di Abro –
L’aeroporto trevigiano, piccolino e superaffollato, potrebbe sembrare un ufficio postale. Dopo aver vinto un controllo supplementare dei bagagli (Bingo!), che ci distrae per 20 minuti circa, ci imbarchiamo. Dopo un’ora il rude pilota di Ryanair ci avvisa con un botto che siamo arrivati a Stansted. Ci rifocilliamo, e ci apprestiamo al check-in e all’imbarco con EasyJet. In poco meno di un’ora ci scarica a Glasgow-Paisley. Ci dirigiamo subito all’ufficio della Hertz. Prendiamo la macchina a noleggio. E’ una Focus Sport nera. Il bagagliaio non e’ grandissimo. Dobbiamo dar fondo a tutta la nostra esperienza di giocatori di tetris per sistemare tutte le borse. Un simpatico uomo-Hertz, che ci vede alle prese con i borsoni ci viene incontro e ci da una mano. Primo contatto con la gentilezza e disponibilita’ scozzese. Partiamo.
E’ come se guidassimo in 4. Uno al volante e gli altri suggeriscono il lato della strada da occupare o il senso di rotazione delle rotatorie o l’avvicinarsi di auto da dietro. Gestiamo tranquillamente un leggero senso di panico. Dopo qualche rotonda e 5 minuti a 40 miglia all’ora in una autostrada in cui il limite e’ 70, si e’ costretti ad abituarsi. Parcheggiamo vicino alla riva del fiume Clyde. L’ostello e’ camerificio (8 piani) e la reception e’ una vera e propria segreteria. A parte le finestre sporche (all’esterno), la stanza e’ tenuta bene e pulita. Il bagno e’ adatto all’accoglienza di persone disabili, molto ampio con il lavandino basso, che ci fa sentire dei giganti. Dopo la doccia e un po’ di relax e’ ora di cena. Ci hanno consigliato il Cristal Palace, a due passi. Ambiente molto “local”, silenzioso, grandi seggioloni su tavoli alti e una grande vetrata su Jamaica St. Propendiamo per il piatto locale: Aberdeen Angus per tutti! Purtroppo ne e’ rimasto solo 1, ripieghiamo sul fish&chips o piatti vegetariani. E’ qui che ho avuto il colpo di fulmine per il merluzzo impanato con le patatine. La verdura in Scozia: poca, non condita (salse in bustina opzionali) e poco curata (patate e cetrioli sempre con buccia, fagiolini non curati). Onnipresente il porro nelle zuppe. Usciamo che son quasi le undici e parcheggiamo in un parcheggio al coperto (forse il piu’ economico del centro citta’, ci sono dei prezzi … ). Giretto by night per George Sq., ci sono poche persone in giro (c’e’ un po’ di vento e qualche goccia). Nella piazza ci aspettavamo qualche esibizione dei gruppi qui’ accorsi per l’International Piping Festival, ma i tendoni dell’accoglienza sono chiusi. Andiamo a letto mentre salgono da 6 piani sotto le urla e gli schiamazzi alcolici dei ragazzi.
1) Glasgow (gio 10/08/2006)
La colazione all’ostello e’ di tipo continentale. Pur non essendo malvagia sara’ tra le peggiori del nostro soggiorno. Ne aprofittiamo come conviene aprofittare quando le tariffe sono a forfait. Torniamo a George Sq. Stavolta, oltre ad un caldo sole ci accoglie il suono di decine di cornamuse, tamburi e rullanti, che, a turno si alternano per provare i pezzi che sarano sottoposti a giudizio dalla commissione del Festival. Quel lamento stridulo ci chiama, dobbiamo parlare a voce alta per farci capire, la piazza ora si presenta in una veste completamente diversa rispetto a ieri notte. Capiamo in manera definitiva di essere in Scozia! Perdiamo un po’ di tempo passeggiando tra i gruppi di cornamuse. Conosciamo un Australiano di Perth in kilt e cornamusa, venuto appositamente per il festival. Dopo la sbornia di questi suoni un po’ caotici e poco melodici entriamo nel palazzo di fronte a George Sq. per una visita guidata (gratuita) alla “City Chambers Glasgow City Council”. Il simpaticissimo Ian (la guida) ci conduce per le stanze del palazzo. Ci descrive minuziosamente le fantastiche scale ovali, la prima completamente in marmo di Carrara e Brescia, la secondo conserva solo in parte l’originale alabastro. Dopo un crollo e’ stata ricostruita in finto marmo per risparmiare. Ian non ce la presenta come una svalutazione della ricchezza del palazzo, ma dice che e’ stata una bella furbata. Entriamo nella sala consiliare dello storico parlamento scozzese. Ora ci sono poltroncine con microfoni e pulsanti per il voto, ma Ian ci descrive com’era un tempo, con la zona dei giornalisti e la tribuna per il pubblico. Ci elenca l’attuale suddivisione del parlamento nei loro partiti … peggio che in Italia, ce ne saranno una decina per 50 seggi. Di notevole c’e’ ancora un salone molto ampio con lampadari giganteschi in cui viene accolta la famiglia reale nelle sue visite e una stanza con i dipinti di tutti i presidenti del parlamento. Ian ce ne indica due deceduti durante il lavoro e uno che sembra disegnato da Forattini, una vera e propria caricatura! Dalle vetrate un ottima vista su una George Sq. ancora ribollente di cornamuse. Ian ci racconta la leggenda dei simboli della citta’ che compaiono nello stemma: un uccello, un albero, una campana, e un pesce (con un anello in bocca): “Here is the bird that never flew here is the tree that never grew here is the bell that never rang here is the fish that never swam” Lo stemma presenta il motto “Let Glasgow Flourish”, che contrae il testo inciso in una campana cittadina del 1631: “Lord let Glasgow flourish throught the preaching of Thy word and praising of Thy name” (Signore fa fiorire Glasgow attraverso la predica della tua parola e la preghiera del tuo nome). Le leggende che spiegano il motivo dei simboli sono piuttosto complicate, soprattutto per noi che avevamo qualche difficolta’ a seguire l’accento e la velocita’ verbale di Ian. Protagonista e’ quasi sempre St. Mungo (si pronuncia “Mango”, com il frutto esotico), patrono della citta’ (morto nel 603 a.C.). L’uccello selvatico commemora un volatile che St. Serf, maestro di St. Mungo allevava. Un giorno fu ucciso per errore da alcuni sui allievi. St. Mungo lo prese in mano e pregando lo riporto’ in vita. L’uccello volo’ dalle sue mani verso St. Serf. L’albero ricorda un episodio della vita del giovane santo, quando, studente in monastero, si addormento’ durante il suo turno di guardia al fuoco sacro in refettorio. Alcuni monaci invidiosi spensero il fuoco. Svegliatosi, spezzo’ alcuni rami da un albero e pregando riusci’ ad accenderli. Si narra che la campana fu’ donata dal papa a St. Mungo, ma di cio’ non si hanno ulteriori informazioni. Infine, il pesce, la leggenda piu’ intricata. L’anello fu’ regalato da Hydderch Hael, re di Cadzow alla sua regina Languoreth. La regina lo diede ad un cavaliere e il re, sospettando un … inciucio … glielo prese mentre dormiva durante una battuta di caccia e lo getto’ nel fiume Clyde. Al ritorno il re chiese l’anella alla regina e minaccio’ di ucciderla se non glielo avesse mostrato. Disperata si confesso’ a St. Mungo, il quale mando’ uno dei suoi monaci a pescare sul fiume Clyde, chiedendogli di portare il primo pesce che avrebbe pescato. Cosi’ fece e St. Mungo estrasse l’anello. Molto esplicativa un’altra leggenda, secondo cui un bimbo disse a St. Mungo che “la Scozia e’ un pesce che non sa nuotare, un uccello che non sa volare, un albero che non sa crescere e una campana che non sa suonare …”. Pessimista, come lo spirito comune degli scozzesi. Continuiamo il giro turistico per le vie principali. Le strade sono molto ampie e trafficate.
A differenza dei centri storici italiani, rimane ben poco della Glasgow Medievale. Si puo’ dire che e’ rimasta solo la Proveland’s Lordship, che vediamo salendo per la collinetta della Cattedrale. Risale al 15esimo secolo ed ora e’ di proprieta’ del City Council. Attorno alla cattedrale c’erano le dimore di 32 Canonici che amministravano le oltre 200 parrocchie della diocesi. Fino al 19esimo secolo l’edificio fu’ la dimora del precettore della cappella e dell’ospedale di St. Nicholas, che probabilmente erano a piu’ a sud. Nel tardo 19esimo secolo divenne residenza del prebendario di Provan o di Barlanak, che, al contrario dei suoi “colleghi” mantenuti dalle offerte di grano, orzo, ecc. poteva disporre di vaste distese fondiarie tre miglia ad est della citta’. Gli fu’ conferito il titolo di “Lord of the Preband of Barlanark”, poi storpiato in “Lord of Provan” da cui il nome odierno. Il Proveland’s Lordship e’ un esempio di architettura domestica del 15esimo secolo. Con la riforma protestante di John Knox (1515-1572) la Cattedrale scampo’ la distruzione, ma furono demolite la cappella di St. Nicholas e il suo ospedale. La dimora passo’ di mano in mano. Nel 19esimo secolo una parte era occupata da una taverna gestita da una certa Mrs A Dudgeon (tradotto letteralmente: “la signora Una Scontrosa”).
Sulla sommita’ della collina e’ situata la Cattedrale di St. Mungo e il Museo della vita e delle Arti Religiose. La cattedrale e’ fredda e tetra. Interessante la cripta con la tomba di St. Mungo. Saliamo su un’altura che ospita uno strano cimitero monumentale; la speranza di vedere un panorama della citta’ viene presto tradita. Il museo di St. Mungo (primo museo dell’arte e della vita religiosa) e’ un po’ deludente. Ha scopo didattico e documentativo, non contiene opere particolari. Al primo piano sono raccolti oggetti rapprasentativi delle religioni. Il Celebre “Cristo in Croce” di Dali’, molto reclamizzato, che secondo le guide dovrebbe trovarsi qui’, in realta’ e’ stato recentemente spostato nella galleria nazionale, che visiteremo nel pomeriggio. L’oggetto piu’ antico e’ una mummia egiziana. Al secondo piano la galleria della vita religiosa, in cui viene rappresentata la presenza quotidiana della religione. Al terzo piano la Gslleria Scozzese, in cui viene descritta l’influenza che hanno avuto le religioni nella storia scozzese. Molto coinvolgente la mostra fotografica sulla donna in tempo di guerra, con foto toccanti di tutto il ‘900 fino all’Iraq e Afghanistan. All’ esterno il primo giardino zen della Gran Bretagna. Fu’ costruito nel 1993 da Yasuataro Tanaka.
Ci incamminiamo verso il West End, ci fermiamo per mangiare un panino in una specie di sandwicheria, non molto old-Scottish, ma che a suo modo ci da un idea del moderno British lunch-break. Nel West End, la zona dell’universita’ un palazzo in stile su una collina domina il verde di un parco lungo le sponde del Clyde che ospita campi di bocce, tennis e la National Gallery. Ci fermiamo su una panchina per fare una foto, un Ranger (si chiamano proprio cosi’ questi Guardiaboschi guarda prati) esce dalla sua casetta di legno e, proprio mentre lo canzoniamo chiedendoci dov’e’ l’orso Yoghi, ci viene inontro per offrirsi di farci una foto. Gentilissimo! Visitiamo il museo, interattivo, con una esposizione temporanea di ricostruzioni di animali presitorici e e un grande aereo della II guerra mondiale, tanto per far contenti i bimbi. Rimane senz’altro il ricordo della prospettiva del “Christ in Cross” di Dali’ … che pazzo, pazzo punto di vista!
La camminata del ritorno e’ lunga e faticosa, il cielo si ingrigisce. Qualche goccia, antipatica e dispettosa. Dopo una doccia tonificante, torniamo al Cristal Palace per cena. C’e’ molto piu’ movimento della sera precedente. Al giovedi’ c’e’ il Curry Club, uno sconto speciale per una serie di pietanze al curry. Una giovane ragazza con una minigonna che se l’avessi trovata nel mio armadio avrei scabiato per una sciarpa (tanto e’ corta) fa sobbalzare l’intero locale quando si china al balcone. Divertente osservare il ragazzo che l’accompagna, un po’ orgoglioso e un po’ imbarazzato dall’interesse della sala. Un giretto per digerire il fritto e poi, sotto le coperte, la stanchezza ci tappa le orecchie e ci rende sordi ai rumori della strada, fino al mattino quando il sole si incunea tra la trama mai troppo spessa della tenda e ci da il buon giorno. Tutti i luoghi visitati avevano accesso libero: ADORO LA SCOZIA!
2) Culzean Castle e arrivo a Stirling (ven 11/08/2006)
Mi e’ sembrato di capire che in Scozia esistono due grandi organizzazioni parastatali che si occupano del recupero e dello “sfruttamento” turistico del patrimonio storico e naturalistico della Scozia: il National Trust of Scotland (NTS) e l’Historic Scotland (HS). Giocano il ruolo che gioca il WWF in campo ambientale, sono il modello a cui si e’ ispirato l’italiano FAI. Il Culzean Castle e’ il fiore all’occhiello del NTS. Da qualche tempo ha acquisito il castello e il parco (molto grande) circostante. All’entrata (vi si accede in auto) ci graziano facendoci lo sconto famiglia (risparmiamo la meta’ sul biglietto). Molto gentili.
L’aspetto paesaggistico, conil suo parco enorme,i giardini verdi e ben curati, la baia e la vista degli isolotti vicini rimane sicuramente impresso. Interessante ma non di grande impatto l’aspetto prettamente storico. Il passato rimane solo nei racconti dei punti descrittivi delle stanze del castello. Decisamente, non e’ qui’ dentro che si e’ fatta la Storia … Fu utilizzato dai conti di Argyll fino a poco tempo fa, prima di cederlo al NTS. Lo stile rimane nobiliare, ma l’impressione che si ha e’ quella di un castello moderno. Si affaccia su alcuni speroni di roccia sul mare. In lontananza l’isola di Arran e la baia del Forth of Clyde. Interessante la visita alle cucine. Uno spiedo enorme e’ ruotato da un’elica mossa dal calore sprigionato dal caminetto. L’ultimo piano fu assegnato al comandante Eisenhauer come ringraziamento per l’esito della II guerra mondiale. Egli lo sfrutto’ ampiamente. Come dargli torto! Nel primissimo pomeriggio prendiamo la strada verso Stirling, con una pausa pranzo a (Ayr. Bel panorama sulla costa. Arriviamo a Stirling prima delle 18. Vediamo in lontananza l’imponente sagoma del Wallace Monument. Stirling ci appare come una vivace cittadina (non troppo grande) dedita al turismo e alla cura del suo patrimonio storico. A cena siamo catturati da un abile ristoratore indiano che praticamente ci sequestra e ci inivita ad abusare del buffet di cucina indiana. Ci lasciamo convincere. Dopo cena torniamo al clima scozzese in un vero locale Scottish: il “2, Baker Street”. Niente a che vedere con Sherelock Holmes, gioca sull’ambiguita’, poiche’ si trova veramente al nr 2 di Backer Street! Affollato, abbiamo la fortuna di incontrare due cordialissimi 50enni che vedendici giraonzolare in cerca di un tavolo si alzano e ci offrono la loro sedia perche hanno quasi terminato la loro birra. L’ultimo sorso lo bevono in piedi. Una gentilezza straordinaria e inaspettata. Forse dipende anche dal fatto che ci sono tre ragazze nel gruppo … A fianco a noi un giovane di Berlino che sta terminando il suo giro con suo padre, mi racconta i luoghi visitati, le sue impressioni e le notizie che ha dei tentativi di attacco terroristico. Due cocktail e due McEwans. Un gruppetto canta a squarciagola le canzoni (repertorio classico inglese anni ’80) che il dj alterna.
3) Stirling Castle e Oban (sab 12/08/2006)
L’odore di fritto e di uova che emana la stanza della colazione del B&B risveglia il curry e le altre spezie indiane che credevamo di aver digerito. Quasi quasi mi pento di aver ordinato una “Full Scottisch Breakfast”. Dopo qualche minuto co so abitua a quell’odore e torna l’appetito. Ci viene presentato un piatto con uova, abbondante pancetta annegata nell’olio, una salsiccia (macinata fina come i wustrell), fagioli dolcissimi (spettacolari, dovrebbero importarli), un pomodoro fritto. ADORO LA SCOZIA! Togliamo la macchina dal parcheggio riservato ai residenti (alle 8.45 scatta la multa) e la lasciamo nell’unica via con parcheggio gratuito della citta’ (su consiglio del simpatico gestore del B&B). Saliamo a piedi verso il castello, arriviamo con 10 minuti di anticipo, ci godiamo il panorama sul Wallace Monument e sulla pianura su cui scorre il River Forth, sulle sponde del quale (a BannockBurn) Robert the Bruce inflisse una dura sconfitta agli inglesi. Siamo tra i primi ad entrare. Il castello ha l’aspetto piuttosto moderno, ha subito numerosi ritocchi nel corso degli anni e i locali hanno subito modifiche del loro utilizzo (da salone delle feste a dormitorio, da camera privata a salottino per gli incontri, ecc.), perdendo un po’ la sua identita’. Sulle mura sono visibili i segni delle porte murate e dei piani superiori abbattuti. Numerose e dettagliate le descrizioni lungo il percorso, che rendono superflua la guida. Simpatica l’animazione nelle cucine che da un’dea del fermento, del tipo di cucina, delle razioni a disposizione, e … dell’igene. Lasciamo Stirling e cominciamo il nostro viaggio verso le Highlands. E’ ancora mattino quando ci fermiamo a Doune per una sosta alle rovine del castello. E’ in corso un matrimonio, stanno arrivando gli invitati. Passeggiamo intorno, il verde, i fiori e le rovine creano una bella atmosfera. Più tardi sostiamo nelle vicinanze di Killin per una visitina alle fantomatiche Falls of Dochart. Di cascate nemmeno l’ombra, in realta’ sono delle rapide. Il paesino si e’ pubblicizzato molto bene, non c’e’ molto di speciale in realta’, ma d’estate accoglie numerosi turisti come manifesta la via centrale piena di B&B al completo. Pranzo: jacked potato con fagioli e formaggio. Partiamo che comincia a piovigginare, direzione Oban. Durante l’oretta di auto piove a dirotto, temiamo un po’ per gli altri giorni. Quando scendiamo torna a splendere il sole sulla baia di Oban, dopo la doccia e’ gia’ tramonto. Ceniamo in un locale molto giovanile. Ancora merluzzo per me! Mi capita di vedere una nuova scena che mette in luce la gentilezza scozzese: arriva un gruppo di una decina di persone sulla 40ina. C’e’ solo un piccolo tavolo libero. Dopo un po’ che i nuovi arrivati sono in piedi, una cameriera chiede ad un piccolo gruppo se sono disposti a spostarsi al tavolo piccolino per lasciar loro posto. Acconsentono, visto che stanno anche per finire la birra e andarsene. Una volta accomodati, uno del gruppetto si alza, va a ringraziare chi gli ha ceduto il posto e si offre di portar loro una birra. Finita la cena vediamo un po’ di fervore: spostamento di tavolini, arriva un dj, entrano giovani che ordinano al banco … usciamo e alla porta ci son due buttafuori imbottiti. Il ristorantino si e’ trasformato in un disco-bar. Passeggiamo lungo la baia e andiamo a prendere una McEwans al locale piu’ tipico di Oban: l’Oban Inn. Affollatissimo, molto cordiale e accogliente. Al piano sopra c’e’ un clima molto piu’ tranquillo, al piano terra la gente un po’ brilla chiacchera a voce alta e intona qualche canconcina. Molto molto bello. Sembra che tutti siano felici e pare che nessuno si lamenti del fatto che si sta’ molto stretti e ogni tanto bisogna spostarsi per far passare qualcuno. Si respira l’aria del locale di paesetto in cui si riunisce la gente al sabato sera in assoluta semplicita’.
4) Strada delle isole, Skye (dom 13/08/2006)
Colazione al sacco fornita dall’ostello.
Saliamo in macchina. Dopo poco facciamo una prima sosta in un punto panoramico spazzato dal vento. Clima inveranale e cielo sereno. Molto carine le rovine di una torre in un isolotto nel loch. Per strada passiamo per il Glenfinnan Monument, una torre commemorativa che ricorda il punto in cui il giovane e craggioso Bonnie Prince Charlie raduno’ una schiera di Highlanders per preparare lo sfortunato attacco ai tedeschi Hannover, che avevano preso il potere in Scozia. Si coglie la magia del posto grazie anche al fatto che il luogo e’ un po’ isolato e silenzioso. Per pranzo sotiamo a Fort William, considera la citta’ piu’ piovosa della Scozia. Il cielo e’ grigissio, ci copriamo con pile e cappotto, ma nessuna goccia. Forse questa per loro e’ una tipica giornata estiva … Le nubi non ci permettono di vedere la cima del Ben Nevis, la vetta piu’ elevata del Regno Unito. Da Fort William imbocchiamo la “Strada delle Isole”, la famosissima via talvolta single track che di panoramico non ha molto di piu’ di altre stradine gia’ percorse. Soste alle spiagge d’argento del Loch Morar per raccogliere campioni della sabbia bianchissima. La strada termina a Mallaig, dove l’unica possibilita’ di proseguire e’ prendere il traghetto per Skye. Aspettiamo per un’oretta l’imbarco ammirando le case del villaggio (tutte uguali per dimensione e colore) a meta’ collina. Dall’alto del ponte del traghetto si gode una vista privilegiata, sempre che si sia disposti a correre il rischio dell’ibernazione … Sbarchiamo dopo mezz’ora a Ardvasar nel sud dell’isola. La strada che ci porta a Portgree, nonstante il brutto tempo (piove a tratti) e la poca luce merita un’andatura lenta per godere del panorama. Portgree e’ poco piu’ di un paesetto ma e’ il piu’ grande di Skye. I ristoranti all’ora di cena sono affollati e gli esercenti perdono la cordialita’ tipica degli scozzesi probabilmente a causa dello stress di Agosto. Alla sera abbiamo il nostro primo impatto con i fastidiosissimi “midges”, moscerini invisibili che pizzicano in modo veramente fastidioso. La signora cinquantenne che ci ospita e’ davvero gentilissima. Veniamo accolti dalla figlia che sta accodendo il suo vivace bimbo. Avvertiamo che l’indomani partiamo prestissimo per prendere il traghetto per l’isola di Lewis and Harry. Nessuno Sconto per le colazioni di cui non abbiamo usufruito …
5) Lewis & Harris (lun 14/08/2006)
Partiamo prima dell’alba, al buio. Gocciola. A Uig prendiamo il traghetto e dopo 100 minuti sbarchiamo a Tarbet, un porto minuscolo sullo strettissimo istmo che collega Lewis a Harris. Il saluto marinai all’imbarco e’ incomprensibile, qualcosa in gaelico che suona come “Hai-ia!” Andiamo a nord, Direzione Stornoway, la cittadina piu’ grande di Lewis. L’isolamento di queste isole ha contribuito a conservare la natura “celtica” della popolazione. Hanno un forte senso di religiosita’, in accordo col quale non svolgono nessun lavoro alla domenica, non ci sono nemmeno i traghetti. Per questo motivo al lunedi gli orari sono anticipati. Cio’ ci ha permesso di effettuare la visita in un solo giorno. A Stornoway si respira un’aria da frontiera verso l’ignoto, un po’ quello che provo vedendo foto o filamti di capo nord o della terra del fuoco. Il cielo cupo contribuisce a questa sensazione vagamente inquietante. Prendiamo un caffe’ in una caffetteria al porto gestita da un 50enne originario della Toscana. Ha perso qualsiasi accento italiano e lo parla piuttosto male. All’interno del locale e fuori nella parte pedonale e’ tutto lentissimo, silenzioso e tranquillo. C’e’ un costante clima di attesa, non si capisce bene di che cosa. Torniamo un po’ verso sud, per girare poi a destra verso Calanais dove ci sono le “standing stones”, menhir eretti 5000 anni fa su un rilievo in riva ad un loch. Il luogo non lascia indifferenti. Proseguiamo sulla stradina per il villaggio di Garenin in sono state costruite le “black house”, case in pietra col tetto di paglia riscaldate dalla torba. Il suo odore e’ onnipresente. Il panorama in tutta l’isola e’ dominato da colline dolci divise da valli nel cui punto piu’ basso affiora lo specchio azzurro di qualche piccolo loch. Questi laghetti sono spesso molto ramificati. Nelle colline sono evidenti gli scavi per ricavare la torba. Saltano all’occhi i grandi rettangoli scavati per un metro di profondita’. La torba, prima di venire bruciata, deve essere essicata al sole. Onnipresenti sui prati delle colline le pecore dal pelo lungo, con le corna curve. Non temono l’uomo e non sono spaventate dalle auto. Ritorniamo a Tarbet e proseguiamo a sud verso l’isola di Harris. Le colline sono piu’ frastagliate nel lato orientale. La stradina strettissima termina a a circa 500 metri da una spiaggia fantastica: sabbia bianchissima, acqua cristallina, praticamente deserta. Una spiaggia tropicale refrigerata senza palme. Pranzo al sacco in riva al mare, un po’ di fretta, visto il freddo. A Tarbet abbiamo un paio d’ore di tempo prima della partenza del traghetto. Ne aprofittiamo per un po’ di shopping nei 2 negozi del porto. Gli oggetti in Harris Tweed (molto rinomato e costoso) e altra lana scozzese hanno prezzi davvero vantaggiosi rispetto ai negozi di citta’. Sbarchiamo nuovamente a Uig, imbocchiamo una via secondaria molto panoramica che segue il profilo della costa nord orientale di Skye. Piccola sosta alle rovine del castello di Duntulm. Ci sorprende un isolotto che sembra avere la forma di un uomo supino con le mani al petto. Torniamo per le 19, doccia e ancora in centro per una cela veloce, vista la nostra stanchezza. Segliamo il “The Isles” locale accogliente e piuttosto caratteristico. Gli avventori ai tavolini, pero’ sembrano quasi tutti turisti.
6) Inverness & The Mustard Seeds (mar 15/08/2006)
Ponte a Kyle of localsh, Eilean Donan Castle, Fort Augustus, Inverness, castello, The Mustard Seeds, B&B da ricconi Ci congediamo dai Foreland approfittando ancora una volta del Full Scottish Breakfast. Imbocchiamo la strada principale dell’isola, che ci fa lasciare l’isola attraverso il ponte di Kyle of localsh. Ci fermiamo appena prima per gli ultimi passi su Skye, in un paesino con un rudere di castello e un bel giardino in ricordo delle vittime della seconda guerra mondiale. Seguiamo la strada principale che ci porta all’Eilean Donan Castle. La sosta e’ obbligata. E’ un tipico castello da cartolina su un promontorio del loch Alsh. Affollato da turisti. Seguiamo la strada che attraversa il Glen Shiel e all’ora di pranzo arriviamo a Fort Augustus, nell’estremita’ superiore del loch Ness. Il paesetto e’ molto affollato. Da qui partono numerosi percorsi che solcano i monti attorno la valle del Ness, nonche’ le imbarcazioni che partono cariche di turisti desiderosi di scovare Nessie. Con una Jacked Patato nella pancia facciamo una breve passeggiata sulle sponde delle acque scure e fredde. La strada costeggia il lago fino ad Inverness. E’ parecchio lunga e costeggiata da punti di attrazione turistica focalizzati sulle bellezze naturali del Glen Ness e sul mito del mostro. Non poteva mancare un castello diroccato in riva al lago. Per il traffico e la compleesita’ delle vie di comunicazione, Inverness ha la dignita’ dello status di “cittadina”. Cuore delle Highlands, e’ comunque una citta’ di passaggio e di scambio. La signora ci accoglie nella sua casa elagantissima, appena fuori del centro, in un quartiere residenziale. Passeggiamo in centro alla sera, prima di cena. Dal castello si vede la fine del Glen Ness, ma il panorama non e’ un gran che. Il castello in realta’ assomiglia di piu’ ad un palazzone, ed e’ ancora oggi sede di qualche istituzione. La passeggiata lungo le sponde del Ness, e’ piu’ coinvolgente, soprattutto se il tramonto colora il cielo, l’acqua e la citta’. La citta’ e’ abbastanza moderna, sarebbe stato carino visitare il Victoria Market, ma era gia’ chiuso. Vogliamo offrirci una cena da signori, ma i ristoranti sono strapieni. Prenotiamo al “The mustard seeds”, il locale piu’ “in” della citta’ per le 21.15. Calmiamo i morsi della fame con dei biscotti al formaggio comperati in un supermercato in centro. E’ stata una buona scelta, visto che il piatto di salmone servitoci ha dimensioni esigue.
7) Elgin, Glenfiddich, Birnam (Dunkeld), The Tapp Inn (mer 16/08/2006) Vista la magra (seppur buona) cena a colazione optiamo per la Full Scottish Breakfast. Mattino piovoso, il programma prevederebbe una passeggiata a Killiecrankie. Prendiamo la via verso sud (la strada del Wishky) ed entriamo nella regione dei Granpian. Il panorama e’ dominato da dolci colline verdi, coltivate a cereali. Ad ogni incrocio ci sono indicazioni per le numerose distillerie. Sono generalmente aperte al pubblico. Facciamo una sosta ad Elgin, per un giretto in citta’, la visita ad un negozio molto tipico, con una sala che raccoglie i principali Scotch Whisky della regione. Il cielo rimane coperto ma la pioggia e’ leggerissima e sopportabile, e cio’ ci consente di vistare anche le rovine dell’abbazia. Ricominciamo ad attraversare i Granpian. Visto che il mal tempo persiste annulliamo la passeggiata e decidiamo passare il pomeriggio visitando la distilleria Glenfiddich, la piu’ famosa tra quelle rimaste indipendendi, che puo’ permettersi di non far pagare per la visita guidata. Ancora una volta veniamo accolti molto cordialmente non appena mettiamo piede nell’entrata. Sembra che aspettassero proprio altre 4 persone per iniziare la visita. Si comincia con un filmato che narra l’epopea della nascita della distilleria (1871), con toni da racconto omerico. A tratti appare ridicolo. Veniamo suddivisi, poi, in gruppetti capitanati da giovani guide che ci fanno percorrere i vari stadi di produzione della famosa sostanza psicotropa, dalla macerazione dell’orzo, all’aggiunta di acqua di sorgente, alla sala degli alambicchi (che puzza!), fino ai magazzini di invecchiamento, dove ci e’ concesso di dare una annusatina ad una botte di stravecchio (14 anni e ad una di liquore piu’ profumato). Arriviamo alla zona assaggio gia’ inebriati dai vapori alcolici, ci viene offerto un bicchiere dello stravecchio 14enne e di liquore. Dopo questa bevuta a scrocco sembra che la gente non resita alla tentazione di acquistare bottiglie, magliette e ogni tipo di gadget con il marchio Glenfiddich nella sala shopping. Riprendiamo la via per Dunkeld, tra le i sorrisi e le abbondanti chiacchere provocate dall’assaggio alcoolico assunto a stomaco vuoto. Per fortuna l’autista si e’ astenuta. Nonostante il brutto abbiamo trovato il modo di trascorrere una giornata interessante e divertente. Seguiamo la superstrada per Edinburgh, e la lasciamo all’altezza di Dunkeld, nostra meta per la serata. Alloggiamo in una specie di castello restaurato di Birnan, una frazione del paesetto. Veniamo accolti molto calorosamente. In una amabile chiaccherata con i giovani gestori veniamo informati delle ultime notizie riguardanti gli aeroporti. Le ultime Full Scottish Breakfast ci hanno segnato, per l’indomani optiamo per salmone affumicato, prodotto artigianalmente a Dunkeld, oltre naturalmente alle uova, marmellate biologice, burro salato, ecc. La guida ci da’ un’ottima indicazione per la cena: il Tapp in, appena fuori il B&B, a Birnan. Pub accogliente e molto scottish, poco ricercato, semplice ma accogliente. Da quando esiste la superstrada per Edinburgh Dunkeld non e’ piu’ tappa fissa dei turisti, la maggior parte degli avventori sembra gente del posto. Il cameriere, molto gentilmente ci invita ad affrettarci perche’ stanno arrivando i musicisti che allieteranno la serata. Decidiamo di fare una passeggiatanella vicina Dunkeld, non c’e’ molto da vedere, al buio. Torniamo al Tapp In, che nel tempo s’e’ riempito. Al tavolo in cui siamo seduti ci sono: una cantante tradizionale 50enne, un coetaneo pelato con la barba bianca dai modi lenti e riflessivi che pizzicava le corde di una chitarra per accompagnare con una melodia quasi impercettibile le voci, un ragazzo e una ragazza molto giovani, ciascuno con un violino. Avevamo incontrato i due ragazzi al mattino ad Elgin, anche loro visitavano l’abbazia. Che combinazione! La guida dice che in questo locale spesso si incontrano musicisti e cantanti che si esibiscono spontaneamente per una birra. In effetti i due violinisti si esibiscono alternandosi alla cantante e al chitarrista, come se quell’incontro non fosse stato programmato. Dopo ciascuna esibizione canora e il seguente tiepido ma sincero applauso, gustano qualche sorso di birra o the, scambiano qualche chiacchera che non comprendo, poi qualcuno accenna ad un nuovo pezzo e si ricomincia. Molto pittoresco! Sono seduti in uun tavolo tra gli altri, nessun palco scenico, il ritmo e’ tutt’altro che incalzante. Da’ l’impressione di un semplice e spontaneo rito che rinnova tradizione e cultura scozzese. Torniamo esausti al nostro castello.
8) St. Endrews, Edinburgh, Tattoo festival (gio 17/08/2006) Riprendiamo per poco la superstrada, da cui deviamo per raggiungere St. Andrews, per qualche tempo capitale della Scozia, ed oggi nota soprattutto per essere la patria del gioco del golf. Un editto del 1885 proclamo’ la costa (i links) zona franca in cui a tutti gli abitanti della regione era permesso giocare. Una leggenda dice che il golf nacque proprio da queste parti, quando i pastori, per passare gli interminabili pomeriggi, si divertivano a colpire i sassi con dei bastoni cercando di mandarli dentro le buche che i conigli selvatici scavavano per terra. Meritano una sosta: i resti del castello a picco sul mare, palcoscenico di complicatissime battaglie, assalti e tradimenti; i resti della vecchia cattedrale, ne rimane solo qualche arcata, i palazzi dell’universita’ (nella quale recentemente ha studiato, tra un party e l’altro, il principino William), su uno scenario straordinariamente bello; le spianate dei campi da golf lungo la spiaggia (in una di queste spiagge e’ stato girato “Momenti di gloria”). La via pedonale in centro, con numerosissimi negozi, non ha niente di originale rispetto alle solite analoghe vie nelle cittadine turistiche. La citta’ si presta ad essere visitata a piedi, non e’ molto estesa. Per di piu’ c’e’ un ampio parcheggio gratuito (e questo e’ raro) alle porte dell’abitato, con un veloce passaggio pedonale naturalistico che porta direttamente in centro. Da St. Andrews a Edinburgh non ci vuole molto. Si attraversa il loch Forth attraverso il maestoso Forth Bridge. Per la verita’ ce ne sono due, il piu’ antico, interamente in ferro e dipinto di rosso, che, assieme al castello e al monumento di W. Scott e’ uno dei simboli della citta’, e’ riservato ai treni, mentre il secondo, sospeso, piuttosto curvo, e’ quello piu’ recente riservato ai veicoli gommati. Il traffico di Edinburgh non ha niente da invidiare a quello delle maggiori metropoli. Caotico, rumoroso e puzzolente. Di positivo rispetto all’italia ci sembra di aver colto la maggiore pazienza degli automobilisti per le indecisioni e la lentezza dei novizi della citta’. Recuperiamo le chiavi del nostro appartamento, situato poco a sud della collina che ospita il castello, adiacente al Kings Theatre, in una laterale di una via trafficata. Niente male: 4 stanze con un amplissimo soggiorno, lavastoviglie, cucina molto fornita, tv satellitare e digitale. Dopo aver fatto la spesa per le ultime tre cene in appartamento e aver consumato la prima affrontiamo l’Edinburgh by night, con una passeggiata sulla Royal Mile. Nell’esplanade del castello si vedevano le alte tribune provvisorie che ospitano gli spettatori del Tattoo military festival. La manifestazione era in pieno svolgimento, lo si notava chiaramente dagli applausi, dal suono delle cornamuse e dai botti sparati in cielo ogni 20 minuti circa. Durante la nostra passeggiata, ad un certo punto ci viene sabarrata la strada, attendiamo un po’ e poi vediamo una processione ordinatissima in cornamusa, kilt e costumi tradizionali. Abbiamo avuto, cosi’, il nostro assaggio gratuito del Tattoo Festival. Indimenticabile le note assordanti e stridule del gruppo sfilante che scendeva marciando la cia del castello.
9) Tour nei Borders: Rosslyn, Melrose (ven 18/08/2006)
Ci facciamo un’ottima colazione in casa con pane tostato, marmellate, latte, caffe’, yogurt, frutta e i locali panini con uvette. C’e’ un timido sole che ci incoraggia a non vestirci troppo pesanti. Oggi: tour nei Borders, la zona collinare a sud di Edinburgh, con visita ai resti delle numerose abbazie. Cominciamo da quella di Rosslin, quella nel miglior stato di conservazione e sicuramente la piu’ suggestiva ed intrigante. Numerosi gli aneddoti e i misteri sui particolari scolpiti all’interno della cappella. Si dice fu custodito il Sacro Graal o addirittura il corpo di Cristo. Non per niente il negozio di souvenir adiacente ha una vasta scelta di letteratura sui misteri medievali, sui templari, sui misteri del Sacro Graal, oltre a qualche libro che ruota attorno al clamore del recente “Da Vinci code”. Nonl’ho letto, ma mi e’ stato riferito che il racconto fa tappa in questa misteriosa cappella. C’era anche un libro di qualche centinaio di pagine con le descrizioni dei particolari artistici e delle leggende della cappella. Davvero affascinante. La visita approfondita puo’ durare anche piu’ di un’ora. Leggende a parte, ogni centimetro quadrato e’ decorato da sculture, ciascuna delle quali ha un significato. Questa localita’ inspiro’ pittori, poeti e scrittori, tra cui gli onnipresenti Scott e Burns. Il brutto tempo non ci permette pero’ di godere del paesaggio. Mentre ci dirigiamo in macchina verso Melrose, combattendo con la cartina geografica per viuzze sperdute che ci fanno guadare torrenti e attraversare paesetti di poche case, la pioggia si fa battente. Melrose e’ una graziosa cittadina, che col sole dovrebbe essere davvero affascinante. Affrontiamo sotto la pioggia l’abbazia, che si trova proprio in centro, sotto un diluvio. La temperatura e’ accettabile. Dell’abbazia restano un paio di arcate, su una delle quali si puo’ salire per ripide e strette scale a chiocciola che immettono su una specie di torre, dalla quale si gode un superbo panorama della … nebbia circostante. Decidiamo di pranzare senza fretta al “Russel’s restaurant”, consigliatissimo dalle guide. sembra un salottina di una casetta inglese. In tutto una decina di tavoli, quasi tutti occupati. Le Jacket Potatoes, in altri llocali deludenti, qui’ sono una specialita’. Continua a piovere quando usciamo di corsa per infilarci diretti in macchina. Ci dirigiamo a Dryburgh per la nostra terza abbazia rasa al suolo. Si trova in cima ad una collina, un po’ sperduta. L’entrata e’ un po’ cara, mentre decidiamo sul da farsi sotto alla pioggia esce il custode dal negozietto che funge da biglietteria e con un irresistibile humor inglese ci dice: “Hey! It’s quite drier in here!” Accettiamo l’invito ad entrare. Abbiamo fatto trenta … decidiamo di spendere qualche pound ed visitare l’abbazia. Tra i personaggi sepolti, oltre a qualche comandante della II guerra mondiale, sir Walter Scott. La nostra visita e’ abbastanza veloce all’esterno, vista la pioggia incessante, ci soffermiamo un po’ di piu’ nelle poche stanze che ancora hanno un tetto. La piu’ interessante e’ la stanza in cui gli abati si riunivano per gestire l’economia della comunita’. Era pronta per un matrimonio che ancora si celebra in questo luogo. Per la verita’ sembra un posto poco adatto a celebrare delle nozze, troppo triste, anche se, si deve ammettere, l’idea di avere tra gli invitati Sir W. Scott in carne ed ossa, anzi solo ossa, puo’ essere un po’ affascinante. Torniamo fradici in macchina e prendiamo la strada per Edinburgh. Lungo la via il tempaccio oscura i Borders, sembra una serata d’autunno, molto melanconica. Le numerose pecore che pascolano sui pendii, sembrano manichini, sono tutte girate nella stessa direzione, contro vento, per proteggere il volto dalla pioggia. Nel paesaggio completamente immobile, solo le enormi pale della centrale eolica alle porte di Edinburgh, che ruotano lente danno un minimo di vivacita’ al panorama. Al momento del ritiro dell’auto decidemmo di aprofittare dell’opzione che prevedeva la riconsegna “a serbatoio vuoto” (in pratica pagammo un pieno in anticipo). Per sfruttare questa opzione non facciamo un solo euro di benzina e a 20 km da Edinburgh ci troviamo in riserva. Un po’ di suspence, quando incontriamo dei lavori in corso e una coda che ci blocca per mezz’ora, col motore acceso. La zona di riconsegna della Hertz e’ in pieno centro. Arriviamo dopo l’orario di chiusura. Troviamo il garage chiuso, questo non c’era stato detto al telefono. Il parcheggio di fronte alla Hertz e’ completo, non troviamo di meglio che parcheggiare in una parallela vicino, paghiamo il parkometro fino alle 9.30 del giorno dopo (l’orario di apertura e’ previsto alle 9 …) e lasciamo, assieme alle chiavi, un bigliettino con le istruzioni per la caccia al tesoro. Nonsapremo mai se l’impiegato della Hertz e’ riuscito a recuperare l’auto prima di beccare una multa e senza restare a piedi visto che abbiam ogirato per un’ora in riserva. Prima di tornare passiamo alla stazione degli autobus, per informarci sui collegamenti per l’aeroporto di Glasgow. Acquistiamo i biglietti dell’autobus. Completamente fradici e con un look da teletabbies dopo un’alluvione, percorriamo Princes Street, la via principale per lo shopping dei turisti e per lo struscio serale, che tanto per intenderci ha un marciapiedi largo quanto la corsia per le auto, e Lothian Street, confusionaria e trafficata, su cui si affacciano le vetrine di moderni ristoranti, pub e night club. Stanchi, fradici e raffreddati ci accingiamo a fare la doccia con una celerita mai avuta prima. Ci rifocilliamo a dovere con una bisteccona di Aberdeen Angus, comprata al negozio sotto casa. Ottima! Non abbiamo la forza per tornare fuori.
10) Giro in citta’, The Fringe Festival! (sab 19/08/2006)
Dopo la solita abbondante colazione, torniamo al Royal Mile, sulla collina del castello. Di passaggio girovaghiamo un po’ per il mercatino di oggetti e vestiti usati in Market Street. Seguiamo un itinerario descritto nella guida che ci fa attraversare le viuzze piu’ colorite della citta’ vecchia, per poi passeggiare per le vie con altissimi ponti su altre vie sottostanti (George Bridge) che fanno apparire Edinburgh come una citta’ su piu’ livelli. Tornati ancora al Royal Mile passeggiamo distratti tra i numerosi piccoli palcoscenici in cui si esibiscono le compagnie di teatro, cabaret, i cori e le piccole bande musicali che si esibiscono in piccoli saggi per invogliare i turisti a seguire i loro spettacoli nel pomeriggio. Siamo assaliti dai voleantini che presentano i loro spettacoli. E’ una specie di carnevale organizzato, in cui, pero’, sono ben separati i ruoli di attore e spettatore. Le compagnie fanno a gara per farsi notare e coinvolgere i presenti. Probabilmente in Italia, per la nostra fantasia e la propensione ad esagerare, una manifestazione del genere degenererebbe in una confusione generale eccessiva. Risulta invece degno di nota l’ordine in cui questa “bolla di pazzia” naviga sui binari preparati dall’organizzazione, sempre presente ma discreta. Un caos confinato nella regione limitrofa ai numerosi palcoscenici, che permettono allo spettatore di osservare in tutta tranquillita’. Ci rimane impresso lo spettacolo offerto dalla compagnia “Pierglass”, formata da una mezza dozzina ragazzi per la parte musicale (viola, violino, contrabbasso, percussioni) e da una ventina di attori in costume nobiliare dell’ ‘800. Tutti giovanissimi e bravissimi. Ci infromiamo per lo spettacolo, ma il prezzo, unito al fatto che capiamo ben poco della lingua, ci fa desistere. L’elenco completo degli spettacoli riempie un programma fitto fitto che sembra il catalogo di postalmarket. C’e’ da perdersi. Pranziamo in un sedicente caffe’ italiano, troppo centrale per distinguersi da un qualsiasi altro locale nel centro affollato di una qualsiasi altra citta’ turistica. Sono esposti gloriosamente prodotti italiani che si trovano comunemente in qualsiasi nostro negozio. Senza anima. Riposiamo un po’ ai lati del Royal Mile, dopo di viene dato il via libera allo shopping sfrenato (non per articoli acquistati ma per articoli osservati, ispezionati, confrontati). Per tutto il gionro siamo stati accompagnati da un sole tiepido e dal cielo sereno. Torniamo a casa col buio e dopo cena ci riposiamo scrivendo cartoline. Si respira ormai aria di fine vacanza.
11) The Castle, la galleria, Calton Hill (dom 20/08/2006) Domenica. La mattina e’ riservata alla visita al castello. Il cielo e’ grigio, talvolta cade qualche goccia, ma niente di fastidioso. E’ piuttosto caro (£ 10.30). Il castello non e’ assolutamente deludente, ma non vale tutti questi soldi, puo’ permettersi un prezzo cosi’ elevato solo perche’ e’ una meta che un turista non puo’ evitare, una volta ad Edinburgh. Le postazioni fisse con le descrizioni sono numerose e dettagliate. Dai cortili sulle mura esterne si ha una buona visuale sulla citta’. All’interno facciamo una rapida visita al museo militare (dagli antichi e valorosi Highlanders alle moderne uniformi per le missioni in Afghanistan). Salendo ancora dentro le mura ci si trova in un piazzale sul quale si affacciano gli edifici principali. Il piu’ importante e’ il palazzo reale, in cui, dopo un dettagliato percorso introduttivo che descrive le peripezie del regno scozzese, si giunge alle insegne regali: la corona, nata semplice e poi arricchita di anno in anno, la spada, donata dal Vaticano, finemente rcamata, lo scettro, con una lucidissima sfera di cristallo, e la pietra del destino, di recente acquisizione. La pietra, un macigno grande come un trolley, con una maniglia di ferro agganciata per facilitarne il trasporto, era probabilmente il masso in cui si sedeva l’erede al trono per l’incoronazione. Fu portata in Inghilterra quando i regni inglese e scozzese furono unificate e rimase li’ fino al 1996, quando un membro del parlamento scozzese, per captare i favori degli elettori si adopero’ per farla tornare a Edinburgh. Riusci nel suo intento ma perse lo stesso le elezioni. Da dieci anni e’ esposta assieme alle insegne reali. Il palazzo e’ completato dalle stanze occupate dai reali. Le stanze sono abbastanza spoglie e la visita si completa in poco tempo. Il palazzo confina con un altro edificio che ospita la sala delle feste, molto ampia ed elegante. Al lato opposto il memoriale delle vittime scozzesi della II Guerra Mondiale. Il fatto che sia stato deciso di mescolare cosi’ profondamente la storia antichissima e quasi leggendaria, con le vicende cosi’ recenti, e’ probabilmente esplicativa del fatto che gli scozzesi sentono il loro passato molto vivo e vicino. Il dramma della guerra di 50 anni fa non e’ che la continuazione delle mitologiche storie dei Clan, delle battaglie a colpi di spade e degli assalti ai castelli. Il quadrato della piazza e’ chiuso nell’ultimo lato dall’ingresso delle prigioni. Le prigioni sono esistite fin dall’ottocento e sono state utilizzate anche nella seconda guerra mondiale. Venivano imprigionati pirati e semplici membri degli equipaggi catturati dalle navi scozzesi. Nonostante le condizioni igieniche non fossero le migliori, non sono affatto un campo di concentramento. Le razioni di cibo riservate agli “ospiti”, anche se monotone, erano sufficienti a sfamarli, ed era loro possibile costruire utensili, giochi e altri prodotti artigianali da vendere agli abitanti della citta’ un giorno alla settimana scambiandoli attraverso una rete con cibo o altro. C’era chi si costruiva gli stampi per fabbricare banconote per in previsione di una fuga o della liberazione. Interessanti le incisioni e le firme sui portoni di legno delle prigioni, gli oggetti originali e i giochi adoperati per far trascorrere il tempo. Dalla piazzetta principale si puo’ salire qualche metro verso la Cappella di St. Margaret. Appena prima il cimitero dei cani appartenuti ai nobili, con tanto di lapidi commemorative, e il Mons Meg formidabile cannone usato per lo piu’ in occasione delle feste. Terminiamo la visita e ci ributtiamo nell’esplanade. Scendiamo dal versante opposto, verso Princes Street ed entriamo nella Royal Gallery, una pinacoteca (ingresso gratuito) piutosto fornita che tra l’altro ospita numerose opere degli artisti italiani dell’800, una versione delle 3 grazie di Canova e una sala al piano superiore con opere degli impressionisti (Monet, Sysley, Renoir, ecc.). Uscendo veniamo fagocitati dal centro commerciale (“Princes Mall”) e ci fermiamo a mangiare in un sotterraneo in cui sulla stessa piazzetta si affacciano vari tipi di Fast Food: l’FK, uno specializzato in Fish ‘n’ Chips untissimi, McDonald, uno indiano, un buffet di prodotti “naturali e biologici” e un piu’ semplice caffe’ con panini e sandwich. A proposito di McDonald: una leggenda dice che il clan si disputo con il clan McLeod la proprieta’ dell’isola di Skye in una gara con le imbarcazioni. Vinceva chi per primo toccava la riva dell’isola. Le imparcazioni procedevano appaiate per tutto il tragitto, fino a che, giunte in prossimita’ dell’isola il vecchio McDonald, vedendo che perdeva a poco a poco terreno, sfodero’ la spada, si taglio’ la mano con un colpo secco e la lancio, riuscendo cosi’ a “toccare terra” per primo. In seguito, un appartenente al Clan approdo’ in Canada dopo la coperta del nuovo continente. Documenti attestano che fu complimentato dalla corona per la fondazione di Nova Scotia. Molto piu’ tardi un suo discendente si trasferi’ piu’ a sud e apri’ un fast food … il seguito e’ noto a tutti. Passiamo la prima parte del pomeriggio in visita mistica al “Jenners” il mitico negozio, tempio del consumismo (quello costoso) su sei piani piu’ piano terra. Nota positiva: i bagni sono gratuiti, mentre in tutto il resto della citta’ si paga almeno 20 pence. Battute a parte il negozio non e’ per niente male, l’edificio e’ antico, ha un ampio cortile centrale su cui si affacciano le terrazze dei primi due piani superiori. L’esposizione della merce si adatta all’eleganza dell’edificio. I prezzi non sono invitanti. Per sfruttare la comparsa di un tiepido sole saliamo Carlton Hill. Dal basso puo’ sembrare una piccola Acropoli, ma in realta’ e’ un po’ desolante. 6 moderne colonne Corinzie in fila si affacciano sul nulla. Valeva comunque la pena una visita quassu’ per il panorama: da una parte il loch Forth, dall’altro la citta’ vecchia. Il sole e’ caldo, finalmente c’e’ silenzio, questa nostra pausa e’ davvero rilassante. Scendendo diamo un’ultima scorsa alla citta’. Percorriamo di nuovo Princes Street e poi Lothian Street. La nostra intenzione era di cenare al “Bennet’s”, uno dei piu’ tipici pub di epoca vittoriana. E’ molto English, isolato dall’esterno, luci basse, con tavolini in legno nero e poltroncine addossate al muro. Alla domenica nn c’e’ cucina. Saremo costretti a cucinarci la cena in appartamento. Prendiamo al volo l’occasione per fare un brindisi a stomaco vuoto: ordiniamo un sidro (Strongbow, che in realta’ credevamo fosse birra), una McEwans Traditional Ale, e una McEwans normale, per scambiarcele e poter assaggiarle tutte. Per finire … “a drum of McCallan” diviso in tutti e quattro. Cena con pizza surgelata in completo relax a casa. Passiamo la serata a preparare le valigie, suddividendoci i carichi in eccesso e schiacciando il piu’ possibile gli indumenti fino a che, con un urlo di gioia, riusciamo a chiudere completamente anche l’ultima valigia. L’emergenza sicurezza negli aeroporti e la relativa modifica delle dimensioni del bagaglio a mano, ci ha costretto a rivedere la ripartizione dei pesi.
11) Il ritorno (lun 21/08/2006)
Colazione veloce ma sostanziosa, con razzolata finale di tutto il cibo che e’ rimasto e che andrebbe buttato. Ci incamminiamo a passo sostenuto verso la fermata nel nostro autobus CityLink per Glasgow. Al secondo piano del nostro double-decker, il viaggio e’ comodo e tranquillo, sembra di navigare nel mare, non si percepisce il traffico sottostante. Nell’ora e venti previste arriviamo in Buchanan Street, dove in 5 minuti prendiamo la navetta per l’aeroporto di Paisley. Collegamenti rapidi e puntuali. A Paisley l’edificio per il check in di EasyJet e’ deserto. Siamo i primi 4 a fare il check-in. Il controllo all’imbarco e’ piu’ approfondito rispetto all’andata: ci si leva le scarpe e 2 persone su 3 vengono perquisite. A Stansted il controllo e’ ancor piu’ rigoroso, le verifiche sulle dimensioni dei bagagli sono inflessibili. Il mio zaino merita un controllo extra e viene completamente svuotato e verificato minuziosamente. Dopo piu’ di 15 ore di viaggio, molte delle quali passate in attesa, atterriamo pesantemente a Treviso, accolti dall’afa a cui non eravamo piu’ abituati.
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