di Eno Santecchia –
Ho ammirato le sue immagini alla mostra “… Un’altra India” presso la Cresceria B.A.C., di corso Umberto I a Civitanova Marche. Per la forza degli sguardi e l’incisività li ho associati a quelli del noto fotografo americano Steve McCurry, famosa è la sua foto della ragazza afgana dagli occhi verdi, comparsa sulla copertina del National Geographic di giugno 1985.
Sandro Scagnoli, fotoamatore autodidatta, civitanovese di adozione, ci regala alcune impressioni dietro agli scatti del suo reportage fotografico nel subcontinente indiano.
L’idea nacque dalla “Festa dei Colori”. Durante una conversazione avvenuta a novembre, un amico fotografo gli prospettò di vedere quest’originale evento, Sandro ci pensò e nel marzo 2014 la realizzò.
Il 18 marzo è la giornata centrale di questo evento lungo una settimana che si svolge a Mathura, una città del Distretto di Uttar Pradesh, distante 162 km dalla capitale Nuova Delhi.
Il viaggio, insieme alla consorte, è stato organizzato da un’agenzia che ha procurato un autista del luogo per gli spostamenti in auto.
Un giorno si è soffermato a curiosare nella “vecchia” Delhi e poi a Mathura dove è rimasto tre giorni.
Indimenticabili i colori e i pregevoli tessuti indiani. Con il ricambio veloce, quasi usa e getta, oramai le donne europee hanno perso la cultura e l’amore per i tessuti pregiati che le hanno contraddistinte dall’antichità fino alle soglie del consumismo. Le persone non sono schive, amano farsi fotografare, qualcuno chiede la mancia.
I bambini, piccoli e grandi, tutti disciplinati si recano a scuola a piedi o con piccoli bus improvvisati, ma tutti indossano la divisa con la cravatta. Sandro ha notato che i bimbi di entrambi i sessi hanno un bordo nero attorno agli occhi, e, curiosamente, sono portati appresso più dai papà che dalle mamme. Al Bindi o Tilaka (un punto, una goccia rossa) usata sulla fronte dalle donne indiane, sono attribuiti numerosi significati e forme.
Anche nei centri abitati le donne devono spostarsi per prendere l’acqua, cosi come facevano da noi con la brocca in testa negli anni Cinquanta. L’acquedotto se c’è non serve tutti, l’acqua potabile proviene dai pozzi. Spesso non vi sono frigoriferi per la conservazione dei cibi.
Durante i festeggiamenti le persone si salutano e abbracciano, in segno di allegria si tirano i colori in polvere; carri allegorici girano per la città. Si usano maschere e si festeggia l’arrivo della primavera per una settimana.
I colori blu, arancio, giallo, ocra, verde di origine naturale, si usano per tingere le stoffe in maniera tradizionale. Vi sono delle concerie ove, probabilmente, le stesse polveri sono usate per la colorazione del pellame.
La festa dei colori è un evento che mette alla prova l’abilità di chi scatta e gli concede la possibilità di sperimentare tutta la scala delle saturazioni.
A Mathura, mentre camminavano per una via, Sandro ed Elena furono invitati a un compleanno. Mediante un cortile a cielo aperto, accedettero a un’area comune centrale o porticato, dove si vive. Oltre a questo c’è solo l’area privata: le camere con brandine. Si mangia a terra su tappeti o banchetti, senza posate, anche la tortina fu divisa a mano.
Poi si diresse a Jodhpur “la città blu” sede di un bel castello dalle vetrate colorate, dal quale si può ammirare il panorama della cittadina sottostante che si mostra in tutte le tonalità dell’indaco. Nei mercatini locali è un piacere fotografare la frutta bene esposta; Sandro ha ripreso anche l’uva, non troppo diffusa in India.
Nei pressi di Jodhpur un giorno un ragazzo li invitò a fare un giro sul fiume in barca a remi, molto colorata e decorata con stoffe e fiori, un baldacchino protegge dal sole. Si vedevano pellegrini che si bagnavano, santoni che pregavano dalle loro strutture; molti edifici non hanno le finestre.
Le ferrovie indiane sono notoriamente insicure anche per la scarsa manutenzione. Secondo Scagnoli i basamenti e le massicciate non sono stati ben preparati, inoltre le linee ferrate hanno troppe curve e mancano molti passaggi a livello.
I vecchi autobus sono strapieni, anche sul portabagagli. Caratteristici sono gli scatti di vecchi pullman traboccanti di umanità … e di animali, immortalati nel secolo scorso da viaggiatori in America Latina e in Africa. Quelli da me fotografati nel 1995 alla Valletta (Malta) erano residuati dell’Impero Britannico e provenivano, appunto, dall’India.
Coloro che si spostano in bici, ma ancor di più in motocicletta sono uno spettacolo nello spettacolo! Sopra ci sono intere famiglie, animali, voliere e ogni tipo di merce ingombrante che in Europa nessuno penserebbe di caricare su due ruote. Oltre ai sopra citati mezzi, ci sono taxi piccoli con bici e seggiolino dietro, poi il caratteristico taxi a tre ruote tuk-tuk (Ape Piaggio), ma anche asini ed elefanti.
Le strade sono di terra battuta, non tutti i centri abitati hanno le pavimentazioni di mattoni, molte sono ancora di terra battuta. Il telefonino non manca quasi a nessuno, anche povero.
I templi sono discretamente progettati, spaziosi e ben curati. Esistono anche delle buone cliniche universitarie di ricerca, ma non accessibili alla gente comune.
Transitando in auto, Sandro ha notato fornaci per la produzione di mattoni. Le armature per la costruzione e la manutenzione delle case sono di bambù, e, anche se non troppo dritte, salgono fino a 10-15 metri d’altezza.
L’agricoltura è estensiva, in città molte occupazioni sono precarie, ma tutti la preferiscono per vivere. Nelle campagne ha notato piantagioni di canna da zucchero, grano e foraggi, ma non la nostra erba medica che io ho visto molto diffusa lungo il Nilo in Egitto. Le banane piccole sono dolcissime, buoni i manghi e l’ananas. Il letame bovino, anziché essere interrato come ottimo concime naturale, una volta essiccato con la paglia è utilizzato come combustibile; probabilmente manca il legname per il riscaldamento.
Nei mercati le canne da zucchero sono strizzate con un piccolo macchinario a mano per estrarne il biondo succo; anche gli agrumi sono spremuti al momento. Le macchine sono più rudimentali di quelle viste da me a Luxor (Alto Egitto); ottimo il succo di canna naturale.
Al mercato all’aperto fisso si trova di tutto, dai motori elettrici … alle scarpe ammucchiate … e spaiate, come ciabattini improvvisati che le riparano. In alcune nicchie, diciamo più ordinate (per noi europei), si svolgono attività come infilare le perle, ricamare, creazione di oggetti di bigiotteria che poi sono esportati in Europa e in Occidente.
Dai primi anni Novanta, la curiosità ha persuaso Sandro a dedicarsi alla fotografia, ma la vera passione è maturata nel 2000. Ha esposto nella mostra “I colori dell’India” al palazzo Lazzarini di Morrovalle, a Macerata presso un bar di via Roma, alla mostra “Tutto per tutti” di Civitanova Marche ed ha partecipato a varie collettive, ricevendo apprezzamenti.
Una delle motivazioni che lo stimolano è “salvare” il nostro mondo che fugge in fretta; poi quando ha tempo gusta con calma le sue foto. Con lo scattare ci si perfeziona nell’inquadratura, nei colori: la foto deve parlare!
Durante il reportage indiano ha scattato 7.000 foto, che racchiudono: personaggi, colori, attività, mezzi di trasporto, ambiente, stoffe e cibi. Ha ben colto e fissato l’espressione dei volti, ognuno di essi ha una storia, spesso sofferta … anche le cicatrici la rivelano. Fotografare è vivere.
Le sue donne mietitrici, in particolare, mi hanno riportato all’Italia di oltre sessantacinque anni fa e ai racconti sull’India ascoltati da mio padre, là vissuto dal 1941 al 1946.
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