Finalmente in Asia minore!

di Eno Santecchia –
Abbiamo deciso di fare un viaggio in Turchia perché, al di là di quello che si impara a scuola e di quello che si può pensare, ho sempre creduto che doveva essere un paese affascinante e molto interessante. Porta dell’Oriente: sulle sue piste sono transitate, per millenni, le carovane, dirette in Asia sulla “Via della Seta”.
Fin da piccolo ho pensato alla Turchia come se fosse al confine del nostro mondo eurocentrico, e ho sempre ammirato i viaggiatori, gli esploratori e i commercianti che vi transitavano per poi dirigersi verso mete più lontane. Devo dire che mi incuriosiva anche il modo di pensare, di vivere e di fare dei Turchi. Volevo vedere se corrispondeva allo stereotipo che ci siamo fatti noi occidentali. Per convincerci a partire ha fatto la sua parte anche l’eterno dubbio che assilla noi europei: “La Turchia è Europa o Asia?”

Si è preferito un viaggio ben organizzato perché volevamo vedere più luoghi nei pochi giorni disponibili, con la riserva di visitare con calma le località ritenute interessanti. Abbiamo scelto il tour “Antichi splendori” della Francorosso poiché volevamo vedere a tutti i costi le rovine di Troia. Il lato negativo è che ci siamo potuti concedere ben poche distrazioni; la Turchia è grande e i luoghi e le cose da vedere sono davvero moltissimi. Per gli spostamenti all’interno del paese bisogna utilizzare il pullman, purtroppo non c’è la comodità di un grande fiume navigabile come il Nilo. Alla fine i chilometri da percorrere sono tanti; secondo il programma in totale sono 1610. Devo dire però che la vista del panorama aiuta perché non è monotono né piatto.

La penisola anatolica è stata pervasa nei millenni da numerose civiltà, ognuna delle quali ha lasciato le sue tracce.
Solo visitandola ci si può effettivamente render conto di perché tanti popoli hanno cercato di conquistarla. Vero paradiso per archeologi e appassionati di antiche civiltà: vi sono 3.000 siti archeologici, vi sono passate 18 civiltà. La Turchia è sempre stato un passaggio obbligato da e per l’Oriente e anche oggi svolge il suo ruolo per così dire di “intermediario”. Quindi un ponte naturale tra l’Europa e l’Asia tra est e ovest: un ponte che, purtroppo, a volte, trema a causa delle scosse sismiche. In Anatolia si trovano due delle sette meraviglie del mondo antico: il Mausoleo di Alicarnasso e il tempio di Artemide a Efeso.

Costantinopoli, la seconda Roma

Istanbul (Bisanzio fino al 330, Costantinopoli sino al 1760) si divide in tre parti: la penisola storica a sud del Corno d’Oro, il quartiere di Galata (la città nuova) a nord del Corno. Entrambe sono nel continente europeo. La terza parte si trova in Asia, dall’altra parte del Bosforo (Bogaziçi) ed è più che altro zona residenziale (ha anche diverso prefisso telefonico).

Istanbul è una grande metropoli di oltre 8 milioni di abitanti, con una superficie di 150 x 50 km e si affaccia sul Bosforo che unisce il Mar Nero e il Mar di Marmara. La città ha tre municipi. L’Anatolia, a differenza dell’Egitto, abbondava di legname da costruzione, quindi anticamente molte case erano costruite in legno, ma a causa dei numerosi incendi quasi tutte sono andate perdute. Ne rimane qualcuna che si può ammirare nei pressi della moschea di Solimano. Osservando il panorama si può ammirare l’inconfondibile, direi unica, elegante silhouette della città dove risaltano le cupole semischiacciate delle moschee. E’ una città cosmopolita, da sempre un punto di passaggio obbligato e, nonostante gli abusi edilizi (da come ci ha detto la guida), riesce a coniugare bene il vecchio con il nuovo. Sin dalla sua fondazione è stata un crocevia tra Europa, Asia e Africa. Possiede quattro università pubbliche e quattro private. Il tulipano, importato originariamente dall’Asia, è il simbolo di Istanbul, che è una città molto ricca di verde e si notano numerosi piccioni. Nonostante sia una grande città con numerosi turisti, l’inquinamento è in diminuzione: gli autobus verdi vengono alimentati a metano, il traffico resta comunque molto intenso.

Vi sono moltissimi semafori e quasi tutti nuovi, i segnali stradali sono tutti in lingua turca, Dur significa Stop. Negli incroci più importanti vi sono nuovissimi semafori che hanno anche un contatore alla rovescia per il tempo di attesa residuo. Anche le insegne e i cartelli pubblicitari sono tutti in turco, pochissimi sono in altre lingue più che altro in inglese e tedesco. Vi sono migliaia di taxi e i pullman turistici sono numerosi e nuovi. La polizia di Istanbul reca sulle fiancate delle auto di servizio l’indirizzo email, suppongo, della centrale operativa.

Costantinopoli sorgeva nella parte sud della odierna Istanbul, a nord vi erano insediamenti di veneziani e genovesi, i costruttori della torre di Galata. Un fatto poco conosciuto in Occidente è quello che nel XVII secolo uno scienziato lanciatosi da questa torre riuscì a volare con le proprie forze (suppongo ali posticce) fino a Scutari sulla parte asiatica del Bosforo.

L’impero ottomano, fondato nel 1299 durò fino al 1923 e nella massima espansione divenne più grande di quello romano. Bisanzio deriva da Biksas, il suo fondatore, e divenne capitale dal 330 d. C. Si può ancora ammirare l’acquedotto fatto costruire dall’imperatore Valente lungo 40 km. A Topane un quartiere di Istanbul, vi era una vecchia fabbrica di cannoni. Verso la fine dello scorso secolo numerosi palazzi della città sono stati oggetto di profondi restauri in modo da far rivivere gli aspetti cari agli orientalisti che si possono vedere nei quadri di pittori come Eugène Delacroix e Jean-Auguste-Dominique Ingres.

Nelle stanze dell’hotel più famoso della città, il Pera Palace Hotel (Palazzo di Pera), sono passati re, presidenti, scrittori, artisti e spie: Agata Christie, Greta Garbo, Mata Hari (nome d’arte di Margaretha Geertruida Zelle), Cicero, Luciano Pavarotti, ecc. L’hotel, che si specchia sul Bosforo, dispone anche di un eliporto con un elicottero sempre in attesa. Il Pera Palace Hotel fu costruito nel 1891 per ospitare i viaggiatori del mitico treno Orient Express, è l’albergo occidentale più antico di tutta la Turchia. Nel 1915 il greco Petros Bodosaki, vistosi rifiutare la permanenza nell’hotel, a causa dei suoi vestiti ritenuti inadeguati, acquistò l’hotel. La stanza 101 ove si fermava Mustafà Kemal adesso è un museo. La sua storia è un romanzo, oltre ai numerosi ospiti illustri, non mancano cambi di gestione, difficoltà economiche, restauri ecc.

Passando in autobus abbiamo visto la stazione color rosa dell’Orient Express vicino al quartiere degli uffici, dove arrivava il famoso treno che, partito da Calais in Francia, attraversava l’Europa per 3186 Km. In questo leggendario treno Aghata Cristie ambientò uno dei suoi più famosi libri “Assassinio sull’Orient Express”, uscito nel 1934. Da qui il detective belga Hercule Poirot , richiamato urgentemente a Londra per lavoro, prese il treno dove fu impegnato a risolvere un complicato e sensazionale caso di omicidio.

Navigando sul Bosforo

Facciamo un’escursione in battello sul Bosforo Faik, la nostra guida, ci spiega parecchie cose interessanti che è bene sapere. Una cosa non ha, però, chiarito a sufficienza. Molte carte di Istanbul sono talmente grandi che non danno una chiara visione dello sviluppo del Bosforo verso il Mar Nero. Senza un’ accurata analisi della cartina è facile confondere lo stretto del Bosforo con il Corno d’Oro, che è semplicemente un’insenatura lunga 7 Km e larga solo 800 m, che divide in due la zona europea di Istanbul. Questi particolari sono importanti per sapere sempre dove ci si trova.

Il Bosforo (che significa canale della mucca, giovenca), chiamato Propontide nell’antichità, è lungo 30 Km, largo tra 620 m e 1700 m, profondo dai 50 ai 150 metri, è uno stretto che unisce il Mar di Marmara (quindi il Mar Mediterraneo) al Mar Nero. Sul Bosforo, purtroppo, c’è un intenso traffico di petroliere russe del Caucaso, provenienti dal Mar Nero. Il transito avviene secondo quanto stabilito dal trattato di Losanna del 1923. Sembra che sia in progetto un oleodotto che unirà il Caucaso al Mar Mediterraneo, ciò eviterebbe il continuo transito di petroliere che potrebbe rivelarsi molto pericoloso per la grande metropoli.

La differenza della salinità tra il Mediterraneo che è molto più salato del Mar Nero crea due correnti lungo il canale. Il Mar Nero (anticamente chiamato Ponto Eusino) è più pescoso dell’Egeo e del Mediterraneo. Il Bosforo, che separa il continente europeo da quello asiatico, è attraversato da 2 grandi ponti. Il ponte di Atatürk del 1973 ha 6 corsie, è lungo 1560 m e largo 33 m ed è simile al Severn Bridge dell’ Inghilterra. Divenuto questo insufficiente per il traffico fu costruito il ponte di Fatih, situato più a nord verso il Mar Nero, Il ponte, inaugurato nel 1988, è a 8 corsie, è lungo 1510 m e largo 39 m ed è considerato il sesto al mondo. Questo ponte si trova vicino alla fortezza di Rumeli, edificata dal conquistatore Maometto II durante l’assedio di Costantinopoli del 1453 per non far giungere i rifornimenti agli assediati cristiani.

Curiosità: anche il nostro Leonardo da Vinci fece un progetto per un ponte sul Bosforo e lo inviò al sultano Bâjazîd II (1481-1512) tramite l’ambasciatore turco a Genova.

Le splendide moschee di Istanbul

Moschea in turco si dice Cami. La moschea di Solimano il Magnifico è stata costruita nel XVI secolo durante il periodo di massima espansione dell’impero ottomano dal famoso architetto turco Sinan (1489-1588) chiamato anche il Brunelleschi dell’architettura ottomana classica.

Dopo 100 anni da questa fu costruita la moschea blu con il medesimo stile; ha 4 colonne gigantesche chiamate “piedi d’elefante”, con un diametro di 5 metri, esse consentono una vista migliore rispetto alle moschee con numerosissime piccole colonne.

L’architetto che l’ha costruita è l’allievo prediletto di Sinan: Mehemet Aga. La moschea blu, costruita in soli 7 anni, è l’unica al mondo con sei minareti. Terminata la visita alla moschea ci accorgiamo che il nostro pullman è incastrato in mezzo a numerosi altri. Qui tutti si improvvisano vigili urbani, per fortuna dopo vari spostamenti in spazi ristrettissimi riusciamo a venirne fuori. Devo ammirare l’imperturbabilità e la flemma dei conduttori di autobus che non perdono mai la calma.

I Turchi si convertirono al musulmanesimo nel IX secolo d.C. e presero le forme delle moschee dalla Persia (cupola, semicupole e i 4 minareti). Sulla sommità della cupola delle moschee vi è sempre la mezzaluna in ottone simbolo della religione musulmana. In Turchia le moschee vengono costruite con le offerte dei cittadini e non dallo Stato. I religiosi sono lavoratori statali e i luoghi di culto musulmani sono istituti controllati dallo Stato. Attualmente ci sono molti credenti, ma pochi praticanti. La guida non esita ad affermare che molti suoi connazionali bevono gli alcolici, in particolare il Raki che è una specie di anice di 45°, gradi usato anche durante i pasti, prodotto dallo Stato. Con tutta la buona volontà non riesco nemmeno ad immaginare come fanno gli abitanti della penisola anatolica a innaffiare i loro buoni piatti con un liquore forte come la Sambuca. Anche in Turchia, come in Asia, c’è un grande rispetto per gli anziani.

Santa Sofia, uno degli edifici più ammirati di Istanbul, si affaccia sulle acque azzurre del Bosforo ed è circondata da splendidi giardini con una grande fontana. Da vicino la facciata di colore rossastro, è un po’ spenta e delude le nostre aspettative; i quattro minareti che circondano la moschea sono più nuovi rispetto alla facciata. Santa Sofia (Divina Sapienza) iniziata nel 532 fu terminata in soli 5 anni, dall’Imperatore Giustiniano ed è la quinta più grande del mondo; prima chiesa bizantina, poi moschea, nel 1923 per opera di Atatürk divenne museo e quindi vi si può accedere senza togliersi le scarpe. All’interno mostra tutto il suo splendore, derivante da 1500 anni di storia; vi sono alcune colonne di marmo verde proveniente da Efeso, due di porfido rosso del Libano. Per costruire il tetto furono impiegati dei mattoni leggeri provenienti dall’isola di Rodi. Le pareti sono abbellite da splendidi mosaici a fondo oro. Attirano subito l’attenzione alcuni grandissimi medaglioni a fondo verde con scritte arabe in oro che portano i nomi dei grandi personaggi dell’Islam. Difronte al museo di Santa Sofia vi è l’ingresso della cisterna Yerebatan, un grande serbatoio d’acqua con una foresta di colonne costruito dai Bizantini. Qui sono state girate alcune scene del film 007 di James Bond: “ Dalla Russia con Amore”. Transitando, con il pullman, nel quartiere di Fener , la guida ci fa notare due importanti costruzioni. La chiesa di Santo Stefano o chiesa bulgara, è stata costruita in Austria nel 1896 interamente in ferro, e trasportata lungo il Danubio e il Mar Nero, e il palazzo del patriarcato greco-ortodosso di Fener.

Visita al Gran Bazar

Il Grand Bazar di Istanbul è il più fornito e il più organizzato dei souk; io lo chiamerei anche l’antenato dei nostri centri commerciali. E’ una costruzione con cupole e volte, vi sono 4.000 negozi l’uno a fianco dell’altro, 18 porte, 60 strade e vicoli, 5 moschee interne, banche, fontane, ristoranti, il Monte dei Pegni, bagni turchi, stazioni di polizia… E’ veramente una città nella città. Lo scrittore Edmondo De Amicis lo visitò nel 1905 e lo definì: “Ordinato come una caserma”.

Fra le 18 porte d’ingresso, le più importanti sono quella di Nuruosmaniye (sopra si trova un emblema con un’arma, un libro e una bandiera) e quella di Beyazit (sopra c’e scritto “ Dio ama i mercanti”). La via principale non è molto lunga, ma a destra e a sinistra si estendono numerosi vicoli con altre ramificazioni. Vi si trovano maglie di cotone di buona qualità, ceramiche, maioliche di Iznik (della moschea Blu), onice di Cappadocia, abbigliamento, capi in pelle, oggetti in vetro, ottone, rame, bronzo, ma soprattutto gioielli. Il souk è però molto esteso, occupa infatti una superficie di 30 ettari, quindi per visitarlo è consigliabile l’uso di una mappa. Il Gran Bazar è stato distrutto da 12 terremoti e 9 incendi nel periodo ottomano, sempre restaurato e ingrandito. Noi acquistiamo un occhio arcaico che scaccia il malocchio: una tradizione molto più antica del Cristianesimo e dell’Islam.

La tragica rivolta dell’Ippodromo

Giunti all’ippodromo rimaniamo delusi, perché non vi sono più i resti del passato, oggi non è altro che un grande viale coperto di verde con tre bei obelischi. Quello di Tutmosis III che con l’Imperatore Costantino venne portato dall’Egitto. Ci vollero 30 giorni per sistemarlo su un basamento romano e fu inaugurato nel 390 d. C. Gli altri sono la modesta colonna serpentina, proveniente dal tempio di Apollo di Delfi e la colonna di Costantino(eretta nel IV secolo), rovinata in quanto sono state tolte le lamine in bronzo. La “colonna bruciata” (Çemberlitas) innalzata dall’Imperatore Costantino nell’anno 330 si trova non distante dal Gran Bazar, ma è ridotta male a causa dei terremoti e degli incendi. E’ sostenuta da cerchi metallici che producono ruggine, riesce a dare solo un’idea confusa di come era all’origine.

Nel periodo bizantino, nell’ippodromo, si svolgevano spettacoli e combattimenti, ma ciò che produceva un tifo, spesso violento, erano le corse dei carri. Vi erano delle fazioni che rappresentavano l’aristocrazia e altre i ceti medi e, in seguito all’arresto di alcuni facinorosi, dal 13 al 14 gennaio del 532 d. C. si accese una rivolta al grido di nikà (Nike in greco significa vittoria), cioè vinci. Le fazioni si allearono e assalirono le prigioni, il palazzo governativo e distrussero anche la chiesa di Santa Sofia. La rivolta fu sedata nel sangue, dalla fermezza dell’imperatrice Teodora e dalle truppe del generale Belisario. I morti furono oltre 30.000.

La “Porta Sublime” e il palazzo di Topkapi

Il palazzo di Topkapi (significa porta dei cannoni), cuore del vasto impero ottomano, che domina il Bosforo e il Corno d’Oro (Haliç), fu la sede del governo e la reggia dei sultani dal 1481 al 1853. In realtà Topkapi è una vera cittadella. Per accedere all’interno della quale vi sono tre porte, la principale è la Porta Sublime o Porta del Saluto, dove prestano servizio di rappresentanza i militari della Jandarma (la gendarmeria Turca). Il palazzo è ricco di verde: ci sono degli ippocastani secolari. A destra dell’ingresso ci sono delle enormi cucine con caratteristici camini, simili a quelli della residenza estiva dei reali del Portogallo a Sintra. Le 10 gigantesche cucine del palazzo, dove ogni giorno si preparavano pasti per 5000 persone, sono state progettate dall’architetto Sinan. Nelle stanze dei tesori vi sono troni e gioielli magnifici, diamanti, smeraldi, la spada di Solimano invece è alquanto modesta. Dal tesoro desumo che l’interscambio di rapporti e doni con le case regnanti e i governi europei era abbastanza intenso. Il tesoro dei sultani non è però tutto qui. Per motivi di spazio gli oggetti vengono fatti ruotare periodicamente nelle vetrine (in ogni visita si possono ammirare oggetti diversi). Nella sezione delle reliquie ci sono oggetti appartenuti al Profeta Maometto, tra cui due spade, un mantello, le bandiere, lettere e altri oggetti molto venerati. Vi è anche un museo della ceramica con maioliche provenienti dalla Cina, non dimentichiamo che in Turchia le carovane percorrevano la “Via della Seta”. Abbiamo visitato la stanza dove si riuniva il Divan, consiglio imperiale ottomano, che all’inizio era presenziato dal sultano. In seguito a un attentato, l’imperatore non partecipò più direttamente, ma restava in una stanza superiore, collegata all’altra mediante una specie di camino, che permetteva di ascoltare i dibattiti dell’assemblea. Come abbiamo visto in questo complesso si svolgeva una vita da “mille e una notte”, ma essendo il cuore del vasto impero ottomano, vi giungevano anche i problemi dalle più lontane regioni. Qui giungevano corrieri ed ambasciatori da tutto il Mar Mediterraneo, dall’Europa e dall’Asia.

In occidente non è molto noto, ma nel 1203 i Veneziani, nel corso della IV crociata, assediarono Costantinopoli, la strapparono ai Bizantini e la saccheggiarono, soffocando nel sangue la rivolta del gennaio 1204, inoltre vennero trafugati i quattro cavalli che ora si trovano sulla facciata della chiesa di San Marco a Venezia.

Çanakkale, ovvero giungiamo in Asia

Attraversiamo lo stretto dei Dardanelli, lungo 60 km, profondo 10 metri, largo da 1,2 a 4 Km e giungiamo a Çanakkale, che nell’antichità si chiamava Dardanos, è ora un luogo di villeggiatura per Turchi che qui possiedono la seconda casa. Non vi sono molti turisti esteri. Di passaggio in autobus riesco a fare una bella foto ad un cannone della campagna di Gallipoli colpito da un ordigno.

Tutta la costa che va dallo stretto dei Dardanelli fino all’antica Smirne possiede siti archeologici di eccezionale interesse. In questi luoghi vissero o transitarono grandissimi personaggi di Atene, Sparta, Tebe e delle altre città elleniche.

La mitica Ilio



Dirigendoci verso Troia, pochi chilometri prima del sito archeologico vero e proprio, l’autobus si ferma in un bar. Nel piazzale abbiamo potuto ammirare, con grande soddisfazione, una baracca di legno con davanti una grande targa bilingue, la quale spiegava che questa era stata la dimora provvisoria del grande tedesco Heinrich Schliemann (1882-1936), fondatore dell’archeologia moderna. Ad un certo punto della sua vita di mercante, gli venne un’ispirazione: rapito da una passione bruciante imparò l’Iliade a memoria, lasciò tutto per seguire il suo sogno e raggiunse l’Anatolia. Tra il 1871 e il 1890, dopo laboriose ricerche, riuscì a portare alla luce le sette città di Troia; infatti sul colle, da dove ancora oggi si ammira uno splendido panorama della pianura, luogo del duello fra Ettore e Achille, vi sono i resti di ben sette città costruite in epoche diverse.

Questo archeologo ha realizzato il sogno di studiosi, storici o semplici appassionati del poema di Omero. Ricordo quando da ragazzo, studiando l’Iliade, mi ero fatto già un’idea di questa città che, nonostante la superiorità nemica, resisteva coraggiosamente all’assedio degli Achei. Personalmente ho sempre parteggiato per Ettore, anche perché era un personaggio più umano.

A Troia si trova quello che ci si aspetta di trovare: un enorme cavallo di legno nei pressi dell’ingresso; dove la bigliettaia è una ragazza bellissima.

Si entra dalla porta orientale, dove possiamo finalmente toccare con mano le poderose mura della città. Non posso nascondere una certa commozione nell’appoggiare le mani sulle mura della città cantata da Omero e di fronte a queste rovine danneggiate da numerosi terremoti, incendi, battaglie.

Ritorniamo a Çanakkale dove alloggiamo e, dopo cena, facciamo una passeggiata sul lungomare molto

affollato ed ascoltiamo seduti su una panchina i racconti di viaggio di due signori di Bologna , che si erano recati nell’isola di Celebes in Indonesia. E’ stato divertentissimo ascoltare la signora Maria Rosa, tranquilla parrucchiera emiliana, che raccontava le avventure attraverso impenetrabile giungla del Sulawesi, l’incontro con grandi serpenti, gli invadenti insetti ecc.

Alle ore 5,00 dell’8 agosto del 2002 a Çanakkale mi sveglia il muezzin, evidentemente un minareto si trova vicino all’hotel. Il cielo è molto nuvoloso, gli autisti dei pullman verso le ore 6,00 hanno già acceso i motori e stanno riordinando i mezzi. Partiamo per Pergamo ove nacque la carta pergamena. Il sito archeologico di straordinario interesse e anche di grande impatto visivo, domina l’attuale cittadina di Bergama e da esso si può godere di un panorama suggestivo e spettacolare. Visitiamo anche il tempio di Esculapio; all’ingresso vi è una targa con la scritta: “Vietato l’ingresso alla morte”. Mentre ci troviamo al centro del tempio, la guida spiega come si svolgeva la vita all’interno dell’antenato dei moderni nosocomi.

In questo antico ospedale i malati inguaribili o gravi non erano ammessi, poiché essi avrebbero potuto rovinare il buon nome della casa di cura. La guida ci indica una fontanella sacra da cui sgorga un’acqua leggermente radioattiva, che forse veniva usata per scopi terapeutici. Una coppia di giovani, non appartenenti al nostro gruppo, si avvicina alla fonte e prima che qualcuno facesse in tempo a dire qualcosa si dissetano tranquillamente. In effetti nessun cartello indicava quello che la nostra guida ci ha detto a voce.

Visitiamo anche Efeso che sotto il periodo romano aveva 250.000 abitanti, dove si possono ammirare il magnifico teatro, la biblioteca di Celso, il tempietto di Adriano e la basilica di San Giovanni che visse qui. Non distante da qui si trova il tempio di Artemide, come già detto una delle sette meraviglie del mondo antico, purtroppo andato più volte distrutto.

Pernottiamo poi nella città di Smirne (ora Izmir), che la guida ci indica come la città turca più europea (a me lo sembra anche Istanbul). Nella città vi è un lungomare nuovo, alberato, purtroppo non c’è tempo per la visita. Il giorno successivo partiamo per Ankara con un volo di linea.

 

Ankara (anche Angora)

Sorge sull’altopiano anatolico a 851 m di altitudine, quindi ha un clima sempre abbastanza fresco. Ankara, che significa gola, è diventata la capitale politica della Turchia solo dopo la nascita della Repubblica turca. Qui abbiamo visitato lo splendido museo delle civiltà anatoliche, che ha vinto il premio di miglior museo europeo del 1997 (European Museum of the Year Award). Questa esposizione, fondata da Atatürk, è la più importante dell’Asia Minore; si trova su un colle dal quale si può ammirare il panorama della città. Molto interessanti sono le sale che contengono reperti e ricostruzioni della più antica città del mondo: Ciatalhoyuk, che risale al 6800 a.C. (Neolitico). All’inizio di questo periodo l’uomo sa già coltivare, ma non ha ancora imparato a lavorare l’argilla. Nel museo è ricostruita una casa, vi è anche una riproduzione “a volo d’uccello” (come si diceva nell’antichità), di un agglomerato urbano dell’epoca, dove non vi erano strade né le abitazioni avevano porte. Non dimentico di acquistare una pesante guida del museo su carta patinata.

Ho particolarmente ammirato altorilievi, risalenti a vari periodi, dove sono rappresentati i re Ittiti che si recavano in battaglia, con carri trainati da cavalli. Abbiamo anche visto la camera sepolcrale di Mida, re dei Frigi, famoso per la sua ricchezza, che invase e distrusse l’impero ittita. La scrittura cuneiforme ittita fu decifrata solo nel 1915, grazie a una stele bilingue, come quella egizia di Rosetta. La decifrazione della lingua ittita però prosegue molto lentamente perché gli ittitiologi sono pochi.

Secondo il programma, purtroppo, dobbiamo lasciare subito la capitale per dirigerci verso la costa dell’Egeo.

Le riforme di Mustafà Kemal

A chi è appassionato di storia, il personaggio di cui andremo a parlare, non può passare inosservato. Transitando con il pullman, la guida ci indica il maestoso, monumento dallo stile spartano, dedicato ad Atatürk (padre dei turchi) che si trova su una collina ed è meta di pellegrinaggi dei Turchi. Faik, il nostro cicerone , durante tutto il viaggio ci parla ampiamente e volentieri di Atatürk, con l’enfasi e la venerazione dei Turchi. Kemal Pascià ha fatto moltissimo per la Turchia e credo proprio che la grande stima di cui gode sia più che meritata. Sicuramente senza di lui la Turchia non sarebbe come è oggi. Questo emblematico personaggio, (forse già nato con il destino di diventare un grande statista), partito dalle file dell’esercito turco come ufficiale, riuscì a diventare eroe nazionale. Nato a Salonicco, nell’attuale Grecia, aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri, riuscì a salvare l’integrità del territorio nazionale e ad attuare delle coraggiose riforme, che hanno dato vita alla moderna Repubblica turca. Basti pensare che, volendo sostituire l’alfabeto arabo con quello latino, un mattino del 1923, i Turchi trovarono tutti i quotidiani scritti esclusivamente in alfabeto latino. La Turchia riprese il diritto penale dall’Italia, il diritto civile dalla Svizzera, il diritto commerciale dalla Germania e il diritto amministrativo dalla Francia. Dal diritto penale italiano, preso nel 1923, fu tolto il diritto canonico. Si abolì la poligamia, si accettò il divorzio e il matrimonio civile è l’unico ad essere riconosciuto in Turchia. L’istruzione scolastica di base è obbligatoria e inizia a 7 anni, le università sono a numero chiuso. Le autorità dello Stato sono il Municipio, le Prefetture e il Governo centrale, non vi sono governi locali.

Mentre il paesaggio scorre, dal vetro del pullman osservo e rifletto pensando al passato. Siamo nel cuore dell’Impero Ittita, fiero nemico degli antichi Egizi. Da qui partirono le armate dirette a combattere Ramses II faraone d’Egitto, la memorabile battaglia si svolse a Qadesh sul fiume Oronte in Siria. Mi trovo nella regione d’origine degli splendidi conigli e delle capre d’angora, dalla cui lana si ricava l’ottimo filato Mohair. La Turchia è il paese dove ci sono anche i più bei gatti del mondo, purtroppo non abbiamo potuto ammirare lo splendido gatto d’angora (Ankara), dal mantello lungo, molto simile a quello del coniglio d’angora. La finezza dei mantelli di questi animali è dovuta forse al fatto che a questa altitudine, i peli devono proteggere l’animale dal freddo.

Il caravan serraglio

Lasciata Ankara, diretti in Cappadocia, sostiamo nel Caravanserraglio di Agzikarahan. Caravan serraglio, che letteralmente significa mercato, è in realtà una stazione di posta per le carovane sulla “Via della Seta”, che, dalla Cina, si diramava poi per raggiungere l’Egeo e il Mediterraneo. Poiché le incursioni dei predoni erano assai frequenti, la piccola fortezza aveva alte mura, un robusto portone, un ampio cortile interno, rifugi coperti per uomini e animali, nonché locali per la contrattazione. Disponeva di ciò che serviva per il riposo di uomini ed animali. La carovana si riforniva di tutto il necessario per riprendere il cammino. I cammelli riuscivano a percorrere 50 Km in 10 ore (5 Km/h), quindi i caravanserragli erano posti fra loro a una distanza di 50 km. Non riesco a nascondere la grande emozione di trovarmi in un luogo così suggestivo, dove sono transitati personaggi, che hanno permesso di far conoscere l’Estremo Oriente in Europa. Se avessi a disposizione la macchina del tempo vedrei passare: Marco Polo, Giovanni Dal Pian del Carpine, padre Matteo Ricci … Immagino la durissima, ma entusiasmante vita dei carovanieri e viaggiatori, sempre difronte a nuove avventure, sicuramente più belle da sognare che da vivere.

L’Anatolia allora come oggi consente agli europei di adattarsi gradualmente ai cambiamenti di usi, costumi e tradizioni che si incontrano inoltrandosi nel cuore dell’Asia.

Si fa una breve sosta per fare delle foto ad un lago salato, le cui acque non ospitano pesci e parzialmente ritiratesi consentono di camminare sulla battigia completamente bianca e abbagliante a causa del deposito di sale.

Cappadocia

In Cappadocia, (che letteralmente significa terra dai bei cavalli), la temperatura è fresca, ma l’umidità è bassa. Alle ore 6 sulla finestra del mio hotel il termometro segnava 21 C°. In tutta la Turchia le nuvole sono fatte per essere fotografate, ma qui fanno da cornice ad un paesaggio indimenticabile.

La Cappadocia, una delle zone più sorprendenti della terra, si è formata grazie all’eruzione di due vulcani vicini. Essendo una terra vulcanica, è quindi fertilissima: vi maturano infatti albicocche di prima qualità, uva, prugne. Si coltivano anche patate, viti e zucche per semi, grano, ceci.

La valle di Göreme è una delle più famose della Cappadocia: ospita un numero elevatissimo di chiese rupestri ed è un vero e proprio “museo all’aria aperta”. Qui si possono ammirare i camini delle fate, formazioni rocciose, provocate dall’erosione dell’acqua e del vento. Sono chiamati così perché alcuni contadini superstiziosi credevano che in ogni camino vivesse una fata.

Inoltre il sottosuolo della Cappadocia è attraversato da migliaia di gallerie e cunicoli che costituivano una cinquantina di città sotterranee, di cui solo 3 sono visitabili. Noi visitiamo quella di Kaymakli, ma sotto terra non mi sento un granché a mio agio. Interessanti sono le porte rotanti che bloccavano il passaggio con enormi massi, che però si muovevano su perni e si potevano spostare solo dal lato interno.

Konya -Antalya

Partiti dalla Cappadocia, diretti ad Antalya, visitiamo a Konya, una delle città più religiose della Turchia, il complesso dei Dervisci Danzanti, oggi chiamato “Museo di Mevlana”. Questo è un convento costruito dai seguaci di Mevlana (1207-1273), mistico persiano che visse a Konya nel XIII secolo e che interpretò il corano secondo ideali di tolleranza, carità e umanità. Egli diceva: «Sembra come sei o sii come sembri», un chiaro no all’ipocrisia.

Tra Konya e Antalya vi sono piccole estensioni di cereali; sembra che siano trebbiati ancora senza mietitrebbia, ma non so come.

Non distante da questa città passava una diramazione della “Via della Seta” percorsa, nel passato, da carovane che portavano in Europa spezie e stoffe di seta.

Poco prima di arrivare al mare ci fermiamo e in una vicina piantagione di cotone riesco a fotografare da vicino la pianta, purtroppo, non ancora fiorita.

Antalya, situata a circa 60 m s. l. m., è uno dei centri più noti e importanti della costa “turchese”.

Le strade dell’Anatolia

Le strade turche sono ben tenute, stranamente però passano da tratti a due a tre corsie e viceversa, specialmente in salita per agevolare i veicoli lenti.

In Turchia si trova anche qualche breve tratto di strada in cemento.

Sulle strade vi sono moltissimi rifornimenti nuovi, ma anche parecchi abbandonati; nonostante la concorrenza il prezzo della benzina verde è di circa un euro. La guida precisa che la benzina e i prodotti tecnologici sono cari, mentre le case e i terreni costano poco.

Abbiamo notato degli strani lavaggi, ovvero delle docce gocciolanti. A che serviranno mai? Sono delle docce per auto, servono per togliere la polvere dalle auto, sono gratis, certamente non offrono le stesse comodità di un vero autolavaggio, ma per chi non vuole spendere vanno benissimo.

I pullman hanno l’obbligo del cronotachigrafo e non superano mai le velocità consentite per evitare pesanti sanzioni. Le guide non si permettono di invitare i conduttori di andare più veloci; non vogliono prendersi la responsabilità del ritiro della patente da parte della polizia, che in questo è intransigente e severa.

Ci ferma la polizia stradale, il conduttore è sensibilmente imbarazzato, Faik scende con lui, e non vuole che si vada a curiosare. Gli agenti analizzando il disco del cronotachigrafo constatano che la sera prima, il nostro conduttore quando viaggiava senza passeggeri per raggiungerci da Smirne ad Ankara, aveva superato di pochissimo la velocità consentita. Forse solo il savoir faire di Faik ci ha consentito di non rimanere senza autista, tra le altre cose gli ha detto: «Abbiate compassione di questo povero conduttore, ha moglie e otto figli da mantenere a casa». Non era vero, ma è servito!

Il numero di pronto intervento per chiamare la Jandarma è il 156 che dispone di veicoli azzurri; con il 112 si chiama la Mezzaluna Rossa (la nostra Croce Rossa). Il servizio militare in Turchia è obbligatorio e dura 18 mesi, non esiste l’obiezione di coscienza. In Turchia l’esercito è molto amato perché esso è uno strenuo difensore della laicità della Repubblica.

Altre notizie e impressioni

Durante gli spostamenti in pullman tra un luogo e l’altro la nostra guida ci ha molto parlato della mitologia greca e anatolica e ci ha dato anche diverse informazioni su luoghi che non abbiamo visitato; abbiamo così saputo che nelle lapidi del cimitero di Gallipoli sono riportati anche i nomi dei soldati nemici morti in una battaglia durante la prima guerra mondiale. L’acqua del lago Van non è dolce, ma è ricca di soda e che in questi ultimi anni in Turchia sono state costruite grandi dighe sul Tigri e l’Eufrate. Ci ha narrato anche della sconfitta di Creso sovrano di Lidia avvenuta nel 546 a. C. ad opera di Ciro il grande re dei Persiani. Creso aveva un figlioletto sordomuto, quando stava per essere ucciso da un soldato nemico che non lo conosceva, miracolosamente parlò salvandolo. Grazie agli insegnamenti di Solone, Creso riuscì a convincere Ciro a diffidare della fortuna perché è traditrice, il conquistatore lo riconobbe come uomo saggio e lo tenne con sé come consigliere ed amico. Non potevano mancare cenni sui viaggi del grande Erodoto di Alicarnasso.

Ho potuto constatare, personalmente, che il detto “fuma come un Turco” corrisponde a verità poiché qui tutti fumano veramente troppo. Anche in Grecia non stanno meglio, il 45% della popolazione è composta da fumatori. Ritengo necessario che il governo turco, come in Europa e negli Stati Uniti, debba farsi promotore di una energica campagna contro il fumo, anche perché questo vizio incide parecchio sulla spesa sanitaria.

Vi sono numerosi gestori di telefonia mobile, la guida mi dice che il più conveniente è TurkCell. I gestori di cellulari sono efficienti ed accettano anche il canale 050 (indicazione della provincia in cui ci si trova). Oltre alla carta di credito VISA viene accettata bene anche l’American Express.

La natura

Al primo posto dell’economia turca vi è l’agricoltura, poi l’industria, poi il turismo; la disoccupazione resta però molto alta. La guida ci dice che la Turchia è uno dei sette paesi autosufficienti dal punto di vista alimentare: le principali coltivazioni sono il riso, le nocciole, il mais, il the, le albicocche, le fragole, le pesche, i girasoli, le banane, il tabacco. Sono famosi l’uva sultanina e i fichi secchi di Smirne.

La Tracia è ricoperta di immense coltivazioni di girasoli, di boschi di pino e in pianura vi sono anche coltivazioni di pomodori, peperoni e cocomeri.

In tutto il mio percorso ho visto solo pochissime coltivazioni di foraggio come l’erba medica. A pascolo ci sono solo mucche (soprattutto frisone olandesi), i dromedari sono scomparsi nel 1800 e sono stati reintrodotti solo a scopo turistico.

Non ricordo di aver assaggiato l’olio di oliva a crudo, poiché nei ristoranti usano l’olio di semi di girasoli. Le olive turche mi sono sembrate amare, suppongo che ciò derivi da un’errata salamoia e non dalla scarsa qualità delle stesse.

In Anatolia non vi sono più latifondisti, tutta l’agricoltura è gestita da cooperative.

La visita alla cooperativa di tappeti in questo genere di viaggi non manca mai. Ma qui sembra di ritornare di alcuni decenni indietro quando anche in Italia si coltivava l’albero del Gelso e si allevava il baco da seta. Abbiamo potuto vedere tutte le fasi della lavorazione dal bozzolo del baco al filo splendente e poi donne al lavoro sul telaio intente a riportare sulla tela sofisticati disegni. Per chi vuole acquistare un tappeto non manca l’imbarazzo delle scelta: tappeti di lana, lana su cotone o seta pura. In un tappeto sono importanti: la trama, gli orditi e i nodi. Il tappeto persiano è più fine di quello turco, ma meno resistente poiché è a nodo singolo, mentre quello turco è a nodo doppio. Il Kilim invece è ricamato, non ha i nodi. Nella piccola cittadina di Hereke, vicino a Istanbul, si producevano i tappeti reali di lana su cotone.

Chi crede che l’Asia Minore sia un luogo semi desertico e inospitale dove sopravvivono solo i cammelli e i serpenti si sbaglia di grosso. Ciò forse deriva dall’educazione tendente ad esaltare solo i pregi del paese in cui si viene educati. E’ come una cartina del meteo della TV italiana dove la Corsica è incomprensibilmente semioscurata. In Turchia vi sono oltre 2700 specie di piante di cui 800 endemiche. Vi sono 280 varietà di orchidee selvatiche e 140 endemiche. La pianta di colore argento dalle foglie simile all’ulivo, rigogliosa e diffusissima in Cappadocia, è la Giuggiola selvatica. Nel parco di Göreme i cespugli di giuggiole selvatiche sono particolarmente rigogliosi.

Le guide

La guida ci dice che il turco è una lingua simile al coreano, al giapponese, al finlandese e all’ungherese ed ha una diversa costruzione del discorso, rispetto alla nostra. Infatti gli interpreti, in diretta, di questa lingua devono prima ascoltare la fine della frase per tradurla correttamente e più di mezzora di lavoro continuo non riescono a svolgere. Le prime popolazioni turche che invasero l’Anatolia provenivano dalle zone prossime alla Grande Muraglia Cinese.

Faik, la nostra guida di ottima cultura, conosce benissimo anche la storia, l’arte la mitologia ellenica, romana e anatolica. E’ lieto di parlarci anche della formazione delle guide turistiche nel suo paese. In Turchia il Ministero del Turismo prevede una sola guida ufficiale senza assistenti di viaggio o altro, come invece si verifica in altri paesi come l’Egitto. I requisiti per diventare una guida sono: la laurea, la cittadinanza turca, parlare bene la lingua madre, conoscere l’archeologia, la mitologia, la storia dell’arte, essere un buon conoscitore di almeno una lingua straniera (si deve sostenere un esame senza vocabolario). Il corso di guida dura nove mesi per 5 ore al giorno e riguarda dieci materie, alla fine, accompagnati dai docenti, gli allievi si recano per 40 giorni in tutti i siti più interessanti della Turchia, dove si devono sostenere ancora altri esami sul luogo.

Ogni anno si recano in Turchia 10 milioni di turisti: quelli italiani, che sono circa 50.000, si concentrano più che altro in luglio ed in agosto, mentre altri europei, quali inglesi e tedeschi, preferiscono altri periodi dell’anno.

Turismo

In otto giorni a causa dei continui spostamenti abbiamo dovuto cambiare ben cinque alberghi e per questo delle moderne ed accoglienti strutture turche ci rimane un ricordo vago e sbiadito. Buoni comunque gli hotel della catena Dedeman. Le camere degli hotel sono tutte dotate di aria condizionata, ma essendo la temperatura sempre intorno ai 27 gradi, non abbiamo mai sentito il bisogno di metterla in funzione. Ho notato un fatto alquanto strano: negli hotel i davanzali delle finestre sono molto bassi e quindi pericolosi. Attenzione al parapetto quindi! E’ assolutamente sconsigliabile scherzare vicino alla finestra.

In hotel ho navigato su Internet con il computer disponibile nella hall, ma sinceramente mi restava difficoltoso trovare i punti e le sbarre avendo questo la tastiera turca. In Turchia ci sono 5 milioni di abbonati ad Internet.

In genere i locali sono puliti e anche la cucina è buona. Abbiamo mangiato parecchia frutta, verdura, ottime zuppe e carne. Mi è piaciuta la cucina semplice ma saporita della locanda “Liman” di Tekirdag, lungo la costa sul Mar di Marmara da Istanbul in direzione Çanakkale, in particolare ho apprezzato moltissimo la soupe de legumes . Ricordo che il proprietario aveva una collezione di carte di credito scadute. Riporto un detto turco che è molto significativo e non ha bisogno di spiegazioni: “A colazione mangia con te stesso, a pranzo con gli amici, a cena con i nemici”. In Turchia non c’è però la cultura del vino: non ho incontrato, infatti, buoni sommelier.

Sorvolando i Balcani

Con un 757/200 dell’Atlas International, attraversiamo la Tracia e la Bulgaria, passiamo a pochi Km a sud-ovest di Belgrado, puntiamo verso la penisola d’Istria e attraversiamo il nord del Mar Adriatico. L’aereo si dirige poi decisamente verso il delta del fiume Po. Mi domando: «Chissà da quanto si è ripreso a sorvolare gli inquieti Balcani?». La velocità massima era di 935 Km/h, l’ altezza di 37.000 piedi (11.300 m), la temperatura. esterna era – 53 C° e la durata del volo è stata di 1 ora e 50 minuti.

Sono convinto che in vari punti sorvoliamo il percorso del leggendario treno Orient Express, il quale in certi periodi dell’anno è ritornato a percorrere questi binari. Abbiamo avuto il piacere di viaggiare con linee aeree Atlas e Turkish serie e corrette: atterraggi morbidi, personale di bordo estremamente cortese.

Se si hanno dei giorni pieni d’impegni come quelli organizzati dai tour operator, oppure si sono previste numerose visite, alla fine della giornata, a causa della stanchezza, non è possibile riportare con grande fedeltà quello che si è visto e provato. Del resto per chi non ha tanto tempo a disposizione non rimane che sfruttarlo al massimo. Ma come in tutti i casi c’è sempre un rovescio della medaglia: sono mancati il poter girare da soli, senza essere schiavo degli orari, e il contatto con la gente comune, la conversazione, elementi importantissimi per immergersi nella realtà del paese che si visita.

A seguito di questo viaggio mi sono reso conto che la Turchia è più Europa che Asia. Questa nazione, sicuramente più occidentale di una volta, continuerà ad avvicinarsi all’Europa.

Non posso fare a meno di segnalare ciò che consiglio di vedere e mi riprometto di visitare con più calma nei prossimi viaggi:

•  Istanbul (occorre almeno una settimana), il palazzo reale di Dolmabahçe (residenza degli ultimi sultani) e i principali musei archeologici della città, in uno dei quali vi è anche il presunto sarcofago di Alessandro Magno.

•  La città di Edirne al confine greco-bulgaro con una moschea capolavoro dell’arch. Sinan.

•  Trebisonda sul Mar Nero, antica e importante base mercantile per i traffici dei genovesi, dei pisani e dei veneziani.

•  L’antica città di Hattusa capitale dell’Impero Ittita.

•  Il lago Van e i suoi gatti pescatori che hanno un occhio dal colore diverso dall’altro.

•  Un bel giro in mongolfiera sopra la Cappadocia con la Kapadokia Balloons Göreme organizzati da Kaili e Lars (lui inglese, lei svedese) deve essere stupendo!

•  Tutta la Cappadocia meriterebbe da sola un soggiorno di una settimana.

•  Pamukkale e le sue cascate pietrificate.

Copyright © 2004 Eno Santecchia
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