicano su queste alture carsiche digradanti nel mare, finestrelle di gusto tedesco che non è raro ritrovare nella Baviera o nel Sud-tirol o nella Boemia, e poi dovunque il segno di Roma, Ottaviano Augusto conquistatore dell’Illirico arrivato a noi tra colonne e capitelli, cioè la pietra e poi il mare di un azzurro abbacinante e profumi di pesce fritto, le sarde in saor che contraddistinguono tutti i menù di tutti i ristoranti e osterie di ogni categoria.

Verso Nord, al confine montano con la Slovenia, ci aspetta Cividale del Friuli, avamposto imperiale sede di guarnigioni divenuta successivamente capitale longobarda in seguito alla discesa di questi nella penisola, conservando di ciò testimonianze nella parte più vecchia, il Tempietto Longobardo con affreschi e le antiche case medievali che affacciano sull’orrido del Natisone; oggi Cividale reca le tracce della sua importanza in una certa signorilità dei luoghi, nei palazzi ben conservati e nelle sue piazze vaste e silenziose dove è possibile assaggiare il vino locale accompagnato da ottimi formaggi e salumi in eleganti enoteche sempre aperte, nelle viuzze e nell’inconfondibile taglio architettonico montano delle case coronate in lontananza dai monti.


CIVIDALE DEL FRIULI – PONTE DEL DIAVOLO SUL NATISONE


Impossibile dimenticare Palmanova, la rinascimentale città-fortezza ottagonale, dove ancora oggi si entra ed esce dalla città dalle antiche porte, ed in particolar modo attraversando la porta Udine si compie un tuffo nel tempo: è intatta, conserva il piccolo ponte in pietra che porta fuori città, un’impressione di fermo-immagine paragonabile soltanto a ciò che si prova entrando nel pronao di Sant’Ambrogio a Milano.

Giungendo ad Udine, si rimane meravigliati nella splendida piazza con ai lati la Torre dell’Orologio, la Loggia rinascimentale, il Duomo con alle spalle la piazza Castello che domina la città e permette di godere della vista sino alle Alpi che si stagliano in lontananza.

Durante la nostra permanenza, decidiamo di andare un giorno nella vicina Slovenia.

Dopo aver visitato Gorizia, elegante cittadina anticamente Contea Asburgica unita a Gradisca d’Isonzo, per secoli zona di commerci e crocevia di scambi, attraversiamo uno degli otto antichi varchi che separavano la città dalla Jugoslavia fino all’entrata degli Sloveni nella UE (2004). Aldilà dell’antica garitta, non c’è nessuno oggi a presidiare il confine, ed onestamente ciò che subito si avverte è la distanza stratosferica tra le due culture. I palazzoni di Nova Gorica, edificati da Tito all’indomani del trattato di pace che assegnava Gorizia all’Italia, con l’intenzione appunto dei costruire una nuova Gorizia, non trasmettono alcuna emozione e sono solo testimonianza della immensa differenza tra la cultura che si stratifica nel tempo, arricchendosi ad ogni nuova esperienza e portandone i segni indelebili, rispetto ad un “qualcosa “ calato dall’alto che irrimediabilmente rimarrà sempre posticcio ed innaturale.

Ci rechiamo quindi a Lubiana.
Sin dai primi chilometri dalla frontiera, il paesaggio è accogliente nei suoi caratteri fortemente riconducibili alle terre austro-ungariche, una piccola Austria, riconoscibile nella natura dolce e ondeggiante ricca di boschi, dai piccoli borghi raggruppati attorno ai campanili dai caratteristici tetti a punta. A circa un centinaio di chilometri dal confine italiano sorge Ljiubljana, incantevole capitale che nella sua lunga storia annovera anche lo status di “provincia italiana”, durante la 2^ guerra mondiale quando il regime fascista la occupò per diciotto mesi cingendola di filo spinato.
La città si sviluppa attorno al fiume che la attraversa nella sua lunghezza, conservando un centro storico abbastanza monumentale che potrebbe valergli a nostro avviso l’appellativo di “piccola Praga”: è la città alla quale, pur con le dovute differenze di ampiezza e misure, assomiglia di più nel panorama mitteleuropeo, a cominciare appunto dalla bellissima piazza collegata al fiume da un insolito doppio ponte, dove trovano posto giovani artisti ed artigiani orafi, per continuare poi in piazzette e stradine, portici e mercatini, al ponte del drago simbolo della città, e poi la passeggiata che porta sino al castello, antica fortezza del 18^ secolo oggi adibita a museo, centro mostre e concerti e meeting, vero cuore culturale della capitale.


LUBIANA – IL DOPPIO PONTE

Nel lasciare le terre venete, cogliamo l’occasione per visitare Chioggia, anch’essa come Grado unita alla terraferma mediante una strada-ponte. La città rappresenta una piacevole sorpresa, con i suoi canali costeggiati di case dai caratteristici camini e dai bassi portici medievali.


CARATTERISTICO CANALE A CHIOGGIA


Riscendendo verso Sud, scegliamo come nel viaggio di andata, di percorrere la SS. 319, la cosiddetta via Romea che costeggia l’Adriatico e da Ravenna arriva fino a Venezia.
Ha un certo fascino l’attraversamento della bonifica ferrarese, dove tra idrovore ed invasi di acque artificiali, tra distese di granturco e gli acquitrini di Comacchio, si staglia davanti a noi l’antica Abbazia di Pomposa. Risalente al IX secolo ma con parti databili già a partire dal VI sec. d.c., ospitò il monaco Guido d’Arezzo che in questo luogo creò le note musicali, oltre a monaci amanuensi; cadde in rovina dopo il x sec., fino a diventare, durante l’occupazione napoleonica, un ricovero per attrezzi agricoli. Dopo l’annessone del regno d’Italia, venne acquisita al patrimonio statale ed oggi possiamo ammirarne la gran parte restaurata, nel bellissimo colore rosso dato dai mattoncini, mentre in un’ala dell’edificio il Museo ospita i reperti di epoca romana venuti alla luce durante i lavori di restauro.


POMPOSA – INTERNO DELL’ABBAZIA

Non lontano, merita la sosta anche Ferrara. La città, con al centro il castello d’Este, resta impressa per il rosso della gran parte dei suoi edifici, l’eleganza e il silenzio delle sue vie, dove non si può non pensare a Giorgio Bassani ed al suo capolavoro, ed a noi, inguaribili nostalgici, ci sembra di muoverci nell’atmosfera del “Giardino dei Finzi-Contini”.


IMMAGINE SUGGESTIVA DEL FERRARARESE
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