di Silvia e Marco –
Dopo mesi di preparativi con libri, guide e ricerche in internet finalmente partiamo per il Myanmar, the Smile Land: prepariamo il solito bagaglio a mano composto da due zaini non troppo grandi per la metà riempiti di medicinali (non ne abbiamo avuto bisogno) e rullini fotografici. Da Tessera alle ore 11.15 (con 1 ora di ritardo) voliamo prima a Roma, poi alle 14:00 ripartiamo per Bangkok, dove arriviamo alle 7.10 del 31/10 e infine saliamo sul terzo aereo (9.15) per Yangon. Nel Myanmar siamo arrivati alle 10.15. Un caldo soffocante ci accoglie e ci fa immaginare come dev’essere la temperatura in agosto quando adesso siamo nella stagione fresca! Espletate le formalità doganali (4 code per timbri vari , 1 cambio obbligato di 200 USD in Fec con richiesta di regalino per l’addetta allo sportello, 1 dogana e 1 controllo bagagli) troviamo subito il manager dell’agenzia Soe che assieme ad un autista ci accompagna con l’auto verso il nostro primo alloggio che sarà l’ Hotel Green Hill Hinn, in centro. Attraversiamo le vie principali e le uniche strade decenti di tutto il Myanmar che avremo poi visto e percorso. Non abituati forse con troppi turisti occidentali, all’ hotel ci fanno accomodare in una stanza buia, senza finestre che sembra una cantina. Tra l’altro per arrivarci si deve attraversare il corridoio attraversato a sua volta da una specie di “ruscelletto” (acqua?); subito dopo però Soe ci fa spostare in un’ altra stanza che al confronto sembra una suite, comunque pulita. Alle 11.30 Soe ci conferma il nostro itinerario e ci presenta l’autista e guida Ko Teen 00, che per la simpatia e l’estrema cortesia e riverenza soprannomineremo “Ambrogio” ; iniziamo il tour e andiamo alla Shwedagon Paya; il centro spirituale di Yangon. Si sale la collina scalzi fin dal primo gradino e si percorrono le lunghe scale colme di negozi religiosi e non. Qua ci attende un’ incantevole e magica atmosfera. Circolando per i lucidi marmi che circondano la pagoda ci sembra di stare in un sogno, infatti nulla sembra reale e l’imponente stupa d’oro attorniato da infiniti tempi dedicati a Buddha ci fa girare la testa. Si resta incantati nel vedere e sentire una spiritualità molto diversa dalla nostra occidentale; la meditazione dei monaci, la serenità e i sorrisi bastano per far un primo confronto con le altre religioni, spesso sanguinarie come quelle monoteiste. Anche se esiste una dittatura che controlla il paese e che ha provocato migliaia di morti, il popolo Birmano è prevalentemente pacifico in quanto buddista. I sorrisi ci circondano a la curiosità che questo popolo ha per gli occidentali non é mai per secondi fini. Dopo qualche ora a spasso con una guida per i templi, andiamo a vedere il grande Buddha reclinato di Chauk Htat Kyi, poi un Buddha in piedi e un Buddha seduto. Arriviamo fino al lago Kandawgyi nel parco della città. A pranzo Ko Teen ci porta in una casa da te dove mangiamo i tipici dolcetti birmani. Alle 16 distrutti andiamo a dormire. Ci aspetta una notte d’inferno all’hotel, forti rumori di “scatarri”, urla grida e canti…
01/11 sveglia alle 8:00 e visita al mercato di Bogyoke Aung San, al quartiere cinese, al porto, al lungo mare e altre pagode. Pranzo in un ristorantino e alle 16 ritorniamo alla Shwedagon pagando altri 5$ a testa. Ne vale senz’altro la pena, in quanto si svolge in questi giorni il festival della luna piena. Tanta e bella gente riempie la piazza attorno lo stupa d’oro, molti accendono candele, pregano, fanno offerte e soprattutto vivono serenamente stando seduti con gli splendidi e tranquilli bambini, molto amati e coccolati dai genitori. Questo luogo sacro rappresenta per la gente del Myanmar anche un punto importante di aggregazione sociale, oltre che pregare si mangia, ci si incontra come una piazza occidentale. L’appuntamento con l’autista e le nostre scarpe è alle 19 , ma ritardiamo perché ci siamo persi sbagliando uscita; niente i preoccupante se non fossimo stati scalzi! Saltellando per la strada prendiamo un taxi ma non ci spieghiamo bene in birmano! Ripetiamo più volte exit… sud…. shoes …..e il tassista che ha capito quasi tutto ci porta di corsa verso un negozio di scarpe! Ci facciamo riportare indietro e alla fine riusciamo a ritrovare Ko Teen che ci riporta in hotel dove mangiamo frutta e ci addormentiamo.
02/11 alle 7 partiamo in direzione dello stato Mon a sud del paese. Con un altro autista visitiamo la dorata pagoda di Shwe Maw Daw a Bago e dopo 5.30 di agonia tra villaggi e strade impossibili arriviamo al villaggio da dove si parte per Kiaiktiyo, un’incredibile stupa costituito da un masso ricoperto d’oro in bilico su una roccia. Si dice che un capello del Buddha posto in un punto preciso mantenga l’equilibrio precario della roccia. Mangiamo del buon riso fritto e a piedi dopo 45 min saliamo per arrivare sulla Golden Rock, dove troviamo un’ atmosfera magica e devota. Il pernottamento lo facciamo al Mountain View Hotel e per 20$ ci danno una camera tipo bungalow pulita ma… i buchi sulle pareti di bamboo ci lasciano un po’ perplessi e ci fanno desiderare in quel momento un gatto. Alla sera aspettiamo il tramonto. C’é ancora il Full Moon festival ed é bello vedere una moltitudine di persone, dai giovani ai più anziani che fino a notte tarda si riuniscono in questa calda piazza dietro la roccia dorata. La nostra cena sarà il solito riso fritto e la notte sarà insonne. Durante le feste i birmani sembra che non dormono mai; così scherzano, cantano e così sarà per tutta la notte.
03/11 : alle 8:00 rientriamo a Yangon e lungo la strada abbiamo modo di vedere i monaci di tutte le età spostarsi da una casa all’altra per ricevere le offerte. Vestiti di arancione o di rosso cupo, secondo la setta a cui appartengono, vivono di elemosina: escono due ore prima dell’alba e bussano ad ogni porta per chiedere cibo. Non ringraziano, perché è il donatore che è beneficiato ottenendo meriti per la sua azione giornaliera verso chi è al servizio del Buddha. Sottomettendosi per tutta la vita alle 227 regole del Sangha, alla fine otterrà il sospirato “Nibbana”, la Liberazione dal Ciclo della Trasmigrazione.
A pranzo mangiamo myanamr food lungo la strada , sostiamo qualche minuto al cimitero di guerra inglese (per far felice il nostro autista e il nostro fisico…) e arriviamo all’aeroporto alle 13.30.
L’orario dell’aereo per Mandalay è stato spostato di qualche ora; arriviamo a Mandalay alle 19 dove ci aspetta Ko Teen e dopo un’ora di auto arriviamo all’ Hotel E.T. . Andiamo a mangiare in un ristorante Shan, facciamo una passeggiata tra le vie buie ma molto popolate della città e poi torniamo in hotel. Altra cosa che ci colpisce è che le strade, seppur senza illuminazione, siamo popolate di gente e quello che sembra essere un marciapiede viene occupato da tavoli e bancarelle di ogni tipo. La vita si svolge per strada e sono ancora poche, per fortuna, le televisioni che alla sera si accendono.
04/11. Siamo in marcia alle 9:00 verso il fiume Ayeyarwady dove noleggiamo tutta per noi una comoda barca per 6000kiats (15.000£) e andiamo a Mingun, una delle città imperiali. Il rilassante viaggio lungo il fiume ci permette di vedere villaggi di pescatori, carri trainati da buoi, barche dirette ai mercati e tanti bambini vestiti di niente sorridenti e felici. Dopo un’ora di navigazione arriviamo sulla riva a Mingun e ci inoltriamo alla scoperta degli imponenti edifici sacri della zona, attraversando l’accogliente villaggio ricco di case da tè e bancarelle con spuntini e bevande. L’imponente Mingun Paya è forse il mucchio di mattoni più grande del mondo e nonostante sia ridotto in rovina, per arrivare in cima ci si deve naturalmente togliere le scarpe. Ci arrampichiamo letteralmente tra mattoni e rovine e in cima facciamo conoscenza con alcuni monaci molto curiosi ma simpatici e ci scambiamo le foto. Visitiamo poi anche la Mingun Bell, che con le sue 90 tonnellate di peso è la campana intatta più grande del mondo. Acquistiamo dei longyi e data la calda temperatura non vediamo l’ora di indossarli! Pranziamo in una casa da tè per poi tornare a Mandalay e salire fino alla collina di Mandalay Hill; a piedi nudi e sotto il sole percorriamo molti gradini delle scalinate coperte per arrivare in cima. Dalla terrazza si ha una bella veduta della campagna circostante puntellata di pagode. Altro record mondiale che visitiamo è il libro più grande del mondo: il complesso di Kuthodaw Paya ha intorno allo stupa 729 lastre di marmo che riportano l’intero canone buddista. Ogni lastra si trova in piccolo stupa!
Ceniamo al ristorante shan per poi visitare il mercato notturno della città.
05/11. Partenza alle 8:00 per Amarapura e visita a U Pain, il ponte di tek naturalmente più lungo al mondo. Il lago Taungthaman che attraversa è uno specchio d’acqua limpida popolato da pescatori di ogni età. Percorriamo i 1,2 Km del ponte e torniamo accompagnati da un pescatore e la sua barca. Un senso di rilassatezza e pace avvolge anche questo posto. Visitiamo una fabbrica di stoffe e poi andiamo a Mahagandhayon Kyaung, un monastero buddista, Qui migliaia di monaci studiano in ferrea disciplina e alle 10:30 è curioso vedere come consumano l’unico pasto del giorno in rigoroso silenzio.
Proseguiamo per Sagaing, un’altra città imperiale che offre molti templi da visitare. Rientriamo in serata a Mandalay e ceniamo al solito ristorante shan.
06/11 partiamo in direzione Pyin U Lwin, dove visitiamo la città e soprattutto i soliti curiosi e colorati mercati. Siamo vestiti da alcuni giorni con i longyi e non riusciamo a capire perché i birmani appena ci vedono iniziano a ridere! Il bello è che non ti scherniscono alle spalle, ma si sganasciano di gusto proprio di fronte a noi. Anche rifacendo più volte il nodo al longyi di Silvia….niente, ridono più che mai, non riusciamo proprio a mimetizzarci tra loro!
07/11 ore 7:00 : da Mandalay partiamo in direzione Bagan. Lungo la strada e dopo più di quattro ore infernali di auto, attraverso villaggi e fiumi superati a guado, ci fermiamo al Monte Popa , Questo monte è la dimora dei Nat, gli invisibili spiriti che controllano la natura e i sentimenti degli esseri umani. Animismo del passato si è fuso con il buddismo e regola così la vita dell’intero popolo. Per i birmani il “mondo invisibile” è una realtà viva quanto quella materiale, più vera e più importante dell’illusione terrena. Eccoci ancora senza scarpe che saliamo verso la cima. Per non offendere i Nat non proferiamo troppe imprecazioni e dopo una mezz’ora di ripidissime scale siamo in cima al monte. Possiamo ammirare un bel panorama e suggestivi riti dei fedeli nei variegati templi dedicati a questi spiriti temuti e onorati.
Scendiamo per pranzare al ridente villaggio e proseguiamo fino a Bagan. Breve sosta all’hotel per poi iniziare la visita alla zona archeologica forse più straordinaria del mondo. Nessuna città forse può vantare la moltitudine di templi, la abbondanza di fregi e le decorazioni che rendono meravigliosa questa capitale abbandonata sull’Irrawaddy. In questa vasta pianura furono costruiti 13.000 templi, pagode e altri edifici religiosi. Oggi dopo sette secoli ne possiamo ammirare 2.217 di identificabili (4000 visibili!). Paghiamo 10$ poco, prima di arrivare al paese, con la speranza che possano servire per mantenere nei secoli tanta ricchezza.
Giriamo a piedi per i templi più grandi, immersi nella campagna circostante, dove custodi improvvisati ci guidano nei punti più segreti e bui. Aspettiamo il tramonto sul tempio più alto della pianura ed è incantevole e magico vedere le forme delle pagode che si colorano all’orizzonte….
Alla sera ceniamo in un ristorante e anche se c’è un menù in inglese (incomprensibile non per noi ma per la cameriera!) mangiamo il solito myanmar food.
08/11. Sveglia alle 8:00 e seconda scorrazzata per i templi. Siamo riusciti a vederne circa 40……i restanti li ammiriamo in cartolina!
Un buon pasto in un ristorante e tutto ci sembra squisito, anche se è il solito riso bollito. Torniamo in paese e decidiamo di addentrarci per le vie laterali. Gli edifici lungo la via principale e gli hotel per i turisti coprono le abitazioni del villaggio vero e proprio, fatto di capanne tra stalle improvvisate e fango. La sensazione è di tornare indietro nel tempo in un istante.
Proseguendo una folla di persone tra cui moltissimi bambini aspettano per strada una delle tante feste locali e poco dopo una colorata sfilata di donne e bambini rallegra il paese.
09/11 partenza alle 7:00 in direzione Kalaw. La strada che percorriamo non è eccessiva, ma le 7 ore che impieghiamo per farla si! Se le strade principali sono un inferno immaginate quelle di montagna come devono essere! Comunque arriviamo anche qua e prendiamo alloggio in un modesto hotel. Incontriamo la guida per il trekking che ci illustra i vari percorsi. Naturalmente optiamo per il giro più lungo che impegna un intera giornata. Intanto in paese dalla pagoda si sente una specie di preghiera amplificata e vista oramai l’ora tarda chiediamo alla guida:< ma quanto dura ancora la preghiera?> , risposta:< oggi è il primo giorno, quindi altri sei giorni >. Ecco a cosa servono i tappi per le orecchie: qua per la preghiera dei sette giorni. Alla sera andiamo alla ricerca di una chiesa cattolica e in particolare del sacerdote italiano che ha più di 90 anni. Purtroppo scopriamo che il sacerdote, che viveva dal 1931 in questo paese, è morto pochi mesi prima e la lapide davanti alla chiesa ce lo conferma.
10/11 ore 8:00 iniziamo il trekking in compagnia della guida eccentrica e di una simpatica quanto stravagante giapponese che si è unita a noi. Il percorso descritto come lungo ma facile si rileva già da subito tutt’altra cosa. Sentieri fangosi e arrampicate a volte rischiose sono accompagnati da serpenti che attraversano la strada. Ci rallegrano e ci danno speranza le simpatiche persone che incontriamo lungo il percorso, contadini, bambini e monaci tutti naturalmente sorridenti e divertiti nel vederci. Attraversiamo alcuni villaggi Pao e davvero siamo in un altro tempo. Pranziamo in un “ristorante” nepalese e proseguiamo fino al villaggio di Pein Ne Pin, dove siamo accolti dai pochi contadini che non sono al lavoro. Ci offrono tè e banane e volendo anche riso. Dopo le presentazioni e prima di ripartire regaliamo per la loro scuola il nostro zaino pieno di penne, matite e quaderni. Ci salutiamo e riprendiamo il cammino. Visitiamo una scuola di giovani monaci in mezzo le montagne che ci accolgono festosamente e scendiamo fino alla strada principale. La nostra guida è molto soddisfatta e noi un po’ meno quando ci annuncia che abbiamo percorso un giro di 10 ore in 8 ore! Stanchi ma felici per la giornata aspettiamo in una baracca affollata di personaggi curiosi quello che chiamano bus da queste parti: ci aggrappiamo letteralmente ad un pick-up stracarico di persone e dopo mezz’ora di tornanti mozzafiato arriviamo salvi in paese. Naturalmente c’è una festa e colorata con la processione di donne e bambini che composti sfilano, sfoggiano i loro più bei vestiti. Tornando il “hotel” Marco sale le scale in compagnia di un grosso ratto e …forse è meglio cambiare albergo. Tra lo stupore di Fuji, la turista giapponese, che non capiva il problema e Silvia che minimizzava, rifacciamo i bagagli e ci spostiamo in un posto molto più decente e all’apparenza pulito. Alla sera siamo ospiti e ceniamo a casa della guida. Il posto dove vive con sua madre è meno di 20 mt quadrati su due piani, e non c’è né luce né altro. Solo una can
11/11 partiamo con un giorno di anticipo, visto che il trekking ci ha disabilitati un po’ e viaggiamo verso il lago Inle. Lungo la strada sostiamo a Pindaya e visitiamo le grotte che ospitano 8000 statue di Buddha. Impressionante anche il bosco di piante millenarie con rami giganteschi che si può ammirare lungo il percorso. Visitiamo gli artigiani che costruiscono ombrelli di carta ed è curioso osservare con quanta abilità maneggiano i pochi e poveri attrezzi di lavoro. Sostiamo spesso per la strada e ci addentriamo per i campi di riso coltivato all’asciutto. Tutto viene raccolto e lavorato a mano da colorati e sempre sorridenti contadini: le donne raccolgono il riso e gli uomini in cerchio battono le fascine su dei sassi sopra una tela, dove cadono i chicchi. Alla sera arriviamo al lago Inle, incredibilmente pittoresco, con acque calmissime punteggiate da chiazze di vegetazione galleggiante e canoe per la pesca. Gli abitanti, per lo più Intha, sono grandi lavoratori ed è curioso il modo con cui spingono le loro barche, dal fondo piatto, sulle acque del lago: stando in piedi a poppa si reggono su una gamba mentre con l’altra tengono e spingono il remo. Prendiamo una stanza a Teakwood Guest House e, nonostante sia in una zona centrale, davanti pascolano i bufali in mezzo ad una palude. Ci stupisce che non volino zanzare, nonostante il posto estremamente acquitrinoso. Probabilmente siamo nella stagione fredda (per loro) e le medicine antimalariche che non abbiamo più preso per troppi effetti collaterali possiamo anche buttarle via. In paese esiste un ristorante che ha perfino un televisore e per la prima volta da quando siamo partiti abbiamo notizie della guerra in Afganistan e quello che succede nel resto del mondo.
12/11 alle 8:00 iniziamo il giro del lago noleggiando una barca a motore che ci porterà prima al mercato dei 5 giorni, a sud del lago, poi a visitare le case e laboratori di argento, artigiani del ferro, tessitrici di stoffe e lavoratrici di sigari. Visitiamo Phaung Daw U Paya e il mercato del paese, dove incontriamo diverse etnie, pranziamo per poi andare al monastero Nga Phe Kyaung. Posto proprio in mezzo al lago, è costruito su palafitte e qua i monaci hanno addestrato alcuni gatti a saltare attraverso piccoli cerchi. I visitatori sono accolti con il solito tè e biscottini ; seduti davanti alle molteplici rappresentazioni di Buddha osserviamo i birmani e i loro bambini che festosamente pregano e mangiano.
13/11 questa volta scegliamo, per il giro del lago, la più rilassante canoa. Una dolce ragazza ci accompagna per i canali e possiamo così vedere le case, le scuole, i monasteri e interi villaggi su palafitte. E’ incredibile vedere con quanta facilità spostano nel lago le strisce di terra da coltivare. La nostra simpatica guida ci porta a visitare artigiani di stoffe e sigari : qua Silvia cerca di mimetizzarsi e si fa mettere il tanaka sul viso. Il giro continua per tutta la mattinata e ci stupisce che, malgrado l’acqua bassa e le molte palafitte abitate, gli odori che si sentono sono solo delle tante ninfee sulla superficie cristallina.
14/11 Escursione in auto a Taunggyi, dove visitiamo il mercato che c’è tutti i giorni. Oltre non possiamo spingerci, in quanto andremo a finire nel “triangolo d’oro” e per i turisti è vietato, oltre che rischioso. In mattinata torniamo al lago e noleggiamo una barca a motore e andiamo a ovest, in un’altra zona poco frequentata dai turisti. Dopo un’ora di corsa tra canali in mezzo ad una fitta vegetazione (sembra di essere in Amazzonia), arriviamo in un villaggio dove, camminando tra templi in rovina e attraversando un assurdo e immenso colonnato in mezzo alla foresta, si arriva ad un vecchio monastero. Al villaggio sostiamo per acquistare oggettini in argento, e ripartiamo per il monastero di Nga Phe Kyaung, per riuscire a vedere i monaci che fanno saltare i gatti. Non si sa se lo fanno per i turisti e ricevere le conseguenti offerte o se ha qualche significato ben più serio. Comunque fotografiamo anche questo prima di tornare al villaggio.
15/11 partenza dall’aeroporto di Heho per tornare a Yangon. Altro record che registriamo è questo aeroporto, il più piccolo del mondo e la nostra partenza delle 10:00 viene anticipata di 10 min. Forse i passeggeri erano tutti presenti. E’ interessante vedere come i birmani fanno uso dell’aereo e come il bagaglio, soprattutto quello a mano, sia considerato da queste parti. Scatole e borsoni pieni di qualsiasi cosa legati in qualche modo vengono caricati con i passeggeri delle linee aeree statali. Con un record di 9 aerei caduti in un anno, preferiamo vivere e scegliamo la più costosa compagnia privata.
Arriviamo a Yangon e ripartiamo in auto con Ton Ton, la nostra terza guida, per dirigerci a Pathein. Questa città si trova sul delta del grande fiume Ayeyarwady e per arrivarci percorriamo i 190 Km in 7 ore di strada infernale. Saltando per l’abitacolo per le continue voragini stradali, attraversiamo guadi e continui pedaggi stradali (!!!). La città è un porto molto importante e girando per le vie siamo osservati curiosamente dagli abitanti; non vedono molti turisti da queste parti. Alla sera, visitando la Shwemokhtaw Paya, facciamo conoscenza con alcuni monaci ; qua dell’Italia conoscono principalmente Baggio, la Roma come squadra di calcio e….vagamente Firenze. Nessuna delle persone incontrate conosceva Venezia o altri simboli del nostro paese. E noi che pensavamo di essere al centro del mondo!
16/11 torniamo a Yangon rifacendo la strada infernale e al pomeriggio torniamo a visitare per l’ultima volta la Shwedagon Paya. Aspettiamo il tramonto e dopo cena torniamo al lussuoso hotel che ci offre l’agenzia di Soe, tanto bello quanto curioso: per salire ai piani superiori bisogna togliersi le scarpe!!!
17/11 ultimo giorno in Myanmar: Ton Ton al mattino ci porta a visitare il monastero dell’ Elefante Bianco, i templi di Me La Mu Paya e altri dintorni di Yangon. La nostra guida ci offre il pranzo e ci ospita a casa sua: tra una fitta vegetazione appena fuori la capitale abita con la moglie e dieci figli in una capanna di legno. Ci spiega che questa è la vera birmania , quella nascosta ai turisti, e ci fa accomodare in “giardino”. Trascorriamo un bel po’ di tempo rilassandoci e giocando con i bambini incuriositi dai buffi ospiti. Alle 16:00 un po’ a malincuore salutiamo tutti e Ton Ton ci accompagna verso l’aeroporto. A metà strada l’auto si ferma perché la benzina è finita, l’autista con un dolce “don’t worry” prende una tanica e sale su un bus in direzione opposta dicendo di tornare presto. Intanto la provvidenziale calma di Marco compensava l’escandescenza del vulcano Silvia che vedeva già perso il nostro aereo. Dopo dieci minuti eccolo di ritorno, rifornimento al volo e arriviamo all’ aeroporto che, come solito per chi è in anticipo, era chiuso.
Ore 19:30 partenza per Bangkok e rientro a Venezia senza intoppi e senza tanti controlli in Italia (avevamo smontato lo zaino, il quale aveva all’interno due sbarre di ferro non rivelate ai raggi X…)
Un ringraziamento a Chiara e Mauro Morelli che ci hanno aiutato e permesso di conoscere Soe e la sua agenzia.